Siamo a gennaio e la Lazio è legittimamente in corsa per la vittoria dello Scudetto. I biancocelesti ci hanno abituato negli ultimi anni a grandissimi gironi d’andata, a cui hanno fatto da contraltare girone di ritorno sbiaditi e disgraziati, che hanno buttato via quanto di buono costruito nella prima parte dell’anno. Stavolta però - e i tifosi della Lazio possono toccare ferro - sembra esserci qualcosa di diverso.
Torniamo al 6 ottobre. Francesco Acerbi è in ritiro con la Nazionale e dedica la chiusura della sua conferenza stampa alla Lazio: «Abbiamo sempre gli stessi problemi da quando sono alla Lazio. Giochiamo bene, ma a volte perdiamo partite che non dobbiamo perdere. Se la classifica è questa vuol dire che qualcosa ci manca». La squadra era reduce da un 2-2 a Bologna in cui la Lazio aveva sbagliato con Correa il calcio di rigore della vittoria. L’ennesima gara in cui alla squadra di Inzaghi era mancata la concentrazione e il cinismo per portare a casa un risultato che andasse oltre la prestazione.
Dieci giorni dopo le parole di Acerbi la Lazio va sotto di tre gol nel primo tempo contro l’Atalanta, la squadra si è sciolta di fronte a limiti che sembravano francamente insuperabili. Nel secondo tempo però succede qualcosa che sembra ribaltare l’inerzia della realtà. La Lazio rimonta con il gol stupendo di Correa - che era stato il simbolo della Lazio bella e sciupona di inizio anno - e i calci di rigore di Immobile. Evita una sconfitta brutta nel punteggio e pesante per la classifica, e da lì trova una nuova identità. La Lazio diventa una squadra che massimizza sempre il risultato, che non molla fino al novantesimo, che non si scioglie di fronte alle difficoltà. Diventa cioè la squadra che Acerbi si augurava in conferenza stampa. Vince 9 partite consecutive in campionato e stabilisce una serie di record impressionanti: Immobile eguaglia Angelillo con 19 gol segnati nelle prime 17 giornate; la squadra raggiunge la Lazio scudettata di Eriksson con nove vittorie consecutive; i biancocelesti hanno segnato almeno due gol per dodici partite consecutive, a una sola lunghezza dal record stabilito dal Grande Torino.
C’è però un dato che racconta più di altri l’identità di questa squadra: 12 gol segnati nell’ultimo quarto d’ora, 6 nei soli minuti di recupero, capaci di portare 9 punti. Alla già citata partita con l’Atalanta, si aggiungono addirittura 4 sfide vinte per 2-1, contro Brescia, Fiorentina, Sassuolo e Cagliari. E forse bisognerebbe considerare anche il 2-1 esterno sul Milan col gol di Correa arrivato a sette minuti dalla fine. Insomma c’è un rapporto speciale tra la Lazio e i minuti di recupero, ed è un rapporto che associamo di solito alle grandi squadre, o a quelle protagoniste di annate speciali in cui talento, prestazioni e buona sorte si allineano tra di loro in maniera irripetibile.
Nei gol agli ultimi minuti, quando i secondi della partita sgocciolano fino alla fine, sembra entrare nella partita una dimensione magica. Come se il mondo stesso si ribellasse alla realtà delle cose e gli cambiasse il verso all’ultimo momento disponibile. È anche per questo che nei film sportivi le partite decisive si risolvono sempre all’ultimo minuto, all’ultimo pallone disponibile, “down to the last play” scrive TV Tropes.
La Lazio in questi mesi ha trovato il suo giocatore magico degli ultimi minuti. Un calciatore che a inizio anno - come ogni anno - doveva essere una semplice riserva, ma che si sta trasformando in un fattore decisivo. Felipe Caicedo è una specie di feticcio magico da strofinare nei minuti di recupero per trarne magia. L’attaccante ecuadoriano è il classico esempio di “calciatore underdog”, che risponde al tropo di “Mettimi dentro, coach!”, secondo cui un giocatore sfigato da cui nessuno si aspetta niente si rivela decisivo.
Caicedo lo ha già fatto tante volte in questo campionato. Abbiamo raccolto le giocate e i suoi gol nei minuti di recupero per ricostruirne l’importanza in questa clamorosa stagione biancoceleste.
Gol decisivo al Sassuolo al 91’ - 13a giornata
La Lazio arriva alla partita col Sassuolo dopo quattro vittorie consecutive, Immobile è in uno stato di forma ultraterreno (14 gol in 11 partite) e segna anche quando non vorrebbe. Per esempio nel primo tempo fa un tiro ciancicato di piatto che non dovrebbe entrare, se le mani di Consigli non fossero di pasta frolla. La Lazio però subisce il gol del pareggio appena prima dell’intervallo, perdendosi Caputo in area.
Caicedo è ancora in panchina, massaggia i muscoli, studia la difesa del Sassuolo e medita su dove può fargli più male. Entra a 10’ dalla fine al posto di Correa. Inzaghi difficilmente snatura la propria squadra e quando deve rimontare è raro che rinunci alla struttura del 3-5-2. È probabilmente anche un modo per trasmettere alla squadra tranquillità.
Caicedo è un attaccante forte fisicamente, ma questo non vuol dire che non sia un giocatore tecnico. Quando riceve palla sulla trequarti è il 91’ ed è circondato da giocatori del Sassuolo, gli spazi sono stretti, Caicedo controlla, scarica sulla corsa di Luis Alberto e si butta in area di rigore. Stanno attaccando 4 contro 2. Caicedo riceve lo scarico dello spagnolo e fa la giocata migliore dell’azione, una giravolta con cui si frappone tra difensore e pallone. Tiene lontano Magnanelli col braccio e nel frattempo carica il tiro col destro, il suo piede debole. È un tiro sporco, mezzo centrale ma Consigli è mal posizionato e si pianta coi piedi. Caicedo segna il suo secondo gol stagionale, è l’inizio della sua epopea da uomo dell’ultimo minuto. Simone Inzaghi lo celebra: «Onore a chi, come lui, si fa sempre trovare pronto. Avrebbe meritato di giocare ma con un Immobile così diventa davvero difficile. Lui si è seduto in panchina con umiltà».
Chiude la partita contro la Juventus al 94’ - 14a giornata
Ora vale la pena introdurre qualche informazione biografica su Felipe Caicedo detto “La Pantera” o “FeliPanther”.
Viene da una famiglia umile: la madre era una donna delle pulizie, il padre vendeva noci allo stadio. Per ricordarsi l’infanzia difficile Caicedo si è tatuato una lacrima sotto l’occhio.
A 15 anni ha partecipato e vinto un reality che gli ha permesso un provino con il Boca Juniors.
È stato protagonista di un mini-documentario intitolato “La historia de un Luchador”, che fa da corredo ad alcune iniziative a scopo benefico. Nel video Caicedo introduce la storia con un paio di occhiali e un capello con su scritto “Felipao”.
L’epica del lottatore si cuce bene con la caratteristica di Caicedo di segnare negli ultimi minuti. Una settimana dopo della partita col Sassuolo Caicedo entra al 90’ e ha pochissimi minuti a disposizione per segnare. Ma il tempo, lo sappiamo, è relativo: i minuti di recupero sono 5 ma quanti sono davvero 5 minuti? Se frazionassimo questi 5 minuti potremmo scomporli in infiniti momenti, infinite unità temporali, che dipendono dalla nostra percezione. Il tempo per Caicedo scorre in modo diverso rispetto alle altre persone, e gli bastano 4 minuti per segnare la rete che chiude la partita. È un contropiede 3 contro 1 condotto da Lazzari dritto verso la porta di Szczesny. Caicedo gli corre appena dietro sornione, non sembra dover far niente, ma quando il portiere respinge il tiro del compagno è esattamente sulla traiettoria per tirare più forte che può col sinistro. Poi si toglie la maglia perché quando segni all’ultimo minuto devi toglierti la maglia, e Caicedo ha già ricevuto due cartellini gialli per essersi tolto la maglia nell’esultanza.
Il gol vittoria in Cagliari-Lazio, al 98’ - 15a giornata
Un anno e mezzo fa Caicedo aveva la valigia in mano. Un suo errore sotto porta contro il Crotone era costato la qualificazione in Champions alla Lazio, o almeno questo era quello che pensavano quei tifosi che avevano bisogno di scaricare la colpa su qualcuno. La Lazio doveva vincere per avere la certezza della qualificazione prima di incontrare l’Inter di Spalletti all’ultima giornata. Sull’1-1 Caicedo è solo davanti a Cordaz ma gli tira addosso. In quella stagione aveva segnato appena 3 gol e aveva l’aria del prodotto da discount su cui Tare ha dovuto scommettere in mancanza di fondi.
Quando entra all’80’ al posto di Radu la Lazio è sotto di un gol contro una delle squadre più fisiche e di una delle difese migliori del campionato. Inzaghi lo manda dentro come un talismano magico, sicuro che Caicedo qualcosa farà.
È una partita complicata, in cui la Lazio è andata più volte vicina a subire il secondo gol. È la partita che più di tutte sembra suggerire un potere mistico della stagione dei biancocelesti. La Lazio accorcia il risultato tre minuti oltre il novantesimo, con Luis Alberto che segna con un tiro violento dopo una respinta goffa di Faragò. Il momento di Caicedo arriverà 5 minuti dopo, addirittura 8 minuti dopo il novantesimo. Ben oltre il termine teorico del tempo di recupero, allungato però dall’arbitro. Caicedo è in mezzo all’area e sul cross di Jony prende posizione su Pisacane e segna di testa il gol per una vittoria totalmente insperata.
Esce la canzone “Amami o faccio un Caicedo”.
“Daje Inzaghi fallo riscalda / Sto bolide / Spesso in panchina anche se non vuoi / Amami o faccio un Caicedo”.
Caicedo viene eletto MVP della partita dai tifosi; si inizia a dire che la “Zona Cesarini” andrebbe ribattezzata “Zona Caicedo”. È la terza partita consecutiva in cui Caicedo segna nei minuti di recupero, e in queste partite Caicedo ha segnato - subentrando - un gol ogni 7 minuti. Alessandro Baricco, parlando della Zona Cesarini scrisse: «Quando dai il tuo nome a un pezzetto di Tempo — il quale è solo di dio, dice la Bibbia — qualcosa nella vita lo hai fatto.»
Assist decisivo contro il Brescia al 91’ - 16a giornata
Finora abbiamo parlato di dimensione mistica e ultraterrena, ma ci dovrà pur essere una spiegazione razionale per la capacità di Caicedo di segnare nei minuti di recupero. Una teoria può derivare dal buon senso: entrando fresco in una situazione in cui sono tutti stanchi è più facile incidere. Una teoria che comunque non spiegherebbe perché, per contrasto, non succede a tutti i subentranti ma solo a Caicedo.
Nell’ultima partita di campionato Caicedo poi ha giocato dall’inizio, ma questo non gli ha comunque impedito di fare una giocata decisiva negli ultimi minuti. Contro il Brescia la Lazio ha offerto una delle prove stagionali più opache, in superiorità numerica non ha generato comunque grandi pericoli, finché al 91’ - che a questo punto possiamo definire “Il minuto Caicedo” - ha buttato una palla in area di rigore. È un lancio di Acerbi e non è stato sparato a caso ma sulla testa di Milinkovic-Savic, che vince il duello aereo in mezzo a due avversari e la manda verso Caicedo. L’attaccante la controlla col destro e girandosi la appoggia per Immobile, che tira di piatto all’angolino.
Per quanto riguarda i gol al novantesimo della Lazio ci sono due aspetti più tecnici da considerare. Il primo è statistico e riguarda i passaggi in area di rigore: la squadra di Inzaghi è la prima della Serie A in questa classifica - ed è seconda in quella dei tiri in area, 10,6, dietro solo all’Atalanta. Un dato che spiegherebbe anche la quantità di rigori guadagnati: banalmente, se una squadra gioca molto in area è anche normale che subisca più falli.
E la Lazio gioca molto in area grazie alla precisione dei suoi movimenti offensivi, ma anche alla qualità dei suoi giocatori. La capacità di portare palla di Correa in dribbling facendo retrocedere i difensori; gli smarcamenti instancabili di Immobile; la qualità dei passaggi di Luis Alberto e la presenza in area di rigore di Milinkovic-Savic.
Quest’ultimo fattore in particolare sta diventando sempre più importante. La Lazio è una squadra che sa alternare molto bene i registri del proprio attacco: sa attaccare in modo diretto con molta verticalità ma sa anche palleggiare di più con i suoi giocatori più tecnici. Ma a volte, quando le idee vengono meno, non si fa problemi a lanciare verso Sergej Milinkovic-Savic, che invariabilmente creerà qualcosa di pericoloso per gli avversari. Milinkovic è formidabile nel trovare tasche di spazio tra le linee, ma anche nel giocare con estrema qualità tecnica le palle lunghe che gli arrivano da dietro.
Oltre queste spiegazioni, però, i gol di Caicedo negli ultimi minuti mantengono qualcosa di inspiegabile. Proprio mentre la partita sta per finire e tutti diventano più nervosi e stanchi, Caicedo è sempre il più freddo e il più lucido. Una qualità che accomuna grandi attaccanti, killer a pagamento e chirurghi.