Il 3 aprile contro la Roma Giacomo Raspadori è uscito dal tunnel del Mapei Stadium con indosso la fascia da capitano. È stata un immagine strana: l’attaccante è alla sua settima presenza da titolare in stagione, alla secondo anno tra i professionisti. Dopo un inizio in cui aveva conteso i minuti ai titolari, Raspadori era scivolato in fondo nelle gerarchie e fino a quel momento aveva giocato meno di 600 minuti segnando appena un gol. Niente di tragico: nel suo ruolo trovare una costanza nel rendimento è sempre difficile e richiede tempo. Nel Sassuolo poi il titolare è Caputo, a cui si aggiunge Defrel, due giocatori con molta più esperienza di lui, che dopotutto ha appena compiuto 21 anni.
In quella partita però Raspadori aveva giocato benissimo. Non solo aveva segnato il gol del definitivo pareggio stoppando e girando in porta un cross basso di Oddei (un altro prodotto del vivaio di cui si parla bene) quando mancavano 5 minuti alla fine, ma si era anche messo in luce giocando con l’argento vivo addosso, sempre pronto a scappare dai centrali della Roma, creare spazio per gli inserimenti dei compagni e anche servirli all’occorrenza, come in questo filtrante al bacio per Maxime Lopez al termine di un'azione che racconta bene il gioco del Sassuolo. Il talento di Raspadori non è solo negli ultimi sedici metri.
Era stato il perfetto inizio di un ottimo mese di aprile. Dopo la partita De Zerbi aveva spiegato il perché della fascia: «Avevo già in testa di dare la fascia da capitano a Raspadori perché è cresciuto qui, ho una foto di lui bambino sul cellulare già con la maglia del Sassuolo. Pensavo fosse una bella immagine vederlo in campo da capitano, a dire che i sogni si possono anche realizzare nel calcio». Forse è questo sottotesto da favola che ha spinto i calciatori che hanno votato, quelli che meglio possono capire il senso della parabola di Raspadori, a preferirlo a candidati magari più decisivi per le proprie squadre. Si poteva infatti premiare Rodrigo de Paul, che ha fisicamente trascinato l'Udinese verso la salvezza, mettendosi in proprio contro il Crotone con due gol e servendo invece due assist eccezionali contro il Benevento; oppure Lorenzo Insigne, che di un Napoli sempre più lanciato verso uno dei primi quattro posti è diventato il leader tecnico o Ruslan Malinovskyi che ad aprile è sbocciato come la primavera con 3 gol e 3 assist.
La vittoria di Raspadori ci permette però di parlare di un profilo tutto sommato nuovo per il nostro campionato. Quando era comparso all’improvviso, nel recupero estivo della scorsa stagione, Emanuele Atturo lo aveva descritto come un centravanti atipico per il calcio italiano. 172 centimetri d’altezza per 64 chili di peso e un baricentro particolarmente basso lo rendono infatti piuttosto distante dall’idea archetipica che abbiamo dei numero 9, anche oggi che ai centravanti sono richieste sempre più cose oltre a essere alti e grossi.
Eppure la formazione di Raspadori è quella del centravanti, da quando a nove anni è entrato nelle giovanili del Sassuolo. Ed è evidente appena lo si vede giocare. Certo, non è uno di quegli atleti su cui la squadra può appoggiarsi per risalire il campo con un lancio lungo, ma dopotutto non è questo il gioco di De Zerbi. Raspadori piuttosto è di quelli che fanno ammattire gli avversari grazie al moto perpetuo, che una volta scappano in profondità per farsi lanciare o creare spazio sulla trequarti, e quella dopo si abbassano per aiutare la risalita della manovra offrendo una linea di passaggio sempre valida. Un lavoro che Raspadori riesce a fare in maniera molto pulita grazie a un’ottima tecnica individuale: rimanendo al mese di aprile (che fino a prova contraria è il migliore per distacco della sua carriera) nella partita contro l’Inter ha avuto una percentuale del 100% di passaggi riusciti, tra cui 2 passaggi chiave che potevano avere una sorte migliore. Se nell’immaginario serve un fisico importante per giocare spalle alla porta, a Raspadori basta muoversi bene incontro e giocare la palla con qualità.
È interessante concentrarci su questo aspetto del gioco di Raspadori, prima di arrivare a quello che sa fare in area di rigore. Sempre dopo la partita con la Roma, De Zerbi aveva implicitamente ammesso che tra lui e Scamacca, non avendo minuti da dare a tutti e due, il Sassuolo aveva scelto di tenere Raspadori, dando il secondo in prestito al Genoa. Si era quasi dovuto giustificare: «Sappiamo le qualità di Scamacca, che sa giocare anche con la palla nei piedi nonostante la stazza. Non volevamo far perdere un anno a lui o a Raspadori». Effettivamente Scamacca ha dimostrato di essere un attaccante molto più da manovra di quello che poteva sembrare a prima vista, e forse la scelta di dare lui in prestito ha motivi molto più concreti, come la possibilità - riuscita per altro - di metterlo in vetrina per farne un pezzo pregiato del mercato, ma è anche possibile che De Zerbi abbia visto in Raspadori le qualità per incidere meglio nel suo gioco, anche entrando a partita in corso.
Ed è stato proprio un ingresso a partita in corso ad aver svoltato il mese di Raspadori, e il motivo principale di questo premio. Entrato a mezz’ora dalla fine nella sfida con il Milan, gli erano bastati due lampi nel giro di sette minuti per ribaltare lo svantaggio e regalare al Sassuolo la vittoria contro una delle partecipanti alla Superlega, nel breve tempo in cui è durata. Nel primo Raspadori aveva controllato con l’interno un pallone arrivato tra i suoi piedi quasi per caso. Mentre lo faceva si stava già girando verso l’interno del campo, per anticipare un'eventuale uscita aggressiva di Tomori e allargare velocemente per Toljan. Poi si era inserito nel cuore dell’area, aspettando il pallone nel suo fazzoletto di campo come se non potesse che finire proprio lì, e con il piatto sinistro lo aveva girato alle spalle di Donnarumma. Forse non un gol impossibile, ma che denota quella capacità che concediamo agli attaccanti che riescono a “sentire l’azione”, che come cani da tartufo la seguono con l’olfatto per farsi trovare pronti al tocco risolutivo.
Il secondo era arrivato approfittando alla grande di un’incertezza di Tomori, rimasto a metà strada, indeciso se provare ad anticipare Raspadori, che si era mosso verso di lui per ricevere il passaggio di Berardi, oppure aspettare il controllo per contrastarlo. Per l’attaccante del Sassuolo è stato come aver sentito l’odore del sangue: con un controllo a seguire di piatto gli era girato intorno, poi con il destro aveva incrociato un diagonale che aveva rimbalzato sul palo prima di finire in rete. Anche in questo gol era stato lui ad abbassarsi, ricevere tra le linee e girarsi per servire un compagno sull’esterno prima di andare a risolvere l’azione in area di rigore.
«Fa questi gol perché è forte», aveva detto semplicemente De Zerbi dopo la partita. L’allenatore parla spesso di Raspadori, lo sprona, lo culla e lo motiva. È difficile pensare a una società migliore per il suo sviluppo. Qualche giorno prima, contro la Fiorentina, Raspadori si era guadagnato un rigore anticipando Pezzella come se si muovessero a due tempi diversi. Quando poi era uscito dal campo prima del fischio finale De Zerbi lo aveva abbracciato. Ai microfoni aveva raccontato un aneddoto curioso: «Dopo la partita col Benevento gli ho detto che una sera saremmo dovuti andare a rubare portafogli, per fargli capire che è un ragazzo bravissimo e certe volte non malizioso. Il rigore che ha conquistato era netto eh, ma c'era pure la malizia dell'attaccante esperto [...] Se migliora in questo diventa forte, forte, forte».
Per un centravanti cosa si possa intendere per “forte” non è mai troppo chiaro. Raspadori è appena all’inizio del percorso e questo aprile potrebbe rimanere un abbaglio o l’inizio di una grande carriera. Tuttavia quello che fa vedere in campo e le sue potenzialità fanno venire l’acquolina in bocca, soprattutto sapendo che è italiano e che attaccanti simili in Italia non ne abbiamo oggi. A pensarci sarebbe perfetto per il gioco del CT Mancini e verrebbe da sperare in una sua esplosione prima del Mondiale in Qatar. Raspadori, ad esempio, calcia con tutti e due i piedi. Quando era piccolo era mancino, ma poi per imitare il fratello più grande era diventato destro. «Adesso scrivo con la destra e calcio con entrambi i piedi: è un vantaggio anche nello smarcamento, perché il difensore non può intuire dove deciderò di andare», dice. Si sta allenando a calciare i rigori col sinistro, visto che finora li ha calciati con il destro. In allenamento sfida spesso Berardi su calci di punizione e rigori. Se finora non lo abbiamo visto all’opera, il calcio da fermo potrebbe essere un altro modo per fare gol nel suo arsenale.
Insomma le prospettive davanti a Raspadori sembrano essere luminose, ma la sfida che lo attende è difficile. Se vuole provare a imitare quello che è il suo idolo, ovvero "il Kun" Aguero, deve trovare un modo per essere più efficace quando calcia e soprattutto deve convogliare tutte le sue energie verso la finalizzazione, farla diventare un'ossessione. Deve migliorare nella precisione, nella forza e soprattutto nella volontà di tirare in porta. Per Aguero ogni pallone è un tiro in porta in potenza. Raspadori, anche se il campione non è totalmente indicativo visto quanto ha giocato, calcia in porta 1.6 volte ogni 90 minuti, troppo poco per un centravanti. Anche perché poi l’efficacia è già buona: il 50% dei suoi tiri prende lo specchio e il 22% finisce in rete, numeri che lo metterebbero in un’élite tra gli attaccanti, ma che sono appunto condizionati dalle poche conclusioni che si prende.
Anche perché quando calcia può fare cose del genere.
Il problema per Raspadori è che per i giocatori come lui esistono poche sfumature tra essere Aguero o non esserlo. Non voglio certo limitare Raspadori alla sua futura media realizzativa, abbiamo visto come sia un attaccante potenzialmente prezioso per una squadra che vuole giocare palla a terra con pochi tocchi, ma inevitabilmente non avendo il fisico per specializzarsi, la rapidità e il dribbling per spostarsi sull’esterno o la fantasia per inventarsi i gol (come Di Natale, altro profilo a cui viene accostato ma a cui somiglia poco come giocatore), la capacità di essere freddo e scaltro negli ultimi metri di campo sarà decisiva nella sua carriera. Intanto in questo mese di aprile ha fatto vedere un piccolo bignami del suo talento e sarà bello continuare a seguirne la crescita sotto i nostri occhi.