Certe volte il calcio è davvero semplice. Prendete l’assegnazione di questo premio: a febbraio l’Inter ha vinto tutte le 4 partite disputate, battendo Milan e Lazio dirette rivali al primo posto, segnando 11 gol in totale e subendone appena uno. Lukaku ha preso parte a 7 di questi gol, con 4 reti e 3 assist, meglio di chiunque altro in Serie A nello stesso periodo. Spesso è sembrato muoversi per il campo come fosse solo in autostrada. Non che gli avversari si siano scansati, è che Lukaku li ha proprio spazzati via, nella maniera meno metaforica possibile. Una supremazia tanto netta da aver portato l’attaccante dell’Inter a vincere il premio di calciatore del mese AIC, assegnato tramite i voti dei calciatori iscritti all’Associazione Italiana Calciatori (AIC).
Contro la Lazio, dopo aver segnato su rigore e di rapina su un rimpallo che lo ha favorito, l’attaccante belga ha bruciato mezzo campo passando oltre Parolo e regalando il più facile dei gol a Lautaro. Qualcuno aveva provato a dire che il giocatore della Lazio non era adatto a quel compito, ma era appena l’inizio. Dopo appena 5 minuti del derby aveva servito un altro assist al compagno dopo essere scappato in velocità a Romagnoli. Nel secondo tempo si è preso il pallone a centrocampo e lo ha portato quasi di forza dentro la porta di Donnarumma. Contro il Genoa, in modi diversi, è entrato in tutti e tre i gol. I nerazzurri hanno iniziato febbraio dietro al Milan e l’hanno finito quattro punti sopra.
Prestazioni sensazionali che gli hanno permesso di superare nei voti gli altri pretendenti a questo premio: Luis Muriel, forse mai come in questo mese più vicino possibile all’idea di Ronaldo "il Fenomeno" a cui vorremmo sempre paragonarlo; Antonin Barak, passato da rincalzo dell’Udinese a giocatore chiave (e miglior marcatore) del Verona di Juric e Giulio Maggiore, volto più fresco dello Spezia, che a febbraio ha fermato il Milan e giocato un calcio bello e concreto.
Lukaku sta dimostrando di avere la maturità che chiediamo ai grandissimi attaccanti, arrivando al picco della forma nel momento in cui la stagione entra nel vivo, quando cioè all’Inter serviva vincere per lanciare la sua corsa verso lo Scudetto. Nel momento del bisogno l’attaccante belga si è preso sulle spalle la squadra. L’esultanza dopo il gol del 3-0 che ha chiuso il derby è indicativa della volontà di Lukaku di dominare la Serie A. Dopo le polemiche che avevano seguito il confronto tra Inter e Milan in Coppa Italia, l’attaccante belga ha sfoderato una delle migliori partite della stagione proprio contro il diretto avversario alla vittoria finale.
Lukaku è inavvicinabile, scrivevamo appena un paio di settimane fa, riferendoci a questa capacità dell’attaccante dell’Inter di tenere a distanza gli avversari nei duelli individuali, di usarli come perni o allontanarli come un tifone mentre corre verso la porta avversaria. È la qualità più evidente di Lukaku, quella che Conte stimola di più concedendo ai suoi due attaccanti (anche Lautaro è stato eccezionale a febbraio) tanto campo davanti da attaccare. Nelle partite più importanti l'Inter ha spesso tenuto 9 giocatori bassi per lasciare tutto il campo possibile a due attaccanti capaci di vincere tutti i duelli con i difensori. Una strategia semplice solo all'apparenza. L’Inter ha bisogno di funzionare nei meccanismi che devono portare rapidamente il pallone ad appoggiarsi sul suo centravanti - e non sempre in stagione è stato così - ma soprattutto Lukaku deve essere perfetto in quello che fa per trasformare in gol o assist un pallone raccolto appena oltre il centro del campo. Forse per questo non tutti i mesi sono i suoi mesi, perché se gli bastasse lanciarsi il pallone oltre l’avversario per segnare o permettere al suo compagno di reparto di spingere il pallone in una porta vuota, il calcio a questo punto sarebbe un rebus irrisolvibile per chiunque non sia Lukaku.
Ma quando i meccanismi della squadra e la condizione psicofisica di Lukaku brillano insieme come in questo febbraio, è l’Inter a diventare un rebus irrisolvibile. Prendiamo la partita con il Genoa. Dopo appena 30 secondi Lukaku ha vinto un duello a metà campo, scambiato il pallone con Lautaro e puntato Zapata, costringendolo a scappare indietro impaurito. Arrivato al limite dell’area si è spostato il pallone sul destro e gli ha tirato in mezzo alle gambe, trovando l’angolo lontano della porta. Poi - dopo altri 68 minuti in cui è entrato in tutte le azioni dell’Inter - è stata una sua azione a permettere a Darmian di chiudere una partita che l’Inter stava controllando, ma dove non riusciva a scrollarsi di dosso il Genoa.
Possiamo esaurire questa giocata sostenendo che Lukaku abbia un vantaggio competitivo sugli avversari perché più grosso? No. Guardate il primo movimento che fa, come mentre la rimessa di Perisic gli si avvicina riesce a processare in un attimo la traiettoria del pallone e il tentativo di anticipo di Onguene e come si muova non per frenare l’uno e l’altro - la scelta più banale sarebbe stata quella di andare incontro al pallone e proteggerlo col fisico dall’avversario - ma come piuttosto scelga di sbilanciare Onguene favorendo al tempo stesso la naturale corsa del pallone, così da potersi girare e puntare dritto per dritto la porta avversaria. È il tipo di azione che più gli è congeniale, ma non è stato il caso a metterlo in quella posizione: è stata l’intelligenza con cui ha usato il suo corpo a renderlo possibile. È questo il talento di Lukaku. Una volta piegata l’azione al suo volere, diventa difficile per gli avversari fare qualcosa per fermarlo. In questa circostanza i difensori del Genoa hanno provato a stringere verso il centro per non lasciargli l’uno contro uno, ma a quel punto all’attaccante belga è bastato aprire alla sua destra per Darmian, che ha potuto calciare con i piedi ben dentro l’area di rigore.
Le partite di Lukaku sono piene di questi piccoli accorgimenti, trucchi ed effetti speciali con cui manipola i difensori avversari. Non è un calcio facile. Senza avere la tecnica di un funambolo, per funzionare lungo tutto il campo il suo gioco richiede grande applicazione. Nei primi dieci minuti del secondo tempo del derby, ad esempio, Lukaku aveva avuto più di una difficoltà a tenere i palloni che gli arrivavano, anche a causa di un po’ di sufficienza. Era stato il momento di maggiore pressione del Milan e a un certo punto quando aveva sbagliato una sponda di testa, dalla panchina più di qualcuno gli aveva urlato di proteggerla (anche se suona un po’ come urlare a Steph Curry di tirare da 3). Qualche minuto dopo Barella aveva rilanciato un pallone lungo la linea laterale destra per sfuggire alla pressione di Theo Hernandez e Kessiè. Lukaku ancora una volta non era andato incontro al pallone, ma aveva controllato la pressione di Romagnoli spingendolo all’indietro con il corpo mentre il lancio del compagno si spegneva tra i suoi piedi. Con l’avversario bloccato alle sue spalle, Lukaku aveva aspettato il recupero di Theo e poi con un tocco di punta aveva servito Hakimi sulla corsa. Certo, poi l’esterno dell’Inter ha bruciato Tonali con la sua velocità e agevolato l’azione che passando per Eriksen e Perisic aveva portato al raddoppio di Lautaro, ma è indicativo come dopo alcuni errori non da lui, il gol dell’Inter sia partito da un’intuizione di Lukaku. Mai come in queste ultime partite il belga sembra in grado di ribaltare il contesto non solo grazie al suo corpo, ma con una sapiente gestione dei tempi del gioco dell’Inter. I migliori trequartisti usano la pausa per guadagnare un vantaggio posizionale, Lukaku fa lo stesso in una maniera solo sottilmente diversa, usando il corpo più che le finte per alterare i tempi di gioco a suo favore.
Ovviamente arriveranno momenti in cui il dominio di Lukaku apparirà meno netto. Partite in cui sarà più facile notare quando l’ambizione delle sue giocate viene frenata dagli avversari o quando i suoi passaggi saranno più imprecisi. Nell’azione del primo gol al Milan, dopo aver piantato sul posto Romagnoli, Lukaku sbaglia il primo passaggio per un eccesso di fretta (è anche bravo Kjaer), poi quando il pallone gli ritorna tra i piedi ha la calma di fare una prima finta per mandare a vuoto Kessié e prendersi il tempo per disegnare con il sinistro una parabola che finisce la sua corsa sulla testa di Lautaro.
Nella gara con la Fiorentina, la prima del mese, l’unica in cui Lukaku non è finito nel tabellino del risultato è stato schierato accanto a Sanchez che rispetto a Lautaro tende di più ad abbassarsi tra le linee. Forse anche per questo ha passato quasi tutta la gara tra le attenzioni dei tre centrali della Fiorentina. Pezzella gli stava sempre attaccato, con i compagni vicini pronti a intervenire in caso di bisogno. Questo è il grado di attenzione a cui spinge le difese avversarie.
Può essere un modo per provare a risolvere il rebus Lukaku, ma pone altri problemi. In quella partita, stringendo la difesa, i pericoli erano arrivati dagli inserimenti dall’esterno di Perisic (0.8 xG e 1 gol) o da quelli da dietro di Barella (0.6 xG e 1 gol). Lukaku aveva comunque messo Lautaro davanti alla porta e poi sfiorato il gol personale.
A questo punto del campionato l’Inter è il miglior attacco della Serie A con 60 gol in 24 partite. Se già a gennaio grazie alla vittoria contro la Juventus sembrava aver trovato una maggiore consapevolezza, nelle ultime partite ha raggiunto forse la forma ideale cercata da Conte. Ad aiutare sono stati anche alcuni accorgimenti tattici, come l’ingresso di Eriksen a centrocampo o un maggiore coinvolgimento di Perisic. Ma ogni squadra ha bisogno di un leader e con un febbraio eccezionale Lukaku ha dimostrato a tutti di esserlo.