Il 7 settembre del 2020 Mattia Destro era svincolato. Veniva da una stagione disastrosa in cui aveva giocato poco più di 470 minuti in tutto, tra Bologna e Genoa, senza mai riuscire a segnare. Nel gennaio precedente, quando la società emiliana lo aveva messo sul mercato, aveva ricevuto l’offerta dello Shenzhen di Roberto Donadoni, che avrebbe potuto mettere fine alla sua carriera in Italia, ma lui aveva scelto di rimanere in Serie A a giocarsi le sue ultime carte. Le cose, però, non erano andate nel verso giusto: il campionato si è interrotto per la pandemia di Covid-19 e, quando ha ripreso, Destro non ha giocato. Davide Nicola lo ha fatto partire titolare solo una volta, contro il Brescia, nonostante si dicesse che in quella manciata di partite rimaste si sarebbe giocato la permanenza a Genova, che comunque già allora sembrava difficile. Eppure, alle porte di una delle stagioni più atipiche e difficili di sempre, il Genoa gli ha offerto un nuovo contratto. Si dice sia stato decisivo il volere del nuovo allenatore, Rolando Maran.
Alla prima stagionale Destro è stato schierato titolare e ha ripagato immediatamente la fiducia che gli è stata concessa, segnando il gol che ha aperto la larga vittoria contro il Crotone per 4-1. Per lui sembrava l’alba di una nuova era: pochi giorni dopo ha concesso una lunga intervista al Secolo XIX in cui gli è stato ricordato il suo primo gol in Serie A, segnato sempre con la maglia del Genoa quasi esattamente 10 anni prima, quando sembrava destinato a grandi cose, e gli è stato chiesto cosa non avesse funzionato nel frattempo, ma Destro ha risposto come se la sua carriera non gli appartenesse. «Non c’è una risposta precisa», dice Destro «So solo che devo cambiare perché quello che ho fatto finora evidentemente non è bastato».
Per uno strano scherzo del caso, però, se uno avesse completamente cancellato gli ultimi 10 anni farebbe fatica a distinguere quel primissimo periodo della carriera di Destro con quest’ultimo: entrambi in un Genoa “guidato” da Domenico Criscito; entrambi in una stagione tormentata dove Davide Ballardini è subentrato in corsa a un altro allenatore (allora era Gian Piero Gasperini); entrambi in qualche modo propiziati da Rodrigo Palacio, che ha servito l’assist sia del suo gol d’esordio sia dell’ultimo prima di tornare a segnare con il “Grifone”, quasi 500 giorni dopo. Persino lui fa fatica a rispondere quando gli viene chiesto in cosa è cambiato in questi dieci anni: «Allora ero sbarbato e con i capelli corti, adesso ho la barba e i capelli lunghi».
Il talento nel ritrovarsi magicamente da solo davanti al portiere avversario, però, è rimasto intatto.
Quei ricci e quella barba incolta a cui ormai ci siamo abituati, il nuovo volto di Destro, rappresentano più che altro il cambiamento delle nostre aspettative su di lui. A Roma, dopo un grave infortunio, erano state prese come primo segnale del suo precoce decadimento fisico, oggi invece, per tutti, quello indurito dal tempo e dal volto piratesco è il vero Destro, così lontano dall’aspetto infantile che aveva a Siena quando in una stagione era diventato la next big thing del calcio italiano. Forse è proprio perché avevamo smesso di aspettarci qualcosa da lui che il suo gennaio, in cui ha segnato 5 gol in appena 4 partite giocate da titolare, ci è sembrato così straordinario e fuori dal tempo, molto di più degli altri candidati al premio di calciatore del mese AIC - tutti giocatori giovani e atleticamente esuberanti, come Sergej Milinkovic-Savic, Federico Chiesa e Niccolò Barella, che con le loro prestazioni dominanti hanno sorretto i periodi di forma delle proprie squadre nel mese che ci siamo appena messi alle spalle.
Se Milinkovic-Savic, Chiesa e Barella sono perni delle rispettive squadre da tempi più o meno lunghi, quello di Destro, invece, è un piccolo miracolo inserito nel miracolo più grande del Genoa di Ballardini. Il “Grifone”, come fatto notare da Opta, dopo il suo arrivo è improvvisamente diventata la squadra con meno gol subiti (4 in 7 match); più clean sheet (4); miglior percentuale di tiri in porta (60%), nonché la seconda squadra del campionato per percentuale realizzativa (16%) e la quinta per media punti (2.0). In una squadra che come per magia ha smesso di essere disfunzionale, Destro non si è trasformato improvvisamente in un altro giocatore. Il suo passo è ancora pesante e le movenze impacciate, i suoi movimenti ormai ridotti a quelli per attaccare l’area di rigore, e trovare il tempo e lo spazio per battere a rete. Spogliato di qualsiasi velleità atletica, ha portato il suo gioco al suo nucleo essenziale, il talento nel trasformare le occasioni in gol, trovando in Ballardini un allenatore disponibile a costruirgli un’architettura tattica intorno per permettergli di farlo.
In una squadra che non disdegna più di attaccare posizionalmente con molti uomini e che ha occupato la trequarti con giocatori creativi e verticali come Strootman e Zajc, Destro può concentrarsi solo sugli ultimi 16 metri mentre Shomurodov si occupa di associarsi con il centrocampo per far risalire il pallone con grande generosità.
Che Ballardini sia stato fondamentale nella rinascita di Destro lo si vede in negativo anche negli scampoli di partita giocati con Maran, che dopo quel primo gol al Crotone gli preferirà quasi sempre Scamacca, complice anche l’iniziale assenza per via del covid. Nei 10 minuti giocati contro la Fiorentina, per esempio, Destro attacca la porta quasi sempre in transizioni lunghe a partire dal centrocampo: in una, dopo una faticosa e lenta progressione con la palla, serve a Pjaca l’assist per il momentaneo 0-1; in un’altra, al 94esimo, è lui invece a ricevere palla da solo in area dall’attaccante croato, ma dopo una lunga corsa calibra male il primo controllo di esterno destro, forse per stanchezza, e non riesce a superare Dragowski scavando la palla. In mezzo, l’unica fortuita occasione in cui si intravede il talento magico nel sentire il gol di Destro, che su un tiro da fuori area di Pjaca si stacca dalla marcatura dei due centrali avversari per sporcare la traiettoria e, se non fosse stato per un fuorigioco millimetrico, mette la palla in rete (alla fine la Fiorentina pareggerà con l’ultimo pallone disponibile, al 97esimo).
Con Ballardini le qualità di Destro vengono inserite nel sistema e utilizzate in maniera meno casuale, e i risultati si vedono. Dei 9 gol realizzati in questa stagione, 6 sono arrivati con Ballardini in panchina, con cui l’attaccante ascolano ha raggiunto livelli di efficienza realizzativa semplicemente assurdi. Destro ha ricavato quei 9 gol da un totale di appena 25 tiri (di cui ben 23 da dentro l’area di rigore) e di soli 5.5 Expected Goals. Tra gli attaccanti della Serie A con almeno 25 tiri effettuati, solo Luis Alberto, che ha realizzato 6 gol da 3.3 Expected Goals, ha fatto meglio.
I cinque gol segnati a gennaio, in questo senso, sono un inno all’antica arte di segnare con qualsiasi occasione a disposizione. Gol arrivati da palloni ribattuti malamente dalla difesa avversaria su cui è arrivato prima di tutti (come il primo al Crotone), da traiettorie taglienti sporcate appena con la punta del piede dopo essersi nascosto nel lato cieco del difensore (come il secondo al Crotone), da tiri dal limite dell’area piccola a concludere un contropiede (come i gol contro Cagliari e Lazio) o da una palla recuperata in alto con il pressing (contro il Bologna).
Il più bello di questo mese è forse proprio l’ultimo contro il Crotone, in cui sembra farsi rimbalzare il pallone addosso più che calciarlo davvero.
Destro ha sempre avuto un rapporto sofferto e controverso con il gol, come se il suo stato di forma dipendesse dalla quantità di palloni che riesce a mettere in porta e non il contrario. «Sono tutte partite pazzesche quando faccio gol», dichiarò a Sportweek nel 2014, quando era ancora alla Roma, «Se non segno allora guardo anche alla prestazione».
Su di lui è tornato anche Sinisa Mihajlovic, forse l’allenatore che è stato più duro nei suoi confronti quando c’era da chiedergli qualcosa in più in allenamento. Fu l’allenatore serbo, per esempio, a non metterlo proprio in buona luce quando, dopo un gol segnato nel 2019 con la maglia del Bologna, si procurò un infortunio muscolare esultando. «Negli anni precedenti al mio arrivo a Bologna non ha fatto quello che doveva, poi quando sono arrivato io ha cercato di alzare l’intensità, di mettere in campo la voglia, ma si faceva spesso male e non è riuscito a trovare continuità», ha dichiarato Mihajlovic qualche giorno fa. «A me, Mattia è sempre piaciuto, però non è riuscito a fare bene qua e la scelta è stata quella di andare. Gli attaccanti vivono di gol e nel momento in cui segnano riprendono fiducia».
Adesso che i gol stanno cadendo come una grandinata improvvisa sulla sua carriera, Destro sembra un giocatore rinato da tutti i punti di vista. Ballardini, con il solito equilibrio, ha rimesso la correlazione causale tra prestazione e gol al suo posto, dimostrando di apprezzarlo come giocatore al di là del numero di reti segnate e dall’incognita su quanto possano durare ancora questa media realizzativa. «Mattia la sua partita la fa sempre», ha detto l’allenatore del Genoa, «È presente quando c’è da attaccare lui, così come quando bisogna dare una mano. Questo è lui per me, un calciatore totale, pronto a sacrificarsi in ogni fase del match. Alla fine, giocando così, il premio del gol arriva».
Le parole di Ballardini sono talmente limpide e lineari che sembrano nascondere un segreto. Perché è difficile spiegarsi solo con il lavoro in campo la rinascita di un giocatore che appena due anni fa aveva visto un intero stadio sbeffeggiarlo per non essere riuscito a mettere in porta un pallone da poco più di un metro dalla linea di porta.
In ogni caso, ora che la linfa vitale del gol è tornata a scorrere nelle vene del talento di Destro, per lui si è tornato a parlare anche di una clamorosa convocazione in Nazionale in vista dell’Europeo di quest’estate, qualcosa di ciclico nella sua carriera, tanto quanto il suo ritorno al Genoa. Anche nel 2012, dopo la sua grande stagione a Siena, si parlava infatti di una possibile convocazione in veste di jolly per gli Europei, e anche allora come oggi la sua figura veniva paragonata in maniera molto precoce a quella di Totò Schillaci.
Dopo un decennio di molti bassi e pochi alti, e un anno che ci ha abituato a non guardare molto al di là del presente, quel paragone è più beffardo di quanto ci sembrava allora. E allora, per adesso, accontentiamoci: un mese in cui Destro è sembrato il miglior attaccante del campionato è già una notizia su cui nessuno avrebbe scommesso fino a poche settimane fa.