Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
Gli italiani a Liverpool prima di Chiesa
05 set 2024
Una storia non proprio gloriosa.
(articolo)
14 min
(copertina)
IMAGO / Sportimage
(copertina) IMAGO / Sportimage
Dark mode
(ON)

Con l'arrivo di Federico Chiesa sale a sette il numero degli italiani nella storia del Liverpool (contando anche Paletta, diventato però cittadino italiano anni dopo il suo passaggio in Inghilterra): solo Chelsea e West Ham vantano più italiani con almeno una presenza in Premier League. Resta però difficile ricordare imprese significative sotto la Kop dei nostri connazionali, anzi: il tratto distintivo dei calciatori partiti dalla penisola alla volta del Merseyside è forse quello di avere deluso aspettative che, il più delle volte, nemmeno esistevano.

Daniele Padelli (2007)

Il pomeriggio del 13 maggio 2007, ad Anfield, è un momento di festa e insieme di attesa: è l'ultima partita casalinga dell'anno, e quindi l'occasione per il pubblico di salutare il presidente uscente David Moores, in carica dal 1991, e di tributare una standing ovation all'idolo di casa Robbie Fowler. È anche un incontro però inutile ai fini della classifica, a dieci giorni dalla finale di Champions League ad Atene. Insomma, è il momento adatto per regalare un po' di gloria a Daniele Padelli, che grazie a quel 2-2 contro il Charlton Athletic diventa il primo italiano nella storia a scendere in campo per il Liverpool, anche se solo per novanta minuti: l'inizio è traumatico, con il numero 30 che fa appena in tempo a toccare un pallone prima di subire l'1-0, mentre il secondo gol dei londinesi, arrivato su una sua bizzarra respinta, suscita qualche malumore tra i tifosi dei Reds.

È il culmine di un'esperienza capitata all'improvviso: passato a titolo definitivo alla Sampdoria nel 2004 in seguito al fallimento del Como, dopo una prima annata al Pizzighettone, Padelli inizia il 2006/07 al Crotone, come riserva di Salvatore Soviero. In qualche modo il Liverpool lo segue, nonostante nella prima parte di stagione la sua unica apparizione coincida con i tempi supplementari del terzo turno di Coppa Italia contro la Reggina di Mazzarri. Poi, a dicembre, accade tutto molto rapidamente: prima la convocazione nell'Under 21 di Casiraghi e il debutto, da subentrato, in un'amichevole con i pari età del Lussemburgo a Vibo Valentia; quindi, tre giorni dopo, l'esordio in Serie B in un 2-2 allo Scida contro il Pescara. È abbastanza per convincere Rafa Benítez: il tempo per il Crotone di trovare un sostituto in Angelo Pagotto e il ragazzo, con l'assenso della Sampdoria, può partire, giovedì 11 gennaio, dall'aeroporto di Orio al Serio.

Padelli arriva in prestito con diritto di riscatto per giocare nella squadra riserve e agire come terzo portiere alle spalle di Reina e Dudek, ma pare destinato a un futuro da grande protagonista in Premier League. In Inghilterra, sul sito della BBC, i tifosi sono preoccupati che possa togliere spazio al giovane Scott Carson, mentre alla stampa italiana non par vero di poter sfruttare l'esotismo della provincia italiana con titoli come: “da Pizzighettone ad Anfield”. Il portiere dice di essere quasi svenuto quando ha saputo dell'interesse del Liverpool, e sogna ovviamente di restare, possibilità tutt'altro che remota: al suo procuratore Silvano Martina, agente anche di Buffon, «pare che siano contenti di tenerlo», e sembra persino che tra Samp e Liverpool possa nascere un rapporto di collaborazione, con l'arrivo di un giovane inglese in Liguria e magari la partenza di Quagliarella per l'Inghilterra. Padelli compare qualche volta in panchina in campionato e anche nella semifinale di ritorno di Champions League contro il Chelsea, indizi che, uniti alla particolare attenzione che Rafa Benítez sembra avere per il portiere valtellinese, fanno pensare a Marotta che un riscatto sia imminente.

Invece, dopo aver preso parte al breve ritiro pre-finale di La Manga, in Spagna, e aver viaggiato con la squadra ad Atene, per una finale contro il Milan vissuta da interista, ma senza intenzioni di portare sciarpe nerazzurre su una eventuale panchina («Siamo professionisti e in questi momenti non pensi a queste cose: c'è solo il Liverpool») rientra in Italia e viene prestato al Pisa di Ventura, dove fa da riserva a Davide Morello. Comunque ha conservato un buon ricordo: «Ero giovane, ho imparato tanto, mi sono allenato con Gerrard e Reina, mi aveva voluto Benítez. Ho giocato ad Anfield Road: impossibile volere di più».

Andrea Dossena (2008-10)

In tutta la sua carriera professionistica, dagli inizi con l'Hellas Verona alle ultime gare con il Piacenza, Andrea Dossena ha segnato un totale di dodici (12) gol. Due di questi - vale a dire un sesto, il 16,6% del totale - sono stati messi a segno nel giro di circa novanta ore, indossando la maglia del Liverpool, contro Real Madrid e Manchester United, in due partite dove è rimasto in campo per trenta minuti complessivi (più recupero).

È una settimana (anzi meno) memorabile: il Liverpool di Benítez elimina il Real di Juande Ramos agli ottavi di finale di Champions League e Dossena appare giusto in tempo per segnare, di piatto, il 4-0 e battersi la mano sul petto, mentre Gerrard e Fernando Torres, in panchina, ridono di gusto; pochi giorni dopo, a Old Trafford, nello scontro diretto per il titolo, ancora una volta entrando dalla panchina come esterno alto, direttamente su assist di Pepe Reina, scavalca van der Sar con un pallonetto da fuori area per il definitivo 1-4. Il resto della stagione e mezza passata in riva alla Mersey non è, invece, degno di nota. Reduce da un ottimo campionato con l'Udinese, dopo aver attirato l'interesse del Tottenham, il lodigiano passa al Liverpool, nel luglio del 2008, per una cifra vicina ai dieci milioni di euro, accolto da una telefonata di Benítez: «Andrea, benvenuto. Sappi che noi in difesa giochiamo a quattro: preparati. Ciao».

E forse è questo il grosso problema: Dossena, messosi in mostra come esterno di centrocampo in un 3-4-3, arriva per colmare il vuoto lasciato da Riise e, abbandonato il numero 8 per il 2, giocarsi il posto con Fábio Aurélio e Insúa, ma verrà sempre giudicato dai tifosi, per quanto abile in fase offensiva, deficitario in difesa. Affascinato dal calcio inglese, da Anfield, da You'll never walk alone, Dossena non è altrettanto interessato ai Beatles: sostiene di conoscere «un paio di canzoni, forse tre», decisamente poche anche per una persona che abbia passato la sua esistenza a evitare accuratamente l'opera artistica dei "Fab Four". La stagione inizia con Dossena in campo in sette delle prime otto giornate di Premier League, prima di una progressiva emarginazione tra panchina e tribuna; al tempo stesso, tenuto in considerazione da Marcello Lippi, ottiene nove delle sue dieci presenze in Nazionale proprio durante quel primo anno al Liverpool. Strano a dirsi, le preoccupazioni di Dossena hanno però a che fare non tanto con il calcio, quanto con il capitalismo.

Sono gli anni della crisi finanziaria globale e il terzino si sveglia ogni giorno contemplando la recessione: «Stamattina Barclays ha perso il 23 per cento in poche ore. Parliamo di una delle banche più importanti, dello sponsor principale della Premier League. Sta succedendo qualcosa più grande di noi, difficile capire. Avessi saputo prima certe cose, ci avrei pensato due volte: avrei richiesto maggiori garanzie». Il forte sospetto di essere stato ingannato: «Sono venuto in Premier League per guadagnare di più, poi ho scoperto che era tutto appoggiato sulla sabbia». La svalutazione della sterlina si fa sentire e già nell'estate del 2009 si pensa a un ritorno in Italia che arriva però soltanto a gennaio 2010, consentendogli di raggranellare ancora cinque presenze in Inghilterra, tra cui una sconfitta interna con la Fiorentina in Champions League.

Alberto Aquilani (2009-10)

Un dirigente del Liverpool arriva alla stazione di polizia di Allerton e trova Alberto Aquilani, parcheggiato sul marciapiede, ignaro del significato della doppia linea gialla e del perché debba spostarsi. L'appuntamento con la polizia del Merseyside è stato organizzato dalla società per chiarire una serie di spiacevoli equivoci: il centrocampista italiano, fermato più volte al volante con il telefono in mano e sanzionato, ha infatti tentato di pagare la multa sul posto, in contanti, gesto che può apparire, alle forze dell'ordine britanniche, come un tentativo di corruzione.

È solo uno dei tanti aneddoti divertenti che all'epoca circolano a Liverpool sul calciatore italiano, arrivato in Inghilterra nell'estate del 2009, quando le esigenze della Roma di fare cassa per rimediare alla mancata qualificazione in Champions League incontrano la fretta di trovare qualcuno che occupi il vuoto lasciato da Xabi Alonso ad Anfield. La partenza di un prodotto del settore giovanile giallorosso è dolorosa, ma se, da una parte, una voce della dirigenza accoglie i venti milioni di euro proclamando che «con questa ci paghiamo gli stipendi della prossima stagione», dall'altra il giocatore va a guadagnare quattro milioni all'anno per cinque stagioni, il doppio di quello che avrebbe percepito nella capitale.

Aquilani è, in quel momento, alle prese con i postumi di un'operazione alla caviglia: ancora non corre, ma d'altra parte Benítez, insoddisfatto dei pochi fondi messi a disposizione per gli acquisti, sa bene che, se il giocatore fosse sano, il prezzo sarebbe proibitivo. Ancora una volta, quindi, il tecnico spagnolo scommette su un italiano e proprio dalla penisola, dice, gli arrivano i complimenti dei colleghi per il colpo di mercato. Accompagnato dalle belle parole di Riise, ribattezzato “Italian Stallion” dal sempre becero Sun e "Aquaman" dai tifosi, il nuovo arrivato non ha ancora giocato un minuto quando uno striscione, dai toni eccessivamente trionfali, annuncia, a fianco di un fotomontaggio del centrocampista nei panni di un gladiatore in un'arena: A hero will rise: Alberto Aquilani. È un pezzo di stoffa indicativo, per qualcuno, del baratro in cui sprofonda il Liverpool prima dell'arrivo di Klopp.

L'esordio ufficiale arriva soltanto a fine ottobre, un quarto d'ora nella sconfitta con l'Arsenal agli ottavi di finale di Coppa di Lega, ma subito dopo è fermato da un virus con febbre e vomito. Fa il suo debutto in Premier League giocando otto minuti contro il Birmingham e vorrebbe giocare di più, ma Benítez non vuole rischiare. La prima da titolare arriva nell'inutile gara di Champions League in cui il Liverpool, già eliminato, perde con la Fiorentina; contro il Wolverhampton, nel Boxing Day, parte finalmente dal primo minuto in campionato e all'uscita dal campo è celebrato con una standing ovation. Per il primo gol bisogna aspettare marzo, quando per la prima volta gioca una partita intera e può dedicare la rete del 3-0 al Portsmourth, sotto la Kop, a Michela Quattrociocche.

Ad aprile, in semifinale di ritorno di Europa League, il momento che, secondo Aquilani stesso, avrebbe potuto cambiare tutto: il suo gol all'Atletico Madrid pareggia i conti e manda la gara ai supplementari, dove il Liverpool riesce a trovare anche il 2-0 prima che arrivi Forlán a rovinare tutto. «Se fossimo passati avremmo affrontano il Fulham in finale e avremmo avuto una grande possibilità di vincere l'Europa League. Sarebbe stato il mio primo trofeo e avrebbe cambiato la mia vita al Liverpool. Ma abbiamo perso e il mio gol, come ho giocato, è stato tutto dimenticato».

Il nuovo allenatore Hodgson, in lingua italiana e da vero gentiluomo, gli spiega che vuole comprare Joe Cole e costruire un Liverpool più inglese. Dopo aver disputato le due gare di Europa League con il Rabotnicki, parte per il prestito alla Juventus. Per un paio di estati, conclusi i prestiti, Aquilani torna a Liverpool e gioca amichevoli estive, prima con Kenny Dalglish, poi con Brendan Rodgers, che gli comunica che non ha un futuro al Liverpool, lasciandolo ad allenarsi da solo, malinconicamente, a Baltimora.

Fabio Borini (2012/13, 2014/15)

Brendan Rodgers ha speso molte belle parole per Fabio Borini nel corso degli anni: un esempio, un modello, straordinario. Il tecnico nordirlandese ha allenato l'attaccante di Bentivoglio nelle giovanili del Chelsea e poi allo Swansea, per quattro mesi nel 2011, per cui una volta arrivato sulla panchina del Liverpool non ha il minimo dubbio: Borini, con cui è costantemente in contatto, deve essere il primo acquisto della nuova gestione, la pietra su cui costruire la propria chiesa. L'urgenza è tale da spingerlo a dichiarazioni irrituali («spero di concludere entro questa settimana, sarà grandioso, i tifosi lo ameranno assolutamente»), poi seguite da una pubblica smentita di fronte alle perplessità della Roma, che sostiene di non sapere nulla di una trattativa. L'affare viene comunque concluso in due giorni, anche grazie all'amicizia tra Franco Baldini e Rodgers: alla Roma vanno tredici milioni di euro.

Borini, cui durante gli europei Mario Balotelli ha parlato molto bene dei tifosi dei Reds, a suo dire i migliori d'Inghilterra, è molto più che un semplice attaccante, è un simbolo di ciò che dovrà essere il nuovo Liverpool, «rappresenta ciò che vogliamo costruire qui per il presente e il futuro». Borini trova il primo gol già ad agosto, nelle qualificazioni di Europa League contro il Gomel, ed è titolare, in un tridente con Suarez e Sterling, nelle prime cinque giornate di Premier. Una frattura al metatarso, a ottobre, seguita da un infortunio alla spalla in primavera, gli impedisce di fare più di qualche comparsata nel resto della stagione, nella quale riesce comunque a segnare un gol in campionato, in un 6-0 al Newcastle. Ceduto in prestito al Sunderland, nel 2014 decide di restare a Liverpool, rifiutando diverse offerte, ma è ormai lontano dal giro dei titolari: sono appena due le partite che gioca per intero, una delle due, curiosamente, contro il Real Madrid, al Bernabeu, come punta centrale in un attacco completato da Lallana e Markovic. A gennaio 2015 vive un breve momento di gloria, segna all'Aston Villa e i tifosi intonano “Fabio fantastico, Fabio magnifico”: ma la storia sa essere crudele e lui finisce, incastonato al fianco di Balotelli e Lambert, in un'immagine virale che espone al ludibrio delle future generazioni il presunto peggior trio d'attacco della storia del Liverpool.


Mario Balotelli (2014-15)

Desmond N'Ze è un calciatore italo-ghanese: ha conosciuto Balotelli ai tempi dell'Inter, poi ha avuto una carriera passata per il Milazzo e la quarta serie giapponese. A Liverpool è, di fatto, l'autista personale dell'attaccante e per diverso tempo gira per il centro sportivo di Melwood, entrando continuamente in stanze dove sono in corso incontri privati. Dopo che la società fa capire a Mario che N'Ze non è un ospite gradito, lo si può trovare spesso, addormentato in una Ferrari, mentre aspetta che l'amico finisca l'allenamento. Quando N'Ze non è in città, tocca ai compagni di squadra dare un passaggio, magari con una fermata per comprare le sigarette: un giorno Mario entra in auto e non riconosce un passeggero, che però è Joe Allen, con cui si allena e gioca regolarmente da mesi. Non è peraltro l'unico collega di cui non sa il nome o non sospetta nemmeno l'esistenza.

Pochi mesi prima, nell'estate del 2014, l'attaccante italiano non era esattamente il primo nome nella lista dei "Reds", anzi: lo stesso Brendan Rodgers si preoccupa di proclamare categoricamente che Mario Balotelli non sarà un giocatore del Liverpool. Partito Suárez, però, e con la spiacevole sensazione di aver acquistato un Ricky Lambert ormai a fine corsa, realizzato che Alexis Sánchez costa troppo, Loic Remy non è in grado di superare le visite mediche e Wilfried Bony ha richieste salariali troppo alte, a fine agosto si decide di virare sul calciatore del Milan. Il primo impatto è positivo: un sondaggio del Liverpool Echo rivela che l'85% dei tifosi è favorevole all'acquisto, una leggenda come Kenny Dalglish ne sottolinea l'avvenuta maturazione rispetto ai tempi di Manchester, bambini di nove anni implorano le madri di portarli a vedere Mario. La Gazzetta dello Sport gli attribuisce una maggior carica di simpatia rispetto a Luis Suárez; Usain Bolt sostiene di aver consigliato personalmente a Mario il ritorno in Inghilterra. Tutti contenti, quindi, tranne l'oratorio Mompiano, che non può aggiudicarsi una percentuale dei soldi spesi dal Liverpool perché non riesce a trovare documenti che provino il passaggio di Balotelli da quelle parti.

All'esordio, contro il Tottenham, è accolto dal non troppo originale coro “Mario fantastico, Mario magnifico” e con il Ludogorets, in Champions League, trova il primo gol con la nuova maglia. Punizioni da urlo in allenamento e inviti al nuovo CT italiano, Antonio Conte, di farsi un giro a Liverpool. Spesso titolare nella prima parte di stagione, già a inizio ottobre suscita qualche malumore quando, alla vigilia di una partita a Basilea, passa la notte a fumare nella hall dell'albergo con gli amici arrivati da Milano. Poche settimane più tardi, nell'intervallo di una partita con il Real Madrid, scambia la maglia con Pepe: l'allenatore lo riprende pubblicamente e il Liverpool Echo pretende che si scusi con ogni singolo tifoso dei "Reds" e venga multato. In allenamento tende a non muoversi e, se qualche compagno lo critica, a far finta di nulla. Non è particolarmente amato, né disprezzato: «Era come ci se fosse ma in realtà non ci fosse. Era lì ma non te lo ricordi davvero».

Durante una partitella in allenamento decide di segnare un glorioso autogol da 45 metri e, secondo qualcuno, si mette a ridere; in un'altra occasione, venuto a sapere che un compagno di squadra ha un modello di iPhone più recente del suo, finge un infortunio per andarselo a comprare. E poi passa il tempo libero a Manchester e ammette pubblicamente di non sapere nulla della gloriosa storia del Liverpool.

A fine stagione, dopo 28 presenze e quattro gol in quattro competizioni diverse, torna al Milan, non prima di aver incassato un bonus da un milione di sterline, previsto dal contratto nel caso in cui non fosse stato espulso tre volte in stagione.

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura