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Le migliori squadre del 2020
31 dic 2020
Il Bayern Monaco non è l'unica squadra ad aver avuto un grande 2020.
(articolo)
20 min
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Il 2020 è stato un anno fuori dalla norma anche nel calcio, che si è reso conto forse che non può vivere isolato dal resto del mondo. La pandemia ha infatti inciso pesantemente anche su delle routine che credevamo inscalfibili: i campionati sono stati sospesi o in alcuni casi addirittura annullati, diversi giocatori sono dovuti stare in isolamento per settimane per via del virus, stadi vuoti con conseguente crisi economica generalizzata che ha portato a licenziamenti e taglio degli stipendi, assenza di preparazione estiva per questioni di calendario, partite ogni tre giorni per recuperare il tempo perso. Come risultato le squadre di tutto il mondo hanno dovuto adattarsi: meno allenamenti, meno possibilità di prepararsi tatticamente tra un turno e l’altro, e di conseguenza più infortuni. Questo, a un livello molto generale, ha portato a una diminuzione del pressing, a un'oscillazione maggiore nello stato di forma delle squadre tra una partita e l’altra, più errori difensivi e di impostazione.

Nonostante ciò, la stagione è stata portata a termine e una nuova è ricominciata - qualcosa che fino a poco tempo fa sembrava impossibile. In questo nuovo contesto, le squadre migliori sono state da una parte quelle che partivano già da una base solida, dall'altra quelle che meglio hanno saputo adattarsi al nuovo calcio durante la pandemia.

Come per ogni classifica, un disclaimer necessario: ogni scelta comporta per forza di cose un'esclusione, è qualcosa di connaturato all'idea stessa di classifica. Ho escluso a fatica squadre che hanno vinto praticamente tutto o comunque raggiunto grandi traguardi come il PSG finalista della Champions League, ma anche squadre che hanno fatto vedere momenti di gioco brillantissimo e all’avanguardia come la Real Sociedad e il Sassuolo, o squadre competitive contro ogni avversario come l’Hellas Verona e il Granada. Detto questo, ci sarà sempre una squadra che rimarrà fuori con dieci opzioni a disposizione. Bene, iniziamo.

10. Bodø/Glimt

Glimt significa fulmine, la maglia è gialla e nera, e la squadra di Bodø (nel nord della Norvegia) pratica un calcio totalmente aderente al brand che si sono scelti. Il Bodø/Glimt sembra una fusione scandinava in tono minore tra il Borussia Dortmund di Klopp e il Napoli di Sarri: una squadra, cioè, che ha un dominio tecnico e tattico sul campionato, che chiama il pressing avversario per crearsi gli spazi, utilizzando principi del gioco di posizione per far avanzare il pallone disordinando gli avversari con passaggi in diagonale dietro la linea di pressione, movimenti continui, sfruttamento del terzo uomo. Una squadra verticale che pressa in modo asfissiante per forzare palle lunga avversarie e quando ha campo se lo mangia avanzando ad un tocco con più uomini possibili. Se volete un'esperienza completa, dovreste guardare una loro partita con la Cavalcata delle Valchirie di Wagner in sottofondo.

Il Bodø/Glimt è stato un meteorite che ha impattato a tutta velocità contro il campionato norvegese. Nel 2020 ha vinto il primo titolo nazionale in 104 anni di storia, diventano la squadra più a nord d’Europa a vincere un campionato (e anche prima squadra all’interno del circolo polare artico a farlo). Solo per dare un’idea dell’impatto anche statistico della squadra rimasta imbattuta nelle prime 20 giornate: in classifica ha chiuso con 81 punti in 30 partite (+19 sulla seconda), con 103 gol fatti e 32 subiti, miglior attacco (+26 sul secondo) e migliore difesa. Anche i numeri dei singoli impressionano: in campionato la punta Kasper Junker ha segnato 27 gol e fornito 11 assist, l’ala destra Philip Zinckernagel ha segnato 19 gol e fornito 24 assist, l’ala sinistra Jens Peter Hauge ha segnato 14 gol e fornito 10 assist, il centrocampista e capitano Ulrick Saltnes ha segnato 12 gol e fornito 17 assist. Purtroppo per loro, in Europa League hanno incrociato una squadra troppo più forte tecnicamente, venendo eliminati immediatamente dal Milan. Anche nell’eliminazione, comunque, non hanno sfigurato, uscendo solo per 3-2 e convincendo la dirigenza rossonera ad acquistare Jens Peter Hauge.




9. Rangers

Anche nel 2020 il Celtic ha vinto tutto quello che c’era da vincere in Scozia. Tra l’ultimo titolo dei Rangers e oggi ci sono 9 anni, un fallimento, una rifondazione, una lunga risalita, un paio di anni di riassestamento. Poi nell’estate 2018 è arrivato Steven Gerrard e i Rangers hanno ritrovato la competitività perduta chiudendo per due volte al secondo posto, pur se ben staccati dal Celtic. Dall’estate 2020 però grazie ad un’identità tattica chiara sono diventati per la prima volta la squadra da battere e una squadra competitiva anche in Europa.

Quello dei Rangers è quello che probabilmente sarà il calcio di Gerrard quando allenerà il Liverpool, il giorno in cui Klopp lascerà la panchina: una squadra che vuole il pallone per controllare la partita e creare più occasioni da gol possibile. I Rangers sono schierati con un 4-3-3 dalla struttura posizionale definita, con i due esterni - Ryan Kent a sinistra e Kemar Roofe (o Ian Hagi, figlio di Gheorge) a destra - che vengono a giocare nei mezzi spazi a dare supporto all'unica punta unica Morelos. Gerrard chiede alle sue mezzali - l’esperto e abile nei movimenti senza palla Scott Arfield (o il più tecnico nigeriano Joe Aribo) a destra e il dinamico finlandese Glen Kamara a sinistra - di giocare larghe mentre i due terzini si sovrappongono con continuità (da notare che il terzino destro James Tavernier, rigorista della squadra, ha al referto 17 gol e 14 assist in 31 partite nella prima metà di stagione 2020/21). A dirigere il gioco, al centro del campo, l’eterno Steven Davis (ormai 35enne).

I movimenti tra i giocatori sono fluidi e a seconda della posizione del pallone e creano superiorità numerica in zone specifiche del campo (cosa che facilita anche la riaggressione in caso di perdita) per disorganizzare le squadre che giocano con un blocco basso, che è solitamente il tipo di avversario che i Rangers incontrano in Scozia. E infatti le difese scozzesi non stanno tenendo: i Rangers hanno chiuso l’anno imbattuti nelle 27 partite giocate tra campionato ed Europa League. In campionato hanno vinto 19 partite su 21, segnando 56 gol e subendone solo 5.


8. Olympique Lione

Negli anni Rudi Garcia si è dimostrato più un ottimo motivatore che un fine stratega, e questa sua caratteristica si è rivelata decisiva in un anno anomalo come il 2020. Il suo Lione, in Champions League, ha eliminato prima la Juventus agli ottavi e poi il Manchester City ai quarti, due candidate ad alzare la coppa. La ricetta è stata un piano tattico reattivo fondato su di un blocco basso e la perfetta esecuzione della fase di transizione offensiva, in cui i talenti atletici e tecnici di alcuni giocatori si sono esaltati. Solo il Bayern campione ha fermato il Lione in semifinale, con la squadra di Garcia che però ha continuato sulla buona strada anche nella nuova stagione.

Un mercato povero ha ulteriormente aiutato il Lione, che ha arricchito la sua squadra con Ekambi e Lucas Paquetà, tenendo allo stesso tempo tutti i pezzi pregiati della rosa (di fatto ha ceduto solo l’esterno Bertrand Traoré). Parlo ovviamente dell’elegante centrocampista Houssem Aouar, della punta Moussa Dembélé e del capitano Memphis Depay. Esclusa la prima giornata, in campionato il Lione non ne ha persa una, andando anche a vincere contro il PSG a Parigi e chiudendo il 2020 come prima in classifica.

A tutto questo si aggiungono anche i soliti grandi risultati della squadra femminile. Il presidente Jean-Michel Aulas ha costruito negli anni la più ambiziosa aggregazione di stelle dall’epoca dei Galacticos del Real Madrid di inizio 2000. Nessuno riesce a scalfirne il dominio in Europa, dove il Lione ha vinto la quinta Champions League consecutiva. Nel 2020 ha vinto anche il quattordicesimo titolo consecutivo di Prima Divisione (chiudendo la stagione senza sconfitte) e la nona Coppa di Francia. Per alzare la settima Champions League della sua storia ha battuto ai quarti il Bayern, in semifinale PSG e in finale il Wolfsburg (alla terza finale in 5 anni) con un chiaro 3-1.

La collezione di stelle viene da tutto il mondo: c'è la tedesca Dzsenifer Marozsán, la norvegese Ada Hegerberg, la giapponese Saki Kumagai, le inglesi Lucy Bronze e Nikita Parris, la canadese Kadeisha Buchanan, l’islandese Sara Björk Gunnarsdóttir, oltre ovviamente alle francesi Delphine Cascarino, Eugénie Le Sommer, Amandine Henry, Amel Majri, Sakina Karchaoui e la capitana Wendie Renard. Certo, nell'ultimo calciomercato il Lione ha perso proprio Bronze (tornata in Inghilterra come migliore giocatrice al mondo per la FIFA), ma l’ha sostituita con la promettente australiana Ellie Carpenter continuando come se nulla fosse il percorso. Nell'ultima Champions League, infatti, la squadra francese ha eliminato ai sedicesimi la Juventus campione d’Italia con il punteggio aggregato di 6-2.


7. Atalanta

Sono anni ormai che l’Atalanta ha sviluppato un calcio di successo e scalato le gerarchie del calcio italiano ed europeo, tanto che ormai è totalmente fuori luogo parlare di sorpresa. Quello di Gasperini è un calcio che viene da una corrente della scuola italiana realmente unica nel panorama mondiale e che per questo rappresenta un’eccellenza studiata nel resto d’Europa. Com’è ormai risaputo l’Atalanta fa un calcio aggressivo grazie ad un pressing impostato sulla marcatura a uomo, volto a recuperare il pallone alto e allo stesso tempo a far giocare male gli avversari. Un calcio fisico, insomma, ma anche molto offensivo, perché trainato da giocatori peculiari. Il 2020 ha visto per un momento la migliore versione delle due stelle Ilicic e Gómez, il primo come rifinitore, il secondo come enganche a tutto campo.

Pochissime squadre in Europa nel 2020 sono riuscite così bene ad allargare il campo sfruttandolo in tutta la sua ampiezza, con gli ormai celebri triangoli lungo le fasce necessari ad aprire lo schieramento avversario e rendere mortifero il cross di un esterno per il tiro sul secondo palo dell’esterno opposto. Un tipo di azione che con la velocità di esecuzione dell’Atalanta si è dimostrata praticamente indifendibile.

La migliore stagione della storia dell’Atalanta ha portato la squadra di Gasperini ad una manciata di minuti dalla semifinale di Champions League e a vincere ad Anfield contro il Liverpool di Klopp. In campionato è mancata la continuità nei risultati per poter ambire allo Scudetto, ma nelle singole partite è stata una squadra in grado di giocarsela contro qualunque avversario, compresa la Juventus campione d’Italia. L’anno si è chiuso con le polemiche tra Gasperini e il suo capitano Gomez che hanno portato all’esclusione e forse a un definitivo divorzio con quest’ultimo. Ma questa chiusura amara non deve togliere quanto di dolce c’è stato nei mesi precedenti, quando l’Atalanta ha rappresentato probabilmente la migliore squadra d’Italia, capace di chiudere la stagione segnando 98 gol, l’attacco più prolifico di questo secolo di Serie A.


6. Kawasaki Frontale

Con il calendario solare che adotta il campionato giapponese, la stagione si è aperta e chiusa nel 2020, in piena pandemia. In un contesto così difficile è emersa una delle migliori squadre della storia della competizione, anche numeri alla mano. Avevamo già inserito i Frontale nella classifica del 2017 quando avevano vinto il primo titolo della loro storia giocando il miglior calcio d’Asia. Da allora hanno di fatto stabilito una dinastia in Giappone, vincendo 3 degli ultimi 4 titoli. Quello del 2020 ne rappresenta il picco: 83 punti in 34 giornate (+20 della seconda in classifica), cifra record nella storia del campionato, con 88 gol fatti (19 gol segnati in più rispetto al secondo miglior attacco) e seconda miglior difesa con 31 subiti. Per dare un’idea del livello di dominio, sono addirittura 9 i giocatori che sono stati inseriti nell’undici ideale della stagione 2020 dalla J.League.

I Frontale sono una squadra dal sistema rodato da anni, in cui i giocatori fin dalle giovanili vengono sviluppati per un tipo di calcio associativo che è un’eccellenza in ambito asiatico: un 4-3-3 dall’attacco mobile, il centrocampo tecnico e la difesa alta, che sviluppa la manovra con passaggi corti e a terra in massimo due tocchi. A stupire della squadra giapponese sono da una parte i movimenti continui per costruire triangoli e risalire il campo velocemente, e dall'altra la caparbietà con cui sfrutta tutta l’ampiezza del campo quando è costretta ad affrontare un blocco difensivo basso. Una manovra che si regge su due centrocampisti bravissimi nella distribuzione del pallone e nella resistenza al pressing come Ao Tanaka e Ryota Oshima. Importante, negli scampoli di stagione che ha giocato senza infortuni, anche la tecnica dell’eterno Kengo Nakamura (che ha terminato la sua carriera leggendaria a fine stagione).

Un tipo di manovra avvolgente contro cui gli avversari in patria faticano ancora a trovare un antidoto, anche perché la squadra è riuscita a mantenere tutti i migliori giocatori del fronte offensivo. Parliamo di 5 giocatori che l’allenatore Oniki ruota a piacimento e che giocano a memoria: Yu Kobayashi, Akihiro Ienaga, Leandro Damiao e Manabu Saito; quattro giocatori sopra i trent’anni a cui si è aggiunta l’esplosione dell’esterno 23enne Kaoru Mitoma, rivelazione della stagione con 13 gol e 13 assist in campionato, apparso ormai fuori scala per il campionato giapponese.


5. Liverpool

Nel 2020 è arrivato il tanto agognato titolo della Premier League, anche se di fatto sembrava deciso già da dicembre 2019. È vero anche che il Liverpool non ha vinto altro nel 2020, finendo eliminata dall’Atlético di Simeone in Champions League quando ancora c’erano i tifosi sugli spalti. Mettiamoci pure che non sembra più la squadra asfissiante per continuità e precisione del pressing che era nel 2019. Però sono passati tre anni dall’esplosione del Liverpool di Klopp e sono ancora pochissime le squadre che possono pensare di pareggiarne l’esecuzione tecnica rispetto alla velocità con cui il pallone scorre sul campo. Nonostante gli infortuni e l’inizio di campionato non al meglio della forma, quando gioca al suo meglio la squadra di Klopp rimane ingiocabile in patria, chiudendo l’anno per la seconda volta di fila come principale candidata al titolo.

Certo, gli infortuni in difesa di Van Dijk prima, e Alisson e Gomez poi, hanno messo alla prova la tenuta della squadra, costretta già dai postumi della pandemia (che tra le altre cose ha tolto molto al fattore campo dettato da Anfield) ad attenuare il pressing e aggiustarlo su brevi folate. A questo bisognerebbe aggiungere anche l’infortunio a Thiago Alcantara (il cui impiego per adesso è stato limitato a due partite giocate), che ha privato la squadra del più importante innesto per portare la squadra ad alzare ulteriormente il livello del proprio gioco, soprattutto nella gestione della manovra.

Nonostante tutto questo, Klopp ha tenuto saldo il timone, inserendo la nuova generazione promossa dalle giovanili (di cui fanno parte Curtis Jones e Rhys Williams) e trovando in Diogo Jota il complemento perfetto per coprire la lacuna della sostituzione dalla panchina per le sue tre teste del Cerbero: Salah, Firmino e Mané. Insomma la squadra di Klopp anche nel 2020 rimane il gold standard nella Premier League, la squadra che ne rappresenta il picco più alto nel gioco e negli interpreti, in un momento in cui quello inglese è ancora il campionato più competitivo al mondo.




4. RB Lipsia

L’avanguardia tattica passa in questo momento storico per il pressing e nessuno la rappresenta come il RB Lipsia che del pressing ha fatto il tratto distintivo del suo brand (e di quello di tutta la galassia di squadre che fanno riferimento al marchio Red Bull). Pensi al RB Lipsia e immagini giocatori che corrono come biglie su tracciati perfettamente disegnati dall'allenatore prodigio Julian Nagelsmann. Movimento costante, scambi di posizione, verticalità, moduli fluidi, pallone che viaggia a massimo due tocchi. Giovani talenti da tutto il mondo vogliono venire in questa che una volta era una piccola squadra tedesca perché sanno che verranno valorizzati, che cresceranno dal punto di vista tattico: il tedesco Timo Werner, il francese Dayot Upamecano, il catalano Dani Olmo, il coreano Hwang Hee-chan, il maliano Amadou Haidara solo per fare gli ultimi nomi di questa multinazionale. Una squadra giovane, che gioca un calcio ad alta velocità perfetto per la televisione e che continua a scalare le gerarchie del calcio europeo con giocatori peculiari come Sabitzer, Laimer e soprattutto Kampl e Forsberg.

La partenza di Timo Werner per il Chelsea in estate ha pesato sulla nuova stagione e sul percorso nella Champions League post-pandemica, dove la squadra di Nagelsmann ha eliminato prima il Tottenham di Mourinho poi l’Atlético di Simeone, ma poi è caduta contro il PSG di Tuchel in semifinale. La squadra tedesca è stata sconfitta dal talento di Neymar e Di María nel più topico degli scontri tra squadra di sistema e squadra di talento.

Ma se si va oltre il risultato del campo, questa semifinale di Champions League è stata di sicuro una vittoria del modello RB Lipsia. La squadra di Nagelsmann nel 2020 ha dimostrato che è ormai la seconda forza di Germania - l'unica squadra a riuscire ancora a giocare alla pari con il Bayern Monaco negli scontri diretti (nel 2020 entrambi pareggiati: uno a reti bianche e uno con uno spettacolare 3-3). L'anno si è chiuso alla grande, esattamente com'era iniziato. Prima una nuova qualificazione alla fase ad eliminazione diretta della Champions League, dove la squadra di Nagelsmann ha superato nuovamente il girone eliminando il Manchester United e finendo a pari punti col PSG. Poi l'acquisto di Dominik Szoboszlai, cercato dalla Juventus e dal Real Madrid tra le altre - giocatore speciale che potrebbe far fare alla squadra tedesca un ulteriore salto di livello.


3. Milan

Una delle squadre che ha saputo meglio adattarsi al nuovo mondo durante la pandemia è stato il Milan. Il cambiamento di rendimento tra periodo pre e post-lockdown ha infatti del miracoloso. La squadra di Pioli è imbattuta nelle 12 partite dal ritorno estivo della Serie A e poi anche nelle 14 della nuova stagione, con l’anno chiuso al primo posto in Serie A. Un ruolino di marcia, come si dice, che ha lanciato il Milan nella lotta Scudetto, cosa impensabile fino alla scorsa estate.

Su tutto questo è stato decisivo il rendimento di Ibrahimovic, ovviamente. Il fuoriclasse svedese ha attraversato la sua terza o quarta giovinezza, spostando gli equilibri in campo a piacimento. Le prestazioni e il carisma di Ibra, in modalità trascinatore dei compagni come gli eroi omerici, ha sicuramente avuto un impatto enorme, soprattutto nel migliorare di conseguenza tutti i suoi compagni. Insieme al lavoro di Pioli è infatti riuscito a rinvigorire Hakan Calhanoglu, trasformato in uno dei migliori rifinitori d’Europa; ha mostrato la migliore versione immaginabile di Kessié, Saelemakers e Calabria; ha sbloccato le potenzialità di Bennacer e Rafael Leao; e ha fatto diventare Simon Kjaer un leader della difesa, per quanto potesse sembrare incredibile fino a poco tempo fa questa frase. A questo bisogna aggiungere gli altri fuoriclasse che il Milan aveva già: Donnarumma, che si è affermato come il miglior portiere della Serie A e uno dei migliori al mondo, e Theo Hernández, che ha dominato la sua fascia di competenza, sembrando sempre fresco nonostante le partite ogni tre giorni.

Il concatenarsi di buone prestazioni ha portato il Milan a convincersi dei propri mezzi e ha convinto i tanti giovani in rosa a giocare più sicuri. Le fondamenta tattiche della squadra, d'altra parte, sono solide: un 4-2-3-1 che copre bene l’ampiezza del campo, con pattern studiati per far avanzare il pallone in verticale quasi a memoria, come da prassi della scuola italiana, ma che mantiene una sua grande modernità, soprattutto nelle fasi di uscita palla e nell’esecuzione del pressing. Soprattutto quest'ultimo aspetto è quello su cui Pioli sembra aver lavorato di più: il Milan pressa in alto uomo su uomo quando l’avversario imposta da dietro, mentre cerca di schermare le linee di passaggio nei casi in cui l’avversario riesce ad uscire dalla difesa. Una squadra, insomma, che riesce sempre a rendere la vita difficile agli avversari in tutte le fasi del gioco. In un momento storico complicato come quello della pandemia, il Milan si è riscoperto tra le migliori squadre d’Europa. E nessuno se lo sarebbe mai aspettato.


2. Al Ahly

Immaginate se la vostra squadra vincesse il campionato con 23 punti di distacco dalla seconda, che è anche la sua rivale storica con cui si divide da sempre il dominio nazionale. Immaginate un campionato in cui questa squadra riuscisse a vincere le prime 17 partite consecutivamente e l'avesse chiuso con una differenza reti di +66 (74 gol fatti e 8 subiti in 34 partite). Immaginate di incontrare nella stessa stagione la rivale storica del campionato, ma in finale di Champions League, e vincere anche quella partita. E infine immaginate di chiudere la stagione vincendo anche la coppa nazionale. Ecco, se invece di immaginarvi e basta una stagione del genere vorreste vederla davanti ai vostri occhi, vi basterà guardare l'annata dell'Al Ahly: la squadra più titolata e tifata d’Egitto, che ha dominato il titolo nazionale e poi battuto i rivali di sempre dello Zamalek anche in finale di Champions League Africana giocata in Egitto.

Se ciò non bastasse, l’Al Ahly ha avuto questa incredibile stagione cambiando l’allenatore, visto che lo svizzero René Weiler ha lasciato la squadra a settembre dopo aver vinto il campionato (che adotta il calendario solare) per tornare dalla famiglia rimasta in Europa per la pandemia. Con le semifinali di Champions League africana da dover giocare, l’Al Ahly ha scelto di sostituirlo con il sudafricano Pitso Mosimane, ex allenatore dei Mamelodi Sundowns eliminati proprio dall’Al Ahly nei quarti di finale.

Dovendo passare dall’estremo sud all’estremo nord del continente, Mosimane si è giocato tutto in poche partite e l’ha fatto con una squadra costruita su fondamenta tattiche semplici ma di successo: una squadra esperta, con tutti i giocatori titolari nel picco della carriera disposti in un 4-2-3-1 con due terzini che spingono molto (tra cui il terzino sinistro tunisino Ali Maâloul, che batte anche i rigori e che ha chiuso la stagione con 8 gol e 9 assist), due centrocampisti centrali forti fisicamente, un trequartista che fa da rifinitore (il 24enne Afsha autore del gol della vittoria contro lo Zamalek), due attaccanti esterni e una punta centrale possente (il 31enne Marwan Mohsen, titolare dell’Egitto all’ultimo Mondiale). Con Mosimane, l’Al Ahly non ha perso una partita e ha alzato la sua nona Champions League, realizzando quella che è la migliore stagione immaginabile per i propri tifosi.


1. Bayern Monaco

Dopo anni di dominio in patria e potenziale inespresso in Europa, la brutta parentesi di gioco con Kovac ha portato il Bayern ad una inusuale sostituzione dell’allenatore a stagione in corso con Hans Flick. Questo cambio, che inizialmente si immaginava temporaneo, ha invece cambiato le sorti del 2020 calcistico.

In primavera, l’inizio della Bundesliga in anticipo rispetto agli altri campionati europei ha avvantaggiato il Bayern nel raggiungere il picco della forma proprio in occasione della fase ad eliminazione diretta della Champions League. E così, quello che nelle stagioni in Baviera non era riuscito a Guardiola è riuscito in pochi mesi a Flick, bravo a riprenderne metodi e principi di gioco per esaltare giocatori chiave come Thomas Müller e Thiago Alcantara, mai così in forma e decisivi in carriera. L'allenatore tedesco è stato anche bravo a trasformare Gnabry e Coman nei suoi Robben e Ribery, Leon Goretzka in un giocatore incredibilmente utile, e Kimmich e Alphonso Davies in una delle coppie di terzini migliori in Europa. Con Lewandowski e Neuer ad un livello che rasenta la perfezione nel ruolo, Flick ha posto domande a cui nessuna squadra in Europa ha trovato risposte. Il Bayern Monaco ha giocato con una determinazione e una padronanza dei propri mezzi che ricordava la squadra allenata da Heynckes nel 2013, non a caso l’ultima ad aver vinto tutto.

Con una supremazia tattica, atletica e mentale devastante, il Bayern si è trasformato in uno tsunami in grado di sommergere di tiri in porta gli avversari fino a quando non cedono. Per quanto a volte si prendesse dei rischi che dall'Italia non vediamo di buon occhio, la squadra di Flick era perfettamente consapevole di poterne creare in questo modo di ancora più grandi agli avversari, schiacciati nella propria metà campo con una gestione del pallone impeccabile, pressing alto e continua riaggressione del possesso. Una squadra in grado di mettere a nudo avversari che pensavamo di rango e che invece si sono scoperti semplicemente inadeguati. Squadre con un sistema di recupero palla non più all’altezza come il Barcellona (battuto per 8-2 nella sfida secca) o un’uscita palla macchinosa come il Chelsea (umiliato con un complessivo 7-1) sono cadute vittima nel percorso immacolato in Champions League del Bayern. La vittoria in semifinale contro il Lione per 3-0 e la finale contro il PSG che ha portato la coppa in Germania, permettendo al Bayern Monaco di mettere in bacheca tutti i trofei possibili di questo 2020 hanno confermato come i bavaresi sono stati senza dubbio la miglior squadra dell'anno.




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