Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
Come va l'estate della Roma
02 ago 2018
Un breve riassunto del mercato dei giallorossi finora.
(articolo)
10 min
Dark mode
(ON)

C’è stato un lungo periodo, da inizio giugno fino al 18 luglio, in cui il mercato della Roma era parso un grande esercizio di razionalità - e forse anche una grande esecuzione di un’ottima strategia aziendale. Il Direttore Sportivo Monchi aveva acquistato la bellezza di 10 giocatori nuovi - un mix di giovani promesse e giocatori già rodati - per garantire profondità alla rosa e inserire caratteristiche tecniche diverse nel gruppo; nel frattempo aveva ceduto un solo pezzo forte, anzi fortissimo, della rosa - una cessione che aveva fatto molto discutere, anche perché fatta all’Inter, una concorrente.

Nainggolan non era solamente uno dei tre giocatori più forti in rosa, era ormai anche un simbolo del romanismo in campo - la sua delusione nell’essere ceduto è apparsa in simbiosi con quella di molti tifosi giallorossi. L’addio di Nainggolan si basava però su considerazioni razionali: un giocatore di quel tipo, che basa quasi interamente il suo gioco sullo strapotere fisico, sentirà in modo maggiore il peso dell’età che aumenta; a 30 anni, era forse l’ultimo momento per una sua cessione remunerativa senza contare che la società sembrava decisamente contrariata dal suo stile di vita.

Tutto il complicato mercato della Roma sembrava legato da un filo comune e da un’abilità manageriale non indifferente: chiudere la rosa addirittura prima dell’inizio del ritiro - probabilmente un unicum in Europa - con solo qualche ulteriore cessione da realizzare, per permettere a Di Francesco di lavorare da subito con il suo gruppo di giocatori; e tenere in piedi il bilancio, realizzando la più alta plusvalenza della storia societaria attraverso la cessione di un giocatore nella fase finale della sua carriera.

Poi il 18 luglio Alisson si è presentato all’aeroporto di Ciampino per prendere un aereo verso Liverpool: il giorno dopo sarebbe stata ufficializzata la sua cessione per una cifra “fuori mercato” (72,5 milioni di euro, bonus compresi), e sarebbe iniziato tutto un altro periodo per i giallorossi.

All’improvviso, il confine tra strategia e azzardo si è assottigliato; e la gestione del cambiamento ha cominciato a prendere le sembianze della gestione del caos.

Dentro e fuori

A fine campionato, Monchi e Di Francesco dovevano rispondere a una domanda non facile: come si migliora una squadra arrivata in semifinale di Champions League, non avendo a disposizione le risorse per competere con le più ricche otto d’Europa? Il DS della Roma poteva scegliere tra un approccio minimalista - comprare 1-2 titolari senza alterare troppo la rosa - e quello movimentista: come al solito, ha scelto la rivoluzione permanente. Una strategia di trasferimenti fondata sulla convinzione che le plusvalenze siano il modo migliore per aumentare la competitività nel medio-lungo periodo di una società come la Roma.

Molti degli interventi si sono concentrati sul centrocampo, reparto che aveva avuto una significativa alternanza di rendimento nell’ultima stagione, pur presentando giocatori di ottimo livello. In particolare, si cercavano nuove soluzioni per le mezzali, su due fronti diversi. Da un lato, Di Francesco vuole aumentare l’apporto realizzativo dei due interni di centrocampo del 4-3-3: nella scorsa stagione, infatti, le 4 mezzali hanno realizzato solamente 10 gol in tutto il campionato. Per sopperire a questa difficoltà, Monchi ha individuato in Cristante il profilo giusto: 12 gol nella scorsa stagione tra Serie A ed Europa League, abituato a un calcio verticale, grande abilità negli inserimenti senza palla e ordine tattico.

Dall’altra, si voleva aumentare il livello creativo del centrocampo, in particolare nella capacità di tagliare le linee e andare in verticale come richiesto dall’allenatore. Tra campionato e Champions, infatti, era toccato addirittura a Nainggolan il ruolo di rifinitore principale - che per anarchia tattica e visione di gioco non gli si addice: ben 11 assist in totale. Per risolvere questa criticità, che sostanzialmente risale ai tempi della cessione di Pjanic, mai davvero sostituito, la Roma ha acquistato Pastore: un giocatore che vive sulla trequarti come un nuotatore nella piscina, ma capace di giocare anche sull’esterno. In aggiunta, sono arrivati anche il talento croato Coric, un’altra mezzala di possesso, e il nazionale under 19 Zaniolo. La Roma ha così quattro potenziali titolari (Strootman, Cristante, Pastore e Pellegrini) per due ruoli.

L’effettiva adattabilità di Pastore al ruolo di mezzala nel sistema di Di Francesco (in cui le mezzali svolgono anche il compito di occupare il campo in ampiezza, per lasciare gli spazi di mezzo alle ali) è un possibile tema di sviluppo tattico della stagione: considerate le caratteristiche dei giocatori, la nuova Roma sembra potenzialmente più adatta al 4-2-3-1 (un modulo in cui Cristante, Pastore e anche Schick potrebbero essere impiegati in diversi ruoli).

In sostanza, Monchi punta a sostituire la fisicità e i gol di Nainggolan con Cristante - che ovviamente non può avere il dominio fisico del belga (quasi nessuno ce l’ha in Serie A), aggiungendo però la creatività di Pastore sulla trequarti - un compito che sostanzialmente nella Roma mancava, e che costringeva Perotti a sobbarcarsi un lavoro extra per far risalire il pallone e saltare l’uomo.

E proprio per l’ala sinistra, il ruolo di Perotti, Monchi ha puntato molto su Justin Kluivert, il tipo di investimento preferito dal DS andaluso, cioè un giovane di grande prospettiva ma già con esperienza di livello: più di 50 presenze con l’Ajax, oltre ad una con la Nazionale olandese. In questo caso, la Roma non doveva davvero supplire ad una carenza - in quel ruolo c’erano e ci sono ancora El Shaarawy e Perotti - ma c’era la volontà di aumentare la pericolosità anche delle ali sinistre, in generale poco proficue in zona gol (El Shaarawy è abile a tagliare in area ma 7 gol in un campionato sono comunque pochi). In generale, Monchi voleva aumentare la capacità realizzativa dei giallorossi, solamente il quinto attacco per gol segnati nella scorsa Serie A.

Per il reparto arretrato, invece, l’impressione è che Di Francesco abbia imposto un approccio conservativo, per non smembrare la seconda miglior difesa del campionato: anche perché i movimenti richiesti alla sua linea difensiva sono complessi e hanno bisogno di più tempo per l’assorbimento. Così sono arrivati Marcano, centrale di piede sinistro bravo nell’impostazione, il compito che doveva essere di Hector Moreno nella passata stagione; Bianda, centrale francese giovanissimo (un'altra scommessa di Monchi); e Santon, ritenuto utile per la sua duttilità, ma che dovrebbe avere un ruolo minore nel copione della stagione - fare da backup sia sulla destra (Karsdorp in teoria è pronto ma rimane l’incognita sulle sue capacità competitive dopo circa 15 mesi di stop - quindi toccherà di nuovo a Florenzi partire titolare) sia sulla sinistra (Kolarov non può giocarle tutte, ma occhio al giovane Luca Pellegrini su cui Di Francesco, e la Roma in generale, punta molto).

Gestire il caos

Si fosse conclusa così, la campagna trasferimenti della Roma, con tutta una serie di operazioni di contorno in uscita (Bruno Peres al San Paolo, Gerson alla Fiorentina, Defrel alla Samp), il giudizio sull’operato di Monchi sarebbe stato unanime: razionale ed efficace.

Ma poi Alisson è andato al Liverpool, appunto, e il DS giallorosso si è ritrovato improvvisamente impigliato in una pericolosa partita di poker, in cui bisogna saper gestire la varianza, e surfare sul caso - costruendo una strategia basata sulle probabilità, legate anche alle carte degli avversari. La Roma aveva preso un secondo portiere perfetto per Alisson, cioè un esperto senza troppe pretese come Mirante, e anche un giovane terzo portiere da sgrezzare (il brasiliano Fuzato) - vendendo un secondo competitivo come Skorupski.

Dopo la cessione di Alisson, però, si è ritrovata a dover comprare un portiere dopo che Perin, Meret, Leno ed altri erano già stati ceduti, e si è lanciata su Robin Olsen, il portiere della Nazionale svedese: un buon elemento di scuola tradizionale, ma un grande azzardo, considerando la sua carriera finora di secondo piano - e considerata anche l’importanza di Alisson nel gioco della Roma, non solo nel parare. Un acquisto che ha tra l’altro calpestato una delle principali regole di mercato di Monchi, cioè non comprare giocatori dopo un grande Mondiale.

Ma è sulla mano più importante che la partita di Monchi si è arenata: al momento del river, la Roma ha scoperto che il piatto-Malcom era andato al Barcellona, dopo che i giallorossi, convinti di avere le carte migliori, ci avevano puntato fortissimo. Va sottolineato che in quel ruolo, ala destra a piede invertito, la Roma ha comunque già Cengiz Ünder, uno dei grandi trascinatori della seconda metà di stagione e forse il giovane più di prospettiva in rosa.

L’acquisto preparato in pochi giorni per chiudere definitivamente il mercato e mandare negli USA la squadra definitiva è saltato per lo scippo blaugrana. Questo è il momento più difficile per un pokerista: l’abilità serve a gestire il caso e a non trasformarlo in caos. Adesso il mercato della Roma naviga a vista: serve ancora un’ala mancina? E se invece i giallorossi avessero bisogno di un grande investimento in un’altra zona del campo? Così sono nate le voci su un nuovo centrocampista centrale: De Rossi - Gonalons è una coppia che solleva molti dubbi di competitività e dinamismo, e che viene da una stagione non proprio eccezionale. De Rossi, 35 anni, non può avere la mobilità richiesta a un giocatore in quel ruolo delicato, e non può giocare un numero così elevato di partite (nonostante alcune ottime prestazioni nella passata stagione).

La sua alternativa però non sembra all’altezza: Gonalons è un regista bravo ad andare in verticale, con ridotte abilità difensive, poco mobile e con una tendenza a perdere il possesso in zone pericolosissime (per via della scarsa capacità di proteggere palla spalle alla porta). Nella passata stagione non ha convinto, tanto che in più di un’occasione (anche per infortuni vari) è toccato a Strootman giocare davanti alla difesa: per comprare un altro giocatore, bisognerebbe cedere Gonalons, che non sembra però attratto dall’idea di andarsene. Il nome più ricorrente è N’Zonzi, una mezzala che Emery ha riconvertito in pivote davanti alla difesa: mobile e a suo agio nella copertura degli spazi davanti alla difesa, molto abile nella verticalizzazione, ha però bisogno di associarsi con un giocatore tecnico in grado di aiutarlo nell’uscita del pallone dalla propria metà campo. Anche un suo eventuale acquisto spingerebbe verso un modulo col doble-pivote.

Ancora una volta, Monchi si ritrova spalle al muro, in una situazione complicata: come si risistema la strategia dopo che quella iniziale è saltata? Come i buoni pokeristi sanno fare, forse adesso è il momento di tirarsi fuori dalla partita e aspettare che i più ricchi abbandonino il tavolo: quando cioè chiuderà il mercato inglese, il 9 agosto.

In questa situazione, però, Monchi ci si è cacciato da solo: la cessione di Alisson potrebbe essere stato un atto di ingordigia finanziaria, che stava a sua volta scatenando un atto di ingordigia di talento (Malcom dove già c’è Under). Una grandissima operazione economica, certo, ma che continua a seminare dubbi sul modello di business della Roma, forse la prima vera squadra italiana di primo livello ad utilizzare i giocatori come commodities: solo che a volte una trading room può trasformarsi in una poker room, con tutti i rischi che ne conseguono per la competitività della rosa.

Allo stesso tempo, non si può non sottolineare che in queste situazioni Monchi sembra sempre trovare una via d’uscita: ci si era trovato anche nelle due sessioni di mercato della scorsa stagione, e nonostante qualche mano persa, era riuscito a gestire il caos - con la squadra arrivata addirittura tra le migliori quattro d’Europa. Solo il campo saprà effettivamente valutare il grado di rafforzamento (o indebolimento) di una squadra che ancora una volta rimescola il talento, per rendersi indecifrabile agli occhi degli avversari: nel frattempo Monchi continua a studiare le carte, per allontanare il caos.

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura