Chi ha vinto il calciomercato: Inter
Negli ultimi giorni di mercato si sono fatte insistenti le voci che volevano l’Inter vicina a Gervinho. Alla fine non è arrivato ma il suo tentato acquisto ci dice una cosa: che Conte voleva tanti giocatori autosufficienti, in grado di produrre occasioni da gol anche dal nulla, per avere ogni volta una soluzione diverse contro le difese italiane, lasciare per strada meno punti possibili. L’Inter vuole vincere questo Scudetto e nel mercato ha fatto più o meno quello che era necessario per riuscirci. In difesa Skriniar è rimasto e tutto sommato sembra la miglior soluzione possibile; è arrivato Kolarov che, anche se magari costerà qualche gol, altri ne porterà grazie alla sua pulizia tecnica nelle uscite e nei calci piazzati. A centrocampo Vidal aggiunge esperienza, intelligenza tattica e carisma. Davanti l’acquisto di Sanchez sembra importantissimo: un giocatore in grado di produrre gol e occasioni in modo autosufficiente. Qualcosina in più si poteva fare, certo, Conte sarebbe il primo a dirlo. Per esempio prendere Kanté invece di Vidal (e grazie); magari una punta in più brava a giocare spalle alla porta, magari Giroud, o Dzeko (e grazie); magari un esterno sinistro più creativo (Telles) o più atletico (Gosens).
Però insomma, non si può costruire una squadra perfetta, specialmente in un calciomercato del genere. Aver aggiunto Hakimi, al momento, sembra una cosa che di per sé aumenta lo spessore dell’Inter. Se non il miglior acquisto del calciomercato - lo vedremo alla fine - di certo il più ambizioso. Come passare dalla bicicletta al motorino.
L’Inter oggi sembra dover vincere il campionato, e se un anno fa non avremmo detto lo stesso è soprattutto grazie a questo calciomercato di cui, possiamo star certi, Conte riuscirà a lamentarsi.
Le squadre che avrebbero dovuto fare di più: Lazio e Bologna
Guardandoli da fuori con la massima oggettività possibile, i mercati della Lazio, messi in fila, sono illeggibili come tutte le cose che si somigliano troppo. Da anni la Lazio va avanti su questo spartito: migliora, il più delle volte spremendo al massimo le proprie forze, poi quando deve fare l’ultimo passo per cambiare definitivamente di status, rinuncia. O almeno sembra rinunciare, non acquistando sul mercato quello di cui la squadra sembra avere un gran bisogno. Se è vero che la sua strategia, basata sulla continuità e sul non cedere i propri migliori giocatori, in questi anni ha pagato, dall’altra parte è normale essere frustrati. Sembra sempre mancare davvero poco per migliorare una squadra dall’ossatura costruita in modo magistrale. Negli ultimi due o tre anni il difetto maggiore della squadra è stato in particolare quello della mancanza di profondità e di alternative ai titolari. Quando ha dovuto giocare le competizioni europee la Lazio è andata in crisi, fino al punto di ammettere in maniera esplicita lo scorso anno di essersi fatta eliminare dall’Europa League proprio per preservare le energie sul campionato. Quest’anno la squadra torna in Champions dopo un decennio e avrebbe dovuto attrezzarsi di conseguenza, e sembra aver quasi scelto di non farlo.
In questo mercato era difficile fare operazioni, è vero, ma la Lazio aveva dei difetti conclamati non impossibili da aggiustare, a cominciare da uno o due centrali difensivi adatti alla difesa a tre. Marash Kumbulla, cercato all’inizio, pareva perfetto per fare il centrale di sinistra nel sistema di Inzaghi ed è andato via a una cifra alta ma non certo inarrivabile. Al suo posto invece è arrivato Wesley Hoedt, che non solo pare in un momento pessimo della sua carriera, ma che anche nel suo prime - che guarda caso è stato alla Lazio - non ha lasciato un gran ricordo fra i suoi tifosi. Davanti c’era bisogno di un’altra punta e Vedat Muriqi è un profilo tecnico davvero peculiare, dall’impatto quasi impronosticabile nel nostro calcio. Quello dell’esterno sinistro era l’altro ruolo scoperto e Fares è un’altra scommessa: un giocatore che ha mostrato qualità interessanti, ma che viene da una grave infortunio. Interessante invece l’arrivo di Andreas Pereira, un centrocampista duttile e che in campo sa fare tante cose. Anche lui è una scommessa, ma con margini di riuscita promettenti. L’impressione è che fra i mediani continui a mancare una vera alternativa a Lucas Leiva e davanti il tutto dipenda ancora davvero troppo dalla vena creativa di Luis Alberto e da quella realizzativa di Immobile. Se quelle in qualche modo sono certezze, però, è nel reparto difensivo che la Lazio mostra i problemi più grandi e dovrà sperare che Luiz Felipe, un calciatore di cristallo, si infortuni il meno possibile.
Se la Lazio dovesse fare un’altra grande stagione sarà soprattutto merito dei suoi giocatori e di Simone Inzaghi, che da allenatore di scuola italiana sembra sempre capace di trarre il massimo dalle situazioni difficili in cui si trova a lavorare.
I problemi del Bologna invece erano semplici. Davanti serviva un finalizzatore: hanno provato a prendere l’ucraino Supryaga ma non ce l’hanno fatta: ora è rimasto ancora tutto nei piedi di Palacio e Barrow (sognando timidamente un’esplosione di Skov Olsen). Ma soprattutto serviva un centrale difensivo da affiancare a Bani e Tomiyasu; non solo non è arrivato nessun centrale, ma è stato anche ceduto Bani, di gran lunga il migliore dello scorso anno. È sembrato un piccolo auto-sabotaggio.
Le squadre dal mercato più disfunzionale: Torino e Roma
Il Torino ha provato una piccola rivoluzione passando dal suo storico 3-5-2 al 4-3-1-2, rombo e possesso palla. Ha fatto tanti sforzi per comprare i giocatori giusti per Giampaolo, ma ci è riuscito a metà. Come sempre tutti i discorsi sono girati attorno al benedetto trequartista. Contro l’Atalanta dietro le punte ci ha giocato Berenguer, che due giorni dopo è stato venduto. Gaston Ramirez alla fine non è arrivato, e come ha fatto per gli altri ruoli (sono arrivati già Murru e Linetty) l’idea era quella di riformare la sua vecchia Samp. Al momento il Torino non pare avere un centrocampo sufficientemente associativo e in grado di giocare in spazi stretti e di ordinare il campo col possesso - calcolate che davanti la difesa gioca Tomas Rincon. Interessante invece davanti l’acquisto di Federico Bonazzoli, che pare avere il dinamismo giusto e l’attitudine ad allargarsi che serve a una punta di Giampaolo. Anche i difensori dovranno abituarsi a un cambio radicale nel modo di difendere, e non è semplice.
https://twitter.com/TorinoFC_1906/status/1313178099035631619?s=20
Un giocatore da tenere d’occhio.
La Roma invece continua nella sua impresa di mettere a disposizione di Fonseca una squadra che dovrebbe essere allenata da Juric. L’allenatore portoghese ama costruire formazioni che sanno tenere il pallone, difendere con una linea a 4 a zona che difende di reparto, con i terzini molto alti a dare ampiezza e ad allargare le difese avversarie. Per come è stata costruita la rosa Fonseca, solo Smalling - arrivato sul gong - è adatto a difendere in una linea a 4 e a zona (per il resto ha solo centrali cresciuti in sistemi a 3 che marcavano a uomo) e gli esterni bassi sono la lacuna più marcata della rosa. A sinistra solo Spinazzola offre garanzie (e più che altro a tutta fascia), a destra è stato deciso di trattenere Karsdorp, la cui condizione fisica però non gli sta permettendo di giocare; gli altri due sono Santon e Bruno Peres. Il cambio di sistema di Fonseca, dal 4-2-3-1 al 3-4-2-1, sembra essere stato obbligato soprattutto dai limiti dei suoi difensori: aggiungere un uomo nel reparto arretrato per creare una rete di protezione attorno a difensori ed esterni troppo limitati.
Nel reparto offensivo Pedro è stato un grande acquisto, ma alla Roma sembrano continuare a mancare giocatori affidabili in fase realizzativa e l’arrivo di Borja Mayoral - 16 gol in più di 100 presenze in squadre di prima divisione - sulla carta non sembra spostare molto. La Roma vista nelle ultime partite è una squadra sempre più verticale e che fatica a consolidare il possesso: una squadra che rimane competitiva, ma non nel modo che forse aveva in mente Fonseca.
L’acquisto più strano
Maxime Lopez al Sassuolo
Maxime Lopez al Sassuolo è una buona notizia di cui fino a ieri non sapevamo di avere bisogno. Uno dei giocatori di culto del calcio francese, scoperto da Rudi Garcia e finito in disuso con Villas Boas, arrivato in una delle squadre più in forma, col gioco più brillante e divertente della Serie A (chi legge con attenzione l’Ultimo Uomo ormai si sarà accorto delle aspettative che riponiamo sul Sassuolo quest’anno). Parliamo di un giocatore iper-tecnico alto meno di un metro e settanta, con un controllo del pallone e una tecnica nei passaggi di primissimo livello, parliamo quindi di un giocatore che nel calcio verticale di De Zerbi potrebbe tranquillamente diventare uno dei giocatori più interessanti del campionato. Dove può giocare? Questa è una domanda al momento senza risposta, perché il Sassulo è un gruppo solido, formato già dallo scorso anno, in cui non ci sono posizioni vacanti e Maxime Lopez dovrà guadagnarsi ogni singolo minuto in campo. Ma anche questo è il bello di questo acquisto, che non c’è niente di scontato, che pur essendo finito in una squadra che in Francia conosceranno in pochi Maxime Lopez ha scelto un contesto competitivo in cui dovrà per forza di cose cambiare e trovare dentro di sé nuove risorse. Noi lo aspettiamo con curiosità.
Vedat Muriqi alla Lazio
Anche l’acquisto di Vedat Muriqi, attaccante kosovaro del Fenerbahce, da parte della Lazio è tanto interessante quanto strano. In questo caso parliamo di un giocatore di oltre un metro e novanta, quindi fortissimo di testa e nei duelli corpo a corpo, che ama svariare, tenere palla e anche dribblare, capace di calciare sia di destro che di sinistro. Riuscirà ad adattarsi al campionato italiano velocemente (c’è davvero un salto di livello così grande a cui adattarsi rispetto a quello turco?), alla Champions League? Riuscirà a rubare qualche minuto a Caicedo? Riuscirà a finire la stagione in doppia cifra come negli ultimi due anni? Sono tutte cose che non sappiamo, che non possiamo sapere anche per quanto è strano Muriqi e quanto poco lo abbiamo visto ad alto livello, ma è senza dubbio un acquisto interessante, di quelli che magari tra qualche mese ci stupiremo retrospettivamente.
Altri acquisti strani
Una parola la meritano anche Zito Luvumbo, angolano diciottenne acquistato dal Cagliari, un esterno che ha fatto una prova con le giovanili dello United e sembrava dovesse andare al West Ham e invece no, in Sardegna. Cosa ne farà Di Francesco? Sarà il suo Zeman? Glielo auguriamo.
E che ne sarà di Eldor Shomurodov, uzbeko di 25 anni acquistato dal Genoa, che nel campionato russo, col Rostov, ha segnato 11 gol lo scorso anno? Ne parleremo come del “nuovo Piatek” (anche se ovviamente gli auguriamo di meglio)?
Anche Hauge è da tenere d’occhio (ne abbiamo scritto compiutamente qui), una scelta comunque peculiare per una squadra come il Milan che non ha investito moltissimo sul mercato e che ha deciso di puntare su un giovane norvegese; così come, su una scala diversa, è bello e incredibile pensare che il Napoli abbia speso 70 milioni per Osimhen, potenzialmente passato dall’attacco del Lille alla pressione di chi deve dimostrarsi uno dei migliori attaccanti della Serie A.
La cessione più dolorosa
Lucas Paquetá
Se parliamo di dolore in maniera più empatica, il nome da fare è invece Lucas Paquetá: nella prima metà di campionato al Milan aveva messo in luce un talento così unico e speciale che sembrava solo questione di tempo prima di vederlo brillare come uno dei migliori giocatori della Serie A. La scorsa stagione invece è stata un calvario per motivi fisici, tattici e forse anche caratteriali, che lo hanno spinto sempre di più al margine della rosa. Certo il suo calcio non era adatto a quello verticale e veloce di Pioli e se l’aspettativa era quella di vederlo entrare per gli ultimi 5 minuti delle partite meglio così, però quando un giocatore in grado di fare giocate come queste lascia la Serie A è sempre un dispiacere.
Federico Chiesa
Se parliamo di dolore non possiamo ignorare che il giocatore simbolo della Fiorentina, cresciuto nel settore giovanile viola, sia finito alla Juventus. Nonostante Gaetano Castrovilli sembra aver ricoperto il ruolo di giovane da coccolare nel cuore dei tifosi, un trasferimento del genere fa male per le dinamiche universali ed eterne del calcio.
Douglas Costa
La cessione di Douglas Costa in prestito secco al Bayern Monaco occupa quello spazio del dolore per le storie che potevano essere grandi, ma che non sono sbocciate. La Juventus ha rimandato di un anno la domanda “posso fare affidamento su Douglas Costa?”. Il brasiliano era davvero troppo forte per essere ignorato o messo ai margini, ma troppo fragile per costruirci intorno la squadra come aveva provato a fare Sarri l’anno scorso. Quando è stato libero da infortuni e ricadute, Costa ha funzionato benissimo, come il primo anno, quando il suo apporto era stato fondamentale per la vittoria dello Scudetto e della Coppa Italia, ma sono stati sprazzi in quattro stagioni davvero difficili da un punto di vista dei muscoli del brasiliano.
Seko Fofana
Dopo una stagione di alto livello, Fofana ha fatto una scelta controintuitiva. Si era parlato di lui come di un possibile rinforzo per l’Inter o in generale di una destinazione più ambiziosa, invece ha scelto di andare al Lens, una squadra neopromossa nel campionato francese. Una scelta che ha motivato in maniera curiosa: «Quando ti chiama il Lens non puoi pensarci due volte». Per i tifosi dell’Udinese, abituati a perdere i migliori giocatori per squadre più forti, deve fare uno strano effetto.
L’acquisto più affascinante
Arthur, Juventus
Forse è perché è stata un’operazione conclusa all’inizio di questo strano calciomercato pandemico, o forse perché Pirlo in queste prime partite aveva deciso di farlo partire dalla panchina, fatto sta che di Arthur si è parlato pochissimo (e per i motivi sbagliati) nonostante sia stato il cartellino per cui formalmente si è speso di più in questa sessione (ok le plusvalenze, ma chi non le fa nel nostro campionato?). Eppure stiamo pur sempre parlando di un giocatore che viene da un’ottima stagione al Barcellona, dove almeno teoricamente avrebbe dovuto raccogliere l’eredità pesantissima di Xavi. Lo ha ben descritto Daniele Morrone qualche tempo fa, nella stagione della sua ascesa: «La sensibilità con cui controlla la palla è la sua qualità migliore, anche grazie al suo uso del corpo per orientare la giocata nel verso giusto, e sfuggire al tentativo di pressione senza perdere il tempo di gioco. Come prima di lui aveva mostrato bene proprio Xavi, un controllo orientato vale spesso più di un dribbling, se si gioca come mezzala». Sarà interessante vederlo giocare con un allenatore che per esprimere il suo gioco di possesso avrà un bisogno quasi vitale delle sue qualità, in un calcio come quello italiano in cui di giocatori con le sue caratteristiche se ne vedono pochissimi.
Sandro Tonali, Milan
Sandro Tonali non arriva al Milan per fare il titolare. Le sue caratteristiche sembrano in parte sposarsi bene col gioco di Pioli, ma d’altra parte no. È sembrato un calciatore dal talento piuttosto spiccato in alcune situazioni, limitato in tante altre. Non si capisce se possa davvero diventare un fenomeno, il regista dell’Italia del futuro, o solo un calciatore medio dalle caratteristiche molto peculiari. Per certi versi sembra essere arrivato troppo presto in una grande squadra, ma il Milan oggi pare un progetto cucito su profili come il suo: giovani di grandi potenzialità e dal futuro incerto. Sarà interessante osservare la sua stagione, anche in ottica Nazionale.
Hakimi, Inter
Forse su Hakimi c’è stato un interesse ridotto perché in fin dei conti si tratta di un esterno a tutta fascia, sì insomma di un terzino offensivo. Ma se fosse stato un attaccante, di 21 anni, con quel talento, probabilmente su Twitter si parlerebbe di un “acquisto che fa bene alla Serie A tutta”. Hakimi ha un talento incredibilmente moderno, doti fisiche da centometrista unite a un controllo e a una lettura degli spazi notevole. Di fatto copre due ruoli, perché alla capacità di coprire tutta la fascia unisce un impatto negli ultimi trenta metri che hanno solo gli esterni d’attacco. E fa entrambe le cose senza subire minimamente la fatica, arrivando al tiro o al cross con qualità e lucidità anche dopo cinquanta, sessanta metri alla massima velocità. In queste prime partite (già 2 assist e un gol, in poco più di 200 minuti) è già uno dei giocatori più influenti sul gioco dell’Inter, forse persino troppo responsabilizzato in situazioni non perfette per lui (contro difese schierate nella propria area di rigore, ad esempio), ma Hakimi sarà fondamentale in quelle partite da dentro o fuori, in campionato o in coppa, in cui l’Inter avrà più spazio a disposizione in cui attaccare.
L’acquisto più cool
Gianluca Scamacca, Genoa
Nonostante abbia solo 21 anni, la carriera di Gianluca Scamacca è già lunga e travagliata. Considerato fino a poco tempo fa il prodotto più pregiato del settore giovanile della Roma, Scamacca ha deciso di fare il salto nel calcio professionistico incredibilmente presto, accettando a 17 anni l’offerta del PSV. Questo già dice molto sulle aspettative che ci sono state fin da subito sul suo talento, che però in Olanda non state immediatamente ripagate (e forse non sarebbe potuto essere altrimenti). Poi il ritorno in Italia grazie al Sassuolo e un’infinita sequela di prestiti: prima il PEC Zwolle, sempre in Olanda, poi l’Ascoli (con cui in Serie B, a suo stesso dire, ha fatto la sua migliore stagione fino ad adesso: 13 gol stagionali tra Coppa Italia e Serie B), adesso il Genoa. Scamacca è una punta atipica, dal fisico slanciato e leggero, a cui piace venire tra le linee per associarsi con i compagni e soprattutto creare gioco, spesso nel modo più eccentrico possibile. La sua versione migliore, fino ad adesso, l’abbiamo vista forse al Mondiale Under-20, dove non ha segnato ma ha mostrato lampi di grande talento - compreso un incredibile gol in girata annullato dal VAR. Colpi di tacco, veroniche e dribbling barocchi sono nel repertorio di questo giovane attaccante romano che dice di ispirarsi a Dzeko e che chiama Ibrahimovic “il dio del calcio”. Bisognerà vedere come si concilierà con il gioco molto pragmatico e diretto di Maran, che chiede molto alle sue punte sia senza palla che in transizione. Se dovesse crescere ancora, chissà che Scamacca non diventi la punta di diamante di una squadra che con Pjaca e Zajc ha già fatto all-in sul talento senza curarsi troppo del passato.
Dejan Kulusevski, Juventus
Sarà che lo scorso anno il talento di Kulusevski ci è venuto addosso come un treno in corsa, ma che alla sua seconda stagione ci si aspetti già che possa essere importante nella Juventus è forse una cosa meno scontata di quello che si pensi. Il salto, rispetto al Parma, è molto grande, ma la cosa bella è che Kulusevski sembra all’altezza delle aspettative, sia dal punto di vista del talento che del carattere. I suoi movimenti e la tecnica - nei dribbling, nella visione di gioco, negli ultimi metri - lo rendono un giocatore unico nella rosa della Juventus, diverso da Dybala e Morata, con cui si gioca un posto vicino a Ronaldo nella coppia di attaccanti con cui per ora gioca la Juve di Pirlo, ma diverso anche da Chiesa e Cuadrado, con cui si gioca un posto sulla fascia destra. Si parla spesso di ringiovanire il campionato e di dare spazio ai giovani talenti e Kulusevski è un giocatore pronto per prendersi tutto lo spazio che vuole nella squadra più ambiziosa della Serie A, con uno stile calcistico aggressivo, essenziale e al tempo stesso creativo, iperintenso ma non per questo privo di fantasia.
Pedro, Roma
È vero, Pedro arriva in Serie A nella fase calante della sua carriera, ma la pulizia tecnica del suo calcio, come si dice, “non ha età”. Non è facile definire con precisione quanto Pedro possa essere determinante per la Roma, anche se le prime tre partite della stagione forniscono qualche indizio in questo senso, ma è sicuramente un giocatore che, per i tifosi e per gli spettatori neutrali, è bello da veder giocare. Pedro controlla il pallone come se avesse del velcro sui piedi, lo gioca tenendo la testa alta e si muove come un professore che sta spiegando la sua materia preferita. A distanza di 10 anni abbiamo in Serie A un’espressione di quel laboratorio tecnico che ha cambiato il calcio moderno, il Barcellona di Guardiola, dove Pedro è cresciuto. Magari non sarà un giocatore del livello di Xavi, Iniesta o addirittura Messi, ma rimane un giocatore con un livello tecnico raro da ritrovare nel nostro campionato, e se non è “cool” questo, non so cosa possa esserlo.
Victor Osimhen, Napoli
L’impatto di Osimhen sul calcio italiano è difficile da pronosticare per le sue caratteristiche. Il suo atletismo distruggerà le lente e statiche difese come abbiamo visto contro il Parma? Oppure la sua verticalità, la sua ricerca di profondità, risulterà inutile contro quelle stesse difese che lo spazio te lo vogliono togliere come in un ascensore senz’aria?
Di certo sul piano della coolness l’acquisto è già riuscito. Osimhen è uno dei giocatori dalle storie più interessanti, ha uno stile naturale, e quando corre contro le difese ha una strana eleganza.
Quelli rimasti col cerino in mano
Arkadiusz Milik
Pur non essendo un titolare del Napoli, l’anno scorso Milik è stato uno dei giocatori con le migliori medie realizzative in Serie A (14 gol tra campionato e Champions League; 0.6 p90 in Serie A) e per lui questa sessione di mercato sarebbe dovuta essere quella della definitiva consacrazione - del passaggio in una squadra che gli avrebbe concesso il palcoscenico principale. Milik è sembrato prima sul punto di passare alla Juventus, alla ricerca di una punta che affiancasse CR7, poi alla Roma, che voleva sostituire Dzeko, infine forse al Tottenham e alla Fiorentina (che aveva presentato un’offerta molto concreta negli ultimi giorni di mercato). Alla fine, però, l’attaccante polacco ha visto sfumare tutte le piste ed è rimasto a sorpresa a Napoli, dove al momento sembra non avere alcuna prospettiva di giocare, e con ogni probabilità sarà costretto a mesi di inattività in attesa della sessione invernale. Un peccato capitale che potrebbe interrompere la sua ascesa sul più bello - proprio nel momento in cui Milik sembrava potesse diventare l’attaccante protagonista che doveva essere già a Napoli da qualche anno.
Radja Nainggolan
A metà della scorsa stagione Radja Nainggolan era uno dei migliori centrocampisti della Serie A; complice qualche problema fisico e il declino generale del Cagliari è tornato sottotraccia. Il Cagliari ha provato a ricomprarlo, ma quasi per inerzia, anche perché fra tutte le lacune della rosa Nainggolan non sembrava certo il giocatore che mancava. Per il resto nessun’altra offerta, nessuna squadra interessata a uno dei migliori centrocampisti in Europa degli ultimi anni. A guardare la situazione da fuori, che tristezza. Che farà Nainggolan all’Inter quest’anno? Che cosa si sono detti lui e Conte quando era diventato sicuro che non sarebbe andato via? Che cosa pensa lui della propria carriera? Ha ancora voglia di giocare a calcio?
Filippo Falco
Dopo un'estenuante trattativa con il Crotone alla fine Filippo Falco è rimasto in Serie B, al Lecce. Possibile che non ci sia stata nemmeno una squadra disposta a pagare i circa otto milioni che chiedeva la società salentina? Com’è successo che la bellezza abbia perso così tanto valore? È vero, la scorsa stagione per Falco non è stata del tutto positiva - nella parte centrale della stagione Liverani lo ha fatto partire spesso dalla panchina - ma il fatto che nessuno abbia deciso di puntare così poco sui suoi dribbling in progressione non è una buona notizia per il nostro campionato.
Sami Khedira
Mentre il mercato andava avanti inesorabile, con arrivi e cessioni, Khedira teneva un braccio di ferro virtuale con la dirigenza della Juventus. Rimasto fuori dal progetto tecnico di Pirlo, i bianconeri hanno provato a rescindere il suo contratto, un anno rimasto a 6 milioni di euro, sperando di risparmiare almeno qualche soldo in cambio della libertà. Il centrocampista tedesco però è rimasto inflessibile rifiutando qualunque proposta di conciliazione.
Non accettare la rescissione è un suo diritto, ma è difficile accettare che un centrocampista del suo valore abbia scelto di rimanere in un contesto tecnico che lo ha ripudiato piuttosto che cercare una nuova sfida, magari meno ambiziosa, ma dove potersi esprimere.
Mario Balotelli
Nel 2020 Mario Balotelli ha compiuto trent’anni ed è rimasto senza squadra. Il suo declino parla anche di noi, del nostro invecchiamento, del tempo che passa. Delle nostre speranze proiettate su uno sportivo che sono diventate cenere. Dove eravamo tutti quando Mario Balotelli ha tirato una bomba sotto la traversa portandoci in semifinale agli Europei? Chi l’avrebbe detto che otto anni più tardi nessuna squadra avrebbe voluto Mario Balotelli? Eppure è incredibile che nessuno sia più disposto a scommettere niente sul suo talento.