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Canottaggio per principianti
27 lug 2021
Forse è tardi per andare alle Olimpiadi, ma non lo è mai per iniziare un nuovo sport.
(articolo)
13 min
(copertina)
Illustrazione di Giorgio Mozzorecchia
(copertina) Illustrazione di Giorgio Mozzorecchia
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Il canottaggio fa parte di quel piccolo insieme di sport che declinano in maniera competitiva alcuni cardini dell’evoluzione umana. L’uomo non ha inventato la ruota per correre Gran Premi o le armi da fuoco per colpire piattelli in aria, allo stesso modo non ha inventato remi e imbarcazioni affinché una o più persone si organizzassero in equipaggi per farle filare sul pelo dell’acqua alla velocità di un proiettile e premiare il primo arrivato. Eppure è successo.

Breve storia della navigazione a remi

Secondo lo studioso tedesco di archeologia navale Olaf Höckmann, l’uomo sarebbe in grado di realizzare mezzi che possono muoversi sull’acqua dal Paleolitico Superiore (prima quindi dell’8000 a.C). A provarlo sarebbe un corno di renna intagliato ritrovato ad Husum, nella Frisia settentrionale, facente parte di una imbarcazione fatta di pelli.

Remi costruiti in legno risalenti al 5000-4500 a.C sono stati ritrovati invece a Yuyao, nella provincia dello Zhejiang, accanto a ceramiche a forma di canoe appartenenti alla Cultura Hemudu. Nel 1999, un remo di 63,4 centimetri di lunghezza, risalente al 4000 a.C., è stato rinvenuto nella prefettura di Ishikawa, in Giappone. Rimanendo in Europa, le prime figure di imbarcazioni munite di remi sono riferibili alla prima civiltà cicladica (3000 a.C.), dimostrazione innegabile di come già all’epoca il remo fosse uno strumento legato al mondo dei trasporti via acqua.

Se l’origine del trasporto su acqua si perde nell’alba dei tempi, le cosiddette “navi poliremi” continueranno a essere protagoniste per un periodo lunghissimo della civiltà umana. Grazie alla spinta delle braccia dei rematori queste navi attraversavano i mari per far fiorire i commerci, scoprire nuove terre e portare la guerra nei punti più remoti.

Ma quand’è che la storia del canottaggio come sport si separa dalla storia della navigazione? Beh, questo è più difficile da ricostruire.

Alcune pitture ritrovate nella Mastaba di Irukaptah e risalenti alla quinta dinastia dei faraoni d’Egitto (tra il al 2500 a.C. al 2350 a.C.) sembrano raffigurare scene di gare fra imbarcazioni a remi sul Nilo. È probabile che proprio in Egitto le canoe siano diventate anche uno strumento da competizione, a dimostrarlo sarebbe un’iscrizione funeraria risalente al 1430 a.C. in cui si esaltano le prodezze in rematura del guerriero Amenhotep II. Molto più tardi, in epoca romana, Virgilio fa la prima cronaca di una gara di canottaggio: nel V libro dell’Eneide descrive la vittoria del troiano Cloanto nel mare di Trapani nel corso dei giochi sportivi organizzati da Enea per onorare la scomparsa del padre.

È sempre in Italia che abbiamo le prime notizie certe del canottaggio come competizione, con la nascita della tradizione delle “regate” a Venezia, termine che compare per la prima volta in un codice anonimo del 1274. La prima competizione a remi storicamente accertata si tenne a Venezia il 10 gennaio 1315 sotto il dogado di Giovanni Soranzo.

Canottaggio moderno

Per arrivare a quello che oggi definiamo “canottaggio moderno” bisogna però aspettare altri 400 anni e spostarsi in Inghilterra, lungo il Tamigi. Qui i rematori che fornivano servizio di taxi a Londra iniziarono a gareggiare tra loro in maniera competitiva con premi offerti dalle London Guilds and Livery Companies o da ricchi benefattori. Durante il corso del diciannovesimo secolo queste gare iniziarono ad attirare sempre più gente, diventando popolari non solo nella Capitale, ma in moltissimi altri fiumi in tutta la Gran Bretagna. La più antica tra queste competizioni ancora in vita è la Doggett's Coat and Badge, nata nel 1715 per commemorare la salita al trono re Giorgio I e ancora regolarmente disputata.

Tuttavia dove il canottaggio ebbe la sua maggior fortuna e sviluppo è nelle università inglesi. Esistono documenti che provano l’esistenza di un Monarch Boat Club all’interno dell’Eton College prima del 1790. All'università di Oxford le prime gare furono organizzate nel 1815 mentre a Cambridge nel 1827. La nascita ufficiale del canottaggio come sport moderno viene fatta risalire alla prima Oxford-Cambridge, disputata il 10 giugno 1829 a Henley-on-Thames e vinta facilmente dalla squadra di Oxford (la barca vincente è esposta al River & Rowing Museum di Henley). Una competizione che ancora oggi ha un incredibile valore simbolico e che è al centro di una delle scene più belle di uno dei film più importanti degli ultimi vent’anni, The Social Network di David Fincher.

Print Collector/Getty Images

La crescente popolarità del canottaggio in tutto il mondo portò le federazioni di Italia, Francia, Svizzera, Belgio e Adriatica a fondare il 25 giugno 1892 a Torino la Fédération Internationale des Sociétés d'Aviron con lo scopo di uniformare il regolamento. L’anno dopo sono loro ad organizzare il primo Campionato Europeo sulle acque del Lago d'Orta con dieci equipaggi partecipanti. Nel 1896 il canottaggio fu inserito nel programma dei primi Giochi Olimpici moderni, ma cancellato causa maltempo, riuscendo ad esordire soltanto nell’edizione successiva a Parigi, lungo le acque della Senna con arrivo sotto il ponte ferroviario di Asnières-sur-Seine. Da quel momento canottaggio e Olimpiadi formano un legame indissolubile, anche se le gare rimasero esclusivamente per uomini fino ai giochi di Montréal 1976.

Le imbarcazioni

Per molto tempo le regate furono disputate su barche pesanti costruite con legno di cedro, chiamate “iole”, con sedili fissi e scalmi (le parti terminali dei bracci in cui si infilano e si appoggiano i remi) sul bordo. Progressivamente le imbarcazioni migliorarono la loro fluidità: al legno si sostituirono materiali più leggeri e performanti, lo scalmo venne montato all’esterno, il sedile divenne un carrello scorrevole, i remi cambiarono forma, fino ad arrivare alle moderne imbarcazioni, sempre più simili a miracoli di ingegneria che possono essere governate solo da atleti incredibilmente preparati.

Esistono due tipi di imbarcazioni nelle competizioni ufficiali: quelle nel quale ogni atleta impugna un solo remo, dette “di punta” e quelle dove impugna due remi, dette “di coppia”. Questa è la grande divisione ideologica del canottaggio, ma non l’unica: esistono anche categorie in relazione al numero di componenti dell’equipaggio e alla presenza o meno di un timoniere (da qui la definizione “con” oppure “senza”). Le imbarcazioni di tipo olimpico, ovvero corrispondenti ai criteri previsti dal Codice FISA possono essere, se barche di punta, delle seguenti categorie: otto di punta con timoniere; quattro di punta senza timoniere; quattro di punta con timoniere; due di punta senza timoniere; due di punta con timoniere. Le barche di coppia invece possono essere: quattro di coppia, doppio e singolo.

A proposito di barche, bisogna fare chiarezza: canottaggio e canoa non sono la stessa cosa. Non è solo una distinzione puramente pratica, ma una vera e propria questione ideologica: il canottiere è quello che va in barca, mentre il canoista va in canoa. Il primo stringe tra le mani uno o due remi. Il secondo una pagaia.

Esiste poi anche una divisione per categorie di peso, che si limita a due: Libera e Pesi Leggeri. Per gli uomini il peso massimo di ogni vogatore non deve essere superiore a 72,5 Kg e quello medio di tutto l'equipaggio non deve superare i 70 kg; per le donne non deve essere superiore ai 59 Kg quello del vogatore e il peso medio non oltre i 57 Kg. Se così non è, si entra nella categoria Libera.

Ma come si rema?

In apparenza il canottaggio sembra uno sport semplice, la cui unica qualità richiesta è di avere muscoli d’acciaio, capaci di spazzare l’acqua con un remo infilando più colpi che secondi. Al contrario, chi pratica questa disciplina, dice che il vero atleta si vede nella testa. Il canottaggio è infatti una continua tensione tra il dover ripetere sempre lo stesso movimento ad un ritmo diverso e il chiedersi ma chi me lo ha fatto fare. Lo sforzo fisico e mentale è enorme, ed anche per questo il canottaggio avvicina altri sport con sfumature religiose, dove chi lo pratica si sente più vicino ad una setta, come ad esempio il ciclismo o l’arrampicata. Non a caso altri sport che si svolgono a contatto con la natura e che richiedono un sacrificio estremo al proprio corpo.

Visto che il principio di questo tipo di articoli è far capire al lettore se è possibile avvicinarsi a sport spesso poco accessibili al grande pubblico, capiamo un attimo se è possibile iniziare a fare canottaggio così all’improvviso. La prima cosa che vi serve è uno specchio d’acqua. Un fiume grande e placido è il massimo, ma va bene anche un lago o un bacino artificiale. Canottaggio al mare? Si può fare, esiste una versione del canottaggio “da costiera” però forse i puristi potrebbero storcere il naso. In ogni caso valutate voi. Trovata l’acqua, serve una barca. Potete comprare un imbarcazione usata, ma forse per iniziare conviene appoggiarvi a un circolo. L’ideale è organizzarvi con un amico/amica oppure con il vostro partner per mettere su un equipaggio a due. Non soffrirete la solitudine, ma non dovrete neanche trovare il ritmo insieme a troppe persone. Un’altra cosa che dovrete accettare è che fallirete: è uno dei principi base dello sport, ma nel canottaggio può avere ripercussioni che vanno dal ridicolo al frustrante.

Non scoraggiatevi però. Non fatevi corrompere dall’alternativa, ovvero l’indoor rowing. Da alcuni anni infatti ha preso sempre più piede l’utilizzo del remoergometro, un macchinario che imita l’esercizio del canottaggio e che se una volta era usato praticamente solo dai canottieri per allenarsi, ora si trova copioso nelle palestre di tutto il mondo, perché banalmente il canottaggio è quello che si definisce “uno sport completo” per la muscolatura. Nel tempo l’indoor rowing è diventato uno sport vero e proprio, e forse se frequentate una palestra questa avrà la sua squadra che partecipa a competizioni più o meno agguerrite. Il canottaggio da camera è stato utile durante la pandemia, per organizzare gare a distanza e non far sparire il canottaggio, ma un po’ come è accaduto con i videogiochi sulla Formula 1: un surrogato. Oggi andiamo verso un mondo in cui è meglio stare fuori dalle palestre piuttosto che dentro, quindi se avete modo di salire su una barca da canottaggio, provate quella.

Ora, come si voga? Ovviamente un po’ dipende da su quale imbarcazione dovete salire: ovvero se avete a che fare con un solo remo (di punta) o con due (di coppia). Il movimento comunque è generale ed è diviso in due parti: palata e ripresa. La prima inizia quando la pala viene inserita nell’acqua - che in gergo viene chiamato “attacco” - e si distendono le gambe, tirando il singolo o i due remi verso il proprio petto. La ripresa inizia quando la pala esce dall’acqua, le braccia si distendono e si torna in avanti col carrello. Questo, più o meno, è tutto quello che dovete fare durante l’esercizio del canottaggio. Può sembrare semplice, ma serve coordinazione, sia con voi stessi, che con gli altri sulla barca con voi. È tutta una questione di fisica, e il segreto sarebbe quello di trovare una specie di simbiosi tra voi, la barca, l'acqua e qualche principio di termodinamica: più facile a dirsi che a farsi. Bisogna anche non fermarsi mai, in teoria, ma insomma vedete voi. Una gara è settata sui 2000 metri, ma vi consiglio di iniziare su distanze minori.

Senza entrare nel dettaglio delle possibili tecniche di voga, che come si può intuire è un continuo lavoro tra le possibilità biologiche dell’uomo e quelle della natura, i più grandi canottieri della storia condividono tutti un fisico d’acciaio e una mentalità indistruttibile. Il livello a cui vengono spinti i canottieri si può intuire nel documentario della BBC Gold Fever che ha seguito Steve Redgrave e la squadra olimpica inglese prima di Sidney 2000. Redgrave è considerato uno dei più grandi interpreti della storia di questo sport - ha vinto 5 medaglie d’oro alle Olimpiadi, record a livello maschile - e da questo documentario si può intuire il perché.

Più che di “come si rema” nel canottaggio la domanda fondamentale è “come ci si allena”. In questo, dopo un lungo dominio dei paesi dell’Est (la scuola femminile della Romania è la più grande e vincente di sempre con un’atleta, Elisabeta Lipă, capace di vincere addirittura 8 medaglie olimpiche), negli anni '80 è stata l’Italia a farla da padrona, soprattutto grazie al lavoro di una manciata di persone.

La grande epopea italiana

In Italia il canottaggio ha avuto un incredibile aumento di popolarità a partire dagli anni ‘80, grazie a tre fratelli, un medico e un telecronista. I tre fratelli - Giuseppe, Carmine e Agostino Abbagnale - sono stati il braccio di questa rivoluzione, Giampiero Galeazzi il cantore delle loro vittorie, ma forse è Giuseppe La Mura la figura più interessante in questa storia. È stato lui a cambiare il metodo di allenamento della Nazionale Italiana, mutuandolo da quello delle grandi corazzate dell’est Europa. L’idea è che nel canottaggio è lo sforzo, l’andare oltre i propri limiti che dà la ricompensa.

La Mura, oltre a essere un medico appassionato di canottaggio, era anche lo zio dei fratelli Abbagnale e in loro vide il futuro. Li strappò da una vita nei campi e li trascinò in una vita di allenamenti all’alba. Corsa per arrivare al circolo nautico di Castellammare di Stabia, poi 20 chilometri a remare, poi altra corsa. Ancora oggi i loro allenamenti vengono raccontati in maniera leggendaria, più simili a romanzi di Dickens che non a veri e propri allenamenti. Nel circolo La Mura aveva fatto mettere un cartello con su scritto “Il successo è una lunga pazienza”. E i primi successi arrivarono all’inizio degli anni ‘80. Carmine e Giuseppe Abbagnale a remare e Giuseppe Di Capua, il piccolo timoniere, a dirigere le operazioni. È il "due con" che poi arriverà a trionfare alle Olimpiadi di Los Angeles nel 1984 e in quelle del 1988. A raccontare queste vittorie e renderle indimenticabili c’era la voce roca e inconfondibile di Giampiero Galeazzi, come quando a Seul prima Agostino, l’altro fratello, vinse la medaglia d’oro nel 4 con pochi minuti dopo la vittoria di Carmine e Giuseppe. Galeazzi svolse un ruolo fondamentale nel trascinare gli spettatori nel vortice di passione di uno sport che in alcuni momenti può essere poco coinvolgente, con gli atleti che sembrano quasi immobili mentre combattono contro la resistenza dell’acqua.

C'è da dire che fu sempre lui a raccontare con enfasi i trionfi di Antonio Rossi e Beniamino Bonomi nel 2000 a Sidney. Quella però era canoa, come detto: un'altra storia.

I fasti di quegli anni nel canottaggio, purtroppo sono lontani. Gli azzurri non vincono un oro nel canottaggio da più di vent’anni. A Rio arrivò solo due bronzi grazie a Marco Di Costanzo e Giovanni Abagnale (incredibilmente nessun legame con gli Abbagnale) nel due senza e nel quattro senza. A Tokyo, per la prima volta nella storia, avremo anche quattro equipaggi femminili ai giochi, con la speranza che almeno uno di loro arrivi a medaglia. Al momento, la spedizione italiana si è comportata molto bene. Abbiamo piazzato quasi tutte le nostre barche ai turni successivi, molte in finale. Causa maltempo, le finali che dovevano svolgersi oggi, sono state rimandate. Arrivare ad almeno un oro è l'obiettivo, ma la competizione è agguerrita. Il sogno sarebbe vedere il metallo più prezioso sui ragazzi del quattro di coppia: Venier, Gentili, Rambaldi e Panizza. Su questa barca fino al 2019 c'era Filippo Mondelli, venuto a mancare il 29 aprile a causa di una patologia ossea. Il suo nome è sulla barca degli italiani e, insomma, se lo sport ci ha insegnato qualcosa è il potere delle sue storie.

Può sembrare assurdo avvicinarsi a questo sport all'improvviso, senza far parte di una famiglia di canottieri o vivendo dentro a un fiume. Eppure il canottaggio ha un carattere democratico che dovrebbe attirare chi ha voglia di fare sport. Più che il talento, ricompensa l'impegno. Più che il genio, la follia.

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