Il disastroso Mondiale brasiliano aveva riportato sulla terra i marziani di Spagna. Una generazione capace di vincere, dal 2008 al 2012, due Europei e una Coppa del Mondo. L’Europeo francese era un banco di prova per capire se il crollo di due anni prima fosse stato solo una fisiologica pausa, o se invece era da considerare come la fine di un ciclo glorioso.
Persi Xabi Alonso e Xavi, il rinnovamento della Nazionale era stato rallentato dalla necessità, dopo il Mondiale, di ricominciare con qualche certezza in più e meno novità. Le prime due partite di questo Europeo, e in particolare il match contro la Turchia, sembravano suggerire che la Spagna potesse proseguire il discorso interrotto quattro anni prima, quando le “Furie Rosse” inflissero un pesante 4 a 0 proprio agli azzurri.
La sconfitta contro la Croazia nella terza partita, oltre a condannare gli spagnoli al secondo posto del girone, seminava i primi dubbi sulla effettiva consistenza della Spagna, spesso sì brillante, ma ancora senza un vero controllo delle partite, e ancora vulnerabile.
Dall’altro lato del campo arrivava un’Italia ancora poco decifrabile. Dopo l’ottima prova contro il Belgio, dominata tatticamente, la vittoria contro la Svezia non aveva entusiasmato nell’interpretazione tecnica dello strutturatissimo calcio di Conte. La partita contro la Spagna poteva chiarire, una volta per tutte, se il lavoro e l’intelligenza di Conte e dei suoi giocatori sarebbero state davvero in grado di colmare la distanza qualitativa tra l’Italia e le migliori squadre.
La risposta è arrivata forte e chiara: l’organizzazione e le idee della squadra di Conte hanno annullato ogni gap tecnico e l’Italia ha dominato la Nazionale guidata, forse per due anni di troppo, da Vicente Del Bosque.
La Spagna che affronta l’Italia cambia solo tre giocatori di movimento su dieci rispetto alla finale di quattro anni prima a Kiev. Il terzino destro Arbeloa è sostituito da Juanfran, mentre al posto di Xabi Alonso e Xavi giocano Nolito e Morata, a testimonianza del cambio di filosofia di gioco tra la Spagna del 2012 e quella del 2016. A centrocampo, al posto dei due grandi centrocampisti, giocano Iniesta e Fabregas, esterno sinistro e falso nueve di quattro anni prima.
Le uniche incertezze nella formazione dell’Italia erano concentrate sulle due fasce, e risolte da Conte a favore di Florenzi a destra e di De Sciglio a sinistra.
Avversario diverso: fase difensiva diversa
Il Belgio era una squadra in difficoltà quando doveva strutturare la manovra offensiva da dietro. Così l’Italia aveva preferito non pressare alto la costruzione bassa degli avversari, utilizzando le due punte del 3-5-2 per schermare la trasmissione del pallone dai difensori verso i centrocampisti, compattando le linee al di qua della propria metà campo. Aveva funzionato magnificamente.
Una delle possibilità tattiche ipotizzate alla vigilia immaginava una partita simile contro la Spagna, con l’Italia chiusa e stretta in difesa per togliere spazi alla manovra palleggiata degli iberici nell’ultimo terzo di campo.
Invece, contro un avversario con caratteristiche diverse, Conte risponde con un atteggiamento in fase di non possesso diverso. L’idea è quella di minare sin dalle fondamenta il possesso della Spagna, provando ad evitare che l’Italia si abbassasse troppo, portando gli spagnoli a giocare in zone pericolose del campo e, soprattutto, ordinare la propria squadra per mezzo del dominio del pallone.
Conte rende concreta la sua idea disseminando il campo di duelli individuali, prevedendo un coraggioso sistema di uscite sul possesso palla spagnolo e applicando un pressing aggressivo e orientato sull’uomo. L’Italia non lascia mai superiorità numerica al reparto arretrato della Spagna in fase di costruzione, accettando nelle fasi iniziali dell’azione una teorica parità numerica nella propria difesa.
I due centrali spagnoli, Piqué e Ramos, vengono attaccati rispettivamente da Giaccherini, che si alza dalla sua posizione di mezzala sinistra, e da Eder. Pellè invece si abbassa su Busquests, seguendolo a uomo anche quando il mediano spagnolo prova a smarcarsi, attraverso movimenti laterali o abbassandosi tra i due centrali.
Dietro la prima linea di pressione, Parolo gioca nella zona di Iniesta; mentre De Rossi abbandona la propria posizione a protezione della difesa e si muove verso sinistra prendendo l’uomo che gioca nella zona di centro-destra del centrocampo spagnolo.
Le uscite dell’Italia non lasciano superiorità numerica alla costruzione bassa spagnola. Giaccherini esce su Piquè, Pellè marca a uomo Busquets e Eder gioca su Ramos. Alle loro spalle la mezzala destra Parolo prende la loro mezzala sinistra, in questo caso Fabregas, mentre il mediano Motta si muove dalla zona centrale verso la mezzala destra Iniesta.
Con Giacchierini altissimo e Parolo impegnato internamente, a differenza che contro il Belgio, la pressione sulla ricezione dei terzini avversari è compito degli esterni. Florenzi e De Sciglio prendono alti rispettivamente Jordi Alba e Juanfran. Sulle uscite alte degli esterni tutto il reparto arretrato scala le marcature, con Barzagli e Chiellini che allargandosi prendono l’esterno alto avversario e l’esterno del lato opposto che si allinea con gli altri difensori.
De Sciglio esce alto su Juanfran e dietro di lui Chiellini lascia Morata a Bonucci e si apre a prendere Silva.
L’Italia applica questo sistema di marcature con grande aggressività, partendo anche da posizione molto avanzata. In questo modo costringe la Spagna a giocare sotto pressione in ogni zona del campo. La squadra di Del Bosque non ha mai un uomo libero e ogni giocatore è costretto a giocare sempre con un uomo dell’Italia che lo marca da vicino. La precisione temporale e spaziale delle uscite in pressione e delle scalate, rende il piano in fase difensiva dell’Italia praticamente perfetto, soffocando sul nascere, e per tutto il campo, il possesso palla della Spagna. Presupposto necessario perché la squadra di Del Bosque sviluppi il proprio gioco.
La pressione orientata sull’uomo dell’Italia. A inizio azione De Rossi prende Silva che gioca interno e segue il profondo taglio trasversale dell’avversario. Parolo è su Iniesta, mentre Pellè marca in maniera asfissiante Busquets. Sul lato debole, Giaccherini e De Sciglio scivolano in posizione nella loro zona di competenza.
La Spagna non trova soluzioni per sfuggire alla pressione dell’Italia e non riesce a creare superiorità numerica o posizionale in nessuna zona di campo. A quel punto è costretta più volte al lancio lungo: la soluzione preferita per la difesa italiana. Alla fine della partita saranno 58 i lanci della Spagna, addirittura 9 in più di quelli dell’Italia.
Spagna in confusione
Tanto precisa è la pressione italiana, quanto incerta e approssimativa è quella spagnola. Il rombo di costruzione dell’Italia, supportato dai movimenti del resto della squadra, trova sempre una via di uscita pulita per il pallone. Fondamentale è persino l’apporto di Buffon, che partecipa attivamente alla circolazione palla, mentre, dal lato opposto, De Gea preferisce lanciare costantemente in avanti. Buffon chiuderà la partita con 25 passaggi riusciti e 7 sbagliati, mentre il portiere spagnolo mette a referto 14 passaggi positivi e 12 negativi.
La mappa dei passaggi di Buffon e di De Gea.
Le idee di Del Bosque su come contrastare la costruzione bassa dell’Italia sono piuttosto confuse. Lo schieramento ad inizio azione sembra prevedere il posizionamento dei tre giocatori offensivi, Silva, Morata e Nolito, a fronteggiare i tre giocatori arretrati dell’Italia, chiudendo loro possibili linee di passaggio. Su De Rossi dovrebbe invece alzarsi lniesta.
Ma tutto quello che avviene alle spalle di questi movimenti è poco chiaro e coordinato. Busquets è riluttante ad abbandonare la zona centrale a protezione della difesa e i terzini sono pigri nell’aggressione degli esterni italiani. Così l’Italia ha sempre un uomo libero da servire per sfuggire alla disordinata pressione spagnola.
Circolazione bassa dell’Italia. I tre giocatori offensivi si pongono di fronte ai tre difensori azzurri e Iniesta si alza su De Rossi. Nolito però guarda alle proprie spalle, perché Parolo approfitta del movimento di Iniesta per creare una linea di passaggio, grazie al fatto che Busquets si muove male e tardi a coprire la zona di campo lasciata sguarnita da Don Andres.
Sia Nolito che Iniesta coprono il passaggio verso Parolo, lasciando libero dalla pressione Barzagli e liberando la linea di passaggio verso De Rossi. La Spagna ha idee particolarmente confuse…
Oltre che confusi, i movimenti in fase di non possesso della Spagna sono scoordinati e asincroni. Busquets, molto isolato, è perennemente indeciso se alzarsi, accompagnando la pressione dei suoi compagni più avanzati, o se rimanere basso davanti ai due centrali, finendo spesso col muoversi fuori contesto e fuori tempo, lasciando libera la linea di passaggio diretta verso le punte italiane. Esattamente quello che vuole Conte.
La Spagna ha idee particolarmente confuse, n°2. Palla in possesso di Barzagli, Iniesta è su De Rossi. Sia Nolito, rimanendo basso, sia Busquets, muovendosi verso sinistra, coprono la linea di passaggio verso Parolo. Non viene esercitata alcuna pressione sul portatore di palla e si libera la linea di passaggio verso Pellè, che Barzagli puntualmente raggiunge.
Incapace di contrastare decentemente la circolazione bassa dell’Italia, la Spagna è costretta a subirne il gioco. Un gioco fatto di svuotamento del centrocampo, appoggio del pallone sulle punte e inserimenti degli esterni e delle mezzali. Gli intermedi, Parolo e Giaccherini, si smarcano larghi e il centro del campo diventa troppo grande per il solo e spaesato Busquets, che alla fine della partita intercetterà un solo pallone.
La mappa dei passaggi e delle posizioni dell’Italia, Si notano il centro completamente svuotato dalle mezzali e il contributo attivo di Buffon.
La formidabile pressione uomo su uomo esercitata dall’Italia, unita all’incapacità della Spagna in fase difensiva, lasciano all’Italia, fino al gol di Chiellini, un’incredibile 56% di possesso palla. Impossibile con questa percentuale che la Spagna possa avere la meglio: costretta a giocare una partita senza il pallone che semplicemente non è in grado di giocare.
Tutta la partita in una sola azione. Buffon gioca il pallone corto su De Rossi pressato fuori tempo da Iniesta. De Rossi può giocare su Florenzi: Jordi Alba esce fuori tempo. Florenzi gioca su Parolo e Busquets si alza fuori tempo liberando il passaggio su Pellè. I centrali spagnoli non riescono mai ad anticipare il centravanti italiano che gioca di prima per l’inserimento di Eder che arriva solo davanti a De Gea.
L’impotenza di Del Bosque
All’intervallo Del Bosque usa il primo cambio per sostituire Nolito con Aduriz. Lo schieramento però non cambia e Morata viene dirottato sull’esterno sinistro, privando la Spagna dei suoi tagli interno-esterno alle spalle di Barzagli o Chiellini. Movimenti che erano sembrati l’unica arma a disposizione della Spagna per disordinare la difesa italiana.
In maniera anche fisiologica, nel corso della partita la Spagna riprende il dominio del pallone, non guadagnando però nulla, né in termini di pericolosità né in quelli di protezione contro le ripartenze manovrate degli azzurri. Ad aiutare la Spagna a tornare in possesso della palla è l’incessante movimento di Iniesta, capace di muoversi per tutta l’ampiezza del centrocampo per sfuggire alla marcatura di Parolo, fungendo così da catalizzatore dell’intera manovra offensiva della Spagna.
Ma questo movimento incessante ha un prezzo, perché la struttura posizionale finisce per disordinarsi e, Don Andres, sempre pressato e senza linee di passaggio pulite, perde ben 16 palloni durante la partita.
Pur alzando il proprio baricentro con il pallone, lo schieramento difensivo dell’Italia risulta troppo solido per le idee offensive spagnole. Se abbassata, la difesa a 5 dell’Italia, protetta da De Rossi, riesce facilmente a intercettare tutte le palle che David Silva e Fabregas cercano ricevere tra le linee. Forti della conoscenza e della copertura reciproca, e approfittando della superiorità numerica in zona centrale, Barzagli, Bonucci e Chiellini escono forti sui ricevitori posizionati negli half-spaces, protetti sugli esterni da Florenzi e De Sciglio.
Con l’ingresso di Lucas Vázquez la Spagna cambia in una sorta 4-2-3-1. Il neo entrato fornisce ampiezza sulla destra, Silva pianta le tende alle spalle di Aduriz, Fabregas si apre a sinistra e Iniesta, assieme a Busquets, in mezzo al campo. L’idea di allargare la stretta difesa italiana, sfruttando maggiormente l’ampiezza e un centravanti forte fisicamente come Aduriz, viene parzialmente indebolita dall’infortunio del centravanti basco, che costringe Del Bosque a inserire Pedro al centro dell’attacco.
Nel finale la Spagna alza Ramos e Piqué e l’unica vera occasione nasce da un calcio di punizione lanciato lungo in area da De Gea a trovare la testa dei suoi difensori centrali. Come contro il Belgio, però, l’Italia approfitta dello sbilanciamento finale degli avversari per trovare il gol del raddoppio sull’ennesima ripartenza manovrata, finalizzata con la ricerca sul lato debole dell’inserimento dell’esterno, stavolta Darmian, subentrato a Florenzi.
Una vittoria all’italiana
La squadra con le idee tattiche più precise ha vinto con merito. L’Italia ha eseguito alla perfezione un meticoloso piano pre-partita. Antonio Conte ha dato dimostrazione, ancora una volta, di essere un allenatore capace di trovare all’interno del proprio spartito tattico gli aggiustamenti specifici per contrastare i punti di forza e approfittare dei punti di debolezza dell’avversario.
Pur essendo un tecnico estremamente innovativo, Conte ha saputo ereditare la migliore attitudine della tradizione tattica italiana. Quella fatta di estrema attenzione alle caratteristiche degli avversari e a particolari situazioni di gioco. Una scuola tattica flessibile, camaleontica, che pone storicamente attenzione alle esigenze tattiche della singola partita e alla gestione dei diversi momenti dei match. In Antonio Conte l’eredità della tradizione italiana si sposa con un’identità forte di gioco, perfettamente riconoscibile in ogni sua squadra. Una miscela che ieri è stata davvero indigesta per la Nazionale spagnola.
Se tatticamente la partita dell’Italia è stata quasi perfetta, sia nell’ideazione che nell’esecuzione, quella della Spagna è stata davvero povera, sia in fase di preparazione sia nell’assenza di qualsiasi risposta strategica alle difficoltà poste dall’Italia.
L’idea di Conte di sabotare il possesso degli iberici per mezzo di tanti duelli individuali sparsi per tutti il campo, pressando sin dall’inizio la costruzione della manovra, è stata vincente e non ha trovato alcuna contromisura da parte di Del Bosque. Nessun aggiustamento per gettare le basi per la creazione di zone di superiorità numerica e/o posizionale. Incomprensibile, ad esempio, il mancato utilizzo di De Gea nella circolazione del pallone, con il portiere dello United impegnato solo a lanciare lungo.
Un manifesto della partita degli azzurri: Pellè protegge palla e consolida il possesso italiano. L’azione si sviluppa con pazienza coinvolgendo Buffon. Sull’uscita di Iniesta, Parolo è libero di ricevere e la manovra dell’Italia può distendersi in verticale, con De Rossi che trova una linea di passaggio interna verso Giaccherini.
Ad aiutare la circolazione del pallone della Spagna è stato il solo Iniesta, in modo però assolutamente individuale ed estemporaneo, col risultato di disordinare maggiormente la squadra e al prezzo di un elevatissimo numero di palloni persi.
La circolazione del pallone e i flussi di gioco dell’Italia di Conte dovrebbero ormai essere abbastanza noti, eppure la pressione della Spagna contro il rombo arretrato degli azzurri, coadiuvato da Buffon, è stata confusa, disordinata e ha aperto enormi varchi alle spalle della prima linea.
Il disordine della pressione spagnola. Per una volta è Busquets ad alzarsi in pressione su De Rossi. La palla circola per l’Italia da destra a sinistra e raggiunge De Sciglio su cui Juanfran esce in pressione in ritardo. Con Busquets fuori la linea difensiva spagnola è esposta alle giocate codificate dell’Italia: De Sciglio di prima per Pellè che gioca sull’inserimento di Parolo alle spalle di Iniesta. La Spagna è nei guai.
Iniesta doveva alzarsi su De Rossi o rimanere nella sua zona su Parolo? La Spagna voleva giocare in parità numerica contro la BBC più De Rossi o voleva aspettare più prudentemente l’Italia? Quale era il piano di Del Bosque contro il sistematico svuotamento del centrocampo azzurro operato da Conte e le ricezioni di Eder e soprattutto Pellè, mai anticipato da una poco protetta linea difensiva spagnola? Chi doveva seguire gli inserimenti profondi delle mezzali italiane Giaccherini e Parolo?
L’ultima giornata degli ottavi di finale degli Europei, con la vittoria dell’Italia sulla Spagna e, per certi versi, con quella dell’Islanda sull’Inghilterra, dimostra che nel calcio le idee, l’organizzazione e il lavoro in allenamento possono ampiamente colmare gap tecnici apparentemente troppo grandi. È vero: le partite le vincono sempre i calciatori più forti e le loro abilità, a patto però che queste possano esprimersi in un contesto tattico coerente e organizzato. Perché se lasciati soli in mezzo al disordine, contro avversari con un piano gara preciso e intelligente, finisce che Iniesta e Fabregas perdano contro Parolo e Giaccherini. Ed è giusto così.