Diciamo che ho cominciato del tutto casualmente, avevo uno zio amante delle arti marziali che aveva creato uno spazio sotto casa, a via Cortina d’Ampezzo, a disposizione di tutta la palazzina, e ogni tanto faceva venire un istruttore di MMA che doveva solo insegnarci le basi, un minimo di difesa personale.

Esatto. Ci aveva messo il tatami, un sacco… Io avevo fatto karate da molto piccolo, poi mio padre mi iscriveva praticamente a tutti gli sport di questo tipo, perché ero irruento e vivace. Mi piaceva lottare con mio fratello più grande, che non mi sopportava. A sedici anni avevo provato pugilato, un po’ di tutto, e poi dopo aver provato le MMA nel garage di mio zio, dopo due o tre allenamenti, mi iscrissi a un corso di MMA e krav maga, e da lì ho iniziato ad allenarmi. Il krav maga però non mi piaceva, tutti modi per disarmare… comunque dopo un annetto, siccome facevo anche football americano, scelsi di continuare solo con quello.

Sì ma io ho giocato anche a calcio, in porta. Ho giocato anche nelle giovanili della Lazio da piccolo, ma non ero portato, diciamo che non era la mia strada. Dei miei amici al De Merode (liceo che sta in cima alla scalinata di piazza di Spagna, ndr) invece erano molto fissati col football americano e al primo allenamento feci due tackle al quarterback e un intercetto, cosa rarissima. In due anni sono entrato in Nazionale e ho vinto un campionato con i Grizzlies. Ho giocato tutte le partite, tutti i minuti del campionato in difesa.

Sì, ma non andavamo d’accordo, ci guardavamo un po’ male. Poi ci siamo incontrati di nuovo in palestra. Lui mi ha dato il benvenuto, mi ha battezzato facendomi fare il mio primo sparring. Lui era già conosciuto e furono botte forti, io ho retto e risposto, e da lì ci siamo rispettati. Poi allenandoci insieme siamo diventati molto legati, mi ha dato una mano molte volte, io ho dato una mano a lui…

Veniamo da ambienti diversi ma ragioniamo allo stesso modo. Alessio è un vero gentiluomo, io penso di esserlo altrettanto. Io poi mi so adattare a tutto, ho amicizie di tutti i tipi.

A un certo punto avevo raggiunto un livello alto e mi sono chiesto: a cosa mi può portare questo sport? In Italia non vedevo un grande futuro per questo sport. Casualmente, mentre ancora giocavo a football ci fu un campionato italiano di MMA organizzato dalla federazione italiana. Aperto, ci si poteva iscrivere chiunque. Io ero solo, senza squadra, mi allenavo ogni tanto. Un amico me lo disse e io mi iscrissi, senza allenamento. Con l’allenamento del football americano, cioè. Il primo match ho vinto per KO con high kick che spense l’avversario. Poi il terzo match ho combattuto con uno che aveva già gareggiato in Serie A, e poi era sceso in Serie C, che era quella che facevo io. Fu una guerra. Dopo un minuto io ero già morto di fiato ma andai avanti col cuore e alla fine piazzai un sinistro che lo infortunò.

Sì ma gli ruppi comunque l’orbitale, infatti poi si operò. Da lì comunque capii che era il mio sport, perché andare senza allenamento e vincere una medaglia d’oro… ho lasciato il football e mi dedicai al 100% alle MMA. Perché comunque nel football in Italia gli atleti non vengono pagati, nelle MMA se sei forte puoi ambire ad avere una notorietà, uno sponsor. Nel football americano sarei rimasto bloccato e il mio sogno era vivere di sport.

Ho iniziato ad allenarmi tutti i giorni di MMA e da lì sono cominciati i successi. Non ho mai perso da dilettante, ho raggiunto un record 15-0 nelle gare FIGMMA, e mi sono qualificato al Mondiale Immaf, vincendo altri 5 match da semiprofessionista. Poi però mi sono rotto il crociato facendo il primo match da professionista.

Al terzo o quarto minuto del primo round. Poi al secondo round ho vinto per KO di ground and pound.

Non mi faceva male, devo essere sincero. Però avevo il ginocchio ballerino. Dipende dall’adrenalina, secondo me. Così purtroppo saltai il Mondiale, che avrei potuto vincere. Comunque mi sono rimesso e da professionista sono arrivato a 3-0 prima di perdere il mio primo incontro in Giappone. Quella è la mia unica sconfitta, nelle MMA ma anche in tutte le gare di grappling, jiu jitsu, lotta.

È stato difficile da accettare, all’inizio volevo ritirarmi. Non mi piace perdere e io quel match pensavo di non averlo perso, mi sembrava di aver subito un torto. Quella sera me la ricordo perché girovagai per Yokohama senza meta fino alle otto del mattino, ero impazzito.

Mi sono messo a strappare le bandiere tradizionali giapponesi, i nobori, che tengono fuori ai negozi. Delle insegne. Mi arrampicavo e le strappavo, ce le ho ancora in camera. Poi il giorno sono riuscito a trovarmi delle colpe, me ne sono fatto una ragione. Ho analizzato un po’ anche gli errori, ho capito che mi ero allenato in maniera sbagliata, che ho fatto errori nell’alimentazione. C’è stato un errore nella preparazione, una sottovalutazione dell’avversario, un errore della strategia, ma la cosa più importante è stato che abbiamo sbagliato ad andare lì troppo tardi. Ho avuto un solo giorno per tagliare il peso, con la ritenzione idrica, il fuso orario di otto ore. Tornassi indietro mi prenderei il biglietto una settimana prima.

Quando mi preparo per ogni match cerco di ricordarmi le sensazioni di quella sconfitta. Però se sali sull’ottagono pensando ai tuoi limiti te li ritrovi davanti. I limiti sono nella tua testa, la cosa peggiore che può succederti è che vai KO o che vieni sottomesso.

Avevo una lesione legamentosa al polso, non riuscivo a fare niente al polso, poi ho fatto un’infiltrazione e sono migliorato e attualmente non mi fa male, ma anche se ora come ora non ho nulla non so se ho recuperato al 100%. Dopo l’infortunio avevo accettato di nuovo il match contro Melillo, all’ACB, ma è stato lui a dire “non mi interessa questo match”.

Non lo so. Io se non ho fatto il match al Magnum è stato per un infortunio. Non sono un cane da combattimento, se ho un polso che non riesco a tirare colpi non penso a Melillo, mi riposo e mi rimetto a posto perché per me la salute viene prima di tutto. Non è Melillo il fine della mia carriera. Mi sono rimesso a posto e ho accettato il match, lui poi ha rifiutato e ha combattuto con un russo con un record di 3-2.

La cosa più brutta è che questo è lo sport più vero e duro del mondo. Criticare un atleta che fa questo sport per me è sempre sbagliato. Perché anche se combatti con uno meno forte di te poi prendi un cazzotto e finisce tutto. E comunque stai facendo qualcosa che non tutti hanno gli attributi di fare, stai salendo su una gabbia per ammazzarti con un’altra persona, perché comunque fondamentalmente si parla di questo.

Io purtroppo ci perdo un po’ di tempo. Cerco di non dare peso a quello negative e di rispondere a quelle positive, ma ogni tanto rispondo anche a quelle negative. Odio le critiche infondate e spesso mi confronto in privato. Se vedo uno che dice: Carlo Pedersoli ha affrontato solo brocchi; magari se non ho match e ho tempo libero gli rispondo: mi spieghi quali sono i brocchi? E gli faccio vedere i record dei miei avversari, 8-1, 6-1, 5-2… tutti record di livello. E a volte mi dicono scusa, ho scritto una cosa così… Per questo non bisogna dargli peso, perché sono loro a non dare peso alle critiche che fanno, magari neanche lo pensano quello che scrivono.

Sì, ma non è stata una scelta mia. Ero lì, mi era saltato un match, con un atleta che aveva un record tipo 10-5, mi era saltato anche il match di rimpiazzo, con uno con un record simile, che si era presentato con la mano rotta. Ciccione e con la mano rotta. E mi è stato proposto questo match, con uno che era un idolo di casa, esordiente nelle MMA con un record nella kickboxe di 15-3, o 15-2. Io all’inizio non volevo accettarlo, ma avevo fatto la dieta e volevo rimborsare il debito che avevo fatto per preparare il match. Io devo anche ragionare così, da azienda, devo rientrare dei soldi che ho speso. Sto investendo su me stesso. E ovviamente non avevo nulla da guadagnare su questo incontro perché se vado giù ho perso con uno che ha un record 0-0.

Ci sono belle promotion. Io non vedo grossi problemi, manca un investitore importante con uno sponsor importante. E un broadcatser, una tv che si interessi al 100%. Per il resto ci sono ottimi atleti, buoni manager, molte persone che sanno fare bene il loro lavoro.

Assolutamente sì. Per il prestigio dell’avversario, per il prestigio mio e dell’evento. Ma ci sono molti fattori in gioco. Per l’UFC conta quanto sei spettacolare, quanto lavori bene sui social, quanto sei atleticamente predisposto per i loro canoni. Quanto vinci e come vinci.

Secondo me lui è un fighter well-rounded. È molto preparato in tutto, è un 6.5 in piedi, 6.5 di lotta, 6.5 di cardio. È un 6 o 7 in tutto ma non eccelle in niente. Non è un grande striker o un grande glapper.

No, è un valore aggiunto. Per me Alessio Di Chirico è lo stesso tipo di fighter well-rounded. Secondo me Dalby sarà una macchina, è molto preparato, ma io penso di essere superiore. Ha grande esperienza e un buon cardio, ma anche io ho un buon cardio. Lui è forte fisicamente ma anche io sono forte fisicamente. Lui incassa bene ma anche io incasso bene.

L’ho provata a Praga contro un pugile forte, sono andato a terra due volte ma mi sono alzato in un secondo (credo si riferisca all’incontro con Matus Juracek vinto poi per decisione unanime, ndr). È l’unica volta in vita mia che sono andato knockdown, neanche facendo sparring con Alessio mi è capitato. Poi il guantino è piccolo e se vai KO vai KO.

Sia che combatta contro Melillo, Dalby o... Darren Till, il mio modo di combattere è lo stesso. Non mi chiudo a vedere video, interviste. Sono sicuro delle mie capacità e quando salgo sull’ottagono… non ti dico che non ho visto neanche un match, ma non ho l’insicurezza di guardarmi i video sul telefono a casa. Mi fido di quello che dice il mio allenatore, lo fa lui per me, lui si chiude sui match e guarda tutto. Con Lorenzo (Borgomeo, suo allenatore, di Alessio Di Chirico e del campione dei pesi massimi in carica di Cage Warriors, Mauro Cerilli che è sempre parte di Gloria, ndr) abbiamo visto il match di Dalby con Till, quando mi ha parlato dell’incontro, tempo fa, ma io andrò la sapendo che posso batterlo e basta. Io mi fido molto delle mie sensazioni. Ho una capacità di adattamento importante.

Penso molto, sono molto concentrato ma mi viene tutto naturale. Sono rilassato e vedo le strade che posso utilizzare a mio favore. Ma è uno sport talmente imprevedibile e fulmineo che è difficile fare strategie. Con Lorenzo abbiamo preparato una strategia che però si adatterà e se vedo la luce per portare un calcio porto un calcio, se vedo che posso portarlo a terra ce lo porto. Vedremo in corsa. Anche i match più importanti che ho fatto sono entrato dicendomi: ok adesso devo menare.

Quello sempre. Me lo sogno, oppure mentre sto con la mia ragazza inizio a pensare al match e mi vedo proprio un film.

Secondo me con KO, anche se è molto difficile. È molto duro, non è mai andato KO. Oppure per sottomissione, anche se è molto difficile anche quello. Oppure ai punti. Lui ha molta esperienza ma sotto pressione va in difficoltà e io sono un tipo di fighter che mette molta pressione.

Anche io sono un fighter well-rounded, ma ho dei colpi specializzati sia in piedi che a terra. In piedi tutto quello che è lunga distanza, colpi girati. Ho delle skills importanti. A terra le sottomissioni. Sono cintura viola di bjj, ho un buon wrestling ma non eccellente. Dalby è un po’ corto, un po’ contratto.

Se ti senti sicuro a terra poi sei anche più tranquillo in piedi.

Io mi colloco in mezzo. In palestra sono la persona più umile del mondo, imparo anche da chi lo fa da un mese questo sport, ti può far notare cose nuove anche una ragazza che si allena da un mese. Ma in gabbia non devi essere umile secondo me. Se sei troppo umile significa che ti reputi uno dei tanti e non è il modo giusto per arrivare in alto. Io penso di essere un atleta di valore, rispettoso, educato e non mitomane. Il mio valore lo dimostrerò. Io vado là per vincere, poi sarà il match a parlare. Non posso dire che sarò il campione dei welter, che tutti i welter devono avere paura di me, perché devo ancora dimostrare tutto.

È fondamentale stare bene psicologicamente. Io sono una persona positiva, molto tranquilla. Faccio quello che amo, il mio lavoro è la mia droga naturale. Ma l’aspetto mentale ti può condizionare anche in negativo. Sapevo che Dalby aveva avuto problemi ma è una cosa che tengo fuori dall’incontro, non mi permetterei mai di andarlo a toccare su quelle parti delicate. Non sono il tipo che martella sui problemi personali. Spero che lui abbia superato i suoi problemi, che entri in gabbia con la testa perfetta e che faremo il match più bello dell’anno.

Io me la vivo molto rilassata. Può darsi che esca anche la sera prima. Mi faccio una passeggiata, esco, mi vedo con gli amici. Non ho la fissa di rimanere a casa a pensare all’incontro. Entro nel match un paio d’ore prima. Magari ho dei momenti in cui a casa da solo penso al match e divento chiuso e fissato e mi innervosisco e poi magari mi rilasso.

Rispetto molto il mio corpo, cerco di stare sempre più o meno a dieta, ho un’alimentazione sana, non bevo tanto. Non faccio troppe serate, magari esco una volta a settimana.

Frequento Roma nord, il centro, ponte Milvio. Se mi danno fastidio mi difendo senza problemi. Mi capita spesso, cerco sempre di evitare. Quando ero più piccolo mi capitava più spesso, se vedevo un minimo di bullismo partivo a tromba. Io mai stato bullo, sempre stato dalla parte dei deboli e dei buoni, ho sempre difeso i miei amici più tranquilli. Ma anche adesso, liti per strada, in macchina, capitano purtroppo. A Roma la gente non se la tiene, non me la tengo neanche io. Riesco spesso a far capire all’altro che voglio evitare e ci riesco. A volte però ho dovuto alzare le mani.

Vedi le cose tre ore prima. Sembra un match in cui l’avversario va al rallentatore.