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Tiziana Scalabrin

Le 100 settimane da numero uno di Iga Swiatek

Che forme e che colori ha preso il suo comando del tennis femminile.

Iga Swiatek ha raggiunto le cento settimane da prima tennista al mondo. Da quando esistono sistemi per la gestione delle classifiche, ovvero negli ultimi cinquant’anni, soltanto otto donne e nove uomini hanno fatto meglio di così; e al povero Andre Agassi rimane una sola settimana di vantaggio. Difficilmente sarà il solo ad essere scavalcato, visto che Swiatek ha appena ventidue anni, e sembra aver appena iniziato – il prossimo: Bjorn Borg. All’esordio era ancora ventenne, la più giovane numero uno da oltre un decennio.

 

Cento settimane sono settecento giorni, ventitré mesi, quasi due anni. La Rivoluzione Francese, dagli Stati Generali fino al colpo di stato di Napoleone, è durata cinque mesi di meno. Da aprile 2022 a aprile 2024, un regno interrotto soltanto per 55 giorni da Aryna Sabalenka. A tutti gli effetti, una nuova era. In questi due anni Iga Swiatek gioca trentacinque tornei, diciassette finali, e vince tredici titoli WTA, di cui tre slam. 

 

Nel mentre accumula anche una serie impressionante di record: nel 2022 i 37 match consecutivi vinti dallo swing asiatico a Wimbledon sono la striscia di vittorie più lunga del secolo, durante cui diventa la più giovane ad aver completato il Sunshine Double; e a fine anno ha più del doppio dei punti della seconda in classifica. Nel 2023 totalizza il minor numero di game persi in un torneo per vincere il titolo sia a Doha che alle WTA Finals. Per tutti i set chiusi 6-0 e 6-1, i bagel e i breadstick serviti negli ultimi due anni, che sono più di un centinaio, i fan su twitter le hanno aperto una Bakery immaginaria. 

 

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Stiamo parlando non semplicemente di una nuova numero uno, ma di un’atleta continua nei risultati, capace di tenere a distanza le avversarie e spesso di annichilirle. Terrificante. Eppure, a incontrarla per strada, è difficile immaginarla così. Swiatek ha tutt’altro che l’aria di una persona che può stritolare le sue avversarie. Non incute terrore; anzi. Potreste in effetti incontrarla ad un qualsiasi concerto di Taylor Swift, trovarvela vicina di ombrellone in spiaggia che legge un libro, o mentre ordina un tiramisù al tavolo accanto al vostro. Farebbe paura più o meno come incontrare Sid, il bradipo dell’Era Glaciale. 

 

Il tennis è uno sport individuale, e si può vincere con il proprio gioco ma anche con la personalità. Iga Swiatek non è il tipo di tennista che impone la propria presenza in campo alle avversarie, non usa un linguaggio del corpo aggressivo. Il suo movimento al servizio sembra dubbioso, la posizione in risposta è quasi esitante. Ti lascia pensare che farle punto non sia poi così difficile: poi a fine partita non ha lasciato nemmeno le briciole. Appena si entra nello scambio, è il suo dritto ad essere feroce. Lo gioca con l’estrema impugnatura western che usava Nadal da giovane, con la stessa rotazione esasperata e micidiale. Nello scambio ha la sua stessa intensità implacabile.

 

Lei si definisce un’introversa. Così introversa da aver pensato che parlare con le persone o anche solo guardarle negli occhi fosse una sfida troppo difficile. Crescere come persona è stato più difficile che crescere come tennista. Oggi però, quando giovedì scorso, a Stoccarda, le hanno chiesto se immaginasse di poter prendere il ruolo di un’atleta dominante nel futuro del tour, ha risposto, con la stessa serietà e attenzione che mette nel rispondere ad ogni domanda in ogni conferenza stampa, di averlo già fatto

 

Per qualcuno non ha abbastanza carisma per sostenere il ruolo di icona del tennis, di ambasciatrice del movimento.Non ha una personalità riconducibile ad alcun modello, non si spiega con stereotipi, e non somiglia a nessuno. Se ci fosse stata una riunione tra gli sceneggiatori del tour, per decidere come far proseguire la trama dopo il ritiro di Serena Williams, quali personaggi introdurre, mi immagino gli autori di Netflix da un lato della tavola, quelli di Pixar e della Disney dall’altra, tutti con la testa tra le mani, disperati, pronti ad arrendersi dopo che anche l’ennesima variazione sul tema Cinderella story è stata scartata. Alla fine l’idea più improbabile: un personaggio à la Studio Ghibli, con una sensibilità fuori dall’ordinario, complessa, dolce e coraggiosa. Figlia di un campione di canottaggio polacco e di una dentista, nerd del tennis, innamorata di Nadal, grande lettrice, e attivista per la salute mentale.

 

Il gioco

Iga Swiatek non sembra preoccuparsi troppo delle contraddizioni della circondano, ma le piace risolvere enigmi. Si esercita anche a questo: a mettere una grandissima quantità di concentrazione nella soluzione di un problema. Lavora con una psicologa, Daria Abramowicz: nei suoi allenamenti ha introdotto esercizi di visualizzazione, test di reattività e cognitivi, rompicapi, giochi logici con le carte. Ѐ vero che oggi è piuttosto frequente che gli atleti di élite abbiano nel proprio team una figura del genere, ma Swiatek è stata a suo modo una pioniera. Abramowicz è un’ex velista polacca specializzata in psicologia dello sport; le due lavorano insieme dai tempi del circuito juniores. Swiatek ha sempre parlato di come Abramowicz sia fondamentale per aiutarla a gestire la pressione, e a sviluppare la sua forza mentale. Il team che la segue in tutti i tornei dell’anno non è molto numeroso: per la maggior parte delle settimane ci sono il coach Tomasz Wiktorowski e lei. Wiktorowski è il suo allenatore dal 2021, e nel 2023 è stato nominato Coach of the Year dalla WTA: prima era stato capitano della squadra polacca di Fed Cup, e coach di Agnieszka Radwańska, ex n.2 del mondo, miglior tennista che la Polonia avesse mai avuto fino a poco tempo fa. Ma più che il suo curriculum, sembra che l’aspetto determinante nel suo ruolo sia stata la capacità di inserirsi negli equilibri della collaborazione di squadra.

 

Swiatek ha delle capacità analitiche fuori dal comune, visibili dentro e fuori dal campo. L’apparente ritrosia del suo linguaggio corporeo nasconde una macchina che durante le partite sta incessantemente processando dati e informazioni, studiando situazioni e sperimentando soluzioni. Pensa. Non pensa troppo, altrimenti giocherebbe male. Ma è sempre perfettamente lucida su quando deve riflettere e quando no; e sa cosa deve capire, e cosa deve lasciar fare all’istinto. Il che è semplice da dire e fantascientifico nella pratica: lei però ci riesce. Si vede nella sua espressione del viso come il tennis a volte le appaia come un equazione piuttosto complessa, ma che con un po’ di pazienza sa di poter risolvere a mente. 

 

E la risolve, spesso astraendosi, come se fosse sola in campo, e vederla da fuori è uno spettacolo affascinante. Chi gioca a tennis sa quanto sia difficile non solo riuscire a fare il proprio gioco, ma paradossalmente ancora di più mantenere l’equilibrio quando chi è dall’altra parte della rete sta giocando male. Se giochi con qualcuno che si innervosisce o si demoralizza, che stecca in continuazione, che non trova il suo ritmo, non sai mai che tipo di palla dovrai colpire, e puoi essere condizionato dalla tensione. Swiatek in partita è capace di annientare le sue avversarie, di farle annaspare negli scambi da fondocampo senza concedere mai un errore, imponendo un livello insostenibile, mentre loro si trascinano da un lato all’altro del campo senza capire cosa sta succedendo. Rimane concentrata come se stesse giocando la finale del Roland Garros contro Nadal, e probabilmente è qualcosa di molto simile che sta avvenendo nella sua testa. Procede implacabile, mantenendo un ritmo e un’intensità altissimi in ogni punto, anche quando la situazione di punteggio lo rende quasi crudele. Questa strana freddezza omicida forse è uno degli aspetti che le viene contestato da una parte dell’opinione pubblica, questo spietato senso del controllo sulle partite, ma non è affascinante?

 

Si potrebbe arrivare al punto di dire che a volte esulta per ragionamento. Esulta come se stesse giocando a un videogioco, assorta, senza alcun gesto di esibizione. In effetti per lei diventare numero uno è stato proprio come aver sbloccato l’ultimo livello: adesso finalmente il gioco è totale, è più difficile, e molto più divertente. Si perde ogni tanto, ma ci sta, che gioco sarebbe sennò, che gusto c’è. 

 

 

Così continua a vincere. Giocando partite con la testa e le emozioni, ma anche con un tennis piuttosto unico nel suo genere. Anche questo in una certa misura sfugge alle categorie, o almeno le mischia. Da tre volte vincitrice del Roland Garros, potrebbe sembrare una classica giocatrice da terra rossa: il servizio non micidiale e la tendenza a preferire la linea di fondo confermano alcune di quelle caratteristiche, orientate alla difesa. Eppure i numeri dicono altro: in media i suoi scambi si concludono in meno di 4 colpi, e dei diciannove titoli che ha in bacheca, ben dodici sono stati vinti su superfici veloci. Si può aggiungere addirittura un Wimbledon da juniores. Inoltre esiste un vero e proprio indice di aggressività, il rally aggression score, secondo cui Swiatek è tra le venti giocatrici più aggressive del mondo, metà delle quali però sono prevedibilmente discontinue e fuori dai piani alti del ranking. Ѐ interessante come questo indice sia cresciuto nel corso degli ultimi tre anni, raccontando un’evoluzione graduale e costante. Non scontata, soprattutto: diventare numero uno a vent’anni può anche essere un rischio per il percorso formativo di un’atleta, una conferma troppo precoce. Iga è stata intelligente anche in questo, nel vedersi sempre in formazione, bilanciando sicurezze e margini di crescita. Oggi il suo non è un tennis di difesa, ma ha le qualità dell’attaccante d’elite, anche se meno esplicite di giocatrici come Sabalenka o Collins. Non tira tutto, ma costruisce la palla da attaccare; controlla senza essere mai conservativa.  

 


Questa sua ansia di controllo ha un lato buffo evidente.

 

Qualità tecniche

Il suo marchio di fabbrica, gli elementi davvero di lusso del suo gioco, sono il dritto e il footwork. Il movimento è fondamentale: se avete modo di guardarla dal vivo, magari da un posto vicino al livello del campo, guardate i suoi passi. Guardate come si muove durante lo scambio, anche quando la palla è nel campo avversario; guardate i piedi, il caricamento e la spinta che produce con le gambe. Questo è un aspetto che difficilmente può essere ricondotto al talento: è puramente lavoro. Le gambe di Swiatek raccontano moltissimo dell’evoluzione del suo tennis, in quanto sono indispensabili per il tipo di giocatrice che ha deciso di essere: le sue gambe da numero uno sono visibilmente diverse rispetto alle gambe del suo primo Roland Garros da diciannovenne. 

 

Dal punto di vista tecnico, riesce a coprire perfettamente tutto il campo con una stance semi-open. È una stance efficace proprio dal punto di vista della spinta (è quella del dritto di Steffi Graf, di Federer), ma non la più semplice da gestire. Richiede una coordinazione perfetta, e anticipo: molte giocatrici che non sono altrettanto veloci o non vogliono perdere campo, preferiscono una stance più aperta, e lasciano che la palla si avvicini di più al corpo. Per lei funziona alla perfezione, grazie alla sua mobilità.

 

Poi Iga Swiatek controlla il gioco con il dritto, questo dritto iper-carico, addirittura maschile secondo alcune avversarie – ma mica i maschi giocano tutti il dritto allo stesso modo. Ad esempio anche Jasmine Paolini esegue il dritto con una tecnica più diffusa nell’ATP che nella WTA, ma sono due stili completamente diversi. Il dritto di Swiatek è il dritto di Nadal, con un numero di rpm (round per minutes, rotazioni al minuto) surrealmente vicino, e persino il suo finale uncinato, alto, come stesse lanciando un lazo invece della palla. Allo stesso tempo attraversa il colpo con un gesto pulitissimo. Ma questo uso estremo del topspin è davvero raro nel circuito, e per la maggior parte delle avversarie è un incubo da gestire. 

 

Non per tutte, anzi: c’è una tipologia specifica di giocatrici, quelle capaci di colpire particolarmente piatto e potente, che al contrario riesce ad approfittare delle aperture complesse del suo dritto per forzarne gli errori. Jelena Ostapenko è avanti 4-0 negli scontri diretti. Gli scontri con Sabalenka e Rybakina sono sempre aperti, ma soffre i loro colpi su ogni superficie. Il tennis di Swiatek non è perfetto, questa è chiaramente la falla nel sistema. O meglio: è l’aspetto in cui Swiatek deve ancora migliorare. Per riuscire a vincere anche Wimbledon, Nadal nel 2008 aveva semplificato impugnatura e apertura del dritto; per affrontarlo Federer ha dovuto anticipare il movimento del rovescio. Non si rimane al vertice senza evolvere. Quello che è interessante è proprio la dialettica tra il livello di chi è al numero uno e quello rivale: in questi due anni, Swiatek, concentrandosi sul suo tennis, ha imposto alle sue avversarie di alzare il livello, trasformando il circuito. 

 

Come è cambiato il circuito

In effetti il ritiro di Ashleigh Barty, a marzo 2022, sembra appartenere a un’epoca lontanissima. Dopo un periodo incerto, in cui la WTA era passata in tre anni da sei nuove numero 1 del mondo e almeno nove diverse campionesse slam, Barty aveva ristabilito un dominio, e sembrava l’unica in grado di mantenerlo. A modo suo: giocando poco ma vincendo tutto, con un tennis raffinatissimo e una personalità schiva. Venticinquenne e al suo apice tennistico, si è ritirata di punto in bianco, lasciando un circuito che pareva destinato a tornare nel caos. Invece oggi il tennis femminile ha un vertice stabile, campionesse continue, con traiettorie in continua evoluzione, che si contendono i tornei di livello più alto. Elena Rybakina è un’avversaria che Swiatek soffre da quando erano juniores, e la segue a una manciata di punti di distanza nella race; Aryna Sabalenka ha vinto il suo secondo slam, Coco Gauff per poter vincere il primo la scorsa estate ha dovuto prima rompere l’incantesimo e riuscire a battere Swiatek dopo sette sconfitte di fila.

 

Tutto questo era difficile da immaginare al tempo in cui Iga Swiatek era numero 2 da appena una settimana, e si trovava a ereditare il trono quasi suo malgrado: tutto sembrava fuorché pronta per il ruolo. Quando Iga Swiatek ha vinto il suo primo slam, l’Open di Francia del 2020, era una diciannovenne che non aveva mai vinto un torneo e in pochi avevano sentito nominare. Nella cornice di quel Roland Garros anomalo, con gli spalti vuoti e terra rossa resa pesante dal freddo parigino di ottobre, si era presentata con il suo cappellino bianco calato sugli occhi ed era arrivata al titolo senza mai lasciare alle avversarie più di 5 game. Di lei si sapeva che adorasse Rafael Nadal, e che il suo dritto ne fosse la prova tangibile. Di fronte a un fenomeno tanto inatteso e indecifrabile, il tennis si era dato una spiegazione di circostanza: un circuito ancora instabile, con Ashleigh Barty numero uno ma ferma in Australia, Osaka allergica alla terra, Andreescu infortunata, Serena latitante, tanti ritiri.

 

L’anno successivo, il 2021, in prospettiva non è altro che un anno di consolidamento, del percorso tra un exploit eccezionale e traguardi ancora maggiori da raggiungere: vince un mille, e raggiunge la top 5. Poi in pochi mesi l’accelerazione imprevedibile: gioca nove finali, nelle prime sette non perde neanche un set. Una volta diventata nuova numero uno, invece di accusare la pressione, inizia ad accumulare un distacco inatteso dalle sue avversarie, che da grande si fa gigantesco.  

 

Proprio il margine tra riuscire a fare bene e benissimo, tra bene e troppo bene, esageratamente bene, è quel margine che Iga Swiatek riesce sempre a superare. Prende in contropiede, tanto con il tennis quanto con l’intelligenza. Involontariamente ci costringe ad ammettere che non avevamo capito, che non eravamo preparati, che le nostre aspettative sono sbagliate o limitate – non all’altezza della rivoluzione che lei ha portato nel tennis.

 

Rivoluzione ancora in corso, anzi appena iniziata. Iga Swiatek tra poco compirà 23 anni – durante il Roland Garros, proprio come Rafa. Siamo nel cuore della stagione su terra, che per lei è già stata una campagna di conquista di città europee. A Parigi avrà la possibilità di difendere il titolo per la terza volta, la seconda consecutiva: vincere uno stesso slam in 4 occasioni è qualcosa in cui sono riusciti solo i più grandi, e per lei non è una questione di se ma solo di quando. E poco dopo avrà anche i Giochi Olimpici, lei che nell’estate 2021 non poteva neanche immaginare che tre anni dopo sarebbe stata la favorita, sugli stessi campi.

 

Leggere Iga Swiatek

A settembre del 2022, quando ha vinto gli US Open, gli organizzatori le hanno fatto trovare a sorpresa un tiramisù nella coppa. A maggio di quell’anno, agli Internazionali a Roma, aveva compiuto lo strano gesto di aprire il trofeo, sollevando il coperchio, come per vedere se ci fosse qualcosa dentro – qualche minuto ammette che avrebbe festeggiato il titolo con del tiramisù («tre porzioni; così sarò in forma per Parigi»). Alla USTA hanno preso nota, e quattro mesi dopo hanno organizzato la cerimonia a effetto, diventata poi virale.

 


Il tiramisù è stato per Iga Swiatek come il burro di arachidi per Joe Black, nel film con Brad Pitt e Anthony Hopkins. Lei era una nuova, indecifrabile, giovane, misteriosamente irresistibile e complicata numero uno. Il tiramisù è qualcosa che le piace più del normale. Iga Swiatek non è la morte e non è in vacanza, ma l’attenzione verso il suo cibo preferito racconta qualcosa più dell’incomprensione che la circonda, che non di lei.

 

Ѐ una numero uno dominante al punto da ridefinire un’epoca, da trasformare il circuito, imporre un nuovo livello alle rivali. Questo è un tema importante, soprattutto in un momento in cui la WTA sta attraversando un periodo complesso per ragioni politiche ed economiche. Se ne fa una questione di immagine, è facile varcare la soglia delle critiche pretestuose. Questo cappellino sempre calato sulla fronte: non vuole proprio farci vedere i suoi occhi, fa male al tennis

 

Il cappellino oggi è On, il brand svizzero di Federer. Secondo uno degli migliori aneddoti sugli sponsor del tennis, Swiatek da teenager era sponsorizzata Nike, ma aveva deciso di cambiare quando loro non avevano acconsentito a fornire kit anche per il suo team, composto al tempo da un paio di persone; così allo scadere del contratto era passata ad Asics. Alla vittoria del primo Roland Garros, Nike le fa offerte ricchissime per riprendersela. Ma lei, con l’integrità morale di un anziano Socrate, rifiuta. 

 

Forse il marketing di Nike avrebbe contribuito a scolpire l’identità di Swiatek come campionessa, ne avrebbe sviluppato lo storytelling per renderla un personaggio riconoscibile, vincente anche per il mercato. L’avrebbe tradotta in un linguaggio più semplice, comprensibile secondo categorie più immediate. Ma il bello di Iga Swiatek è proprio che non l’ha permesso, per la persona che è, e per le scelte che ha fatto.

 

Iga Swiatek non è semplicemente la nuova numero uno del circuito, ma è proprio una di quelle giocatrici che contribuiscono a ridefinire il proprio sport. La sua parabola non è stata fulminante come quella di Alcaraz, il suo gioco non è l’espressione canonica di uno stile come quello di Federer o Nadal, né ha modo di imporsi fisicamente come Serena. Condivide qualcosa con Sinner: non solo l’anno di nascita, e il cappellino, ma proprio l’amore per il tennis come gioco e percorso in evoluzione. La sua crescita ha portato negli ultimi due anni molte cose che al tennis mancavano da tempo, sotto diversi aspetti – facendogli fare un salto nel futuro. 

 

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Tiziana Scalabrin è nata a Roma nel 1989. Laureata in filosofia, si occupa di editoria e comunicazione. Ha co-fondato la Scuola Popolare Tor San Lorenzo, conduce il podcast di tennis 'Quiet Please" e ha scritto nelle antologie Rivali (Einaudi, 2022) e Fondamentali (66thand2nd, 2024).