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Chapeau, Cassano
16 giu 2022
Tra meme e calcio con la F.
(articolo)
10 min
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«Raffinatezza Ventola». Antonio Cassano lo sentenzia dal suo studiolo, l’angolo di casa che accoglie la sua nuova vita da opinionista, mentre con la mano fa scivolare il pollice lungo l’interno delle altre dita con mimica da attore. È il finale del suo sproloquio più virale, diciotto secondi in cui spiega perché Cristiano Ronaldo non è tra i più grandi della storia («Parere mio personale»).

Di secondi gliene erano bastati molti meno, circa cinque, per segnare uno dei suoi gol più meravigliosi all’Inter, in una sera di dicembre del 1999 in cui si rivelava al mondo appena maggiorenne. Una vita fa, ma Cassano non è poi tanto diverso oggi: nelle sue parole c’è lo stesso senso per lo sberleffo, l’esagerazione, una musicalità dei gesti che o ce l’hai o non ce l’hai. E lui ce l’ha. Basta guardare i tentativi di imitazione venuti dopo: se un tempo in tutti i campetti d’Italia si provava a imitare quel controllo di tacco in corsa, oggi sui social spopola la parodia della sua esibizione smonta Cristiano Ronaldo. C’è la versione comica, quella latina, quella riscritta, quella storpiata, quella con Paperino, quella che parla di Cassano stesso, quella di Ventola e Vieri. Insomma: un meme di internet («Sciapò») .

https://twitter.com/wikigreg/status/1529162697392144392

Cassano però è reale, tremendamente reale. È materia, evidenza, carne. La maglia di Maradona sullo sfondo, le braccia che mulinano, il marcato accento barese. Quando parla ha quell’allure da cantastorie, la magia casareccia dei personaggi di Verdone in piedi sulla moto a raccontare quando un’anaconda li ha tenuti tre minuti e mezzo sott’acqua. Ma Cassano non sta lì per fare il teatrino, raccontarti la storiella mezza vera mezza falsa, non sta neanche cercando di rimorchiarti, credo, Cassano è lì per parlare di calcio (con la F). E lo fa, lo fa tantissimo: dalla sua sedia Sparco discerne di qualità, idolatra Messi, cita Cruyff, scimmiotta Adani ma non lo sa. Racconta di guardare milioni di partite, tutti i giorni, tutto il giorno. Studia, si informa, cerca la competenza, i fatti. A una prima occhiata potrebbe sembrare quasi l’opposto del Cassano calciatore, quello che voleva stare all’ombra, che a correre ci pensino gli altri, ma non è proprio così. Il Cassano opinionista in fondo è la continuazione del Cassano giocatore: io sono io e voi non siete un cazzo («Parere mio personale»).

Se però quest’animo da sbruffone in campo ci ammaliava, col microfono in mano rischia di diventare macchietta da avanspettacolo. Cassano l’oracolo che sbaglia tutte le previsioni; Cassano che è troppo anche per la tv generalista come era troppo per la Roma, il Real Madrid, la Sampdoria, la Nazionale. Cassano che si rifugia nel fantastico mondo dorato della Bobo TV, l'unico posto al mondo dove può essere sé stesso.

È un modello interessante il loro, una trasmissione che stravolge la forma televisiva. Niente nella Bobo Tv è canonico. A guardarli sembrano farlo apposta: con quei riquadri tristi, lo sfondo fatto con Paint e le sedie da wannabe gamer distruggono il modello delle trasmissioni sportive, dove c’è la luce studiata, la valletta scosciata, il conduttore navigato, gli opinionisti ingessati. A Vieri, Ventola, Adani e Cassano tutto questo non serve, gli basta il loro essere maschi alfa, quel sottile odore di testosterone che unisce, rende ogni stanza una trincea per difendersi dal mondo esterno. Sempre insieme, sempre noi: una cosa a metà tra un film di Scorsese e una canzone degli 883. C’è qualcosa di primitivo nella Bobo TV, ma primitivo in un senso buono, che ti rimette in pace col mondo. Quando parlano delle nottate da Mimmo vorresti essere con loro; quando commentano l’ultimo turno di Champions vorresti dire la tua anche tu, intervenire, metterti le cuffie e farti prendere per il culo da loro.

Uno schermo diviso in quattro, quattro amici al bar: i cavalieri della Bobo TV occupano alla perfezione tutto lo spazio dei nostri schermi (e cuori). In alto a sinistra Christian Vieri, quello che dà il nome a tutto il carrozzone, ha il dono del non prendersi sul serio, stravaccato coi pantaloncini corti, lui è il bomber, nessuno pretende che sappia cosa sia il gegenpressing o che conosca l’under 21 francese. Fa contorno: se fosse una bella donna sarebbe la valletta, sempre ammiccante, con la risata facile. Nicola Ventola, in basso a sinistra, c’è o non c’è sarebbe la stessa cosa, l’assurda pretesa di essere normale in mezzo alla perenne festa della Bobo TV. La sua normalità è la valvola di sfogo degli scherzi di Cassano: «Ventola, te lì non potevi entrare neanche nello spogliatoio» gli dice parlando dei suoi giorni al Real Madrid - la patente che Cassano mostra alla polizia della qualità, quando gli viene qualche dubbio sul suo talento - «Potevi esserci perfetto per portarci le macchine allo stadio» continua, che magari quello non ha capito. In alto a destra invece c’è Lele Adani, il deus ex machina, l’uomo a cui Cassano aspira, a cui tutta Italia aspira. Adani ha fatto la tv, ha studiato, si è creato un personaggio tra metrica e analisi. Può piacere o non piacere, essere eccessivo, teatrale, ma è Adani: egotico («Nessuno sa di calcio più di me») non scemo. Usa la Bobo TV come gli stand-up i piccoli club, prova il materiale: questo va bene, questo lo scartiamo, qui ridono di me, qui ridono con me. È lui che conduce il gioco, il sacerdote del calcio con la F, detto anche da Cassano il «calcio vero».

Sono loro due a rimpallarsi il pallone, i protagonisti del gioco. Cassano ribatte, interrompe («Lele, Lele»), racconta aneddoti della sua vita da calciatore. L’ultimo: Cassano è fuori rosa con la Sampdoria, i motivi li avrà raccontati in un’altra live, ma ha un ottimo rapporto con Giampaolo e i suoi collaboratori. Un giorno (che anno? il primo anno di Giampaolo, forse: non se lo ricorda) l’allenatore gli dice «Antonio, cavolo ho bisogno di una punta, una punta…», allorché «lo sai che nome gli ho fatto io? Gnabry, che giocava al Werder Brema». Pausa, salto temporale: «due settimane fa ho rivisto Fabio Micarelli (collaboratore di Giampaolo) e lui mi fa: “oh certo se ascoltavamo te adesso avevamo in mano Gnabry”» (gongola con la testa). «Ma prima dell’Arsenal?» gli chiede Adani, «Assolutamente sì» risponde Cassano (era dopo) «perché lui giocava nel Werder… In quel periodo lì avevo consigliato anche, che era all’Eintracht Francoforte, Jovic al Sassuolo» (Adani annuisce stupito, ma non convinto).

https://twitter.com/pasqlaragione/status/1524097026312609793?t=p8MRvX2aPK4HPkmRvgKsxQ&s=19

È questo il trucco della Bobo TV, la forza di Cassano: si parla di tutto, va bene tutto, che ce frega? Oggi parliamo di De Zerbi, domani di Ronaldo (quello vero, il fenomeno), dopodomani di Federer e Nadal. Nostalgia, futuro, tattica, aneddotica, tutto si mischia in un unico calderone. È un format che funziona ai tempi del vediamo tutto, e se non lo vediamo, lo rivediamo in una clip. Cassano può parlare per ore e lo ascolteremo per ore, perché comunque è Cassano, vedrai che tira fuori la perla, il colpo di genio, il gol di Bari-Inter.

Per gli altri è una spalla perfetta: arriva Higuain e racconta di quando ha fermato l’allenamento del Real perché gli era caduto un orecchino («centomila euro, ma lì il più povero era ricchissimo, me l’hanno ridato»); Totti dice che è «il Marzullo dei calciatori», si fa le domande e si dà le risposte. Vieri tira la corda, dice ad Adani «non sai che era giocare con lui». Cassano sta al gioco, il sottinteso è sempre lo stesso: ero un fenomeno, ma ero pure bello matto. Racconta le sue cassanate e ride: «la vita è bella, bisogna divertirsi, mica siamo crisantemi». Tra i quattro è quello senza peli sulla lingua, quello che più ha fatto sua la lezione di questo internet 3.0: l'importante è che si abbia qualcosa da dire per rimanere in tendenza su Twitter. E allora calcio, basket, tennis, televisione, vita propria o altrui, Cassano ce l’ha sempre qualcosa da dire, magari non sempre informato, ma sempre con un punto, uno scopo.

Sulla scia dell’adanismo i suoi giudizi partono da una ricerca che è manichea: incensare il giochismo, affossare il risultatismo, a voler usare due categorie care al giornalismo italiano. Golden State è il Barcellona del basket e gli altri sono scemi, Federer è dio, Nadal si salva perché - anche se non è Federer - è comunque Nadal. Dove però trova il suo pane e burro è, ovviamente, nel calcio. Cassano discerne, disserta, pontifica. Le sue sparate su Allegri sono leggendarie, l’odio verso tutto il calcio speculativo è atavico, sprezzante. I calciatori che non toccano il pallone come fosse Cameron Diaz a Cannes nel 1994 sono tutti delle pippe. È una foga che si può anche capire - a tutti piace il bel gioco e i bei giocatori - ma che Cassano fomenta con la violenza del dogmatismo, in una visione che non permette sfumature.

Cassano ce n’ha per tutti: Lukaku? Oggi va bene, domani è scarso, dove per scarso si intende sempre che non ha qualità («ha due merluzzi al posto dei piedi»). Quando scopre che potrebbe - come non potrebbe - andare al Barcellona, Cassano giura («Lele giuro, giuro») che non guarderà più una partita del Barca («giuro», lo dice una terza volta dovesse esserci sfuggito). Quando Ventola fa capolino dalla sua tana e dice, piano piano, che forse Lukaku ha solo avuto una stagione sfortunata, Cassano ringhia, tira fuori le unghie, uccide il dibattito: «Non riesce a fare tre passaggi col Chelsea, con quelli come ne riesce a fare cinquantacinque». Immobile? «Non sa giocare a calcio [...] sbaglia un passaggio a un metro, ha paura»: anche lui non ha qualità. Jorginho? La qualità lui ce l’ha, ma è comunque uno scandalo se lo spacciano per materiale da Pallone d’Oro. Cristiano Ronaldo, sempre lui, gli ha scritto quattro lunghissimi messaggi (in un’altra occasione diventano nove) perché lui l’aveva criticato, aveva detto che «c’è un solo vero Ronaldo» e che «Messi è molto più forte».

È difficile capire quanto Cassano si prenda sul serio nei suoi eccessi. Sembra però: i suoi discorsi sono pieni di «questa è la verità», «giuro», «è così», come se fosse perennemente il commesso che al colloquio deve provare a venderti una penna. Cosa ci vende Cassano? Il suo know-how da ex calciatore? Sottoscrizioni al canale Twitch? Il sogno di una vita passata a parlare di calcio? C’è un po’ di confusione tra quello che la Bobo Tv dice di essere e quello che realmente è, e Cassano la rappresenta bene. Vuole essere riconosciuto nel suo ruolo di opinionista o il suo è solo un passatempo nato durante il lockdown, come la panificazione e i puzzle? C’è tutto un sottotesto nei loro discorsi, una ricerca continua di mettersi sopra gli altri, di istituire una classifica delle parole, dove loro sono sempre i giusti, quelli che parlano col cuore, senza secondi fini, padroni o lacchè («A livello di servilismo come siamo messi?»). Ma a chi si rivolgono quando fanno così? Chi è l’interlocutore dei messaggi criptici di Adani, degli insulti di Vieri, delle sparate di Cassano? È Sky? La Rai? La Gazzetta dello Sport? L'Ultimo Uomo? O forse sono dei nemici immaginari, utili solo per permettere alla Bobo Tv di esistere, di essere l’ultimo baluardo della verità (il calcio con la V).

Se vogliono essere riconosciuti come interlocutori nel discorso pubblico, perché si travestono da amici al bar? Perché giocano fuori dalle regole? In questa ambiguità della Bobo TV Cassano è quello che è rimasto più incastrato: non ha l'autorevolezza di Adani, ma neanche il disinteresse di Vieri. La sua passione, la mimica, il guizzo di alcune sparate lo rendono anche un'opinionista interessante, uno che si vede che ci tiene (anche troppo). Dall'altra però resta Antonio Cassano, il folletto pazzo, quello che non pensa, agisce (come ha scritto Tommaso Giagni nel racconto dedicatogli all'interno de "La caduta dei Campioni"). Così aveva raccontato il gol all'Inter: «Io non ho pensato a niente, ho proseguito la mia azione […] Ho calciato in porta con la benda agli occhi: dove andava, andava, la palla». Senza pensare ha segnato quel gol lì e senza pensare ha creato quei 18 secondi di pura poesia.

Mi piace? No! Ha fatto milioni di visualizzazioni... Chapeau! L'hanno imitato tutti? Chapeau! Mi piace come opinionista? No! Lo metto tra i più grandi della storia? No! Parere mio personale, sbaglierò? AMEN! Per me è la qualità. Raffinatezza Ventola…

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