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Perché bisogna essere pazienti con De Ketelaere
18 gen 2023
Una delle grandi delusioni dal mercato estivo.
(articolo)
10 min
(copertina)
Foto di Jonathan Moscrop / Sportimage
(copertina) Foto di Jonathan Moscrop / Sportimage
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La scorsa settimana, contro il Torino, Charles De Ketelaere riceve un passaggio in area di rigore. Quando la palla arriva a lui, di solito, il mondo rallenta, decelera, si assesta su una velocità minore. È il suo pregio, il motivo per cui è un giocatore speciale, ma stavolta c’è qualcosa di disturbante nella sua lentezza. La palla gli arriva sul destro, non il suo piede migliore, e in più la capisce tardi. Se fate attenzione, sentirete montare un brusio sempre più sconfortato tra i tifosi del Milan. Lo specchio della porta si è richiuso, in mezzo non c’è nessuno, e allora De Ketelaere gira sui tacchi e torna indietro. Non è quel tipo di giocatore che affretta una giocata, figuriamoci in questo momento in cui non gli riesce niente. Ancora più forte, allora, si alza questo lamento di impazienza, di insoddisfazione, di frustrazione che non ha solo a che fare con questa occasione mancata, ma con la fine dei sogni, con lo scontro con una realtà dura da affrontare.

C’è stato un momento, la scorsa estate, in cui la felicità di un vasto gruppo di persone che tifa Milan dipendeva da un ventunenne belga dal nome lungo. Quest’estate l’acquisto di Charles de Ketelaere rappresentava due diverse cose.

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Dal punto di vista tecnico, il Milan acquistava uno dei rifinitori più promettenti in Europa. La creazione di occasioni da gol era stato uno dei principali difetti dell’anno dello Scudetto. Il Milan aveva chiuso la stagione dello scudetto serrando le fila, stringendosi in una difesa nervosa e concentratissima, sapendo che si segnava poco, quasi sempre grazie agli strappi individuali di Theo e Leao. Brahim Diaz aveva giocato una stagione deludente, né Messias né Saelemakers avevano visione di gioco e qualità sufficienti per dare l’ultimo passaggio. Al Milan mancava creatività e quello di De Ketelaere era un profilo promettente non solo per i suoi 14 gol e 8 assist, ma per tutto il suo output statistico: dribbling, Expected Goals ed Expected Assist. Un profilo offensivo così completo, a 21 anni, con una curva di progressione così lenta e affidabile, non è mica semplice da trovare.

L’acquisto di De Ketelaere però aveva soprattutto a che fare con l’insondabile, con l’immaginario dei tifosi. Dopo la vittoria dello Scudetto comprare uno dei migliori giovani al mondo - perché così era considerato De Ketelaere, non stiamo esagerando - era un manifesto d’ambizione. Spendere 35 milioni per un tipo di giocatore che non sembra più poter arrivare in Italia - che pare inevitabilmente destinato alla Premier League. I tifosi del Milan infestavano le dirette delle amichevoli del Club Brugge, riempivano la sezione commenti di cuori rossoneri, fantasticavano con goffi fotomontaggi, o sovrapponendo il suo viso a quello di Kakà. Leggere l’antico nel moderno, nell’idea che nel calcio certe cose non cambiano mai: il blasone del Milan, la classe di certi giocatori del Milan.

Charles De Ketelare era entusiasmante per ciò che rappresentava, ma anche per come giocava. Il Milan è forse l’unico club in Italia che, almeno da Berlusconi, sembra attento non solo a vincere ma anche a farlo in un certo modo. I giocatori tecnici ed eleganti vengono considerati essenziali per costruire una grande squadra. De Ketelaere ha qualcosa di antico nel suo gioco, nel modo in cui si impunta sul pallone mentre protegge la palla dall’avversario, o cambia passo nascondendo dietro i suoi movimenti felpati lo sforzo atletico. Nelle gambe lunghe da giraffa, nella muscolatura borghese di un giocatore che sembra poter fare a meno della forza per esprimersi.

L’acquisto di Charles De Ketelaere rappresentava il ritorno definitivo del Milan ai fasti perduti, l’uscita dalla Banter Era. Per questo oggi è difficile per i tifosi fare i conti con le sue prestazioni. Meno di 10 presenze da titolare, 1 assist, nessun gol. Una sensazione perenne di impotenza. Era lecito aspettarsi di più da un giocatore costato 35 milioni?

Qualche giorno fa su Twitter un tifoso ha scritto ad Amazon perché vuole restituire un pacco dal Belgio. Già al 31 ottobre uscivano articoli in cui si definiva De Ketelaere “una delusione”. Una settimana prima aveva sbagliato un brutto gol contro il Monza. Non è difficile da ritrovare: vi basta digitare “Milan Monza” su YouTube che “gol sbagliato da de katelar” ti spunta come primo suggerimento. È un errore davvero strano. C’è un cross che sembra finire sul fondo, prima che Messias lo rimetta in mezzo con un mezzo miracolo. Forse sorpreso, De Ketelaere prova a coordinarsi ma non ci riesce. Si accartoccia in aria, come uno che ha messo un piede su un carbone ardente e saltella dal dolore. È cringe da vedere, un giovane noto per la sua eleganza novecentesca, ridotto a questo meme buono per Tik Tok. Quanto avrà continuato a pensarci.

A fine partita la squadra va a celebrare la vittoria sotto la curva sud, mentre De Ketelaere se ne torna negli spogliatoi con la testa bassa e i polpastrelli in mezzo agli occhi. Dopo la partita Pioli dice che dovrebbe fare di più. Sembra quello il momento in cui tutti cominciano a crederci di meno, in questo giocatore. Tre giorni dopo parte titolare nella comoda vittoria esterna con la Dinamo Zagabria. Gioca dietro Giroud, da numero dieci, sbaglia un gol, rimedia un cartellino giallo e si fa sostituire da Pioli all’inizio del secondo tempo. Nemmeno quando il Milan vince ed è rilassato, De Ketelaere trova il modo di esprimersi.

Da quel momento parte sempre dalla panchina. Quando entra non è del tutto chiaro a cosa serva. In campo vediamo, semplicemente, la sua versione incubo: la sua leggerezza sembra fragilità, la sua calma lentezza, il suo minimalismo inutilità, le leve lunghe che erano uno dei marchi della sua eleganza diventano l’origine della sua goffaggine. Si muove in modo imbranato, da struzzo più che da cigno. Le sue prestazioni restano misteriose ma tutto sommato accettabili. Le critiche sono blande, finché il Milan vince. È quando i risultati mancano, e la squadra sembra spompata, alla disperata ricerca di nuova energia, che tutti gli occhi finiscono su De Ketelaere.

Contro la Cremonese, nell’ultima partita prima della pausa, è entrato a un quarto d’ora dalla fine preceduto da richieste d’eroismo. Nemmeno due minuti e ci regala un’azione iconica dei suoi problemi. Non sta in piedi, sembra bambi sul ghiaccio. È penoso da vedere, soprattutto se abbiamo negli occhi la miglior versione di De Ketelaere, le sue protezioni palla maestose contro il Real Madrid in Champions League. Pioli dopo la partita lo difende, anche se non ne nasconde certo le difficoltà: «Non bisogna caricarlo di responsabilità, è un giovane, ma se da un mese non scende in campo da titolare qualche motivo ci sarà. Ha bisogno di fare il suo percorso, stasera quando è entrato non ha cambiato il volto della gara».

Ha giocato solo un quarto d’ora al Mondiale. Buttato dentro dal disperato Martinez mentre il Belgio era sotto 1-0 col Marocco. I giornali belgi hanno sintetizzato così la sua prova: «Uno che entra in pigiama mentre fuori infuria la battaglia». Pare questo, in effetti, uno dei grossi problemi di De Ketelaere, che pare attirare critiche anche per una banale fattore estetico. Perché è un giocatore delicato, poco atletico, che ha un gioco tecnico fatto di piccoli ricami. Non dà l’idea che uno, nelle difficoltà, esaurisce le proprie energie nervose. Sembra fallire per svogliatezza. Oppure sembra fallire perché semplicemente inadeguato al calcio contemporaneo. Le cose buone che fa sono molto meno appariscenti di quelle cattive.

Eppure dovremmo ricordarci che è stata proprio la sua anomalia, la peculiarità delle sue caratteristiche tecniche, ad aver spinto il Milan al suo acquisto - e anche noi a quell’infatuazione provata di fronte a un giocatore diverso. Se De Ketelaere in estate era ricoperto di tutto quell’hype non era solo per la lunghezza della trattativa, della cifra, dell’efficacia di marketing del calcio belga, ma perché tutti ci eravamo innamorati delle sue rifiniture, dei suoi colpi di tacco e di suola. Dello stile démodé con cui navigava sulla trequarti, sfilava i difensori dalla loro posizione come per ipnosi, e poi finalizzava con una leggerezza che nobilitava la volgarità di un gol. Eravamo innamorati, in sostanza, della sua stranezza.

Oggi è chiaro che la peculiarità del suo stile di gioco sta rendendo difficile il suo adattamento. De Ketelaere non ha un talento offensivo autosufficiente, come si dice per quei giocatori capaci di prendere palla da centrocampo, saltare tutti e tirare sotto l’incrocio dei pali (sì, Leao). Non è nemmeno di quei giocatori capaci di nascondere periodi di scarsa brillantezza col furore agonistico (Tonali). Per De Ketelaere il calcio è difficile. A vederlo oggi ha l’aria uno che sta cercando disperatamente di suonare le variazioni Goldberg pure con due dita in meno, e che non può accontentarsi di suonare qualcosa di meno complesso. Non conosce modi di giocare che non siano complicati.

Per questo è difficile paragonarlo ad altri casi del Milan del passato, come Leao e Tonali, nonostante anche Pioli lo abbia fatto, stimolato dalle domande dei giornalisti: «La cosa complicata era capire quando sarebbe scattata qualcosa nella loro testa». De Ketelaere non ha l’atletismo di Tonali e Leao a cui aggrapparsi.

Dovrà venire fuori dalle difficoltà solo grazie alla sua tecnica, ed è una cosa più difficile, in questi anni. Però è anche per questo che dovremmo tifare per lui. I giocatori come De Ketelaere sono rari nel calcio contemporaneo: in pochi hanno un gioco tanto sbilanciato tra tecnica e atletismo. Pochi hanno la raffinatezza del suo gioco spalle alla porta, la sua visione di gioco, la dolcezza dei suoi filtranti. In parte, lo abbiamo visto anche nel Milan. Non so quanti di voi lo ricordano, quel filtrante per Kalulu contro il Bologna. De Ketelaere guida la transizione rincorso da un avversario, quando rallenta, gira su sé stesso in equilibrio precario. Poi si gira, alza la testa, e serve Kalulu con un passaggio di interno. Quanti giocatori al mondo sono in grado di vedere e dare quella palla?

Ricordate l’assist per Messias contro il Napoli? Forse no perché il tiro del brasiliano è stato parato da Meret. Però dovremmo riguardare il dribbling puramente elusivo di De Ketelaere su Lobotka e il passaggio preciso sulla corsa anche col piede debole. Oppure l’assist sulla corsa di Tonali nella partita contro l’Atalanta.

L'impressione che De Ketelaere, dentro un rendimento incostante, riesca comunque a creare occasioni è confermato anche dai numeri. 0,27 xG assistiti per 90 minuti (decimo in Serie A), 2,24 passaggi chiave. Questo anche nel contesto di una stagione finora negativa, in cui pare avere un problema di sicurezza nei propri mezzi. In campo sembra muoversi in modo spaventato, reticente a prendersi troppe responsabilità. Gioca per lo più semplice, liberandosi del pallone come di un problema. Nonostante la qualità del suo primo controllo dovrebbe metterlo a suo agio in qualsiasi contesto. C’è forse anche qualche problema tattico. Si è parlato tanto del ruolo, che però mi pare un falso problema. De Ketelaere può giocare bene in ogni ruolo offensivo, e nella fascia centrale, in spazi stretti, tra le linee, può davvero essere diverso. Però non sembra associarsi bene con i compagni, almeno per ora. Né con Giroud, che forse gli toglie un po’ di ricezioni sulla trequarti e con cui non ha ancora capito bene come entrare in relazione; né con Leao, che segue soprattutto ispirazioni personali e individuali; né con chiunque giochi alla sua destra, che nel Milan ha spesso compiti tattici di compensazione. Il gioco di De Ketelaere però prolifera proprio nelle associazioni con i compagni, da solo inaridisce.

Contro il Torino si è progressivamente spento, ma aveva giocato bene per un’oretta. Partito da unica punta, aveva collegato bene i compagni, con piccole cuciture che hanno esaltato la sua pulizia tecnica. Non si sono viste giocate risolutive, però. Il suo tiro al 30’ è stato parato da Milinkovic-Savic, ha avuto qualche situazione sporca con cui fare qualcosa, ma non ci ha fatto niente. «Ci aspettiamo giocate decisive, e nemmeno oggi sono arrivate» ha detto Pioli sconsolato.

Lo sapevamo già: il talento di De Ketelaere non è troppo grande per non poter fallire. Anzi, da quando è arrivato quest’estate lo conoscevamo come un giocatore peculiare, con ancora molto da dimostrare, dall’efficacia ambigua. Un giocatore delicato, che va protetto e coccolato, che forse risulta difficile da dire per uno pagato 35 milioni. Eppure una parte del pubblico sembra provare piacere nel guardare un talento che fallisce, specie se è costato così tanto. Ed è difficile credere che qualcuno speri nel fallimento di De Ketelaere, di un giocatore così chiaramente diverso dagli altri, che aumenta la varietà dell’ecosistema tecnico del nostro campionato. Ci lamentiamo spesso del livello tecnico della Serie A, o comunque del grado di spettacolo delle partite. Sono i giocatori come De Ketelaere che dovrebbero fare lo spettacolo, e per questo vale la pena continuare a fare il tifo per lui.

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