Il gol di Ivan Rakitic dopo 3 minuti di gioco aveva fatto vivere ai tifosi juventini i fantasmi di Johnny Rep e Felix Magath. La Juventus ha perso la Coppa ma, a differenza dei gol fulminei subiti dal grande Ajax nel 1973 e dai tedeschi dell’Amburgo dieci anni dopo, la partita non è finita con quella rete. La squadra di Allegri ha avuto l’abilità e la forza di riaprirla, per poi perdere contro un imperfetto ma fortissimo Barcellona, al termine di una bella finale di Champions League.
Non c'è stata nessuna sorpresa nelle formazioni iniziali, entrambe sono scese in campo con gli undici tipo, con Allegri che ha recuperato Andrea Barzagli, per sostituire al centro della difesa l’infortunato Giorgio Chiellini. Oltre al gol di Rakitic, i primi tre minuti di gioco contengono tantissimi spunti tattici: la prima pressione altissima della Juventus, poi la difesa bassa dei bianconeri, la ricerca dell’ampiezza dei catalani.
La pressione alta della Juventus
Le prime due fasi di possesso palla del Barcellona sono difese dalla Juventus pressando altissimo, fino all’interno dell’area di rigore blaugrana. Le uscite pensate da Allegri in queste fase sono piuttosto chiare e coraggiose: con i due attaccanti juventini sui due centrali di difesa del Barça, Vidal su Busquets e le due mezzali pronte a uscire sui due terzini.
In occasione della prima costruzione del gioco da parte del Barça, la Juve aggredisce con ferocia, costringendo all’errore Mascherano e recuperando il pallone con Marchisio. Da questo recupero palla alto, i bianconeri guadagnano un tiro pericoloso di Tévez.
La costruzione bassa del Barcellona è sempre disturbata dalla pressione dalla Juventus. Se le fasi più facilmente aggredibili (falli laterali, rimesse del portiere) sono giocate con estremo coraggio dai giocatori bianconeri, anche in situazioni più fluide la Juventus non ripiega immediatamente sistemando il proprio 4-4-2, ma utilizza il 4-3-1-2 per conquistare palla il più avanti possibile o, quanto meno, ritardare il consolidamento del possesso palla dei catalani.
I due attaccanti in posizione centrale su Piqué e Mascherano, Vidal sul vertice basso Busquets, le due mezzali pronte ad aggredire i terzini: la Juventus non schiera subito il 4-4-2 per affrontare la costruzione bassa del Barcellona.
In queste situazioni di pressione alta è la squadra intera a lavorare bene: i terzini si alzano sui diretti avversari e i centrali non hanno paura a giocare una marcatura preventiva molto aggressiva, portata in posizione di campo piuttosto avanzata.
La Juventus pressa alta e Bonucci “prende” Messi ben al di là della metà campo.
Proprio da una pressione avanzata, in occasione di un fallo laterale di Dani Alves nella propria trequarti campo, nasce il gol del pareggio di Morata: con Lichtsteiner che riesce ad anticipare alto Neymar dopo che il terzino brasiliano del Barcellona era stato costretto a buttare via la palla a causa della pressione bianconera.
Lichtsteiner anticipa Neymar e si lancia in proiezione offensiva, Marchisio lo serve di tacco.
Per la prima ora di gioco la Juventus gioca bene questa particolare situazione: recupera qualche pallone alto (alla fine saranno 6 le palle recuperate nella metà campo avversaria dalla Juventus secondo i dati SICS) e quando questo non accade, comunque, non concede troppi spazi alle spalle della prima linea di pressione.
L’ampiezza del Barcellona
Nei primi tre minuti, dopo avere concesso due recuperi alti del pallone, il Barcellona riesce finalmente a consolidare il proprio possesso palla e ad abbassare la Juventus. I bianconeri a quel punto si schierano con il 4-4-2: con Vidal al fianco di Pirlo, Marchisio a destra e Pogba a sinistra. Un 4-4-2 juventino che non distribuisce spazi e sforzi in modo uguale ai suoi interpreti: Vidal è pronto a staccarsi dalla linea per pressare in avanti o ad aiutare in raddoppio sull’esterno, al suo fianco Pirlo gioca una difesa maggiormente posizionale.
Il 4-4-2 della Juventus.
Sia per scelta strategica, sia perché in realtà la linea a 4 della Juventus è una linea a “3 e mezzo”, con Vidal che balla tra la posizione di interno e quella di mezzapunta, la posizione di Marchisio e Pogba è piuttosto stretta e lascia spazio sul lato debole.
Il piano di Allegri nella propria metà campo sembra piuttosto chiaro e mira a confinare sull’esterno il gioco del Barcellona, predisponendo una sorta di gabbia sulle ricezioni di Messi (e di Neymar) e confidando sulle capacità di scivolamento per andare a difendere il lato debole.
Messi riceve esternamente: su di lui Evra e Pogba; con Vidal jolly difensivo pronto a chiudere ancora di più la gabbia.
Luis Enrique prende quello che concede la difesa della Juventus, cercando di volgerlo a proprio favore. Se i bianconeri concedono l’ampiezza, il Barça se la prende giocando con due uomini, uno per fascia, che giocano larghissimi, cercando veloci cambi di gioco specie sull’asse Messi/Neymar-Jordi Alba, per muovere la difesa bianconera e sfruttare le distanze sul lato debole.
A tale scopo non è raro vedere entrambi i terzini prendere l’ampiezza in fase di possesso palla. A conferma dell’attenzione di questo Barcellona alla difesa preventiva contro le ripartenze avversarie, l’ampiezza di Dani Alves e Jordi Alba è compensata da una posizione prudente delle mezzali, che si alzano solo in un secondo tempo e in condizioni più sicure.
Da notare la posizione prudente dei tre centrocampisti del Barcellona quando i due terzini cercano entrambi l’ampiezza.
Nel gol di Rakitic (i primi tre minuti…) sono racchiusi tutti i temi della difesa schierata della Juventus e dell’attacco manovrato blaugrana. Messi trova Jordi Alba sul lato debole, muovendo tutta la difesa della Juventus e generando, a catena, una serie di squilibri nella posizione difensiva dei giocatori bianconeri.
Vidal esce dalla linea a 4 dei centrocampisti juventini venendo dal lato opposto rispetto a quello di Messi. Anche per questo Marchisio è costretto a tenere una posizione particolarmente interna. Jordi Alba prende l’ampiezza che la Juventus concede.
È la giocata di prima di Jordi Alba quella decisiva per sbilanciare la difesa bianconera. Giocando di prima intenzione, il terzino blaugrana guadagna un tempo di gioco, generando un vantaggio che verrà mantenuto per tutta l’azione. Su Neymar è costretto a uscire Barzagli, che viene tirato fuori dall’area.
Iniesta, inizialmente in posizione prudente sull’avanzata di Jordi Alba, aggredisce lo spazio svuotato da Neymar. A provare ad assorbire il taglio è Vidal, che era più avanzato, e non Pirlo. Il regista bianconero, oltretutto, con una lettura difensiva errata, abbandona il centro dell’area andando su Messi fuori dai 16 metri, liberando la linea di passaggio verso Rakitic.
Dopo il gol di Rakitic, pur scontando un’eccessiva prudenza, la difesa schierata della Juventus non concede più grandi occasioni all’attacco del Barcellona, anche per l’ottima prova della coppia Barzagli-Bonucci (il giocatore che nella partita recupera più palloni: 11).
Le maggiori occasioni da gol nascono principalmente da transizioni difensive del Barça, sempre orientato al recupero alto del pallone, e dai palloni persi dalla Juventus. L’occasione di Dani Alves al tredicesimo minuto, con la super parata di Buffon, nasce proprio da un recupero alto del pallone da parte dei blaugrana e da una successiva ripartenza in spazi medio-corti.
Lichtsteiner perde palla in uscita…
Si genera immediatamente un 3 vs. 2 a favore del Barcellona, salvato molto bene da un’ottima lettura in marcatura-copertura di Bonucci.
Transizioni a confronto
Come detto, il Barcellona ha messo in mostra la sua transizione difensiva orientata alla riconquista alta e immediata del pallone, una strategia che ha generato i soliti buoni dividendi alla squadra di Luis Enrique, in termini di recupero avanzato del pallone e, più in generale, di sabotaggio della transizione offensiva della squadra avversaria.
I dati SICS parlano chiaro: la squadra di Luis Enrique recupera la palla ad un’altezza media di 43 metri (contro i 34 metri della Juventus) e ben 13 volte all’interno della metà campo bianconera.
Dopo che la Juve ha riconquistato palla in posizione bassa, ben tre giocatori attaccano Pirlo per riconquistare immediatamente il pallone.
Non rinunciando alla costruzione manovrata dal basso, Allegri ha pensato a delle transizioni offensive dal basso dirette, volte allo scavalcamento della prima linea di pressione del Barça.
La strategia del tecnico juventino prevede lo smarcamento preventivo di una delle due punte sul lato forte, alle spalle dell’avanzata del terzino blaugrana. L’obiettivo è quello di trovare un riferimento sicuro in avanti, allontanare tra loro i due centrali difensivi avversari, e giocare degli uno contro uno tra Tévez/Morata e Piqué/Mascherano. Dei due attaccanti bianconeri lo spagnolo è quello che fa più spesso da riferimento (5 i passaggi chiave ricevuti, recordman della sua squadra) e che vince il duello individuale contro i difensori catalani.
Sopratutto sul lato destro dell’attacco juventino, dove Morata riesce un paio di volte a mettere in grossa difficoltà Mascherano in campo aperto.
In uscita la palla viaggia dalla zona di destra della difesa juventina verso Morata, che si apre a destra seguito da Mascherano.
Morata porta palla per un’intera metà campo e dribbla Mascherano, servendo Vidal, che arriva a rimorchio e calcia alto.
Tuttavia, per tutto il primo tempo, la Juventus non riesce a dare continuità alle propria costruzione di gioco, sia manovrata che lunga. Quando riesce a sfuggire al pressing bluagrana, però, la Juventus trova ampi spazi, specie sul lato sinistro del proprio attacco, dove Messi non ripiega.
Sul lato sinistro del campo Neymar, seppur non in maniera continua, prova ad abbassarsi in fase di non possesso palla. Dal alto opposto Messi rimane sempre alto.
Le occasioni in cui la Juve riesce a sviluppare la propria fase offensiva generano pericoli per la porta del Barcellona, che non sono state concretizzate sia per carenze in fase di rifinitura che di finalizzazione.
Il pareggio
La Juventus avrebbe dovuto negare gli spazi al gioco verticale del Barcellona: nel primo tempo, però, l’obiettivo è stato raggiunto a metà a causa di alcune palle perse in uscita. Di contro, lo sviluppo della fase di possesso palla nei primi 45 minuti di gioco, ha mantenuto la squadra equilibrata e pronta a una transizione difensiva sicura: Marchisio rimaneva sempre in appoggio sicuro di fianco a Pirlo e raramente i terzini si alzavano a supportare in ampiezza la manovra.
Nel secondo tempo, la necessità di trovare il pareggio spinge Allegri a forzare il gioco per sfruttare i punti deboli del Barcellona, intravisti nella prima frazione di gara. In particolare si attacca il fianco destro della difesa bluagrana, con Pogba che alza il livello tecnico ed atletico del proprio gioco ed Evra che abbandona la prudenza e attacca con continuità sulla fascia sinistra, anche a costo di esporre i propri compagni di reparto alle ripartenze degli avversari. Evra ha fatto più cross di tutti nella partita (3 cross) e questa maggiore intraprendenza, accompagnata da un innalzamento della pressione sul Barcellona, ha portato al gol del pareggio, che ha certificato la difficoltà del Barcellona a difendere in maniera diversa rispetto alla pura transizione difensiva.
Evra trova sempre un’autostrada vuota davanti a sé.
Tra il gol di Morata e quello di Suárez: o la va o la spacca
Il gol di Morata infonde coraggio alla Juve e mina qualche certezza nella squadra di Luis Enrique. La Juventus sente la difficoltà del Barcellona, che fatica a mantenere il controllo del match e perde qualche distanza in fase di transizione difensiva.
Il Barça prova a riconquistare palla in posizione avanzata, Busquets si alza su Pirlo ma lascia una ricezione facile alle sue spalle a Vidal, che si girerà e affronterà fronte alla porta i due centrali del Barcellona.
Dal superamento della pressione alta vista sopra si genera un tiro comodo per Tévez dai 16 metri, che non contrastato e con la porta aperta avrebbe dovuto e potuto fare meglio.
La Juventus continua a giocare secondo quanto aveva fatto fino al gol del pareggio, aumentando la pressione sui bluagrana e accettando, a fronte di evidenti benefici in termini di pericolosità, un aumento del rischio nel concedere spazi al Barcellona.
La partita compresa tra il gol di Morata e quello di Suárez è aperta, le due squadre abbandonano velleità di controllo per cercare di farsi male abbassando la guardia. La Juventus sembra scegliere coscientemente questo tipo di partita, cercando di approfittare del momento non favorevole del Barcellona. In questa mini-partita di circa 15 minuti la Juventus fa meglio per continuità di gioco e aggressività, tira 3 volte pericolosamente in porta ma viene punita dagli spazi che concede, con un’azione verticale di Messi, che riesce a fare metà campo palla al piede e affronta in dribbling il solo Barzagli. Sono 9 i dribbling riusciti (su 12) per il fuoriclasse argentino e 9 passaggi chiave. Numeri enormi in una partita tutto sommato “normale” per Messi, che mettono ancora più in evidenza la sua grandezza.
La Juventus attacca. La palla finisce a Ter Stegen, che la gioca con le mani verso Dani Alves. La Juventus non arretra e prova a riconquistare palla con Pogba, che però non riesce a intervenire.
La Juventus è troppo lunga: Rakitic riceve palla libero e serve Messi.
Messi può attaccare in campo aperto la difesa della Juventus.
Il colpo del KO
Il gol di Suárez regala tranquillità al Barcellona e toglie entusiasmo alla Juventus. La squadra di Luis Enrique riconquista per una decina di minuti il dominio tattico del match ma la Juve è squadra di carattere e quella blaugrana mostra ancora una volta che il controllo della partita non è nelle sue corde per gli interi 90 minuti.
Il tempo che passa e l’ingresso di Llorente, che vince quasi tutti i duelli fisici contro i difensori bluagrana, aumentano l’intensità della Juventus e la pressione sul Barça, che negli ultimi dieci minuti concede tre tiri in porta alla Juventus e un’occasione abbastanza netta con Pereyra, subentrato come mezzapunta a Vidal. Al termine del match sono 12 i tiri in porta della Juventus (6 nello specchio) contro i 17 del Barcellona (8 nello specchio).
Fino all’ultimo secondo, fino al gol di Neymar, la partita è rimasta in bilico e forse la Juventus non meritava il doppio svantaggio.
Dopo tre minuti di gioco Iniesta stoppa perfettamente il pallone e serve con freddezza Rakitic. A tre minuti dalla fine, nella stessa zona di campo, il pur ottimo Pereyra con frenesia sbaglia lo stop e la Juve perde una grande occasione per portare la partita ai supplementari. Che sia questa la grande differenza?
La differenza
Il Barcellona di Luis Enrique vince meritatamente la Coppa: si è dimostrato la squadra migliore sia nel corso della manifestazione che nella conclusione di Berlino. Oggi, è senza dubbio la squadra più forte del mondo ma anche nella finale di Champions League ha mostrato che non è perfetta e non è imbattibile. Una squadra meravigliosa, ricca di un talento offensivo difficilmente misurabile, ma non ha la capacità di controllare pienamente la partita per tutti i 90 minuti e non ha una fase difensiva all’altezza del resto del gioco.
La rivoluzione di Luis Enrique, la sua scelta di barattare parte dell’ordine in campo e del controllo di spazi e pallone, in cambio di velocità e imprevedibilità, ha regalato ai blaugrana l’uscita dalle secche del post-tiqui-taca e quella che è salita sul tetto d’Europa è una squadra forse più umana della perfetta macchina di Guardiola, e proprio perché umana, assieme a grandissimi pregi, mostra anche qualche difetto.
La Juventus ha provato ad approfittare proprio di questi difetti, anche se il gol di Rakitic è arrivato davvero troppo presto. Il primo tempo dei bianconeri ha mostrato quali erano i piani iniziali di Allegri che, probabilmente, non sono stati cambiati a seguito dello svantaggio conseguito, se non nell’intervallo tra il primo e il secondo tempo.
L’idea del tecnico juventino era quella di disturbare il più possibile la non perfetta costruzione dal basso del Barcellona, arrivando a giocare selezionate fasi di pressing ultra offensivo, per poi ripiegare in due blocchi stretti nella propria metà campo esaurita la fase di pressione. È stato fondamentale in quest’ottica il lavoro di Arturo Vidal, in pressione su Busquets nella metà campo avversaria e al fianco di Pirlo, ma sempre pronto a uscire in avanti e a raddoppiare sull’esterno nella propria metà campo. Proprio l’enorme attività in fase di non possesso palla di Vidal può aver contribuito alla difficoltà della Juve nel trovare le distanze corrette, specie in ampiezza, nelle fasi di non possesso palla del primo tempo. Uscendo fuori dalla propria posizione e riducendo il numero di giocatori nella linea di centrocampo, il cileno costringeva Pogba e soprattutto Marchisio a stringere ulteriormente la propria posizione, lasciando l’ampiezza al gioco del Barcellona, e la domanda è: Vidal ha giocato con un eccesso di aggressività o ha solo sopperito a qualche carenza in fase di non possesso di Pirlo? O, ancora, la squadra intorno a lui, in generale, ha interpretato in maniera troppo prudente il necessario temporeggiamento da adottare contro il Barcellona?
In ogni caso, la fase di non possesso palla, pur non perfetta, non ha concesso troppe occasioni a un attacco superlativo come quello del Barcellona, questo anche grazie a una superlativa prova di Barzagli e Bonucci a protezione dell’area di rigore. E il controllo degli spazi da non concedere al Barcellona passava anche per una fase di possesso palla prudente, con Marchisio in posizione sicura al fianco di Pirlo e i terzini non troppo coinvolti in attacchi alla profondità. I maggiori pericoli sono stati corsi a seguito di palle perse in posizione svantaggiosa, forzate dalla transizione difensiva del Barcellona. Il pressing offensivo dei blaugrana ha ridotto le possibilità di ripartenza della Juventus, che tuttavia, quando è riuscita a superare la prima pressione del Barça, ha sempre generato pericoli potenziali per Ter Stegen.
Nel secondo tempo, le mosse di Allegri sono state semplici ed efficaci: ha liberato in fase offensiva i terzini, in particolar modo Evra dal lato di Messi, e alzato la pressione. Accettando qualche rischio in più ha trovato il pareggio, mettendo in evidenza i limiti della squadra di Luis Enrique. La Juventus ha giocato un all-in invece di tornare a puntare sul controllo degli spazi, confidando nelle possibilità offensive che comunque il Barcellona concede alle squadre avversarie. Un rischio, forse, non ben calcolato, perché dopo tre buone occasioni per i bianconeri, il Barça ha trovato lo spazio per scatenare in campo aperto il proprio talento e ritornare in vantaggio. I 15 minuti scarsi che vanno dal gol di Morata a quello di Suárez costituiscono il cuore tattico ed emotivo del match, con la Juventus che decide di giocare una partita aperta contro il Barcellona in virtù anche del momento emozionale della partita, e i blaugrana che vincono questa mini-partita all’interno di uno scenario in assoluta controtendenza rispetto all’epoca Guardiola e a loro più congeniale: uno scontro a tutto campo con poco controllo e poco ordine.
La Juventus ha dimostrato di essere la giusta finalista assieme al Barcellona di questa Champions League. Ma non basta la consapevolezza di potere stare tra le migliori d’Europa. Sarebbe un errore accontentarsi di un obiettivo retorico come quello di aver dimostrato di essere al livello di una finale di Champions: la finale è stata persa e bisogna chiedersi il perché. Pur con qualche errore e qualche difetto, il Barcellona è stato controllato abbastanza bene e la vera differenza era nella capacità di tradurre in pericoli reali le tante occasioni avute dalle due squadre. Per vie diverse da quelle del Barcellona, la Juventus ha avuto tante occasioni per creare pericoli a Ter Stegen: palle recuperate dopo pressione alta, ripartenze veloci, azioni nate dopo avere eluso la prima pressione del Barça. Troppo bassa la percentuale di pericoli potenziali concretizzati in reali occasioni da gol per la Juventus.
A fronte di un numero paragonabile di di passaggi chiave (22 a 20 per i bluagrana), l’Indice di Pericolosità elaborato dalla SICS è stato nettamente a favore del Barcellona (85 a 45). Per portare la Champions League a Torino sarebbe stato necessario aggiungere alla base tattica ed emotiva dell’italianissima Juve di Allegri una maggiore efficacia nella fasi di finalizzazione e conclusione. Su questo dovrà puntare la Juventus per provare a vincere, dopo tanto tempo, la Champions League.
Ringraziamo per i dati SICS (che potete anche seguire su Facebook e Twitter).