
Uno dei topos dello sport è che se c’è un fratello piccolo, sarà sempre più forte del fratello grande. Sarà vero anche per Cheickh Niang, il fratello di Saliou Niang?
Che Cheickh possa diventare più forte del fratello si bisbiglia tra gli addetti ai lavori e gli appassionati di basket giovanile da un po’, ma vista da qui sembrava una di quelle voci dette quasi per cortesia, più una speranza che non un’affermazione plausibile. Anche perché non sappiamo ancora quanto possa davvero essere forte Saliou, che si è appena affacciato al livello più alto del basket italiano, dopo una bella stagione con Trento, la chiamata al Draft dai Cleveland Cavaliers, un Europeo da protagonista con la Nazionale e l’approdo alla Virtus Bologna, una squadra di Eurolega. Possibile allora che bisogna già spostare le attenzioni sul fratello di quattro anni più piccolo? Possibile.
Dopo aver vinto lo Scudetto Under 17 nella scorsa stagione, venendo anche eletto nel miglior quintetto della competizione, in estate Trento ha deciso di affidare a Cheickh Niang l’ultimo posto nel roster della prima squadra, portandolo nel basket dei grandi a 17 anni appena compiuti (è nato il 16 settembre 2008). Ho chiesto a Rudy Gaddo, il direttore sportivo di Trento, come è maturata questa scelta: «La scelta è maturata nella seconda parte della scorsa stagione su quattro differenti piani di valutazione. Da una parte, a monte, c'era innanzitutto la filosofia di un club come Trento, che da anni investe con l'obiettivo di cercare il proprio vantaggio competitivo nello sviluppo dei giovani talenti: un modo di pensare pallacanestro sposato con convinzione da coach Cancellieri. Dall'altra c'era poi l'oggettiva crescita tecnica e fisica che Cheickh aveva mostrato nel corso degli ultimi mesi della passata stagione. Una crescita che già da aprile ci aveva convinto che ci fossero i presupposti per coinvolgerlo con la prima squadra con un anno di anticipo su quelli che erano i nostri progetti iniziali. Poi in estate si è aggiunta l'oggettiva difficoltà creata dalla congiuntura di un mercato sempre più povero di profili di giocatori di formazione italiana accessibili per le finanze del club. Se a questi tre aspetti si aggiunge che la scelta è maturata in coda all'onda emozionale prodotta dal successo avuto da Trento con lo sviluppo di ragazzi come Quinn Ellis o Saliou Niang, si capisce che alla fine una decisione che ai più può essere apparsa come coraggiosa, se non addirittura incosciente, sia in realtà stata quasi logica e naturale. Per motivi filosofici, tecnici, economici ed emozionali».
Una decisione logica e naturale, che si sta rivelando particolarmente azzeccata. Niang ha esordito nel basket dei grandi con la sicurezza di un veterano. In Serie A ha esordito segnando 15 punti in 23 minuti in una convincente vittoria contro Cantù (3/6 da due punti, 2/2 da tre e 3/4 ai liberi insieme a 6 rimbalzi); prima ancora era partito in quintetto nella semifinale di Supercoppa contro Brescia, segnando 8 punti in 18 minuti. In EuroCup ha segnato 14 punti in 25 minuti in casa del Buducnost (5/7 dal campo, 3 rimbalzi e 3 assist).
Ho chiesto a Gaddo se si aspettavano questo impatto: «Su un campo da basket non si è mai sicuri di niente. Così come per Patrick o Theo (Patrick Hassan e Theo Airhienbuwa, gli altri due giovanissimi nel roster di Trento, nda) eravamo convinti “potesse giocare” e che potesse mostrare qualche lampo qui è là. Il resto è frutto del talento e della fame di Cheickh e, se mi è concesso, del “basso campione statistico”. Valutare l'impatto di un giocatore in così poche partite rischia di essere fuorviante: il tempo dirà». Il tempo dirà, ma intanto ci conferma una cosa che sapevamo già: Trento è il club italiano con la migliore capacità di lavorare con i giovani. Non è un caso allora che, come il fratello prima di lui, Cheickh abbia costruito qui il suo percorso verso il professionismo. Il merito è dell’accademia del club, di cui oggi il direttore è Marco Crespi. Contro Cantù l’Aquila Trento ha schierato il quintetto più giovane mai sceso in campo in serie A, la cui età media era di 19,7 anni (oltre a Niang in campo c’erano Bayehe, Cattapan, Airhienbuwa e Hassan).
Crespi ha raccontato a Dario Vismara come Niang sia finito nelle giovanili di Trento. Dopo aver preso il fratello Saliou, chi li seguiva gli ha consigliato di mettere alla prova anche Cheickh. «Dopo dieci minuti di allenamento in cui non aveva fatto quasi nulla di particolare, ho detto agli altri allenatori: “Questo lo prendiamo”. Tutti mi hanno guardato un po’ così perché non si era visto niente, ma avevo intravisto la musica che aveva, o che poteva avere dentro. E quindi lo abbiamo preso». Crespi è uno dei migliori scout del basket italiano ed è difficile per chi non ha il suo occhio o le sue capacità di valutare il talento arrivare a capire cosa intende per “musica”, oltre all’eleganza della definizione in sé. Eppure, anche solo guardando la schiacciata messa a segno contro Cantù, quella che ha fatto finire Niang in molti reel e highlights della settimana, si può intuire qualcosa.
C’è una sfrontata leggerezza in questa giocata, un tempismo, questo sì musicale, nella naturalezza con cui parte da centrocampo tagliando verso il centro per ricevere in corsa il passaggio del compagno, per poi eseguire un palleggio per mettersi in ritmo ed esplodere in un terzo tempo al ferro, chiuso con una schiacciata da poster. Certo, a risaltare in questa giocata è l’atletismo straripante di Cheickh, una qualità che nel basket di oggi è più che fondamentale, ma non basta essere veloci e saper saltare per fare un canestro del genere, bisogna leggere bene la difesa avversaria e lo spazio intorno, e soprattutto sapere come muoversi al suo interno. In questa analisi del suo gioco, lo definiscono una slashing wing, “un’ala con spiccata propensione all’attacco dal palleggio e alla penetrazione”. A vedere le sue giocate è facile rimanere impressionati dalla velocità e dalla coordinazione con cui riesce a districarsi tra le difese avversarie per arrivare al ferro. Guardate ad esempio questo canestro contro Brescia, la compostezza del corpo e la perfetta economia nei movimenti.
Quando deve attaccare da fermo fa ancora fatica, ma se riceve in movimento è già oggi difficile da fermare per gli avversari. Contro il Buducnost in EuroCup è arrivata la prova secondo me più impressionante, finora. 14 punti segnati con una grande confidenza nei propri mezzi, mettendo palla per terra e attaccando ogni volta che ne ha avuto l’occasione. A questo ha aggiunto anche un 2 su 4 da tre punti e tre assist che denotano anche buone qualità da passatore.
Il tiro come fondamentale è ovviamente ancora in costruzione, ma si vede che il movimento è abbastanza fluido e soprattutto che non ha paura di tirare, un aspetto fondamentale per un giocatore perimetrale. Per il tipo di giocatore che è, cioè per la capacità che ha di punire i close-out e la rapidità sul primo passo, aggiungere anche un tiro affidabile al suo bagaglio offensivo lo renderebbe davvero un attaccante quasi immarcabile. Ho chiesto a Gaddo qual è secondo lui quello che sa fare meglio oggi Niang: «Io pragmaticamente dico che la sua combinazione di atletismo, tiro, e di capacità di creare con la palla per sé e per gli altri, lo rende il prototipo della guardia moderna» mi risponde. Poi mi dice una cosa interessante, ovvero che loro vedono per lui un ruolo «da handler. Ma con qualità atletiche e tiro in grado di renderlo utile in tutte le posizioni di perimetro. È quindi l'insieme delle caratteristiche a renderlo speciale». Non è per niente banale la scelta di mettere il pallone in mano a un diciassettenne, che per forza di cose è più propenso a sbagliare. Niang deve migliorare nelle letture, a volte sembra farsi prendere dalla frenesia di dover fare qualcosa e subito. Provare però è il miglior modo per imparare.
Su dove può invece crescere, Gaddo mi risponde in maniera più ecumenica: «Sul dove può crescere, rispondo in modo banale: in tutto. Magari partendo dalla difesa». Quando si tratta di difendere, con quell’atletismo e un’ottima mobilità laterale Niang parte già molto avanti. Può difendere sugli esterni avversari, anche più bassi e rapidi di lui, mentre va più in difficoltà invece quando si tratta di mettere il corpo, reggere i contatti contro avversari più grossi. Al momento Niang è alto 196 centimetri, ma vista l’età può crescere ancora (cosa che si augurano un po’ tutti) e soprattutto mettere su chili. Il potenziale difensivo, comunque, è veramente intrigante e lui sembra avere anche l’applicazione e la mentalità per diventare un difensore di altissimo livello. Anche qui, devo ripeterlo, parliamo di un ragazzo di 17 anni, e quindi il margine di crescita è veramente ampio, difficile anche solo da ipotizzare.
Su di lui, intanto, sono già arrivate le attenzioni della NBA. Il 10 ottobre è arrivato un tweet di Jonathan Givony, il guru del Draft, che ha evidenziato “le sue straordinarie doti atletiche, la fiducia nei propri mezzi e l’impatto su entrambi i lati del campo” di Niang. Anche la NCAA è una possibilità nel suo futuro, ora che grazie al NIL le università degli Stati Uniti possono pagare gli atleti, e quindi attirare i migliori prospetti da tutto il mondo. Al momento, però, è un futuro, se non troppo distante, ancora poco importante per lui. Cheickh sta bene a Trento, e deve crescere con Trento. «È una famiglia, mi ha aperto le porte con grande genuinità. Per un giovane come me è molto semplice essere me stesso in un ambiente del genere», ha raccontato in un’intervista al Corriere della Sera, «siamo seguiti sotto ogni punto di vista, non solo per quanto riguarda il lato tecnico-tattico. C’è anche un mental coach che ci aiuta quotidianamente».
Il passo successivo per lui è quello della Nazionale Italiana. Cheickh è nato in Italia, ma deve aspettare la maggiore età per diventare ufficialmente italiano, visto che i suoi genitori sono senegalesi. Questo vuol dire attendere ancora un anno; poi la speranza di tutti è che possa arrivare con i suoi tempi a fare compagnia al fratello in Azzurro. Anche qui, però, parliamo di futuro, come è scontato fare per un ragazzo così giovane e così talentuoso. È stato Cancellieri, l’allenatore di Trento, a riportare tutto al presente parlando di lui: «non mi aspetto nulla da lui, lo faccio giocare e basta perché penso sia capace». Un bel attestato di stima senza giri di parole: Cheickh sa giocare a basket e Trento glielo sta facendo fare.