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Benedetto Giardina

Come fa il Chelsea a rispettare il FFP?

Una prova di equilibrismo finanziario.

Il Chelsea ha speso più di 130 milioni di euro per prelevare Moises Caicedo dal Brighton. In precedenza, aveva speso – solo per i cartellini – più di 60 milioni per Romeo Lavia del Southampton, altri 60 milioni per Christopher Nkunku dal RB Lipsia, 45 milioni per Alex Disasi del Monaco, sommando all’incirca altri 100 milioni per portare a Londra Nicolas Jackson (Villarreal), Lesley Ugochukwu (Rennes), Robert Sanchez (Brighton) e Angelo (Santos). La somma si avvicina ai 400 milioni di euro solo per il mercato estivo, che ancora non è terminato. Questo in una stagione che vede i Blues fuori dalle competizioni europee, dopo aver chiuso al dodicesimo posto in Premier League nella scorsa annata, la prima dell’era Boehly, iniziata con un bilancio negativo per oltre 540 milioni tra acquisti e cessioni in sede di calciomercato. Ma il Chelsea può effettivamente permettersi questi investimenti? E soprattutto, come può rientrare nei paletti della UEFA per il rispetto delle norme di sostenibilità finanziaria (ovvero il “nuovo” Fair Play Finanziario)?

 

La squadra non si è qualificata alle coppe ma il mercato non si sta certo svolgendo all’insegna dell’austerity, esattamente come l’anno passato, subito dopo il cambio di timone alla guida del club. Finita l’era Roman Abramovich, col magnate russo oggetto di sanzioni da parte della Gran Bretagna e dell’Unione Europea – con ripercussioni sull’attività stessa della società londinese – le quote sono passate a un consorzio guidato dallo statunitense Todd Boehly, che si è presentato al calcio europeo a suon di acquisti. Se il suo biglietto da visita è stato caratterizzato per lo più da operazioni di mercato in entrata (le uniche cessioni che hanno fruttato più di 10 milioni di euro sono state quelle di Werner, Emerson Palmieri e Jorginho), per il secondo mercato estivo della sua avventura in Premier League ha un po’ cambiato rotta. Vero, gli acquisti – come già visto sopra – continuano a seguire lo stesso percorso di un anno fa: cartellini a costi particolarmente elevati per giocatori che ancora non si sono del tutto affermati a livello internazionale, fatta eccezione per il francese Nkunku, che però rimarrà fuori per la prima parte di stagione a causa di un infortunio al ginocchio. Le cose, però, hanno cominciato a muoversi anche in uscita. Kai Havertz all’Arsenal, Mason Mount al Manchester United, Mateo Kovacic al Manchester City, Christian Pulisic e Ruben Loftus-Cheek al Milan, giusto per citarne alcune, aspettando che si risolva la telenovela Lukaku, fuori dai piani del nuovo allenatore, Mauricio Pochettino.

 

Cessioni per circa 250 milioni, tra cui spiccano quelle di Kalidou Koulibaly (a un solo anno dal suo arrivo da Napoli) e del portiere Edouard Mendy. I due eroi del Senegal vincitore della Coppa d’Africa nel 2021 si sono trasferiti entrambi in Arabia Saudita, ma questo non fa certo notizia ormai. Così come non fa notizia il fatto che l’Al-Hilal abbia messo sul piatto 23 milioni di euro per il centrale e l’Al-Ahli abbia pagato oltre 18 milioni per l’estremo difensore. 

 


Intanto il campionato è iniziato faticosamente.

 

Semmai, ha fatto rumore il collegamento tra il fondo Clearlake Capital – presente nel consorzio che ha rilevato le quote del Chelsea – e il fondo sovrano saudita PIF: stando a quanto rivelato dal Daily Mail sarebbe uno degli investitori (se non il principale investitore) di Clearlake. Il Chelsea stesso, però, ha smentito al quotidiano inglese un coinvolgimento saudita nell’affare che ha portato all’ingresso di una nuova proprietà dopo 19 anni targati Abramovich, a pochi mesi dallo sbarco arabo nel Newcastle. In compenso, da quando PIF detiene il controllo di quattro società della Saudi Pro League – tra cui anche Al-Ahli e Al-Hilal – il livello di spesa dei club sauditi ha raggiunto picchi mai visti prima. E anche il Chelsea, al di là dei rapporti tra Clearlake e PIF, ne ha beneficiato, trovando una quarantina di milioni cash e alleggerendo il monte ingaggi.

 

Con le cessioni, quindi, i Blues stanno riuscendo quantomeno a contenere un passivo che sul mercato estivo si aggira comunque sui 130 milioni di euro, allo stato attuale. Il quarto tecnico in un anno, dopo l’esonero di Thomas Tuchel, i sette mesi infruttuosi di Graham Potter (liberatosi dal Brighton dietro pagamento di una clausola da 21,5 milioni di sterline) e il traghettamento di Frank Lampard verso un finale di stagione anonimo.

 

È qui che entra in gioco lo stratagemma attuato dalla dirigenza londinese, partendo da un concetto base per ogni operazione di mercato: le plusvalenze generate dalle cessioni vengono contabilizzate in toto, il costo degli acquisti viene invece spalmato sugli anni di durata del contratto del singolo giocatore (ammortamento). Un esempio: Havertz è stato acquistato tre stagioni fa per 71 milioni di sterline, a bilancio viene iscritto un ammortamento annuo di 14,2 milioni per ognuno dei 5 anni di contratto, al termine della terza stagione viene ceduto per 65 milioni di sterline all’Arsenal con un valore residuo di 28,4 milioni, generando così una plusvalenza di 36,6 milioni di sterline (pari a poco più di 42 milioni di euro) che vanno interamente nel bilancio 2023/24.

 

Fin qui, nulla di diverso da quanto si vede in ogni saldo entrate-uscite per qualunque club di calcio. Solo che il Chelsea, quando spende 133 milioni di euro per Caicedo, fa firmare al centrocampista un contratto di otto anni, rendendo il costo del suo cartellino molto più leggero sul bilancio annuale. Se il cartellino di Havertz pesava 14,2 milioni di sterline annue, ovvero poco più di 16,5 milioni di euro; quello di Caicedo avrà un valore annuo di 16,6 milioni di euro. Con la differenza che Havertz – e il suo stipendio – sarebbero gravati sulle casse del club per altre due stagioni, al massimo. L’ecuadoriano, invece, sarà a libro paga almeno fino al 2031. Un investimento per il futuro? Sì, ma anche un rischio. Perché se tra due stagioni Caicedo non avrà avuto l’impatto atteso e il Chelsea dovesse decidere di venderlo, un’eventuale cessione inferiore ai 100 milioni di euro porterebbe di fatto ad una minusvalenza: con una quota di ammortamento di 16,6 milioni annui, pari a 33,2 milioni in due stagioni, il valore residuo del suo cartellino al 30 giugno 2025 sarebbe di 99,8 milioni di euro.

 

È per questo che finora nessun club, almeno tra le big europee, si è legato così a lungo a un giocatore. Perché il calcolo sull’investimento è stato sempre fatto in base alla somma totale spesa tra cartellino, oneri accessori e ingaggio lordo per l’intera durata del contratto. Ma l’esempio fatto con Caicedo vale anche per Enzo Fernandez, prelevato nell’ultima notte di gennaio del 2023 dal Benfica per 121 milioni di euro e sotto contratto con i londinesi fino al 2032. Oppure per Mykhaylo Mudryk, giunto dallo Shakhtar Donetsk sempre lo scorso gennaio in cambio di 70 milioni fissi, con un contratto per otto stagioni e mezza. Eppure, a spanne, il cartellino di Fernandez avrà un peso annuo di circa 12,7 milioni di euro, quello di Mudryk addirittura di 8,2 milioni. E questo, nell’analisi triennale dei bilanci necessaria per valutare il rispetto delle norme finanziarie UEFA, è il modo che ha trovato il Chelsea per aggirare i vincoli. Va detto che a fine giugno il Comitato Esecutivo della UEFA ha approvato alcune modifiche ai nuovi regolamenti di sostenibilità finanziaria, introducendo il limite di cinque anni per gli ammortamenti dei cartellini dei giocatori a partire da questa stagione. Una stagione in cui il Chelsea non prende parte alle competizioni continentali, va ribadito, quindi per ora prosegue sulla strada avviata un anno fa. Da quest’anno verrà inoltre implementato il limite di spesa per il parco giocatori (cartellini, stipendi, oneri accessori legati agli agenti) pari al 90% dei ricavi, da ridurre gradualmente fino al 70% per la stagione 2025/26.

 

Tra l’altro, dalle parti di Stamford Bridge, di recente c’è stato un confronto col Club Financial Control Body della UEFA. Oggetto del contendere, però, non sono le spese attuali del club guidato da Todd Boehly. È semmai il passato rappresentato da Abramovich ad aver bussato, un’ultima volta, alle porte di Londra. Secondo la Prima Sezione del CFCB, infatti, sono state violate le norme sul Fair Play Finanziario «a causa della presentazione di informazioni finanziarie incomplete» e la nuova proprietà «ha identificato e segnalato in modo proattivo alla UEFA casi di rendicontazione finanziaria potenzialmente incompleta sotto la precedente proprietà del club», nel periodo che va dal 2012 al 2019. Le parti hanno raggiunto un accordo per risolvere definitivamente la contesa con un pagamento di 10 milioni di euro da parte del Chelsea, che ha così archiviato le questioni passate e non intende certo aprirne di nuove.

 

Non c’è però solo il Fair Play Finanziario della UEFA da seguire. Ci sono anche le Profitability and Sustainability Rules della Premier League, che permettono un risultato ante imposte negativo per non più di 105 milioni di sterline in un triennio. Nel solo esercizio relativo alla stagione 2021/22, le perdite nette sono state pari a 121,3 milioni di sterline e le perdite ante imposte non si discostano più di tanto da questa cifra, ma con 76,7 milioni di sterline ascrivibili solo alla voce svalutazioni dei cartellini. A questo punto, verrebbe da chiedersi quali siano i calciatori svalutati – anche se qualche sospetto c’è… – e se le cessioni di quest’estate, tra quelle già effettuate e quelle che andranno concluse entro il 1° settembre (o chissà, anche dopo, considerando che in Arabia Saudita il mercato chiude il 7 settembre), possano permettere effettivamente al Chelsea di incamerare plusvalenze tali da riequilibrare il saldo. 

 

Callum Hudson-Odoi e Romelu Lukaku, soprattutto quest’ultimo, restano con la valigia in mano. Metter dentro altri soldi dalle loro cessioni, darebbe al Chelsea un’ulteriore spinta nel portare avanti il proprio progetto, in cui ancora manca un main sponsor nella maglia e soprattutto i ricavi che la partecipazione a una competizione europea, magari la Champions League, avrebbero assicurato. Ma per quella, nella migliore delle ipotesi, se ne riparlerà il prossimo anno. Con le nuove norme della UEFA sui limiti di spesa e sugli ammortamenti dei cartellini da rispettare.

 

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Benedetto Giardina è nato a Palermo nel 1991, si occupa di sport ed economia sportiva.