Terminata l’esperienza al Napoli, Maurizio Sarri ha deciso di mettersi in gioco immediatamente accettando di guidare il Chelsea, una squadra reduce da una stagione complicata sotto la gestione di Antonio Conte ed apparentemente antitetica alla sua filosofia calcistica.
Le notevoli difficoltà riscontrate nella gara di Community Shield contro il Manchester City - come la gestione delle transizioni negative o una linea difensiva ancora troppo orientata sull’uomo nelle letture senza palla - lasciavano presagire che al tecnico toscano sarebbe servito del tempo per trasmettere al Chelsea le sue idee. Invece, grazie ad un gruppo solido di giocatori ben disposti (formato da Kepa, Rüdiger, David Luiz, Jorginho, Kanté e Hazard), la squadra si è velocemente adattata ai princìpi di gioco di Sarri, dimostrando anche coraggio e personalità nell’applicare la nuova mentalità.
Dopo il sorprendente avvio in campionato, con una striscia di imbattibilità durata dodici giornate, il Chelsea ha perso il ritmo delle principali contendenti al titolo, Liverpool e Manchester City, nonostante ciò è ancora in piena corsa per l’accesso alla prossima Champions League grazie al quarto posto in classifica ed un vantaggio di tre punti nei confronti di Arsenal e Manchester United.
Tuttavia, la produzione offensiva della squadra di Maurizio Sarri è visibilmente peggiorata; non in termini quantitativi, dato che i Blues sono secondi in Premier League per occasioni create complessive, bensì qualitativi: dopo le prime dodici partite infatti il Chelsea era terzo in classifica per Non-Penalty Expected Goals prodotti, mentre tra la tredicesima e la ventiduesima giornata è sceso fino al nono posto (facendo addirittura peggio del Burnley quindicesimo in campionato).
Le cause della sterilità offensiva
Si possono individuare tre principali motivi dietro alla diminuita efficacia dei Blues nell’ultimo terzo di campo e sono tutti di natura tecnico-tattica.
1. Scarsa penetrazione contro blocchi bassi
Il Chelsea di Sarri è una squadra che cerca di controllare le partite grazie al possesso palla. Ci sono delle differenze rispetto a ciò che ci si attenderebbe da una tipica squadra sarriana, ma al contempo anche tanti punti di continuità. Fra questi vi è la necessità di offrire almeno due - preferibilmente tre - soluzioni di passaggio al portatore di palla, ma anche la costruzione bassa affidata al triangolo formato dai due centrali e il regista (con il coinvolgimento attivo del portiere).
Il Chelsea però ha un approccio più diretto in fase di possesso, cercando di sfruttare il più possibile le incertezze difensive di molte squadre inglesi nel gestire situazioni di palla coperta/scoperta con frequenti verticalizzazioni, giocate a muro e ricerche del terzo uomo. I Blues attaccano principalmente le zone centrali cercando di creare superiorità numerica e posizionale alle spalle del centrocampo avversario, soprattutto con Hazard.
Il Tottenham di Pochettino è stata la prima avversaria a prendere contromisure adeguate per limitare la loro produzione offensiva, schierandosi col rombo di centrocampo e disponendo una marcatura a uomo su Jorginho (egregiamente svolta da Alli). L’approccio si è rivelato efficace ed ha portato la vittoria degli Spurs per 3-1; nel match il Chelsea non è riuscito a sfruttare in alcun modo gli spazi in ampiezza concessi in maniera sistematica dal Tottenham.
Altre squadre (come Wolverhampton, Crystal Palace e Southampton), seppur con disposizioni tattiche diverse, sono riuscite a limitare gli attacchi centrali dei Blues schierandosi con blocchi bassi e molto compatti in verticale; in queste situazioni il Chelsea si è ritrovato a fare un possesso palla lento e prevedibile, con Jorginho incapace di penetrare con continuità le linee di pressione avversarie. A quel punto la squadra ha cominciato a dipendere totalmente dai dribbling di Hazard negli spazi stretti.
Aiutato anche dagli interventi del giovane portiere Gunn, il Southampton è riuscito a strappare un preziosissimo 0-0 a Stamford Bridge con un 5-4-1 stretto ed un baricentro basso.
2. Difficoltà nell’attaccare l’area di rigore
Va detto che il Chelsea non è rimasto rigido ma ha provato ad adattarsi parzialmente a questi contesti avversi, cercando di sviluppare il gioco di più sulle fasce (prevalentemente a sinistra) e rifinire l’azione offensiva tramite i cross. Sono emersi però problemi nell’occupazione dell’area di rigore, sia per le caratteristiche delle mezzali (nonostante una notevole generosità di Kanté negli inserimenti) che i limiti fisici degli attaccanti, soprattutto col 4-3-3 ed il “falso nove” (Hazard).
Nella semifinale d’andata della Carabao Cup contro il Tottenham, i Blues hanno faticato parecchio a portare uomini in area di rigore: sul cross di Hudson-Odoi solo Hazard e Willian si gettano in avanti e le mezzali sono troppo lontane per vincere eventuali seconde palle appena fuori area.
Con Giroud o Morata centravanti si ha un riferimento fisso in area, ma la scelta del francese o lo spagnolo comporta vantaggi e svantaggi molto marcati.
3. Gli attaccanti
L’assetto offensivo dei Blues è strutturato in modo da compensare le caratteristiche opposte dei terzini e le rotazioni lungo le catene laterali sono simili a quelle viste al Napoli: con Marcos Alonso più fluidificante che terzino ed Azpilicueta che rimane più bloccato per ripiegare subito in transizione negativa (garantendo così una difesa a tre e mezzo), l’ala sinistra si accentra nel mezzo spazio del proprio lato, mentre quella destra rimane più larga per fornire un riferimento in ampiezza sui cambi di gioco.
Quando il Chelsea schiera Giroud o Morata, Hazard parte da sinistra (poi come sempre ha grande libertà di movimento lungo la trequarti avversaria) mentre uno tra Pedro e Willian occupa la fascia opposta; quando invece tocca al belga agire da centravanti “atipico”, è il brasiliano ad essere impiegato come esterno su quel lato.
Ci sono pro e contro a seconda di chi occupa la posizione di punta centrale (tra l’altro già evidenti la scorsa stagione con Conte): Morata attacca bene - anche se meno volte rispetto ad inizio stagione - la profondità ma nel gioco spalle alla porta viene fisicamente dominato dai centrali avversari e sbaglia parecchi controlli; Giroud invece è molto bravo a dialogare con Hazard, al punto che i Blues spesso esagerano nelle verticalizzazioni che cercano le sponde del francese, ma si muove pochissimo alle spalle della linea difensiva avversaria ed appiattisce la squadra.
In questa situazione tratta dalla gara col Crystal Palace, si nota la posizione stretta, quasi da seconda punta, di Hazard vicino a Giroud; il Chelsea è molto piatto e ci sono ben sei giocatori sotto la linea della palla.
Sulle spalle di Hazard
Pur avendo caratteristiche fisiche diverse, Hazard è un’ottima via di mezzo tra i due centravanti attualmente a disposizione: eccelle nel gioco spalle alla porta e guadagna molti falli, fa ottimi movimenti incontro o in profondità e spezza le linee di pressione avversarie grazie all’eccellente dribbling. Quando si abbassa, però, viene spesso a mancare l’attacco immediato della profondità (se non con qualche episodica incursione di Kanté) e questo vuoto limita ancor di più la squadra di Sarri contro blocchi bassi.
In Inghilterra gli opinionisti TV hanno spesso discusso la possibilità di schierare Pedro come falso nove, riportando così il belga nella propria posizione migliore. Da un lato lo spagnolo non avrebbe problemi a far suoi gli attuali movimenti in verticale di Hazard, ma non sarebbe in grado di offrire la stessa imprevedibilità e qualità nel gioco spalle alla porta o capacità di penetrazione offensiva palla al piede. Lo stesso Sarri ritiene che l’attuale ruolo del belga garantisca più stabilità difensiva.
Oggi il Chelsea dipende fortemente dal suo miglior giocatore: Hazard è già in doppia cifra per gol ed assist (entrambi 10), viaggia ad una media impressionante di 3,11 passaggi chiave e 0,38 expected assist (xAs) ogni 90 minuti e ha partecipato attivamente al 50% dei gol segnati dai Blues in campionato finora (40).
Cosa cambia con Higuaín
Ovviamente questi problemi non sono sfuggiti a Sarri e la sua analisi del pari casalingo col Southampton riassume perfettamente la situazione attuale del Chelsea: «Abbiamo fatto un’ottima gara, soprattutto nei primi 80 metri di campo. Ma negli ultimi 20 abbiamo avuto qualche problema. Dobbiamo provare a risolvere quanto accade negli ultimi 15-20 metri. [...] Abbiamo bisogno di qualcosa di diverso rispetto a quello che abbiamo. Non mi occupo io del mercato e quindi al momento cerco di ottenere il massimo dai miei giocatori. La realtà, però, è che abbiamo dei problemi con gli attaccanti».
Bisogna dire che la dirigenza si sta muovendo per sistemare il reparto offensivo: con Pulisic in arrivo a giugno e Batshuayi ceduto in prestito al Monaco, negli ultimi giorni il Chelsea ha chiuso per l’acquisto a titolo definitivo di Gonzalo Higuaín, che sembra questione di giorni. Sarri ha già definito il suo arrivo con toni entusiasti: «Gonzalo è un attaccante molto forte, specialmente nella mia prima stagione al Napoli ha fatto benissimo. Di sicuro è uno dei migliori attaccanti che abbia mai avuto in carriera. Spero di poterlo riportare alla sua forma migliore».
Dal punto di vista tecnico, del gioco lontano dalla porta, l’argentino rappresenta un netto miglioramento rispetto a Morata o Giroud: Higuaín è un nove moderno, che eccelle nei fondamentali richiesti dal ruolo (ad eccezione forse del colpo di testa), più a suo agio nell’attaccare in spazi stretti che su ripartenze lunghe (come abbiamo visto nel Milan). Il Pipita inoltre è bravo a muoversi in profondità, cosa che nel Napoli di Sarri ha fatto molto bene, e si associa bene coi compagni: non dovrebbero dunque esserci grossi problemi di adattamento, conoscendo già i movimenti richiesti alla punta centrale nel 4-3-3 del tecnico.
In questo momento l’argentino ha però bisogno di essere recuperato dal punto di vista mentale: dopo la magica annata dei 36 gol in Serie A, nelle successive stagioni Higuaín ha visto calare la propria vena realizzativa (anche a causa della differente struttura della Juventus e dei problemi offensivi avuti dal Milan) e arriva da alcuni mesi difficili sia in campo che fuori. Higuaín però potrebbe ritrovare la serenità al Chelsea, una squadra in grado di esaltarne le caratteristiche e con un allenatore che conosce e con cui ha avuto un ottimo rapporto sia da un punto di vista tattico che umano. A 31 anni sappiamo che non è un leader in senso assoluto, ma un calciatore di alto livello che fa la differenza se inserito nel contesto giusto e il Chelsea ha tutte le carte in regola per esserlo.
La squadra di Sarri è attesa da una seconda parte di stagione piuttosto impegnativa, tra l'impegno in Europa League e la lotta per arrivare tra le prime quattro in Premier League, e ha bisogno di ritrovare al più presto la miglior brillantezza sotto porta, chissà che Higuaín non riesca a risolvere questi problemi ed al tempo stesso riscattare gli ultimi mesi negativi.