Il caso innescato dalle recenti dichiarazioni di Paulo Sousa su Federico Bernardeschi («Per come conosco il calcio, Bernardeschi è un giocatore che ha un futuro, per qualità e talento, in squadre con ambizioni diverse da quelle della Fiorentina») illustra in maniera chiara e per certi versi brutale la complessità del rapporto allenatore-giocatore e, di riflesso, quello con i propri tifosi nel calcio contemporaneo. A maggior ragione se a essere coinvolti sono il talento più grande della squadra, idolo e fonte di identificazione per i tifosi, che a più riprese (l’ultima pochi giorni fa) non ha escluso l’idea di giocare tutta la carriera nella stessa squadra, e un allenatore culturalmente molto distante da certi comportamenti tipici del calcio italiano, il cui pragmatismo nelle dichiarazioni è sempre in bilico tra la banalità e la verità cruda, e che sta vivendo un periodo particolarmente problematico.
Non è la prima volta che a Firenze si discute per una frase di Sousa su Bernardeschi. A inizio stagione l’allenatore portoghese aveva detto di vedere Bernardeschi «un po’ confuso, dentro e fuori dal campo», declassandolo a riserva prima di restituirgli il posto da titolare a partire dalla trasferta di Udine. In un’intervista recente alla Gazzetta dello Sport, Bernardeschi ha confessato di esserci rimasto male per quella dichiarazione e di aver chiesto chiarimenti a Sousa, ricevendo come risposta che avrebbe avuto bisogno di più vacanze dopo gli Europei e che il suo allenatore non lo vedeva ancora pronto al 100%.
Un paio di chiarimenti
Paulo Sousa, oggi, è l’allenatore più importante della carriera di Bernardeschi: ne ha indirizzato la crescita, gli ha trovato un posto da titolare nella Fiorentina e l’ha portato a esordire in Nazionale. Bernardeschi gliel’ha riconosciuto più volte in passato: ha elogiato e ringraziato pubblicamente Sousa per la fiducia e i risultati raggiunti e giusto lo scorso maggio, intervistato dalla Gazzetta dello Sport, dava un 9 al suo rapporto con l’allenatore portoghese.
Paulo Sousa, da parte sua, anche con le ultime dichiarazioni, non ha fatto che confermare la considerazione e la fiducia che ripone nelle qualità di Bernardeschi, caratterialmente all’opposto rispetto a egoismi e atteggiamenti sopra le righe che spesso accompagnano i giocatori giovani di talento.
Insomma, a dispetto delle polemiche scatenate dalle dichiarazioni di Sousa, è difficile credere che i due non abbiano un buon rapporto, soprattutto nella stagione in cui, riportato sulla trequarti, Bernardeschi sembra davvero vicino alla definitiva consacrazione.
E ripercorrere il campionato di Bernardeschi è utile per analizzare il rendimento incostante della Fiorentina: il cambio di ruolo del numero 10 è stata una delle chiavi della crescita mostrata nelle ultime giornate (sconfitta contro l’Inter a parte) dopo un inizio al di sotto delle aspettative, in cui i viola hanno fatto una fatica tremenda a creare occasioni da gol e rendersi pericolosi.
Confuso
Bernardeschi ha esordito allo Juventus Stadium da esterno destro, in una partita che per la Fiorentina è sembrata la continuazione del deludente girone di ritorno dello scorso campionato e ha fatto emergere più che altro le difficoltà del numero 10 viola quando viene schierato a centrocampo. Bernardeschi si abbassava per ricevere il primo passaggio da Tomovic, il centrale destro della difesa viola, venendo sempre seguito alle spalle da Alex Sandro, che gli impediva di girarsi. L’ulteriore limitazione rappresentata dalla linea laterale restringeva il campo delle sue soluzioni allo scarico indietro ancora a Tomovic o al centrocampista in appoggio. Il baricentro basso della Fiorentina, poi, lo spingeva all’indietro in fase difensiva per seguire fino in zone profonde Alex Sandro.
In pratica, tutti i vantaggi pensati da Sousa quando ha deciso di cambiargli ruolo erano stati cancellati: Bernardeschi non veniva messo nelle condizioni di giocarsi l’uno contro uno nella trequarti avversaria né rappresentava uno sbocco per far guadagnare campo alla squadra con un’iniziativa personale, venendo dominato da Alex Sandro sia in fase di possesso che in quella di non possesso e finendo per giocare molto lontano dalla porta di Buffon. Intuite le difficoltà, Sousa l’ha quindi riportato sulla trequarti nel secondo tempo, inserendo Tello al suo posto sulla fascia destra: le cose sono andate meglio, ma non abbastanza per impedire la sconfitta della Fiorentina.
Nelle successive tre giornate, quando cioè secondo Sousa era «confuso», Bernardeschi si è accomodato in panchina, subentrando a Sánchez per giocare sulla trequarti contro il Chievo e prendendo invece il posto di Tello sulla fascia destra negli ultimi venticinque minuti contro la Roma. A differenza dell’esordio allo Juventus Stadium, nella partita contro i giallorossi Bernardeschi ha giocato da ala a tutti gli effetti, ricevendo palla non più da Tomovic, ma da Kalinic o uno dei trequartisti (Borja Valero in particolare) ed essendo così messo nelle condizioni di puntare spesso Bruno Peres. Giocando alto, il fatto di partire largo non rappresentava una grossa limitazione: Bernardeschi (così come Tello prima di lui) poteva mettere le sue qualità al servizio della squadra, aprendo uno sbocco offensivo a destra pur giocando in isolamento contro il terzino avversario.
Fluido
Dalla successiva trasferta a Udine, Bernardeschi è rientrato in pianta stabile nell’undici titolare, nella partita simbolo della fluidità e dell’imprevedibilità dello schieramento viola garantite anche dalla sua presenza: Bernardeschi è partito inizialmente da trequartista sinistro, ma si è trovato a giocare anche da esterno destro, in una strana formazione asimmetrica che prevedeva l’occupazione della fascia sinistra con due giocatori (Tello e Milic) e quella destra con un solo giocatore (Bernardeschi appunto).
Il contributo del numero 10 viola è stato quindi vario: più nel vivo del gioco nelle fasi in cui ha giocato sulla trequarti, aggiungendo al set di movimenti della fase offensiva della Fiorentina la sovrapposizione verso l’esterno (come in occasione del rigore procurato da Babacar); spinto a giocare in isolamento quando invece è stato spostato sulla fascia destra, utilizzando le proprie qualità nell’uno contro uno per creare un vantaggio per la propria squadra nell’ultimo terzo di campo.
Peccato solo che non si sia fidato del destro, rientrando sul sinistro.
L’esperimento non ha avuto un seguito nelle tre giornate successive. Contro Milan, Torino e Atalanta Bernardeschi è infatti tornato a occupare la fascia destra, interpretando il ruolo di esterno in maniera piuttosto fluida e mostrando un’ottima intesa con Ilicic, sia scambiandosi di posizione che utilizzando i movimenti in appoggio dello sloveno per entrare dentro il campo.
Si tratta ovviamente di situazioni di gioco studiate da Sousa per rendere più imprevedibile la manovra della Fiorentina e migliorarne la produzione offensiva: alla vigilia della sfida contro il Milan i viola erano infatti la peggiore squadra del campionato dopo il Palermo per volume medio di tiri a partita (8).
Esterno destro soltanto sulla carta.
La svolta
Contro l’Atalanta, nel secondo tempo, Sousa ha provato anche a forzare la mano, scegliendo uno schieramento piuttosto sbilanciato: difesa a 3, due punte (Kalinic e Babacar) e due esterni offensivi (Tello e Bernardeschi), ma non è bastato per sbloccare lo 0-0. La svolta è arrivata nella giornata successiva a Cagliari, quando il portoghese ha schierato per la prima volta quella che sembra essere diventata la formazione tipo, con Bernardeschi finalmente trequartista in pianta stabile.
Da Cagliari in poi la produzione offensiva della Fiorentina si è impennata: per intenderci, la media di Expected Goals a partita è raddoppiata, passando da 0,8 a 1,66. La nuova posizione di Bernardeschi ha contribuito in maniera importante: il numero 10 viola ha segnato infatti ben 5 gol, passando da 0,43 a 2,04 xG prodotti. Banalmente, averlo avvicinato alla porta avversaria l’ha messo nelle condizioni di cercare più spesso il tiro e segnare più gol, ma il suo contributo alla manovra offensiva non si riduce alle reti fatte.
Bernardeschi ha reso più vario e imprevedibile il gioco della Fiorentina nella trequarti avversaria, aggiungendo una serie di movimenti cui sono meno inclini Borja Valero e Ilicic, i compagni che l’hanno preceduto (Borja) o lo affiancano (Ilicic) sulla trequarti: il taglio dal centro verso la fascia, a entrare in connessione con l’esterno e a facilitare la risalita del campo per vie laterali, e gli inserimenti in area di rigore sfruttando l’incessante movimento di Kalinic. Escludendo il rigore contro l’Udinese e il cross entrato in porta contro la Sampdoria, i gol di Bernardeschi si possono dividere in due categorie: quelli segnati su iniziativa personale grazie alla nuova posizione in campo e quelli segnati grazie a Kalinic.
Deve solo spingere la palla in porta, ma Bernardeschi è l’unico giocatore della Fiorentina in area oltre a Kalinic.
In mezzo al campo, il ventaglio di soluzioni si è allargato e le prestazioni sono cresciute di conseguenza: Bernardeschi ha più linee di passaggio tra cui scegliere (scarico al centrocampista in appoggio o all’esterno più vicino; scambio con l’altro trequartista; filtrante per Kalinic oppure il cambio di gioco sull’esterno opposto), potendo così esaltare il suo naturale spirito associativo, e girandosi può vedere subito la porta. È il vantaggio più immediato dello spostamento sulla trequarti. Oltre un anno e mezzo fa Emanuele Atturo scriveva che Bernardeschi «tira da fuori area con la stessa disinvolta precisione con cui un giocatore normale prova a tirare da dentro l’area»: le cose, ovviamente, non sono cambiate.
Il numero 10 viola ha disseminato la prima parte della stagione di dimostrazioni delle sue capacità di tiro: in campionato ha replicato il gol al Cagliari con un’altra rete segnata all’Empoli calciando fortissimo sotto l’incrocio dei pali più vicino, in Europa League contro il PAOK ha segnato tirando senza alcuno sforzo apparente all’angolino, ma prima del gol aveva mostrato un altro pezzo del suo repertorio. Il tiro di collo interno sul secondo palo talmente forte e veloce che la traiettoria si può capire soltanto rivedendola al rallentatore con i replay.
Superfluo dire che avrebbe meritato il gol.
Difficoltà
La nuova posizione di Bernardeschi non ha comunque risolto uno dei vecchi problemi tattici della Fiorentina: la difficoltà ad attaccare difese schierate, specie se strette al centro del campo e protette dal doble pivote. Non è un caso che i viola abbiano dilagato contro il Cagliari e l’Empoli, schierate entrambe con il rombo a centrocampo, una disposizione che facilita la ricezione dei due trequartisti ai lati del mediano nella tasca tra quest’ultimo e le mezzali, e abbia invece rischiato di perdere contro il Crotone, il cui 4-4-2 stretto ostacolava il gioco tra le linee e gli smarcamenti dei trequartisti, seguiti dai centrocampisti centrali.
In questi casi le difficoltà di Bernardeschi spalle alla porta non aiutano: non è infatti uno specialista dei controlli orientati e raramente sfrutta il primo tocco per saltare l’avversario alle spalle o cambiare la direzione della propria corsa, preferendo controlli più sicuri che allontanino il pallone dall’avversario e gli consentano di proteggere palla col corpo. Sembra puntare più sul fisico che sulla tecnica e anche i suoi dribbling sono semplici, senza particolari finte, spesso basati esclusivamente sulla superiorità fisica o atletica sull’avversario diretto (il che d’altra parte vuol dire che se il suo avversario lo sovrasta atleticamente o fisicamente va in difficoltà).
Inoltre, la convivenza con Ilicic, che gli impone di giocare sul centro-sinistra, è un’ulteriore limitazione: Bernardeschi è portato naturalmente a girarsi sul sinistro e a guardare così la linea laterale, dimezzando le possibilità di scelta, e quando riceve dalla fascia sinistra è costretto a complicati controlli di esterno per entrare dentro il campo. Di certo un utilizzo più frequente ed efficace del piede destro renderebbe meno semplice leggere le sue intenzioni.
I ripiegamenti sulla linea dei centrocampisti in fase di non possesso, invece, non sono molto diversi da quando Bernardeschi viene schierato esterno destro, ma la sua posizione è ancora più delicata nelle transizioni: sia difensive, dato che deve scalare velocemente a sinistra per completare la linea a 4 a centrocampo, sia offensive, perché il fatto di giocare in zone più centrali lo rende un punto di riferimento per risalire il campo ancora più pericoloso per le difese avversarie.
Nessun altro giocatore della Fiorentina garantisce queste corse palla al piede.
Da quando Sousa siede sulla panchina della Fiorentina, non c’è dubbio che Bernardeschi sia diventato un giocatore più completo. Adesso che è stato riportato in una posizione più incline alle sue caratteristiche, il talento di Carrara sembra avviato alla stagione della definitiva consacrazione. Il ruolo ibrido tra il trequartista e il centrocampista sinistro ha consentito di aggiungere la sua qualità e il vario set di movimenti di cui è capace in zone più determinanti per la Fiorentina, senza rinunciare alle corse in ripiegamento e palla al piede diventate ormai un suo marchio di fabbrica.
Dovesse confermare le buone impressioni di questo inizio di stagione, è normale che a fine anno Bernardeschi diventi un obiettivo delle grandi squadre d’Italia e d’Europa: d’altra parte già in passato si sono inseguite le voci di un interessamento di quasi tutti i top club, da Juventus, Inter e Milan, a Barcellona e Bayern Monaco. Misurarsi con un contesto di quel livello fa parte del logico processo di crescita del numero 10 viola e in questo senso le parole di Sousa, che comprensibilmente hanno dato fastidio ai tifosi della Fiorentina, sono persino banali. Da qualche mese l’allenatore portoghese non perde l’occasione per lanciare frecciate alla società, attaccando in maniera più o meno diretta i piani di rafforzamento dopo lo splendido girone d’andata dello scorso campionato, questa sembra essere solo l’ultima puntata.
Per la Fiorentina è un momento delicato, specie dopo la sconfitta con l’Inter, all’interno di una stagione delicata e forse di passaggio, e tra le tante domande aperte ormai c’è anche quella che riguarda le ambizioni societarie, se sono abbastanza grandi per trattenere Bernardeschi - a vita, o magari anche solo per qualche anno.