In questi giorni in cui finalmente è entrato nell'orbita del calcio italiano, l'appellativo più inflazionato di fianco al nome di Fabian Ruiz è quello di centrocampista box to box, cioè, letteralmente, un giocatore che attacca e difende da un’area di rigore all’altra. È una nozione calcistica nata in Inghilterra, la patria del gioco verticale, dei Gerrard, dei Lampard, ma che si sta gradualmente diffondendo anche nel resto dell’Europa declinandosi però in un'accezione più nobile, per riferirsi a giocatori sempre più peculiari e raffinati sia fisicamente che tecnicamente, a freak del centrocampo dal tocco al velcro, come Pogba e Milinkovic-Savic. Si tratta di centrocampisti con tecnica da trequartista e fisico da pentatleta, o da cestisti, capaci di generare mismatch in qualunque zona di campo e di far valere il proprio talento anche in condizione d'inferiorità numerica.
Sembra piuttosto radicata, come detto, la convinzione che Fabian Ruiz appartenga a questa categoria. Quando quest'inverno si parlava di un possibile interessamento nei suoi confronti da parte di Lazio, Roma e Inter, il Corriere dello Sport aveva colto l'occasione per chiedere un parere a Quique Setien. Immancabile era giunto la domanda su una presunta somiglianza con Milinkovic-Savic, dalla quale il tecnico cantabrico aveva risposto con diplomazia ma senza rifiutare del tutto il paragone: «Per conoscere un giocatore davvero devi allenarlo e io non ho avuto il piacere di allenare Milinkovic, anche se visto da fuori ho la sensazione che un po’ gli assomigli». Setien, però, aveva proposto un altro metro di paragone, più affine a Fabian per modo di intendere il calcio: «Tra quelli che ho allenato, il giocatore che più mi ricorda è Vicente Gomez del Las Palmas. Fabian è un po’ più rapido e potente di Vicente, ma come lui capisce bene il gioco, gestisce bene la palla e i tempi».
Il raffronto col centrocampista canario se comunque non inquadra al 100% l'inventario tecnico dell'ex Betis, serve quanto meno a non confonderlo del tutto categorie che non gli appartengono del tutto, come per l’appunto quelli dei centrocampisti box to box o dei trequartisti freak come Milinkovic-Savic. Vicente Gomez, nelle giornate migliori del Las Palmas di Setien, era il giocatore che tra centrocampo e trequarti con i suoi movimenti favoriva la continua creazione di triangoli, protagonista di quegli scambi sul corto che avevano reso i canari una squadra unica nel panorama europeo. Allo stesso modo, Fabian Ruiz era l'uomo in più del possesso del Betis, in un moto perpetuo lungo tutto il campo per creare la superiorità numerica.
D’altra parte, il senso associativo fa parte da sempre del suo retaggio calcistico. A 14 anni Fabian Ruiz era ancora un trequartista, paragonato a Messi per la raffinatezza del sinistro, prima di crescere in pochi mesi di ben trenta centimetri. Una trasformazione imprevedibile, che la mezzala andalusa ha gestito senza snaturarsi, cercando di sfruttare l'altezza solo quando necessario invece di adottarla come strumento di tirannia in mezzo al campo. Ancora un paio d'anni fa, durante la stagione d'esordio in Liga, diceva di sentirsi a suo agio nel ruolo originario di trequartista.
Anche lo scorso anno, soprattutto a inizio campionato, Fabian Ruiz ha avuto modo di occupare la trequarti. Il suo talento però è più di ampio respiro, e puoi essere utile anche in zone più profonde di campo. Oggi Fabian Ruiz è un giocatore la cui influenza sulla squadra inizia a ridosso della propria difesa e termina nell'area avversaria. In questo senso allora si può parlare di un centrocampista box to box, anche se con un imprinting calcistico totalmente diverso da quello diretto e verticale della scuola inglese, e più consono al gioco di posizione della scuola spagnola.
Al servizio del gioco
Più che di un centrocampista d'assalto parliamo dunque di una mezzala associativa di un metro e novanta. Il rapporto di Fabian col pallone e con lo spazio infatti è sempre subordinato a quello con la squadra, che determina ogni sua scelta in campo. È un inclinazione naturale che si palesa già nei movimenti senza palla.
Il calcio di Setien richiede infatti rotazioni continue ad ogni suo interprete, così da occupare al meglio il campo e disordinare le linee difensive avversarie. Definire delle posizioni fisse in un sistema in cui anche i difensori, se necessario, scambiano la posizione coi centrocampisti, è davvero impossibile. Il calcio di Fabian in questo senso diventa sineddoche dei principi del suo allenatore.
La simbiosi tra i dettami del tecnico e l'istinto per il gioco associativo del suo centrocampista si manifesta in un'intelligenza sopra la media per quanto riguarda l'occupazione degli spazi. Ruiz si muove come se nella vita non avesse fatto altro che giocare agli ordini di un allenatore come Setien ed è straordinario pensare che quella da poco terminata sia stata appena la sua prima stagione da titolare in Liga.
Per ogni suo passo sul campo non c'è mai niente di casuale. Che si trovi a trenta metri dalla propria porta, o vicino alla bandierina del calcio d'angolo, l'occupazione del campo per lui diventa un'equazione da risolvere nella maniera più cerebrale possibile, quasi come una partita di Tetris, in cui il suo compito è muoversi nella direzione giusta per incastrarsi al meglio coi compagni.
Fabian Ruiz con i suoi movimenti cercava di creare le condizioni migliori per facilitare il possesso di squadra e non solo le proprie ricezioni, in una fusione ottimale tra la tecnica individuale e la tattica collettiva. Il centrocampista spagnolo ha un talento non banale negli smarcamenti, grazie al quale riesce a capire come posizionarsi per uscire dal cono d'ombra degli avversari disegnando una linea di passaggio pulita per i compagni.
Una qualità particolarmente utile a una squadra come il Betis, abituata a controllare la partita attraverso il pallone, capitava spesso di dover giocare contro difese chiuse. L'entropia generata dagli scambi di posizione dei biancoverdi serviva proprio a invitare gli avversari ad abbandonare la propria posizione, così da sfilacciarne la struttura difensiva. Fabian con i suoi spostamenti cercava sempre di insinuare il dubbio nel difendente; il suo obiettivo era attrarre il marcatore fuori dalla propria zona di competenza, per aprire nuove opzioni di passaggio verso i compagni e coinvolgerli nel possesso (spesso le condizioni migliori per un giocatore a volte un po' pigro come Boudebouz, con cui ha spesso condiviso la trequarti). I movimenti di Fabian portavano fuori posizione i centrocampisti avversari e sguarnivano gli spazi di mezzo, le zone di ricezione migliori per un trequartista tecnico come l'algerino.
Il movimento laterale di Ruiz attira fuori posizione Casemiro e permette a Mandi di giocare direttamente su Boudebouz.
Ubiquità
Il calcio di Fabian Ruiz, insomma, è celebrale come quello di quei giocatori che identificano il proprio stile con quello del gioco di posizione. Anche il suo fisico, potenzialmente incline ad un calcio più diretto e atletico si adatta in questo senso alla sua cerebralità. Potrebbe sfruttarlo per invitare i compagni a lanciare su di lui, forte del metro e novanta d'altezza, per andare a raccogliere i cross in area o per giocare esclusivamente di sponda. Ruiz invece prova a capovolgere la prospettiva: se nei centrocampisti atleticamente simili a lui è il fisico ad influenzare lo stile di gioco, per Fabian Ruiz è il bagaglio tecnico a indirizzare l'uso del proprio corpo.
Grazie alla lunghezza delle gambe e quindi della falcata, ad esempio, riesce a coprire con una certa velocità spazi piuttosto ampi. Gli spostamenti con i quali si smarca o scambia la posizione con i compagni sono favoriti proprio dalla buona rapidità con cui sa muoversi da un punto all'altro del campo. È per questo che Setien ha cercato di aumentare la sua influenza a zone di campo sempre più ampie, chiedendogli di adattare le proprie scelte a seconda della posizione occupata e delle situazioni di gioco.
Lo scorso anno è stato il giocatore del Betis col maggior numero di passaggi completati (60.8 per 90 minuti), ad esclusione del solo Jordi Amat. Fabian Ruiz ama giocare a uno massimo due tocchi e sul breve, così da elevare il ritmo del possesso e rendersi protagonista della manovra. La sensibilità del sinistro gli permette di calciare con estrema precisione sia d'interno sia d'esterno, mentre dovrebbe migliorare l'uso del destro, ancora troppo rudimentale. In una squadra come il Betis, in cui le distanze corte favoriscono la formazione di triangoli in ogni zona del campo, la sua abilità nella distribuzione della palla diventa davvero uno strumento tattico irrinunciabile.
A dimostrazione ulteriore della sua poliedricità c’è anche il fatto che lungo tutta la stagione Fabian Ruiz ha agito prevalentemente da mezzala sinistra, sia nel 4-3-3 sia nel 3-5-2, ma ha fatto diverse apparizioni anche sulla trequarti o nella coppia di mediani del 4-2-3-1 a volte sperimentato da Setien. L’anomalia, nel suo caso, è quella di aver avuto un’influenza maggiore sul possesso della propria squadra rispetto al vertice basso dei centrocampo a tre di cui faceva parte (quindi Guardado). Fabian Ruiz, grazie alla mobilità con cui si è dimostrato capace di spostarsi da una parte all'altra del campo, era il giocatore più coinvolto nella trama di passaggi del sistema di Setien.
Quando partiva mediano nel 4-2-3-1, ad esempio, non si limitava a occupare il centro del campo. Spesso anzi sfruttava la salita del terzino per cercare la tipica ricezione “alla Kroos”, cioè allargandosi accanto al centrale ad occupare lo spazio liberato dalla salita del terzino dal suo lato. In questo modo diventava difatti il centrale di destra di una difesa a tre e liberava al centro spazio per Guardado, che così poteva agire da vertice alto del rombo di costruzione completato dagli altri due difensori centrali.
Nel centrocampo a tre invece, basculava continuamente tra una posizione più avanzata, che delle volte lo portava ad occupare la trequarti, e una più bassa, nella quale agiva da vero e proprio regista basso: grazie ai movimenti di Fabian e dell'altra mezzala, Joaquin, era impossibile comprendere se quello di Setien fosse un 3-4-3 o un 3-5-2.
Senza dimenticare la tecnica
Per quanto parliamo di un calciatore con una comprensione raffinata del gioco, dotato di un fisico all'avanguardia, non dobbiamo dimenticare la dimensione tecnica, quella senza la quale atletismo e letture avrebbero scarsa utilità.
Una tecnica abbinata ad una visione di gioco non banale. Fabian Ruiz raramente si limita ad appoggi elementari, seppur funzionali all'idea di calcio del Betis. Quando è possibile infatti sa leggere gli spazi a disposizione per cercare il passaggio taglialinee verso la trequarti. La capacità di alternare passaggi corti e sicuri a filtranti più rischiosi gli permetteva, assieme a Guardado, di indirizzare il possesso del Betis verso zone più pericolose. Grazie al coinvolgimento frequente nella manovra, Guardado e Ruiz potevano alzare il proprio baricentro con passaggi e movimenti in avanti, oppure conservare il possesso quando la squadra di Setien aveva bisogno di riordinarsi. In questo modo tutta la squadra, spinta dai centrocampisti, riusciva ad assestarsi a ridosso dell'area avversaria. Una posizione, tra l’altro, da cui Fabian Ruiz può far valere le proprie doti balistiche: tutti e tre i suoi gol della scorsa stagione sono tiri scoccati dal limite dell'area.
La qualità verticale di Fabian Ruiz è stata molto utile al Betis le volte in cui decideva di ribaltare il campo in transizione, con filtranti che innescavano le corse nello spazio di giocatori come Joaquin, Tello o Sergio Leon. Fabian riesce spesso a trovare il giusto compromesso tra la corsa del compagno e quella del pallone, così da non rallentare il ritmo della transizione e raggiungere la porta senza sprecare il vantaggio di tempo e spazio sugli avversari.
Siamo di fronte, insomma, ad un giocatore particolarmente creativo. Fabian Ruiz, grazie alla sua tecnica, era fondamentale per individuare lo spiraglio giusto e giocare il pallone in diagonale verso la fascia centrale di campo, nello spazio liberato dallo scivolamento laterale degli avversari. Se poi la zona centrale era ancora congestionata, può provare ad alzare il pallone per tentare il cambio gioco sul lato debole, in modo da creare un isolamento offensivo.
Il sinistro di Fabian Ruiz mantiene una precisione e una sensibilità eccellenti anche in movimento. Spesso quando scambia la palla su distanze corte ama cercare il movimento alle spalle dell'avversario, con l’obiettivo di risalire il campo tramite triangolazioni, grazie al passo lungo che rende difficile per gli avversari assorbire i suoi movimenti alle spalle e alla sensibilità nel primo controllo, che gli permette di tessere uno-due anche a ritmi sostenuti. L'istinto per i triangolazioni gli permette nella stessa azione di partecipare al primo possesso e, infine, di occupare la trequarti per cercare la rifinitura.
Specie quando partecipa al palleggio sulla fascia nelle catene laterali, formate nel 3-5-2/3-4-3 da terzo centrale, interno di centrocampo, esterno e trequartista, Ruiz può occupare indifferentemente ognuno dei quattro vertici del rombo. Da terzo centrale può sfruttare la tecnica nei passaggi per agire fronte alla porta e indirizzare il possesso della catena laterale; da interno ha la sensibilità per giocare di prima, anche con l'uomo addosso, ed eventualmente scambiare la posizione coi compagni. Da esterno può rigiocare il pallone verso il centro, cambiare gioco o premiare il taglio verticale del trequartista del lato forte. Da vertice alto ha il passo, se si creano i presupposti, per attaccare lo spazio alle spalle dei difensori e permettere al Betis di sfruttare contemporaneamente ampiezza e profondità.
Al di là dei passaggi, il talento palla al piede di Fabian Ruiz risplende anche in altri fondamentali. Ad esempio nel dribbling, arma a cui ricorre con una certa furbizia quando non ha linee di passaggio pulite a disposizione. Anche nell'uno contro uno, oltre alla tecnica, concorre una capacità d'analisi straordinaria. Quando si tratta di saltare l'avversario, però, Fabian Ruiz non ha la creatività dei centrocampisti più raffinati e a volte è un po’ meccanico. Il centrocampista spagnolo ha un gioco minimale e cerca di creare le condizioni migliori per l'uno contro uno, in modo da superare l'avversario nella maniera più semplice possibile. Spesso Fabian Ruiz finge di scoprire momentaneamente il pallone, così da attirare il pressing avversario, attendendo sempre fino all'ultimo l'intervento del difensore. In questo modo non solo crea spazio alle sue spalle, ma lo invita a sbilanciarsi nel tentativo di rubargli palla. A Fabian Ruiz riescono ben 2.3 dribbling ogni 90 minuti, una cifra molto alta per un centrocampista che agisce nelle zone più congestionate del campo (Modric, per intenderci, quest’anno ne ha completati 2.2 ogni 90 minuti).
Quando invece nota spazi ampi alle spalle di chi difende, può anche decidere di allungare la falcata per tentare di avanzare in conduzione. Grazie al fisico che gli permette di resistere ai contrasti, durante le conduzioni riesce sempre a restare in controllo del pallone, avanzando palla al piede con sicurezza e ritmo. Nonostante le gambe lunghe, la sensibilità del tocco durante la corsa gli permette di non scoprire mai il pallone, che in questo modo non entra mai nella disponibilità dell'avversario. In più, quando con la conduzione non riesce a liberarsi del diretto marcatore, può decidere di fermare di colpo la corsa e coprire il pallone col corpo, così da tornare indietro e far ricominciare la circolazione.
Un sarrista da Ancelotti
Viste le sue caratteristiche, sarebbe stato interessante veder giocare Fabian Ruiz sotto la guida di Sarri. Un centrocampista così razionale, con una tecnica e una struttura fisica davvero eccellenti, avrebbe potuto essere la chiave di volta nel sistema di quel Napoli, forse la squadra più simile al Betis di Setien in Italia.
Invece l'andaluso passerà per le mani di Carlo Ancelotti, un allenatore che comunque con i centrocampisti di qualità ha una certa dimestichezza. Fabian Ruiz di certo fa parte di quella classe di centrocampisti: è uno dei prospetti più interessanti del calcio spagnolo, punto nel nuovo ciclo dell'under 21 di Celades e ragionevolmente destinato ad un posto da titolare anche in nazionale maggiore nei prossimi anni.
Sarà interessante sin da subito osservare come si adatterà a un sistema meno codificato di quello del Betis. Già Setien aveva sottolineato lo scorso anno come fosse importante per la crescita di Fabian provare a imporsi al di fuori della comfort zone del gioco di posizione: «Sarà fondamentale che capisca che quando arriverà il momento di fare il salto non dovrà modificare il suo atteggiamento in campo con la nuova squadra. […] La sua crescita deve continuare anche con altri stili di gioco, allora potrà diventare davvero bravo. L’anno scorso è stato nell’Elche, in seconda divisione, senza emergere troppo. Ora con il nostro stile e con quello che ha imparato sta facendo benissimo».
Come potrebbe mutare il suo stile di gioco nel nuovo Napoli di Ancelotti? Se davvero Fabian fosse il sostituto di Jorginho, il suo acquisto sarebbe la prova definitiva del passaggio dal 4-3-3 al 4-2-3-1. L'ex Betis potrebbe agire da mediano al fianco di Diawara, magari occupando nuovamente lo spazio tra centrale e terzino e lasciando il centro del campo al compagno, abituato con Sarri ad occupare il ruolo di vertice basso di centrocampo. Oppure, perché no, potrebbe partire da trequartista centrale.
Certo, sulla trequarti dovrebbe sfruttare di più il fisico per giocare spalle alla porta, ma in compenso le sue doti di lettura sarebbero utilissime negli inserimenti profondi. E sarà interessante vedere le sue qualità in fase di definizione, che al Betis erano limitate dalla sua influenza nel consolidamento del possesso. Pur avendo le caratteristiche adatte, tra l’altro, raramente Fabian Ruiz attaccava l'area in corsa, rendendolo più utile nei primi tre quarti di campo. Se Ancelotti gli chiedesse di adottare uno stile più diretto, potrebbe usare la propria capacità di analisi per individuare eventuali buchi nelle difese avversarie e sfruttare le ampie falcate per occuparli. E non dimentichiamoci nemmeno delle sue doti balistiche, con cui ama particolarmente calciare d'interno rasoterra sul secondo palo.
Avanzando il proprio baricentro potrebbe affinare ulteriormente questo fondamentale e magari, più che il sostituto di Jorginho, diventare l'erede di Marek Hamsik. Ma è ancora presto per dirlo, ovviamente: Fabian Ruiz alla fine ha ancora 22 anni e una sola stagione ad alti livelli alle spalle. La sua storia a Napoli è tutta da scrivere.