Clément Grenier ha solo 26 anni ma è già un nome nostalgico per chi lo ricorda quando ne aveva 23. Per chi non lo conoscesse, con poche parole a disposizione, dovrò per forza di cose riassumere la sua parabola dicendo che prima dell’infortunio agli adduttori che gli ha fatto saltare quasi tutta la stagione 2014/15 era uno dei talenti più cristallini del calcio francese degli ultimi anni.
Un trequartista dinamico, alto, leggero, con una visione di gioco e una tecnica di prima qualità, sia nel corto che nel lungo, che gli permetteva di giocare anche come mezzala e persino da playmaker. L’archetipo del centrocampista, con una bella corsa e un ottimo controllo di spalle, capace di smarcarsi tra le linee e di correre alle spalle degli avversari per andare in verticale. Non eccelleva mostruosamente in niente - qualche assist, qualche gol - ma era difficile trovargli difetti tecnici o tattici. Con la fascia da capitano a ventidue anni, fatico a ricordare altri giocatori della sua età nel gioco delle loro squadre come lo era lui nel Lione (in cui giocava da quando ne aveva 11).
Tecnica di tiro approvata da Juninho, che diceva avrebbe segnato più punizioni di lui.
Ne ho scritto facendogli fare la parte della nemesi di Gourcuff quando volevo omaggiare quella parabola prematuramente nostalgica, e non potevo sapere che poco dopo sarebbe stato proprio Grenier a rientrare in quella categoria di giocatore lì. Sembra che Grenier abbia ereditato la maledizione di Gourcuff - che solo adesso sta riuscendo a ricostruirsi intorno alle ferite che gli hanno lasciato gli infortuni. In un caso come nell’altro sono stati i problemi fisici a imporre i veri limiti al tipo di giocatore che sarebbero potuti essere. Grenier caratterialmente, come detto, è sembrato più solido più a lungo di Gourcuff. Anche se non è di quei calciatori che vedono nel calcio l’unica speranza di dare un senso alla propria esistenza - e aggiungerei: per fortuna. A 17 anni ha pensato di smettere di giocare e riprendere gli studi , fu proprio Génésio (che oggi allena la prima squadra a Lione) a fargli cambiare idea.
Génésio ne ha sempre parlato bene, “come giocatore e come uomo", ma è finito ai margini della prima squadra proprio durante la sua gestione. Si parlava da tempo di una sua cessione - e non più come possibile addio doloroso ma necessario per un giocatore che ha preso una dimensione ormai troppo grande per il Lione - e negli ultimi tempi sembrava verosimile un passaggio al Nice, per riprendere a giocare con continuità all’interno di un progetto ambizioso.
OK, adesso viene la parte difficile. In questa stagione Grenier ha giocato 29 minuti in campionato, 77 in totale. Considerano quegli scampoli di partita si capisce perché non sia rientrato neanche in una normale rotazione dalla panchina: si muoveva pochissimo, diciamo anzi che giocava quasi sul posto, sfruttando più che altro le doti tecniche. In alcuni momenti è impossibile non avere l’impressione che il sogno ormai sia svanito.
In realtà, basta risalire allo scorso maggio per vedere un Grenier che si muoveva di più e questo fa sperare su un possibile recupero a Roma. In ogni caso nel corso degli anni il suo dinamismo è calato e per questo il suo raggio di azione si è spostato dalla trequarti al centrocampo.
Grenier oggi va considerato una mezzala a tutti gli effetti, anche se può giocare più vicino alla linea laterale (meglio a sinistra, dove può rientrare e cambiare gioco) dribbla più raramente che in passato (il suo dribbling era al tempo stesso leggero ed elettrico, quando era più giovane lo paragonavano a Kakà) o trequartista - dipende dai ritmi, ma come detto il controllo spalle alla porta è di primissima qualità.
Da mezzala si spinge fino alla trequarti con un movimento ad arco che lo porta al centro all’altezza dell’area di rigore, e può proseguire all’indietro facendo da playmaker arretrato. Non si inserisce, ma la sua presenza negli ultimi 30 metri di campo si sente.
Grenier ha uno spirito da playmaker, quando è in forma va anche anche a prendersi la palla dalla difesa, pronto a orientare l’attacco da una parte o dall’altra e a dettare i ritmi. Può cambiare campo con precisione anche dalla fascia opposta e alla Roma garantisce un’opzione in più se Spalletti vuole sfruttare l’ampiezza. Chi lo sa, magari potrebbe trovare l’intesa con Bruno Peres e aiutarlo ad attaccare con più intraprendenza.
Anche un Grenier solo decente potrebbe garantire creatività e visione negli ultimi metri di campo, a una squadra che quando non c’è uno tra Salah e Perotti (e aggiungerei Totti) fatica a produrre occasioni con continuità. Ai tifosi della Roma magari ricorderà Pjanic per i movimenti a smarcarsi all’indietro e i controlli di palla di qualità (ogni tanto, anche non troppo tempo fa, si è vista anche qualche bella punizione, fanno sempre comodo). Ma devo ricordare che sto parlando di un Grenier che non è quello degli ultimi mesi.
Non deve tornare il Grenier di tre anni fa, ma è sicuramente un giocatore che va recuperato e che in ogni caso difficilmente toglierà il posto a uno tra Strootman, Nainggolan, De Rossi o Perotti. Potrebbe essere un’arma tattica valida, magari da giocarsi in corsa, e magari se sapesse cogliere le occasioni giuste potrebbe, in qualche modo, anche tornare ad essere decisivo.
E poi Grenier è un ragazzo simpatico, normale come ce ne sono pochi nel calcio, forse troppo borghese per i gusti di quegli italiani a cui non piacciono i francesi, ma con davvero poco di antipatico. Chi lo ha visto giocare, indipendentemente dalla fede calcistica, non può che augurarsi che recuperi tutto il talento che può recuperare. Che torni a esprimere in campo quelle qualità che nessun infortunio può far sparire del tutto.
Intanto domani ci saranno le visite mediche, cominciamo da quelle e poi, un passo alla volta perché, con Grenier, servirà una cosa che a Roma non abbiamo in grandissime quantità: la pazienza. Quattro mesi (di un prestito che porta eventualmente a un riscatto basso) sono comunque pochi, la speranza è che non li viva costantemente tra l'attesa del miracolo e la condanna dei calciatori considerati finiti prima del tempo.