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Quindi chi ha vinto la Champions League africana?
08 ago 2019
Ci sono voluti più di due mesi per sbrogliare il casino accaduto nella finale di ritorno.
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«È chiaro che ci sono dei problemi nel calcio africano. L’abbiamo visto nelle finali della CAF Champions League. La situazione mi preoccupa e preoccupa la FIFA. E molte federazioni africane mi chiedono di intervenire». A inizio giugno il presidente della FIFA Gianni Infantino parlava così dello stato del calcio africano in un’intervista rilasciata a L’Équipe.

I vari movimenti calcistici africani sono ciclicamente investiti da scandali di corruzione e deficit organizzativi di varia natura e la CAF, la confederazione che gestisce il calcio del continente, non è esente da colpe. Ciò che è successo durante le finali della CAF Champions League 2018-2019, giocate a maggio tra Wydad Casablanca ed Espérance di Tunisi, però ha fatto il giro del mondo, contribuendo a macchiare nuovamente l’immagine del calcio africano e prestando il fianco a conclusioni semplicistiche, se non apertamente razziste, sull’arretratezza del continente e la sua refrattarietà al progresso.

Cosa è accaduto esattamente?

Nel post-partita della finale d’andata del 24 maggio, disputata a Rabat in Marocco e terminata 1-1, il Wydad recrimina per due decisioni arbitrali dell’egiziano Gehad Grisha: un rigore negato per presunto fallo di mano di Chemmam e un gol annullato per fallo di mano in attacco del nigeriano Babatunde. Due decisioni che sono state confermate dopo attenta revisione al VAR. Due errori, secondo il presidente marocchino Naciri, che ha chiesto maggiori tutele alla CAF e iniziato una campagna di protesta durata fino alla partita di ritorno.

Gli highlights della gara di andata.

Il presidente del Comitato Arbitrale della CAF, il gibutiano Souleyman Waberi, giudica ottimo l’operato di Grisha, ma l’egiziano viene squalificato dalla stessa CAF per sei mesi per “scarsa prestazione”, su pressione della società marocchina. Una sanzione - poi revocata - che avrebbe impedito a Grisha di arbitrare la Coppa d’Africa in casa.

In un clima di grande tensione e diffidenza nei confronti delle istituzioni calcistiche africane, oltre che tra le stesse squadre, avviene l’inimmaginabile: nella finale di ritorno del 31 maggio 2019, allo Stadio Olimpico di Radès, nella periferia sud di Tunisi, al 60° minuto, sul punteggio di 1-0 in favore dell’Espérance, viene inspiegabilmente annullato un gol regolare al Wydad.

Per chi ha seguito attentamente l’azione dagli spalti, specie dalla tribuna stampa, quasi in linea con i protagonisti della giocata, era evidente che non potesse esserci fuorigioco di Walid El Karti, come segnalato dal secondo assistente di linea, il senegalese El Hadji Malick Samba. In tribuna stampa si discute di un possibile fallo di El Karti sul capitano tunisino Chemmam, ma l’arbitro gambiano Gassama ha alzato il braccio e segnalato un fuorigioco.

Si continua a giocare per un paio di minuti, ma tutto lo stadio ormai ha appurato che si è trattato di un macroscopico errore arbitrale. Grazie a telefoni, tablet e riprese televisive a bordo campo, tutti sanno che El Karti era in posizione regolare e che non ci sono state altre irregolarità. Lo sa anche la panchina del Wydad, che esorta il capitano Noussair a chiedere l’intervento del VAR. L’arbitro Gassama si tocca l’auricolare, piega la testa in avanti e solleva le pupille, guardando Noussair dal basso verso l’alto, quasi implorandolo di non insistere con la sua richiesta.

A quel punto sul terreno di gioco scoppia il finimondo. Nahiri, uno dei due centrali difensivi del Wydad, si avvicina alla postazione VAR, estrae lo schermo e lo rivolge al pubblico dal lato della tribuna stampa. Lo schermo è spento, il che spiega poco. Ma il gesto per gli spettatori è chiaro: il VAR non funziona e non è possibile rivedere la giocata incriminata.

Il Wydad non ci sta e si rifiuta di proseguire l’incontro, Noussair consegna in campo una lettera a Gassama. Secondo quanto emerge dai giornalisti che seguono dal campo l’evolversi della vicenda, nella lettera si parla di palese errore tecnico della terna arbitrale. In poche parole, il messaggio recita: «O ripristinate il VAR, e di conseguenza ci assegnate il gol regolare, o noi abbandoniamo la partita».

Dopo un’interminabile ora e mezza di discussioni accese, a cui hanno preso parte i presidenti delle due squadre e tutti i membri della CAF presenti allo stadio, tra cui il contestato presidente Ahmad Ahmad, il Wydad rimane fermo sulla sua posizione e, dato che non è possibile risolvere la grana legata al VAR, l’Espérance viene dichiarato campione per la quarta volta nella sua storia. La seconda consecutiva, nell’anno del centenario.

La cerimonia di premiazione si svolge in un clima surreale, con lo stadio mezzo vuoto. I tifosi, alcuni increduli, altri meno, si sono riversati per strada per dirigersi alla fontana di Bab Souika, il quartiere dove il club è stato fondato nel 1919 e dove vengono festeggiati i trionfi dell’Espérance. I calciatori e lo staff del club tunisino si prestano a qualche intervista flash, ma le conferenze stampa post partita vengono annullate ed entrambe le delegazioni lasciano lo stadio in breve tempo.

Alle 3:53 il reparto comunicazione della CAF invia una mail a tutti i giornalisti registrati nel sito della confederazione in cui si comunica che il presidente Ahmad Ahmad, evidentemente non convinto della decisione presa poche ore prima, ha indetto una riunione straordinaria e urgente del Comitato Esecutivo della CAF per il 4 giugno a Parigi per discutere della «applicazione del regolamento» adottata per la finale di ritorno di Tunisi. Ma prima di arrivare alla decisione presa dal ComEx della CAF, cerchiamo di capire come si è giunti a questa situazione grottesca.

Cosa è successo al VAR?

La HawkEye Innovations Ltd. è l’azienda leader nel settore delle tecnologie di assistenza per giudici e arbitri sportivi ed è l’incaricata di trasferire tutti gli elementi indispensabili per il funzionamento del Video Assistant Referee a Tunisi. Con una mail privata e confidenziale inviata la mattina del 31 maggio, il giorno della gara - mail poi trapelata da più fonti su Twitter dopo la finale di ritorno -, l’azienda inglese comunicava tutto il suo disappunto per aver fallito nel trasporto di una parte delle componenti dell’impianto VAR a Tunisi.

https://twitter.com/UsherKomugisha/status/1136556282977144837?

La HawkEye si era accordata con una società terza per il trasporto di una parte dell’impianto da Riyadh (Arabia Saudita) a Tunisi, ma il 23 maggio questa società terza ha informato la HawkEye che il contenuto sarebbe partito da Riyadh il 27, tre giorni prima della gara, cioè. Il 29 maggio, però, una nuova comunicazione ha informato la HawkEye che il contenuto non era stato ancora spedito e che sarebbe arrivato il 30 maggio, il giorno precedente alla finale. E il 31 maggio arriva la doccia fredda per la HawkEye: Ben Crossing, managing director della HawkEye per Asia, Medio Oriente e Africa, tenta il piano B: portare con sé a Tunisi questa parte mancante.

Questo avrebbe garantito il funzionamento del VAR, ma incredibilmente la Emirates compie un errore nello smistamento dei bagagli e solo due delle tre componenti che viaggiavano con Crossing arriva a Tunisi. Il piano C prevedeva il trasferimento di questa componente mancante direttamente da Madrid, dove il giorno dopo si sarebbe dovuta disputare la finale di Champions League europea, ma non c’è stato il tempo materiale per compiere questa operazione e il danno si è compiuto: il VAR non sarebbe stato disponibile per la finale di ritorno della CAF Champions League.

Secondo la ricostruzione più credibile, la CAF avrebbe comunicato l’indisponibilità del VAR agli arbitri, che a loro volta avrebbero avvisato i capitani delle due squadre. Il giorno successivo Chemmam, capitano dell’Espérance, ha confermato questa tesi, facendo leva sul fatto che Bguir non ha chiesto il VAR nel primo tempo per un evidente fallo di mani nell’area di rigore del Wydad; Noussair, di contro, ha dichiarato di aver frainteso perché non comprende bene l’inglese.

Ma c’è di più: come ha dichiarato su Twitter dopo la partita Hosam Hasan, ex membro della CAF, il VAR non ha funzionato nemmeno nella finale di ritorno della scorsa edizione della CAF Champions League. Anche nell’edizione del 2018, la prima in cui il VAR è stato introdotto in Africa solo per le finali, la finale di ritorno si disputò a Tunisi: l’Espérance affrontava l’Al-Ahly, club egiziano. Hassan, che era il commissario di gara della CAF per la finale di ritorno del 2018, ha twittato che in quella occasione il calcio d’inizio fu leggermente ritardato per permettere la diffusione della notizia del malfunzionamento del VAR: la notizia, però, passò inosservata, perché l’Espérance vinse 3-0 e rimontò il 3-1 dell’andata, viziato da due pesanti errori arbitrali, revisionati al VAR ma confermati.

Questa rivelazione aggiunge molti sospetti all’intera vicenda e all’operato della CAF, apparentemente incapace di gestire l’ingerenza che spesso caratterizza le società nordafricane in campo continentale. A quanto pare, in special modo, quando le finali si giocano a Tunisi.

Le decisioni - Parte 1

Ora torniamo alla riunione straordinaria del Comitato Esecutivo della CAF. Cominciata la mattina di martedì 4 giugno intorno alle 10:00 allo Hyatt Regency di Parigi, la riunione si è protratta fino alla sera inoltrata del giorno successivo. Di mezzo c’erano state una visita al presidente francese Macron e il congresso della FIFA in cui Infantino è stato rieletto per il suo secondo mandato.

Il ComEx della CAF decide, secondo Ahmad Ahmad all’unanimità, secondo altri membri sotto pressioni politiche esterne alla confederazione, che la finale di ritorno tra Espérance e Wydad dovrà rigiocarsi in campo neutro dopo la Coppa d’Africa, perché il 31 maggio a Tunisi “non sussistevano le condizioni di sicurezza necessarie per proseguire la partita”. Nel comunicato pubblicato qualche ora dopo sul sito della CAF non viene menzionato il VAR tra le motivazioni, anche perché l’IFAB considera il VAR uno strumento accessorio e permette di giocare partite ufficiali senza lo stesso.

Dall’interno del Comitato Esecutivo della CAF filtrano alcune voci deluse che affermano che con questa decisione il calcio africano ha perso gran parte della sua già scarsa credibilità agli occhi del mondo. Un danno di non poco conto che arrivava in un periodo in cui il presidente della CAF ha subito pesanti accuse su più fronti: infatti il giorno successivo alla fine della riunione, Ahmad Ahmad è stato fermato e condotto al centro nazionale francese per la lotta alla corruzione e ai reati finanziari. Interrogato per gran parte della giornata per corruzione legata a un contratto stipulato dalla CAF con l’azienda francese Tactical Steel, il malgascio è stato poi rilasciato senza accuse a suo carico.

Ahmad Ahmad consegna a Mahrez il trofeo di campione della Coppa d'Africa, sullo sfondo Infantino (foto di Visionhaus/Getty Images).

Tutto questo, tra l’altro, si aggiungeva alle accuse dei mesi scorsi che pendono ancora su Ahmad Ahmad e per cui la FIFA ha aperto un’inchiesta: utilizzo improprio dei soldi della CAF e molestie sessuali nei confronti di varie donne che ricoprono o hanno ricoperto ruoli nella o per conto della CAF.

Insomma, un periodo nero che sembra non avere fine e che ha influenzato anche l’inizio della Coppa d’Africa 2019. Un’edizione che ha nascosto molte ombre e altrettante polemiche riguardanti l’assegnazione dei diritti d’organizzazione della coppa e l’aumento improvviso del numero di partecipanti da 16 a 24 nel 2017, che ha causato enormi difficoltà logistiche al Camerun, poi costretto a rinunciare in favore dell’Egitto.

Le decisioni - Parte 2

Riprendendo il filo del discorso sulla finale di Champions League, in seguito alla decisione del 5 giugno, all’Espérance viene intimato di riconsegnare coppa e medaglie. Il presidente Meddeb fa ricorso immediato al CAS di Losanna affinché l’Espérance venga rieletto campione; il presidente del Wydad, Naciri, segue a ruota chiedendo il titolo, se effettivamente mancavano le condizioni di sicurezza come dichiarato dalla CAF, o l’annullamento delle finali per rigiocare una finale secca in campo neutro.

È già certo che all’eventuale terzo appuntamento sarebbero mancati molti dei protagonisti: l’Espérance avrebbe dovuto fare a meno di alcuni giocatori già venduti e altri a cui è scaduto il contratto, mentre il Wydad avrebbe affrontato la gara con un nuovo allenatore, visto che Faouzi Benzarti ha abbandonato la nave e si è diretto a Sousse in Tunisia, alle dipendenze dell’Étoile du Sahel, campione in carica della Champions League araba.

Inoltre, con questa decisione la CAF avrebbe legittimato l’atteggiamento del Wydad e creato un precedente. Possiamo usare il condizionale passato, perché è notizia di mercoledì 7 agosto che gli organi competenti della CAF hanno fatto marcia indietro. Dopo che il 31 luglio il CAS ha rigettato il ricorso del Wydad e ha ripassato la palla alla confederazione africana per pronunciarsi in via definitiva sull’eventuale “replay”, questa ha annullato la decisione precedente e scritto la parola fine proclamando nuovamente campione l’Espérance e comminando sanzioni alle due società. Al Wydad 50 mila dollari per aver abbandonato la partita e 15 mila per l’utilizzo di fumogeni da parte dei tifosi; all’Espérance 50 mila dollari per l’utilizzo di fumogeni, razzi, lancio di oggetti vari e comportamento antisportivo dei tifosi.

In conclusione, ciò che emerge da tutta questa vicenda intricata, risoltasi due giorni prima dell’inizio della Champions League 2019/2020 dopo due mesi e otto giorni di attesa, è che il governo Ahmad Ahmad, che al momento del suo insediamento aveva promesso trasparenza e cambiamento per mettere una pietra sopra il trentennio dittatoriale del camerunese Issa Hayatou, non sta mantenendo le sue promesse.

Qualche giorno fa la FIFA è intervenuta, come espressamente richiesto da alcune federazioni africane, per cercare di sistemare il calcio africano. Dal 1 agosto 2019 la senegalese Fatma Samoura, Segretario Generale della FIFA e delegato per l’Africa, è a capo di una commissione che supervisionerà l’operato della CAF fino al 31 gennaio 2020, con possibilità di prorogare il commissariamento per altri 6 mesi, «per garantire stabilità, serenità, professionalità e sviluppo concreto al calcio africano».

La speranza è che la commissione della FIFA getti le basi per un futuro più sereno per la CAF perché, ovunque nel mondo, se si è costretti a parlare più del calcio fuori dal campo che dentro al campo, non è un buon segno.

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