Ivan Rakitic sta sollevando l’Europa League da capitano del Siviglia allo Juventus Stadium. Gli andalusi hanno battuto ai rigori il Benfica, Unai Emery ha appena iniziato il ciclo che lo avrebbe portato a vincere il trofeo anche nelle due edizioni successive e Rakitic viene nominato MVP della finale. Un mese dopo viene ceduto al Barcellona.
A 11mila chilometri di distanza Éver Banega si sta giocando (male) le ultime chance con il Newell’s Old Boys per convincere il c.t. dell’Argentina, Alejandro Sabella, a tenergli un posto per i Mondiali. Sabella non lo convoca e Banega torna al Valencia, che è disposto a “regalarlo” a qualsiasi squadra si dimostri interessata: il Siviglia coglie l’occasione e ne fa il sostituto di Rakitic.
Una controfigura, praticamente.
In linea con le aspettative, Banega succede al croato come MVP della finale di Europa League (l’anno scorso contro il Dnipro) e gioca un’altra grande partita contro il Liverpool, nella terza finale consecutiva vinta dal Siviglia. A differenza di Rakitic, però, gli andalusi non riescono a monetizzare in maniera adeguata il recupero ad alti livelli di Banega. Scaduti i due anni di contratto, “El Tanguito” ha scelto l’Inter come nuova tappa della propria carriera. Cosa può dare ai nerazzurri Banega? È il giocatore giusto al posto giusto?
Tassello mancante
«Lo abbiamo ingaggiato per la sua enorme personalità e qualità, lui è uno che alza il livello della squadra intera». Javier Zanetti, vicepresidente dell’Inter, ha spiegato con queste parole l’acquisto di Banega. L’argentino, in effetti, è un profilo che mancava al centrocampo nerazzurro, un’aggiunta notevole in un reparto senza un giocatore in grado di gestire i tempi della manovra.
Da questo punto di vista Siviglia e Inter sono simili: in tutte e due le squadre i mediani hanno problemi a portar fuori in maniera fluida il pallone dalla difesa e Banega, anche all’Inter, potrebbe diventare il giocatore chiave per collegare centrocampo e attacco. Il rendimento avuto dal “Tanguito” a Siviglia non solleva molti dubbi sulla sua capacità di svolgere questo compito; trovargli invece la giusta posizione in campo potrebbe creare qualche problema in più.
Né volante, né trequartista
Con Emery, Banega partiva da trequartista, ma in realtà era a tutti gli effetti il regista della squadra. Il set di movimenti classico del Siviglia prevedeva l’abbassamento di uno dei due mediani (solitamente Krychowiak) sulla linea dei difensori, quello di Banega in mezzo al campo per ricevere il primo pallone dalla difesa, con l’altro mediano sulla sua stessa linea o più avanti per dare la possibilità alla squadra di risalire il campo. Un modo per far convivere le due anime di Banega, che non è né un volante classico nel senso in cui lo intendono gli argentini, né un trequartista, pur avendo grande visione di gioco e la qualità per dare l’ultimo passaggio.
Regista anche senza il pallone tra i piedi. È lui a indicare a Rami dove far proseguire l’azione.
Nell’Inter di Roberto Mancini il ruolo ricoperto da Banega a Siviglia è stato occupato da un attaccante (Jovetic, Ljajic o Palacio): è chiaro che un cambio di questo tipo modificherebbe gli equilibri offensivi della squadra, che rischierebbe di restare troppo schiacciata se uno dei due mediani non compensasse il movimento ad abbassarsi di Banega. Il centrocampista nerazzurro che bilancia meglio qualità e dinamismo necessari per interpretare il ruolo sarebbe Marcelo Brozovic, che però sembra uno dei “sacrificabili” per finanziare il mercato in entrata dell’Inter. Un centrocampo a 3 (a vertice alto o basso) con Banega e Brozovic, in ogni caso, sarebbe molto interessante.
In alternativa, a Banega si potrebbero affidare le chiavi della squadra, impostandolo stabilmente da regista, magari affiancato da un altro ex Siviglia da scegliere tra Kondogbia e Medel, senza rinunciare quindi ai due attaccanti. È la soluzione più rischiosa, ma anche la più affascinante. Dopo aver rifiutato per anni il ruolo di leader, limitandosi a regalare estemporanei momenti di bellezza, Banega potrebbe finalmente diventare ciò che è in potenza: il giocatore attorno a cui ruota la squadra, che sa darle un ordine piegando il tempo al proprio volere, accelerando o rallentando a seconda dell’occasione, senza mai perdere la calma, anche nelle situazioni più complicate.
A prescindere dalla posizione, l’inserimento di Banega modifica radicalmente lo stile di gioco dell’Inter e potrà rivelarsi tremendamente efficace o causare una crisi di rigetto, portando all’esclusione dell’elemento “estraneo”, senza una via di mezzo.
Restare un artista o diventare il giocatore più importante della propria squadra, prendendosi quelle responsabilità rifiutate troppo a lungo nel corso della sua carriera: a (quasi) 28 anni è una scelta che Banega non può più rimandare.