Giorgio Chiellini sembra un personaggio inventato, scritto così bene fin dall’inizio che nel corso delle stagioni gli sceneggiatori lo hanno cambiato il meno possibile per non rovinarlo. Ne hanno mantenuta intatta l’autenticità e la riconoscibilità, con una continuità e una cura dei dettagli che rasenta la maniacalità. E ce n’è uno più degli altri, di dettaglio, che sembra davvero l’idea di un o una costumista. Quello che pubblico e media hanno chiamato turbante, anche se in realtà si è trattato di fasciature, bendaggi, che servivano a tamponare momentaneamente il sangue di ferite da chiudere dopo, per lasciarlo giocare nel frattempo. Se vendessero l’action-figure di Giorgio Chiellini dovrebbero farlo con due teste, una normale e l’altra fasciata e sanguinante, tanto l’immagine dei bendaggi è parte della sua memoria.
Il turbante rende manifesta la discendenza di Chiellini da Terry Butcher e tutta quella stirpe di difensori sadomasochisti disposti a svuotarsi del proprio sangue pur di contribuire alla riuscita della propria squadra. Lo fa diventare una vittima della sua stessa violenza; nasconde, oltre alle ferite, il cinismo di fondo di un calcio inteso come morte tua vita mia. Lo rende buffo, riproducendo quello strano paradosso per cui Chiellini è al tempo stesso un difensore duro e violento ma sembra anche sinceramente una persona simpatica, sempre sorridente, amato da compagni e avversari fuori dal campo.
Al tempo stesso sottolinea la sua resistenza e la sua forza di volontà, come se restare in campo o meno dipendesse davvero solo da lui - sappiamo, in realtà, che con la testa non si scherza e anzi è incredibile la quantità di volte che Chiellini è riuscito a subire urti violenti senza pagare conseguenze peggiori di quei buffi turbanti. In questo senso le foto di Chiellini fasciato ne fanno un’icona virile di un mondo in cui non c’è bisogno di fare tante storie per un taglietto in faccia.
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Ed è significativo - del fatto che quel mondo non esiste ormai più - il fatto che l’ultima azione di Chiellini con la maglia della Juventus (il 21 maggio 2022, contro la Fiorentina) lo abbia portato proprio a un ultimo incidente aereo con il centravanti avversario facendolo alzare insanguinato: sarebbe potuto rientrare in campo fasciato un’ultima volta, invece non solo la squadra avversaria ha segnato sugli sviluppi di quell’azione, ma Chiellini è anche uscito dal campo senza poi rientrare.
Per celebrare l’addio al calcio di uno dei calciatori più strani, forti e riconoscibili del nostro calcio, abbiamo classificato i suoi turbanti più belli.
Turbante blu Yves Klein “a cuffia”
All’inizio della stagione 2017 Chiellini aveva già trentatré anni e giocava in Serie A da tredici. Va da sé che aveva già indossato altre fasciature e persino una mascherina per proteggere il setto nasale. Quello che succede tra il settembre del 2017 e il gennaio del 2018, però, è francamente incredibile. Chiellini si ferisce alla testa giocando, viene medicato e quindi torna in campo con la testa bendata, per la bellezza di ben tre volte. Fa sorridere pensare alla differenza tra Osimhen che sceglie di tenere la mascherina per scaramanzia, marketing o magari un po’ di strisciante paura, e Chiellini che senza farlo apposta finisce per giocare fasciato tre volte nel giro di poche settimane semplicemente perché mette la testa dove non dovrebbe, come un bambino che rimane incastrato tra le sbarre di un cancello e i genitori non sanno se tagliargli le orecchie o chiamare i pompieri. E meno male che nessun brand commercializzi turbanti per le ferite, altrimenti magari Chiellini avrebbe dovuto giocare sempre fasciato.
Comunque, questa è la prima volta in quella stagione. 27 settembre 2017, in Champions League contro l’Olympiacos, Chiellini sbatte su un difensore belga alto un metro e 93 centimetri con il cognome di uno dei più grandi economisti della storia umana, Engels, e un nome vichingo, Bjorn, che significa orso. Chiellini torna in campo con una strana cuffia blu elettrico che gli schiaccia la testa e lo fa sembrare un enorme pollice mozzato con sopra un cerotto. Come se avesse perso la punta del cranio mentre affettava della mortadella con l’affettatrice meccanica. È il turbante più vistoso, forse dal punto di vista coloristico persino il più bello (ricorda i blu di Yves Klein), tra quelli che ha usato, ma non gli dona, sembra troppo una cuffia da piscina. Dopo la partita Chiellini avrà bisogno di otto punti di sutura.
Turbante blu con piccola apertura in cima
Due mesi dopo l’incidente con l’Olympiacos, Chiellini si fa male di nuovo, stavolta in campionato contro il Benevento. Su calcio d’angolo sbatte sul centrocampista ghanese Chibsah (che tra l’altro con la Juventus primavera aveva vinto il torneo di Viareggio nel 2012). I medici della Juve usano lo stesso nastro blu ma stavolta lasciano una piccola apertura in alto, da cui spunta un ciuffo di capelli. E gliela calano maggiormente sugli occhi, accentuando l’aria truce e raffazzonata. La Juventus quel giorno indossava una maglia speciale per i suoi 120 anni, ispirata alle maglie degli anni ‘50, e Chiellini con il turbante sembra più del solito un giocatore di cento anni fa. Tuttosport dopo questa partita riporta l’indiscrezione secondo cui i compagni di squadra lo prendono in giro dicendogli: “Giorgio fatti fare la foto per le figurine già bendato”.
Cuffia a rete più batuffolo di cotone a vista
La testa piatta e spigolosa di Chiellini è stata fasciato così tante volte che diventa persino difficile risalire con precisione a ogni singola occorrenza. Chiedo scusa ai lettori ma insomma non stiamo parlando proprio di un tema da Pulitzer, normale che a scriverlo non sia un giornalista da Pulitzer. Questa foto è una delle mie preferite - Chiellini sembra un palazzo in costruzione, sembra nudo, stranamente sexy con quella specie di calza a rete e l’intimità del cotone a vista; sembra anche una di quelle reti che servono per tenere le biglie e al tempo stesso sembra un uomo appena tirato fuori dalle macerie di un palazzo - ma non ho ritrovato la partita in cui è stato curato in questo modo. Pensavo si trattasse di un Juventus-Parma 2-1 del marzo 2014, in cui il suo ex compagno di squadra Amauri è stato espulso per avergli infilato un gomito nella fronte ma la maglia non combacia - nella foto ha le maniche corte e in quella partita le aveva lunghe, inoltre la maglia della Juve nella stagione 2013-14 aveva il colletto bianco e nella foto è nero come in quella 2014-15… aspettate un secondo: forse me lo merito lo stesso il Pulitzer.
EDIT: un lettore ha suggerito che potesse trattarsi di un Fiorentina-Juventus della stagione 2014-15 e in effetti, dopo attente verifiche (cioè ho trovato gli highlights su YouTube), posso confermare che si tratta di Fiorentina-Juventus 0-0 del 5 dicembre 2014, in cui Chiellini si fa male nel secondo tempo ma non si sa come o quando, visto che non è fatto ritenuto degno di entrare negli highlights, tanto è normale per Chiellini che a un certo punto della partita sia fasciato in testa.
Turbante blu Estorila paraurti
Qui più che il bendaggio è il momento. Siamo a gennaio 2022, Chiellini sembra sempre di più un ricordo, una rimanenza, un oggetto del nostro passato che non vogliamo proprio buttare per affetto ma che non serve quasi più a niente. Entra all’82esimo di un Roma-Juve in cui la squadra di Allegri ha rimontato in un tempo quella di Mourinho da 3-1 a 3-4. Entra dopo che de Ligt, la sua versione più giovane e spessa e imbottita, è stato espulso, per tenere il risultato. E la prima azione in cui viene coinvolto, la prima manifestazione della sua presenza in campo, è un testa a testa con Lorenzo Pellegrini all’altezza del fallo laterale. Chiellini sembra quasi lamentarsi del fatto che Pellegrini sia caduto a terra ma nel frattempo comincia a sanguinare. Dopo neanche un minuto devono già fasciarlo e gli mettono una specie di ciambella salvagente blu scuro, istituzionale, da cerimonia. Qui se un brand avesse voluto investirci forse avrebbe fatto bene.
Turbante bianco da mummia con ciuffo
Più di dieci anni prima, 13 novembre 2011, sempre con la Roma. Forse - e sottolineo forse, bruciandomi definitivamente ogni possibilità di vincere il premio Pulitzer - è la prima volta che Giorgio Chiellini si ferisce alla testa e viene bendato in campo. A fine partita dovrà addirittura rilasciare una dichiarazione per tranquillizzare tutti - «Mi hanno messo 7 punti sulla testa ma per fortuna niente di grave» - senza sapere che diventerà una situazione normale per lui, banale come infilarsi i calzini. E a proposito di calzini, anche i medici della Juve erano ancora inesperti e nell’urgenza hanno messo insieme una fasciatura a metà tra quelle delle mummie e quella de L’Uomo Senza Passato di Aki Kaurismaki. Il cotone che gli esce da sopra aggiunge un tocco punk alla medicazione, come se non fosse solo una questione pratica ma anche stilistica.
La partita successiva, con il Genoa, Chiellini si presenta in campo con un cerottone, una toppa, come se la testa di Chiellini avesse una perdita d’acqua da bloccare. È una cosa unica, non succederà più, e per questo meritava almeno di essere citata anche se non è un vero e proprio “turbante”.
Turbante blu su maglia gialla
6 gennaio 2018, questo chiude la trilogia di turbanti nel giro di pochi mesi e, come hanno scritto i media dopo la partita, “scatena l’ironia del web”. Chiellini si ferisce in uno scontro aereo su punizione con il difensore del Cagliari Fabio Pisacane, dopo un’ora di gioco - io questa partita me la sono rivista quasi tutta, sempre per la questione del Pulitzer, e ho segnato almeno altri due scontri aerei finiti male di Chiellini, in cui prima Ionita e poi Barella sono finiti a terra rotolando. E a questo punto viene da chiedersi perché i suoi avversari non si feriscono mai, c’è una ragione? Perché era sempre Chiellini a colpire loro con la fronte sulla nuca, e le sopracciglia si tagliano più facilmente del dietro della testa? Sono le sue sopracciglia ad essere particolarmente sporgenti e quindi esposte agli urti? Lo faceva apposta perché gli piaceva? Oppure perché Chiellini, sotto sotto, era più fragile di loro, almeno sul piano epidermico?
Ad ogni modo qui siamo nel picco stilistico di Giorgio Chiellini e dei suoi turbanti. Il blu della fasciatura si sposa benissimo con il giallo della maglia e con i dettagli blu della stessa, la fasciatura è ben tesa, elegante, ma non gli copre interamente la testa. Un adesivo bianco per chiuderla la fa sembrare quasi un’opera astratta, di sicuro qualcosa da prendere e incorniciare. Tipo i pantaloncini insanguinati di un fighter di MMA, un oggetto da collezione per uomini veri che guardandoli si ricordano che la vita in fin dei conti è sofferenza.
“Ma poi che gusto c’è a vivere/ senza mai farsi del male?”, si chiede Niccolò Contessa (I Cani) nella sua ultima uscita in coppia con i Baustelle. Nessuno più di Giorgio Chiellini potrebbe essere d’accordo.
Turbantebianco stretto + maglietta sporca di sangue + semifinale di Champions League contro il Real Madrid
Se Giorgio Chiellini avesse indossato il turbante solo una volta e fosse stata questa - semifinale di ritorno di Champions League 2015, contro il Real Madrid di Cristiano Ronaldo e Gareth Bale, con cui si è ferito - sarebbe comunque rimasto nella nostra memoria. Difficilmente avremmo dimenticato le immagini di quella sera, la foto di Chiellini insanguinato che grida, aggressivo, determinato, pazzissimo, incastrato nell’inquadratura tra Marcelo e Varane; e poi la scivolata con cui alza di mezzo metro Cristiano Ronaldo senza nessuna possibilità di prendere la palla. La maglia nera del Real Madrid in contrasto con la purezza bianca della sua fasciatura, il sangue e quella specie di cerotto grosso e storto in contrasto con il look da cyborg di Ronaldo, con quei capelli pettinati con una spada giapponese: il gioco degli opposti non potrebbe essere più esplicito e Chiellini rappresenta l’autenticità popolare (anche se è figlio di un primario, a sua volta laureato in economia, multimilionario) la praticità burbera e schietta di chi non va tanto per il sottile, contro l’élite raffinata della squadra migliore del mondo a cui va tolta una finale europea (e la Juve gliela toglierà, salvo poi inchinarsi in finale davanti alla loro nemesi, il Barcellona).
Giorgio Chiellini ha sempre avuto questa capacità di rappresentare, consapevolmente o no, non importa, qualcosa che gli italiani nel profondo sentono di essere, o vorrebbero essere, persone dure e sincere, violente, piene di sangue, rattoppate, ma sorridenti e a loro modo leali. Non è così, ovviamente, anzi la realtà non potrebbe essere più lontana da questo anche per Chiellini, che in fin dei conti ha saputo giocare abilmente sul confine tra correttezza e scorrettezza, nelle zone grigie del regolamento, e lo ha fatto in una delle squadre più forti e potenti del paese, quasi sempre in una posizione di vantaggio. Quella notte con il Real Madrid, però, come quella volta prima dei rigori con la Spagna, poteva vestire sul serio i panni dello sfavorito, dell’italiano finito lì un po’ per caso, a un livello che forse non gli spettava, ammaccato, mezzo rotto, pronto però a cavarsela in ogni modo. Tutte cose racchiuse da quella fasciatura, quel turbante bianco da cui traspare, facendosi strada tra i sottili strati di garza, una sfumatura rosso sangue.
Le stigmate di Chiellini, sempre la stessa ferita, mai veramente chiusa. Chissà che anche dopo aver smesso di giocare, svegliandosi al mattino col cuscino insanguinato pur senza essere saltato di testa contro nessuno, Giorgio Chiellini non avrà bisogno di fasciarsi la testa prima di uscire di casa.