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Chiesa al Barcellona sarebbe una bella cosa
23 ago 2024
23 ago 2024
Un matrimonio di convenienza, ma in fondo sensato.
(foto)
IMAGO / Gonzales Photo
(foto) IMAGO / Gonzales Photo
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Federico Chiesa arriva alla Juventus nell’estate del 2020 a 23 anni: è matrimonio scontato e promette successi. È considerato la migliore ala in Italia, forse il miglior giovane prodotto dal nostro calcio in quel periodo e la Juventus è il club egemone in Serie A, quello che può offrirgli lo slancio migliore. Quattro anni dopo Chiesa è fuori squadra, sul mercato e molte squadre a cui è stato offerto sono sembrate tiepide.

Come si è arrivati a questo punto? Come riassumere l'esperienza di Chiesa a Torino? La sensazione è quella di una stagnazione, un’esperienza che ha avuto i suoi momenti felici ma che lascia un senso di incompiuto. Resta l’amaro in bocca per quello che poteva essere lo sviluppo di Chiesa e la sua influenza sulla Juventus - e che non è stato.

L’enigma Federico Chiesa

La prima stagione in bianconero è anche la sua migliore: nel calcio pandemico segna 15 gol e serve 11 assist in 46 partite. Pirlo lo alterna tra la fascia sinistra e quella destra (25 e 16 partite), spesso viene usato per bilanciare i movimenti di Cristiano Ronaldo, che è ancora il centro dell’attacco della Juventus. Poi c’è l’Europeo vinto da protagonista, con il bellissimo e decisivo gol contro la Spagna ma non solo. L'idea che fosse l'unico talento offensivo di spessore dell'Italia, l'unico abbastanza auto-sufficiente da generare occasioni dal nulla.

La seconda stagione è quella della rottura del legamento crociato contro la Roma a febbraio, dopo aver già perso varie partite per problemi muscolari (8 partite saltate su 25 possibili prima dell'infortunio). La terza è quella della convalescenza e di un ritorno più difficile del previsto, tra piccoli infortuni e la sensazione di non aver superato del tutto l’aspetto mentale ed emotivo dell’infortunio. È un momento comprensibilmente difficile per Chiesa, in un contesto che intorno a lui è cambiato molto. Eppure Chiesa mantiene gli sprazzi del suo talento puro, che non sembra essere del tutto scolorito.

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Il gol al Monza in Coppa Italia nel gennaio 2023, il primo dal ritorno dall’infortunio, condensa tutto quello che può essere il calcio di Chiesa anche dopo l’infortunio: capacità di saltare l’uomo anche partendo in isolamento, capacità di puntare sempre la porta palla al piede, capacità di finalizzare con una tecnica nel tiro di alto livello.

L’ultima possiamo considerarla la stagione del suo ritorno a pieno regime: gioca 2500 minuti, quanto le due precedenti combinate. Allegri lo usa come seconda punta alle spalle di Vlahovic nel suo 3-5-2; lui segna 10 gol (di cui 4 nelle prime 5 partite) a cui aggiunge 3 assist.

L'ex allenatore della Juventus non ha mai fatto mistero che per lui Chiesa è un attaccante, anzi addirittura che potesse fare il centravanti. Prima di questa stagione gli aveva preventivato 15 gol. Sul suo ruolo ci sono state infinite discussioni: Allegri ha creduto di poterlo integrare nel suo sistema sfruttandone la caratteristica che reputava migliore, ovvero la capacità di creare occasioni da gol in maniera autosufficiente, sia come rifinitore che come finalizzatore. Per questo doveva funzionare con Vlahovic, che invece ha bisogno di qualcuno vicino che possa dargli i palloni giusti.

Come ha scritto Daniele Manusia la scorsa stagione, sempre sulla questione del ruolo di Chiesa: «è anzitutto un giocatore verticale, attratto dal fondo del campo e dalla porta. È un dribblatore, ma il dribbling per lui è un mezzo per arrivare fino in fondo. È un giocatore elettrico che forza i blocchi difensivi che si trova davanti. Può farlo in fascia, uno contro uno, inscenando una micro partita di acchiapparella o di rubabandiera con il terzino avversario, ma può farlo anche nella fascia centrale del campo, facendo scorrere la palla dietro al difensore o chiedendo il filtrante al compagno, magari con un uno-due».

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Il gol contro il Napoli di inizio marzo, in quella che è stata una delle sue migliori prestazioni nella scorsa stagione, mostra come Chiesa seconda punta fosse libero di allargarsi in fascia.

Chiesa si è messo a disposizione di questa visione di Allegri, ma così ha assecondato troppo la sua natura caotica e anche la sua generosità. Senza uno spazio fisso in cui muoversi, ha iniziato a fare tantissime cose lungo tutta la trequarti, sia con la palla che senza, finendo per perdere lucidità e a volte complicandosi la vita da solo quando si trattava di fare l’ultima scelta (non è mai stato il suo forte).

Il risultato è stato un calciatore meno in grado di creare superiorità numerica coi suoi dribbling e più finalizzatore, senza che fosse il suo punto forte. Il problema è che non era quello che serviva alla Juventus e alla fine possiamo dire che ci hanno perso entrambi: il club non ha avuto il Chiesa ideale fatto di dribbling, gol e assist; il gioco Chiesa è involuto, e lui si è intestardito nel fare le cose che gli riescono meno bene.

Confronto statistico tra la sua prima e l’ultima stagione con la Juventus. Sistema di gioco diverso e funzioni in campo a lui richieste diverse portano a numeri diversi. Si tratta comunque di numeri da giocatore di alto livello, ma la sensazione di una mancata esplosione vera e propria rimane (grafico Statsbomb).

Anche così si spiega questa rottura: Chiesa ha chiesto di rinnovare a certe cifre, la Juventus non pensa che le valga. Non sappiamo quanto questo abbia avuto un peso sulla decisione di Thiago Motta di non prenderlo neanche in considerazione - nonostante almeno teoricamente lo stile di gioco di Chiesa si sposi alla perfezione con il calcio del nuovo tecnico - ma Chiesa è sul mercato da settimane e lo è a un prezzo di saldo.

Il suo agente lo ha proposto in giro per l’Europa, partendo dalla Premier e dai grandi club, ricevendo però risposte fredde, anche perché quasi tutte sono già accessoriate con ali dribblomani di livello simile o più alto di quello di Chiesa. Poi però è spuntato il Barcellona, una squadra che ambisce a vincere in Spagna e in Europa e che però può dare a Chiesa le possibilità di giocarsi le sue carte.

Chiesa al Barcellona, perché no?

Curiosamente non c’è mai stato un forte legame tra i calciatori italiani e il Barcellona, piuttosto è stato il calcio italiano a puntare sulle stelle del club catalano (Luis Suárez, Maradona, Stoichkov, Ronaldo il Fenomeno, Rivaldo, Ronaldinho). Il Barcellona è un club che storicamente preferisce calciatori sudamericani o da altre scuole calcistiche in Europa (olandese, tedesca, francese) e se c’è stato un tentativo per Baggio nel 1990 (rifiutato per paura di perdere il posto in Nazionale) e più di recente per Verratti (che sembrava fatto apposta per giocare al Camp Nou), i soli tre italiani (4 se si considera anche Thiago Motta, all’epoca però brasiliano) a vestire la sua maglia sono stati Francesco Coco, Demetrio Albertini e Gianluca Zambrotta, tutti più o meno negli stessi anni.

Federico Chiesa sarebbe quindi il primo giocatore offensivo di scuola italiana a vestire la maglia del Barcellona. Ma come lo userebbe Hans Flick? Certamente non come seconda punta, ma per quello che può fare da ala. Qualcosa che, nascosto da una spedizione deprimente, abbiamo visto anche all’ultimo Europeo dove Chiesa è apparso a un discreto livello.


Con Spalletti Chiesa ha giocato a destra, mentre Flick potrebbe farne l’ala sinistra del suo 4-2-3-1. Contro il Valencia, alla prima in campionato, il titolare lì è stato Ferran Torres, ma la sua prestazione non è stata sufficiente. Questo perché, seppure è cresciuto come ala, ormai il gioco dello spagnolo si è evoluto in quello di una seconda punta che attacca la profondità. Anche mettergli accanto un terzino sinistro molto offensivo come Alejandro Balde non lo ha aiutato. Nel secondo tempo Flick lo ha sostituito con Pedri, dirottando Raphinha a sinistra. Il brasiliano sarebbe però un’ala destra, ruolo già coperto da Lamine Yamal. Insomma, una situazione di ripiego per tutti.

Al Barcellona quindi serve un’ala a piede invertito da schierare a sinistra, che possa saltare l’uomo e arrivare sul fondo o entrare dentro al campo come fa Yamal a destra, per non esserne troppo dipendente. Dopo l’Europeo il prescelto era Nico Williams, che però ha preferito restare all’Athletic Club. I soldi raccolti sono stati dirottati su Dani Olmo, un giocatore offensivo molto tecnico, ma non propriamente un’ala, quanto piuttosto una seconda punta con l’animo del rifinitore.


Non è chiaro dove vorrà schierarlo Flick, se sarà Olmo il titolare sulla fascia sinistra (contro il Valencia non ha potuto giocare, a causa dei problemi del Barcellona nel registrare il suo contratto) ma da sempre funziona meglio se può ricevere dentro al campo nei pressi dell’area di rigore (e infatti nella Spagna è entrato per sostituire Pedri, giocando insieme a Nico Williams).


Questo per dire che, nonostante i tanti giocatori offensivi in rosa, al Barcellona manca proprio un calciatore delle caratteristiche di Chiesa e con la cessione al City di Gündoğan (e del suo pesante contratto) il club avrebbe sia i soldi che chiede la Juventus, che quelli che chiede il calciatore per il suo contratto, chiedendogli un piccolo sacrificio per rientrare nel fair play finanziario della Liga in cambio di una maglia da titolare. 

Chiesa inoltre si incastra bene con le richieste più emotive di Flick, che vuole una squadra molto energica, che si spenda anche nel gioco senza palla. Addirittura l’allenatore tedesco dopo una delle prime amichevoli estive ha rimproverato i suoi calciatori davanti a tutti perché nel finale di partita avevano abbassato l'intensità del pressing. Si può discutere sul percorso di crescita di Chiesa, sul talento e sul ruolo ma non sulla sua determinazione, la voglia di prosciugarsi, di inseguire ogni pallone e ogni avversario.

I prossimi giorni saranno decisivi per definire o meno la trattativa, e nel calciomercato non sempre basta la volontà o la bontà sul piano tattico di un'operazione per farla riuscire. Il Barcellona però scegliendo Chiesa prenderebbe un calciatore da rilanciare, forse in una fase un po’ stagnante del suo percorso, ma che si incastra perfettamente nei suoi bisogni per completare la rosa e il cui stile si sposa con quello del suo allenatore.

Chiesa invece troverebbe un ambiente più adatto a lui, un po’ simile a quello creato da Mancini nell’Europeo 2020. Barcellona poi è un ambiente unico, che magari non vive il suo momento migliore o più calmo, dove negli ultimi anni hanno fallito diversi giocatori di alto livello, ma certo non sarebbe un passo indietro per la sua carriera. Anzi, ne certificherebbe il valore assoluto, quello che qui in Italia gli abbiamo sempre riconosciuto, e che magari altri trasferimenti non gli darebbero. E poi è una possibilità: fare bene nel Barcellona lo metterebbe sotto i riflettori di tutto il mondo, gli farebbe bene al morale e allo spirito e magari potrebbe accelerare e riprendere quella traiettoria di carriera che eravamo tutti convinti lo portasse a essere uno dei migliori calciatori al mondo. Farebbe comodo al Barcellona, ma anche e molto alla nostra Nazionale.


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