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La Cina ha deportato uno dei suoi migliori talenti?
28 feb 2019
Erpan Ezimjan, giovane promessa cinese di etnia uigura, è scomparso per quasi un anno e le ragioni potrebbero essere inquietanti.
(articolo)
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Parlando della Cina, negli ultimi decenni si è sempre discusso del Tibet come della principale turbolenza nella sua politica interna, grazie soprattutto all’influenza mediatica del Dalai Lama. Oggi, però, della situazione tibetana si discute di meno, un po’ per un sostanziale incremento economico della zona un po’ per la spinta repressiva di Pechino, che non permette di parlarne troppo. I riflettori dei diritti umani, allora, si sono spostati più a nord, nella Provincia Autonoma dello Xinjiang.

Lo Xinjiang rappresenta circa un sesto dell’intero territorio cinese: il 45% della sua popolazione (22 milioni di abitanti in totale) è di etnia uigura, turcofona e di origine musulmana, mentre oltre la metà sono di origine Han, ovvero l’etnia dominante in Cina, che rappresenta il 92% della popolazione totale.

Negli ultimi anni la situazione politica nello Xinjiang si è fatta sempre più tesa: fra movimenti che richiedono l’indipendenza della provincia, proteste represse nel sangue da parte del Governo cinese, e attentati da parte del gruppo terroristico East Turkestan Islamic Movement, siamo giunti ad una situazione atroce, nella quale migliaia di uiguri vengono rinchiusi in campi di rieducazione al fine di allineare la popolazione all’ideologia del Partito Comunista Cinese e limitare, per non dire estirpare, la loro fede islamica.

In questo contesto, la novità che ci interessa è che all’interno di quella che è stata definita come la più grande incarcerazione di massa di una minoranza etnica nella storia recente è stato probabilmente coinvolto anche un calciatore professionista di 19 anni, Erpan Ezimjan, talento uiguro di proprietà dello Jiangsu Suning (attualmente in prestito allo Shaanxi Chang'an Athletic, club neopromosso in Serie B cinese quest'anno), scomparso nel febbraio del 2018 e riapparso dal nulla solo alla fine dello scorso anno.

Pronto a sbocciare

La storia calcistica di Erpan Ezimjan guardando solo ai fatti di campo, era quella di un giovane ragazzo estremamente promettente pronto ad esordire nel professionismo. Nato il 14 gennaio del 1999 nella provincia autonoma dello Xinjiang, nel luglio del 2017 viene prelevato a titolo gratuito dallo Jiangsu Suning, in una delle prime operazioni messe a segno nella breve parentesi cinese di Walter Sabatini. C’era grande attesa in Cina per vedere l’esordio del giovane attaccante uiguro con Fabio Capello, che è stato allenatore della squadra cinese fino al marzo dello scorso anno, ma l’appuntamento viene rimandato al 2018 dato che la priorità per il club è salvarsi, e nel provare a raggiungere questo obiettivo preferisce affidarsi a calciatori più esperti, come la coppia d’attacco Moukandjo-Teixeira.

Prima di sbarcare a Nanchino, Ezimjan aveva mostrato il suo talento con le nazionali giovanili Under 16 e Under 19 cinesi, mettendo a segno complessivamente 16 gol in 20 presenze. Nel maggio del 2017, il calciatore uiguro segna il gol più bello della sua carriera: nell’amichevole persa per 4-1 contro l’Ungheria, ci delizia con un’esecuzione in mezza rovesciata, un gesto atletico e tecnico degno di un potenziale fenomeno.

Ezimjan diventa in breve tempo l’osservato speciale per le qualificazioni della Cina Under 19 nella Coppa d’Asia di categoria, nell’ottobre del 2017. Nel mini torneo disputatosi in Cambogia, la Cina chiude a punteggio pieno, con Erpan Ezimjan che gioca tre partite di livello, segnando anche tre gol alle Filippine. Le sue prestazioni attraggono anche l’attenzione del club fratello di Suning, l’Inter, tanto che si parla di un suo eventuale trasferimento nella squadra Primavera allenata da Stefano Vecchi.

In vista della stagione 2018 il Jiansgu Suning di Fabio Capello vola in Spagna per il ritiro prestagionale. Erpan Ezimjan salta le prime disastrose amichevoli per un infortunio muscolare, nelle quali il club cinese pareggia contro il modestissimo club Europa FC (di Gibilterra) e viene schiantato per 8-0 dai bulgari del Levski Sofia. Lo Jiangsu si ricompone una volta lasciata la Spagna per la seconda parte del ritiro, a Dubai, dove Erpan entra nel secondo tempo dell’amichevole vinta contro lo Shaktar Donetsk, sfiorando persino il gol. Sarà la sua ultima apparizione pubblica su un campo da calcio.

Lo Jiangsu Suning torna in Cina e nelle prime tre giornate Ezimjan non viene convocato. Al cambio di guida tecnica, con Cosmin Olaroiu che subentra a Fabio Capello, nelle liste dei convocati il suo nome continua a non apparire e nessuno sa precisamente il perché. Non risultano notizie di un eventuale infortunio o di possibili problemi disciplinari. Il giocatore è semplicemente scomparso, anche da Sina Weibo, il social media cinese.

La deportazione

Lo scorso aprile, secondo la ricostruzione di Radio Free Asia (RFA), emerge una notizia inquietante, secondo la quale Erpan Ezimjan sarebbe stato deportato in un campo di rieducazione politica per aver ‘visitato paesi stranieri’ in riferimento al ritiro prestagionale con la propria squadra. Stando a quanto riportato da RFA, prima dell’inizio della stagione Ezimjan sarebbe tornato a far visita alla sua famiglia nella sua città natale, Dorblijin (conosciuta anche come Emin), a pochi chilometri dal confine con il Kazakistan. In quei pochi giorni di riposo, Erpan sarebbe stato preso in custodia dalla polizia locale, notizia confermata da un ufficiale della Dorblijin Market Police Station, che ha dichiarato a RFA mantenendo l’anonimato che in quel momento sarebbe stato detenuto nel campo di rieducazione di Turgun.

RFA, sempre lo scorso aprile, è riuscita ad intervistare anche un vicino di casa della famiglia di Ezimjan, il quale ha dichiarato: «Negli ultimi due mesi non sono stati in grado di vederlo. Questo ha causato molte apprensioni a sua madre, che non ha smesso di piangere da quando Erpan è stato rinchiuso in quel campo».

La notizia della detenzione di Erpan Ezimjan giunge anche al World Uyghur Congress, gruppo di esiliati che, riunitosi a Monaco di Baviera, ha stilato una lista di persone scomparse o arbitrariamente detenute nei campi di rieducazione senza alcuna valida ragione. L’obiettivo di questo gruppo è quello di mostrare alle principali potenze internazionali, in primo luogo all’Unione Europea, la straziante situazione politica nello Xinjiang e spingerle a chiedere il rilascio dei detenuti. C'è da dire che la Cina all’epoca smentiva categoricamente l’esistenza di questi centri, riconosciuti ufficialmente solo lo scorso ottobre.

Anche LA FifPro, la Federazione Internazionale dei giocatori professionisti, successivamente ha rilasciato un comunicato nel quale richiedeva lo scagionamento immediato di Erpan Ezimjan. Tentativo anche questo vano, dato che il calciatore è rimasto nel campo di Turgun fino al termine della stagione calcistica per essere rilasciato solamente all’inizio di dicembre e riapparire, almeno per ora, sui social media cinesi.

I campi di rieducazione dello Xinjiang

Prima di andare avanti con la storia di Erpan Ezimjan è importante fermarsi un attimo a ricostruire il contesto, senza cui l’intera situazione sarebbe poco comprensibile.

La situazione politica nello Xinjiang è sempre stata molto tesa, sia nell’epoca premaoista, con due tentativi di staccarsi dalla Cina (durante la guerra con il Giappone e durante la guerra civile) sia dopo la fondazione della Repubblica Popolare Cinese. Lo Xinjiang (che in cinese significa Nuova Terra) è stato dichiarato Provincia Autonoma nel 1955, ma l’influenza cinese e del Partito Comunista è sempre stata vista di mal occhio dalla popolazione musulmana date le limitazioni nelle libertà personali e di culto che si sono protratte nel corso degli anni.

La situazione è letteralmente esplosa negli ultimi anni, con l’East Turkestanm Islamic Movement che si è reso protagonista di attentati terroristici in Piazza Tienanmen nel 2013, uccidendo 5 persone, mentre nel 2014 a Kunming, capitale della provincia sud occidentale dello Yunnan, otto uiguri armati di coltelli si sono scagliati sulla folla in metropolitana, compiendo un massacro: il bilancio parla di 33 morti e 143 feriti. Gli attacchi sono stati una risposta a quando nel 2009, il governo cinese, decise di sopprimere una protesta nello Xinjiang con un bilancio di 197 morti tra i manifestanti.

Nel 2016 Chen Quanguo, governatore dello Xinjiang, ha dato il via ad una campagna repressiva senza precedenti nella Provincia, inizialmente contro gli ufficiali di partito di origine uigura, per poi estendersi a tutta la popolazione. I dati riportati da Amnesty International parlano di un milione di uiguri rinchiusi in campi di rieducazione, al fine di estirpare quella che è la fede islamica (definita addirittura come una malattia mentale) e instillare nelle loro menti l’ideologia comunista del Partito. Il senatore statunitense Marco Rubio, dopo essersi accertato della situazione nello Xinjiang con l’Ambasciata americana in Cina, ha definito l’evento come “la più grande incarcerazione di massa di una minoranza etnica ai giorni nostri”.

I dettagli di quello che sta succedendo nello Xinjiang sono inquietanti e ricordano letteralmente il controllo ossessivo descritto da George Orwell su 1984: ai cittadini di origine uigura è stato imposto di installare nei propri dispositivi mobili un’applicazione (tradotta come web clasing) che permette alle forze di polizia e alle autorità di sicurezza di scannerizzare e intercettare tutti i messaggi e le ricerche su internet che potrebbero risultare ‘dannose’. Inoltre, con un milione di uiguri internati, molti minorenni sono rimasti senza famiglia e quindi trasferiti in orfanatrofi, le cui condizioni sono descritte come disumane.

Una volta che la questione uigura è divenuta di dominio mondiale, il governo dello Xinjiang solamente lo scorso ottobre ha legalizzato i campi di rieducazione per le minoranze islamiche, ammettendo di fatto l’esistenza del fenomeno. Nella revisione della legge antiterrorismo (che già vietava alle donne di portare il velo, mentre agli uomini di farsi crescere la barba oltre una certa lunghezza) si legge che: “I governi, a partire dal livello di contea, possono istituire organizzazioni per l’istruzione e la trasformazione e dipartimenti di supervisione, come centri di formazione professionale, per educare e trasformare le persone che sono state influenzate dall’estremismo religioso”.

La repressione degli uiguri nello Xinjang ha riguardato anche il calcio. L’immagine sottostante è ripresa da un satellite e raffigura riguarda una scuola di Yining, località situata al confine con il Kazakistan, con il proprio campo da calcio stato trasformato in un centro di reclusione.

Le polemiche sullo Xinjiang sono arrivate a coinvolgere persino l’NBA: la lega nel 2009 ha inaugurato nella provincia uigura un training center nel quale studiano e si allenano 240 ragazzi fra i 14 e i 18 anni. La questione è emersa lo scorso agosto, in un articolo di Isaac Stone Fish su Slate che accusava l’NBA di continuare la propria attività in un’area nella quale sta avvenendo una delle più grandi atrocità al mondo, legittimando di fatto l’operato del Partito Comunista Cinese.

Il ruolo sociale del calcio nello Xinjiang

In una Cina in cui sta sempre più crescendo lo spirito nazionalista, affiancato a volte anche da correnti più estreme, come l’han sciovinismo (che pone le persone di etnia Han al di sopra di quelle facenti parte le altre etnie), una nazionale di calcio inclusiva anche di giocatori uiguri è sicuramente mal vista. Nella nostra inchiesta sulle tifoserie cinesi, in cui abbiamo intervistato anche gli Aquila Ultrà Destra dello Shandong Luneng, fazione della Curva Nord che incarna il pensiero han sciovinista, ad esempio, in molti hanno risposto negativamente alla domanda se accetterebbero l’idea di essere rappresentati da un giocatore uiguro. Questo scenario, però, potrebbe concretizzarsi nei prossimi anni.

La provincia uigura non ha una grande ruolo nel mondo del calcio professionistico cinese attuale, ma potrebbe comunque giocare una parte importante per l’etnia di religione musulmana. In questo 2018 l’unica squadra localizzata nello Xinjang, cioè il Xinjiang Tianshan (che in estate aveva ingaggiato Antonio Reyes, l’ex Atletico Madrid e Siviglia), ha terminato il campionato di China League One nettamente all’ultimo posto, retrocedendo così in terza divisione.

Ma il club si pone in realtà come un corpo estraneo nella regione uigura, dato che questo nasce inizialmente nella provincia centrale dell’Hubei, per poi trasferirsi ad Urumqi solo nel 2014. Si tratta dunque di una squadra di ‘origine Han’, la quale non trasmette alcun senso di identificazione nella popolazione uigura, quella maggiormente interessata al calcio. Sugli spalti dell’immenso stadio di Urumqi, che può contenere fino a 50.000 persone, ogni weekend si giunge al massimo alle duemila unità.

Eppure vi era un tempo nel quale il calcio nello Xinjiang era un fenomeno dirompente. Su wildeastfootball.net, sono riportate le foto di una partita di terza divisione del 2012 fra lo Xinjiang Gran Begonia e una rappresentativa di Pechino, di fronte oltre 40.000 persone. Il club, che ha militato nel professionismo solo per un anno, era formato da calciatori uiguri che si erano diplomati alla Song Qingling Foundation football academy, i quali hanno sfiorato la qualificazione ai playoff per la promozione in League One .

Lo Xinjiang sta anche iniziando a produrre calciatori per le rappresentative giovanili della nazionale: nell’Under 19 di Erpan Ezimjan c’era ad esempio anche Abduhamit Abdugheni (sempre in forza allo Jiangsu Suning), mentre nella Under 16 possiamo trovare gli attaccanti Abulimiti e Aisiker. Scendendo ulteriormente, si può notare come lo Xinjiang rappresenti una fonte di talento anche per quel che riguarda l’Under 13.

La Wuxiao (Urumqi’s No.5 Primary School), con la sua rappresentativa Under 13 ha vinto tutte le edizioni della Weifang Cup (il torneo internazionale più importante di Cina) dal 2012 al 2016 sbaragliando con ampie vittorie anche le rappresentative estere di Corea e Giappone. L’allenatore di questa selezione si chiama Yali Memet, un ex giocatore proveniente dalla prefettura kazaka dello Xinjiang, che, dopo aver studiato per diventare insegnante di educazione fisica, ha lavorato nelle scuole della provincia per 22 anni fino a diventare vice presidente dell’istituto.

«Per quel che posso ricordare», ha dichiarato Memet in un’intervista al Global Times «nei 22 anni in cui ho allenato siamo stati incoronati campioni in tutte quante le manifestazioni. Siamo arrivati secondi giusto un paio di volte. I nostri giocatori sono tutti quanti Uiguri. I genitori dei ragazzi di etnia Han vogliono che i loro figli si focalizzino maggiormente sullo studio e che non perdano tempo in attività calcistiche. Al contrario i ragazzi uiguri non hanno alcun feeling con la scuola e credono che lo studio sia completamente inutile. Addirittura molti di questi smettono di studiare dopo le scuole elementari. I loro genitori li mandano a lavorare per racimolare soldi il prima possibile».

Al fine di non sprecare il talento che sta emergendo, alcuni club di Chinese Super League, negli ultimi anni hanno effettuato operazioni di scouting nello Xinjiang, prelevando i migliori talenti da aggregare nelle proprie academy. Il Guangzhou R&F di Dragan Stoijkovic è il club che si è maggiormente impegnato su questo fronte, come riportato dal servizio fotografico di Yuyang Liu, che ritrae la vita di giovani uiguri dagli 8 ai 14 anni, nella R&F Soccer School, a 4200 chilometri dalla propria terra natale, alla ricerca del proprio sogno calcistico.

Una convocazione riparatoria?

Lo scorso settembre, la Nazionale cinese di Marcello Lippi ha convocato per la prima volta nella sua storia un calciatore uiguro, cioè Mirmathejan Muzepper, centrocampista del Tianjin Teda (squadra anche di Obi Mikel), originario di Kasghar. Muzepper ha fatto il suo esordio nell’amichevole persa a Doha contro il Qatar per 1-0. Il calciatore, 27 anni compiuti, aveva vestito la maglia della nazionale solamente con l’Under 20 e l’Under 23, fra il 2010 e il 2012 partecipando anche agli Asian Games.

In vista della preparazione per l’Asian Cup del 2019, Muzepper ha disputato tutte e cinque le amichevoli da settembre ad oggi, partendo sempre dalla panchina. La curiosità attorno questa convocazione è data dal fatto che la stampa internazionale specialistica ha preso la palla al balzo, parlando del primo giocatore uiguro a vestire la maglia della nazionale maggiore, mentre le agenzie statali cinesi non hanno affatto menzionato le sue origini.

Questa storia non ha però un lieto fine, dato che, nella lista dei 25 giocatori diramata da Marcello Lippi per la Coppa d’Asia di quest’anno, il nome di Mirmathejan Muzepper poi è scomparso. Forse, ma questo non è altro che un sospetto, le precedenti convocazioni avevano poco a che fare con il calcio ed erano dirette a calmare la delicata situazione con lo Xinjang.

Attualmente vi sono 10 giocatori in Chinese Super League di origine uigura, ma nessuno di questi, eccezion fatta per Muzepper, è titolare nel proprio club. Nel 2019 ci auguriamo che Erpan Ezimjan possa tornare in campo e magari in futuro debuttare con lo Jiangsu Suning, per poi conquistarsi una chiamata con la Nazionale maggiore con il nuovo CT della nazionale cinese, che succederà a Marcello Lippi dopo la Coppa d’Asia. Ovviamente rimane da verificare quelle che saranno le sue condizioni fisiche e soprattutto mentali dopo aver passato un anno in reclusione con la sola colpa di far parte di una determinato etnia.

La storia di Erpan Ezimjan non è solo quella di un talento promettente che rischia di perdersi per strada per motivi politici, ma anche quella di un testimone di una situazione politica ed umanitaria drammatica, che la Cina vuole nascondere agli occhi del mondo.

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