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Il momento difficile di Immobile in Nazionale
20 nov 2018
L'attaccante della Lazio in azzurro segna pochissimo e non sembra molto adatto alle idee di Mancini.
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6 min
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Foto di Claudio Villa / Getty Images
(copertina) Foto di Claudio Villa / Getty Images
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Ciro Immobile ha segnato l’ultimo gol in Nazionale oltre un anno fa, contro Israele, in una delle ultime partite del girone di qualificazione al Mondiale: l’Italia arrivava dalla sconfitta che ha fatto precipitare la gestione di Gian Piero Ventura (il pesante 3-0 subito dalla Spagna al Santiago Bernabéu) e il suo gol servì a salvare un’altra prestazione deludente, sottolineata dai fischi del Mapei Stadium, e a regalare la vittoria per 1-0.

Da quel giorno, però, Immobile non ha più segnato con la Nazionale e ha anche perso la sicurezza del posto da titolare. La riorganizzazione dell’attacco prevista da Roberto Mancini ne ha messo in discussione la titolarità, mentre con Ventura era stato l’azzurro con più presenze (15) e più gol segnati (6), ed era stato confermato titolare anche da Luigi Di Biagio nelle due amichevoli contro Argentina e Inghilterra. Immobile ha segnato 7 gol in Nazionale: appena 1 ogni 5 partite, mentre con la Lazio ha una media di quasi un gol ogni 90’. Una sproporzione preoccupante, che con Mancini sembra avere radici sempre più tattiche.

Cosa cambia da Ventura a Mancini?

Come potete dedurre facilmente, la parentesi con Ventura è stata una delle più felici per Immobile in Nazionale: all’interno di un gioco verticale e dai movimenti ripetuti che lo aveva già esaltato al Torino, Immobile ha segnato la stragrande maggioranza dei gol (6 dei 7) realizzati nelle 35 presenze con la maglia azzurra. Dopo l’esordio con Prandelli nel 2014, sulla scia del grande campionato giocato al Torino che gli aveva fatto vincere la classifica marcatori per la prima volta - con Ventura in panchina e Cerci al suo fianco in attacco -, Immobile inizialmente aveva conquistato la fiducia di Antonio Conte, che lo aveva promosso a titolare in coppia con Zaza, e il primo gol in Nazionale era arrivato proprio in un’amichevole contro l’Olanda, nell’esordio da CT di Conte.

Le difficoltà avute al Borussia Dortmund e al Siviglia lo avevano quindi fatto scivolare indietro nelle gerarchie in favore di Éder e Pellè, ed è stato solo con il breve ritorno al Torino e la definitiva consacrazione alla Lazio che Immobile è diventato un punto fermo della Nazionale, aiutato proprio dalla presenza di Ventura e dalla conoscenza dei meccanismi del suo gioco.

Roberto Mancini, invece, non ha puntato su di lui sin dalle prime formazioni: inizialmente ha provato a recuperare Mario Balotelli, mentre più di recente sembra invece aver svoltato verso un tridente che non prevede un centravanti di ruolo, più incline al gioco tecnico e palleggiato che sta imponendo alla Nazionale, formato da Chiesa, Bernardeschi e Insigne. Nelle otto partite con Mancini come CT, Immobile è stato titolare soltanto in due occasioni, le due sfide di Nations League contro il Portogallo: all’andata schierato in coppia con Zaza, al ritorno in mezzo a Insigne e Chiesa, sostituendo l’infortunato Bernardeschi, che presumibilmente avrebbe completato il tridente d’attacco come nelle partite contro l’Ucraina e la Polonia.

La presenza di Immobile al posto di Bernardeschi, che con la sua qualità nello stretto aggiunge un’opzione alle spalle del centrocampo senza far perdere brillantezza al palleggio, ha reso meno fluide le posizioni dell’attacco azzurro e ridotto le possibilità di muovere la palla con velocità e precisione anche negli ultimi venti metri. L’attaccante della Lazio poteva però aggiungere ciò che era mancato al palleggio della Nazionale contro l’Ucraina e la Polonia: profondità negli ultimi metri e un po’ di freddezza in più nel finalizzare l’azione. Prima della sfida contro il Portogallo, Mancini anticipava così la sua presenza al centro dell’attacco: «Ha una qualità importante: fa gol, ed è proprio quello che stiamo cercando».

L’incapacità di finalizzare le occasioni create aveva portato l’Italia a battere la Polonia soltanto allo scadere con un gol di Biraghi sugli sviluppi di un corner, nonostante 18 tiri e 2,2 xG creati.

Sostenuto alle spalle dalla rete formata da Jorginho, Verratti e Insigne, attorno a cui Mancini sta costruendo un gioco maggiormente tecnico e palleggiato rispetto alla Nazionale di Ventura, Immobile si sarebbe dovuto soltanto preoccupare di dare profondità e finalizzare l’azione, potendo contare sulle rifiniture di tre compagni abili a vedere e a servire con precisione il movimento in verticale dell’attaccante. Accentrandosi e abbassandosi per partecipare alla manovra, Insigne liberava oltretutto lo spazio per i tagli in diagonale verso sinistra, il movimento più cercato dall’attaccante della Lazio per ricevere la palla.

Nonostante questo accorgimento e la qualità dei rifinitori alle sue spalle, Immobile è riuscito a tirare solo due volte: la prima dopo un tiro da fuori di Insigne respinto da Rui Patrício, ma anche arrivando per primo sulla palla, defilato a sinistra, non è riuscito a inquadrare la porta; la seconda con un classico del suo repertorio: lo scatto in mezzo ai difensori centrali, servito splendidamente da Verratti, ma ancora una volta, stavolta da solo davanti a Rui Patricio, non è riuscito a superarlo calciando basso sul piede del portiere portoghese.

La prima delle due occasioni avute da Immobile contro il Portogallo.

Ciro Immobile, insomma, non si è dimostrato il finalizzatore clinico di cui avrebbe bisogno la Nazionale, capace di convertire in gol le poche occasioni avute e di mettere così a frutto il gran palleggio prodotto alle sue spalle. Era capitato anche nella gara di ritorno contro la Svezia negli spareggi per il Mondiale: una partita difficile ben al di là delle responsabilità dell'attaccante della Lazio, che però avrebbe potuto cambiarla già nel primo tempo se fosse riuscito a finalizzare le due grandi occasioni avute.

Immobile soffre l'assenza di spazi

La svolta tattica impressa da Mancini rischia di ridurre in modo inesorabile l'importanza del centravanti biancoceleste nei piani futuri della Nazionale: Immobile ha uno straordinario senso per la profondità ed è il miglior attaccante su cui può contare il CT azzurro per allungare la squadra negli ultimi metri, ma l’ambizione di dominare il possesso e di mantenere un baricentro alto, oltre a mettere in difficoltà l’attaccante campano dal punto di vista tecnico, riducono lo spazio per muoversi in profondità, limitando così il suo impatto.

Solitamente Immobile fa la differenza in una squadra più lunga e dal gioco più diretto come la Lazio, che gli garantisce spazi più ampi da attaccare con il suo dinamismo: l'attaccante campano è straordinario in campo lungo, sia per l’intensità dei suoi movimenti senza palla sia per la capacità di conduzione con la palla. Per questo Simone Inzaghi lo ha messo da subito al centro del sistema, affiancandogli prima due esterni veloci e dalla conduzione magnetica come Felipe Anderson e Keita, e costruendo poi una squadra estremamente verticale e pericolosa in ripartenza, con l’inserimento di Luis Alberto.

Nella Lazio degli ultimi tempi Immobile alle sue spalle ha una rete di rifinitori che si occupa di far avanzare la manovra e di lanciarlo in profondità, oppure, nella prima parte di questa stagione, ha giocato con di fianco un attaccante molto fisico e bravo nelle sponde come Caicedo, che si prende cura di far salire la squadra, lasciandogli il compito di finalizzare l’azione.

Il gioco della Lazio è stato da sempre cucito sulle sue caratteristiche migliori; in Nazionale, invece, dopo la svolta data da Mancini, Immobile deve adattarsi in un contesto che non esalta le sue qualità. Per questo, anche se da un paio di anni sta mantenendo una media gol eccezionale (con la Lazio ha segnato 60 reti in 80 presenze in campionato) e si è ormai confermato come l’attaccante italiano più prolifico della Serie A, il rapporto di Immobile con la maglia azzurra rischia di diventare ancora più complicato di quanto non sia stato finora.

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