Il City di Guardiola esce dal Derby di Manchester con un 2-0 rotondo e soprattutto meritato, per averlo ottenuto dopo una partita molto complicata. La partita era cruciale per entrambe le squadre: per quella di Guardiola, per tenere il passo del Liverpool e scavalcarla di nuovo nella corsa al titolo; per quella di Solskjaer per la corsa a un posto nella prossima Champions League e ritrovare positività dopo due mesi problematici.
Per l'occasione, quindi, Solskjaer ha compiuto scelte abbastanza forti, lasciando fuori Lukaku, Matic, Sanchez e Martial per schierare un 5-3-2 difensivo nelle intenzioni e nell’applicazione effettiva, per schermare il centro della trequarti e ripartire con una coppia di attacco leggera ma dinamica sfruttando la profondità alle spalle della difesa di Guardiola. Quest’ultimo invece, privo di De Bruyne, ha schierato il suo consueto 4-3-3, con Gundogan in posizione di interno destro e Zinchenko terzino sinistro, preferendo ancora una volta Bernardo Silva a Sané dal primo minuto.
La buona organizzazione dello United nel primo tempo
La scelta degli uomini da parte di Solskjaer è stata eloquente, e inevitabilmente quindi lo spartito della gara nel primo tempo ha da subito preso il ritmo desiderato dai padroni di casa. Dopo un breve avvio intenso del City, lo United è riuscito a rallentare le offensive avversarie e prendere campo più frequentemente, sfruttando i movimenti fuori linea e a elastico della sua coppia offensiva, apparsa anche abbastanza fluida nel suddividersi i compiti per attaccare lo spazio e venire incontro. La squadra di Solskjaer, inoltre, attaccava con pochi uomini e così, anche quando il City riusciva a rompere la manovra e partire con una transizione immediata, si ritrovava comunque davanti un muro di maglie rosse, che propiziavano il rientro rapido dei compagni più avanzati.
Il contenimento è stato il grande tema della partita della squadra di Solskjaer, che ha rinunciato quasi sistematicamente al pressing aggressivo sulla costruzione dal basso del City, mirando soprattutto a scheramare le soluzioni di passaggio sul corridoio centrale per orientare la palla verso le fasce. La squadra di Guardiola ha insistito prevalentemente sulla fascia sinistra, trascinato dalla propositività di Zinchenko (il giocatore con più passaggi tentati e riusciti, 89/100) e i movimenti a rientrare di Sterling e tentando di trovare un raccordo con David Silva, operativo sulla stessa catena su tracce interne.
Inizialmente, però, le scalate dello United sono state impeccabili: per evitare che gli uomini di Guardiola potessero sfruttare con profitto, come al solito, gli halfspaces, il 5-3-2 non si diluiva in un’altra forma, ma si limitava a collassare uniformemente verso il lato forte, senza fare uscire il più estremo in pressione isolata, ma accompagnandolo con la vicinanza di almeno due mediani e una punta. Ad esempio, se l'azione veniva sviluppata a destra, venivano coinvolti contemporaneamente Young, Pereira, Fred e Lingard, con Darmian a dare copertura come centrale difensivo. Pogba e Rashford, rispettivamente mezz’ala sinistra e punta, rimanevano invece più defilati per fungere come riferimenti in caso di rinconquista, o per andare in pressing sui retropassaggi del City.
La struttura dello United rimane definita anche nel controllo dei movimenti fuori linea dei giocatori del City. Nella seconda immagine vediamo Smalling che segue Agüero e Darmian che lo rimpiazza al centro controllando l’inserimento di Silva.
Il City ha provato a scardinare la linea difensiva avversaria attraverso i classici movimenti a uscire di Agüero, per aprire spazi alle sue spalle da sfruttare con l’inserimento di un compagno, ma Smalling e colleghi sono stati abili a mantenere l’impenetrabilità con scambi di marcatura e uscite aggressive.
In questo senso, data l'importanza degli spazi di mezzo per il gioco di Guardiola, sono risultati decisivi i movimenti di Darmian e Lindelof, posizionati in partenza ai fianchi di Smalling, almeno nella prima metà della gara: essendo di fatto intermedi nella linea a cinque, i due potevano uscire in maniera sicura e puntuale sui movimenti nell’halfspace di David Silva e compagni, rendendo complicato per questi ultimi sfruttare con la consueta rapidità le ricezioni in quelle zone, e costringendo così il City a ricominciare il palleggio.
Il controllo di Darmian e Lindelof sui rispettivi avversari, con uscite aggressive anche più avanzate. Nella seconda immagine notiamo anche come Shaw accompagni in un primo momento l’accentramento di Bernardo e stringa la sua posizione, con Pogba che è pronto a scalare in ampiezza per mantenere la struttura.
Nel primo tempo la squadra di Guardiola non è stata particolarmente rapida nelle combinazioni, forse complice anche un po’ di timore per le eventuali transizioni negative, che però non sono mai state sfruttate in maniera realmente pericolosa dallo United. Paul Pogba, che avrebbe dovuto essere il fulcro della manovra offensiva dei "Red Devils", ha patito lo scarso flusso di possessi transitati per i suoi piedi, confermando ancora una volta di essere un giocatore in grado di esaltarsi esponenzialmente quanto più è coinvolto nella manovra, e in maniera direttamente proporzionale al numero di palloni toccati.
Il City spacca la ripresa
L’infortunio di Fernandinho, fino a quel momento autore di una partita difensiva monumentale, dopo appena sei minuti della ripresa, ha spinto Guardiola a inserire Sané, abbassando Gundogan in posizione centrale davanti alla difesa e spostando sulla fascia destra Sterling, con Bernardo Silva stretto a interno destro. All'apparenza è stato soprattutto questo cambio ad aver avuto un impatto diretto sull’atteggiamento del City, come se tutta la squadra avesse trasformato l’infortunio di Fernandinho e il subentro di uno dei leader offensivi (seppur proveniente da una stagione in cui ha faticato a partire titolare) in una opportunità per aumentare la velocità del pallone e degli smarcamenti. La presenza di Bernardo Silva tra le linee, inoltre, è sembrata essere molto più incisiva nel disorganizzare l'assetto difensivo avversario rispetto a quella di Gundogan. Mantenendo la stessa struttura posizionale ma invertendo le posizioni di alcuni uomini, insomma, la fluidità di palleggio del City ha acquisito sicurezza e sempre più efficacia.
In questo senso, il gol del vantaggio di Bernardo Silva, propiziato da uno scambio di posizione con Sterling, è il trionfo dei particolari del gioco di Guardiola. Gundogan riceve un pallone orizzontale da Walker e con una semplice rotazione del corpo verso sinistra attira verso il lato opposto la linea mediana dello United. A questo punto il portoghese, nel frattempo apertosi per ricevere, viene pescato in isolamento contro Shaw, che si era stretto per seguire il movimento di Sterling. Bernardo porta avanti la palla toccandola tre volte con l’esterno sinistro, con il quarto tocco scopre il pallone quel tanto che basta per aprire la traiettoria verso la porta e lo impatta con una velocità di preparazione prossima allo zero, mettendo in difficoltà De Gea, la cui visuale è parzialmente ostruita da Shaw. Il terzino non riesce a decifrare le intenzioni di Silva, concedendogli pochi ma letali centimetri verso l’interno del campo, e non può nemmeno beneficiare della copertura di Lindelof, impegnato a badare a Sterling. Il tiro di Bernardo è perfetto per rapidità di esecuzione, potenza e traiettoria, quanto più angolata possibile.
Questo episodio, in cui una bella azione collettiva viene coronata da una giocata individuale fenomenale, ha spaccato letteralmente in due la partita: lo United ha abbozzato una reazione di orgoglio e ha iniziato ad allungarsi, venendo puntualmente punito in fase di transizione negativa, come nel gol di Sané. In questo caso le responsabilità di De Gea sono nitide e determinanti, anche se sempre nel contesto di un’azione che ha visto un’altra serie di giocate perfette degli attaccanti del City (Sterling in progressione, Agüero che attacca lo spazio attraendo due centrali, Sané che dà ampiezza). Il portiere spagnolo, che ha fatto delle parate “di piede” uno dei suoi marchi di fabbrica, questa volta è stato tradito dalla postura, impattando in maniera goffa con lo stinco la conclusione secca di Sané.
La strana postura di De Gea sul tiro di Sané. A posteriori, il portiere spagnolo sembra aver dato troppa rilevanza alla copertura del palo lontano in una situazione in cui Sané avrebbe potuto concludere più verosimilmente solo sul suo palo.
Dopo il 2-0, il resto della partita è scivolato via senza troppe altre emozioni. Con l’ingresso di Lukaku per Pereira, lo United ha tentato di pescare il belga sfruttando i suoi inserimenti in area partendo da destra, con scarsi risultati. A nulla sono serviti poi gli inserimenti di Martial e Sanchez al posto di Lingard e Darmian.
Per lo United, quindi, la crisi si protrae, e Solskjaer dovrà dimostrare di essere in grado di riprendere le redini di un gruppo che tanto aveva goduto del suo subentro a Mourinho nelle prime settimane. La sua spinta propulsiva sembra ormai definitivamente essersi spenta, ricadendo in primo luogo sulle performance dei suoi uomini chiave.
Il City ha invece superato brillantemente l'ultimo grande ostacolo sul suo percorso verso il titolo, che adesso è distante solo altre tre partite (contro Burnley, Leicester e Brighton). Il prezioso punto guadagnato sul Liverpool dopo mesi di inseguimento sembra essere essere ormai la pietra tombale sulla Premier League, al cospetto di un avversario altrettanto vorace e attrezzato che non sembra mollare un centimetro, ma che dovrà affrontare due semifinali di Champions contro la favorita numero uno. Ovviamente tutto può ancora succedere, però: la Premier League ci ha già abituato in passato a ribaltamenti sorprendenti.