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Classici: Argentina - Inghilterra '86
03 lug 2015
Comincia oggi Classici, rubrica nella quale rivediamo e analizziamo le grandi partite del passato. Nella prima puntata l'iconico 2 a 1 dell'Argentina di Maradona all'Inghilterra.
(articolo)
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In quella mitologia tutta particolare che circonda i Mondiali di calcio, quello del 1986 in Messico viene spesso ricordato come “il Mondiale di Maradona”, nel senso che fu la classe fuori dal comune del Pibe de Oro a rendere l’Argentina irraggiungibile per gli avversari. Ora, non starò qui a dire che i luoghi comuni sono fatti per essere contraddetti, ma la vulgata secondo cui Maradona vincesse da solo le partite è una verità parziale. Non per sminuire l’immenso talento del fuoriclasse argentino (Maradona fu coinvolto in 10 dei 14 gol totali dell’Argentina) quanto per ricordare la verità banale che in un gioco di squadra è solo l’insieme delle parti che può fare la differenza.

L’Argentina arrivò tutt’altro che favorita a quel Mondiale, nonostante Maradona stesse già attraversando il momento più alto della sua carriera a Napoli. Il suo allenatore, Carlos Bilardo, era osteggiato dal suo predecessore, Cesar Luis Menotti (l’unico fino a quel momento ad aver vinto un Mondiale con l’Argentina), e veniva considerato dall’opinione pubblica argentina un difensivista e un confusionario. D’altra parte lui stesso aveva dichiarato che in ogni squadra erano sufficienti solo tre giocatori per attaccare. A non aiutare erano stati anche l’esclusione di Hugo Gatti e le sole tre vittorie nelle prime quindici apparizioni ufficiali.

Maradona affermò nella sua autobiografia che i tifosi argentini guardarono la partita inaugurale contro la Corea del Sud “con gli occhi per metà chiusi” per timore di un’umiliazione, che è sostanzialmente un modo molto velato per dire che anche lui non avesse una grandissima considerazione delle idee di Bilardo all’inizio.

In realtà già la fase a gironi andò molto al di là delle previsioni, con l’Argentina che arrivò prima vincendo contro Corea del Sud e Bulgaria e pareggiando contro l’Italia detentrice del titolo. L’Inghilterra invece faticò molto ad arrivare alla fase a eliminazione diretta, qualificandosi solo all’ultima giornata con una tripletta di Lineker contro la Polonia. Le due squadre arrivarono così ad affrontarsi dopo aver battuto rispettivamente Uruguay e Paraguay.

Che il ruolo del Diez non fosse solitario, ma funzionale per qualcosa di più grande, è evidente proprio in Argentina-Inghilterra, per quanto possa sembrare paradossale, considerato che è passata alla storia per il Gol del Secolo, ovvero il gol in solitaria più bello di sempre (o se preferite “uno dei”) e per la Mano de Dios, che poco ha a che fare con il gioco di squadra. In realtà quella partita fu importante anche perché Bilardo decise di adottare per la prima volta in quel Mondiale un modulo che aveva largamente sperimentato nella fase di qualificazione e che fino a quel momento era considerato una sorta di avanguardia: il 3-5-2. Nella fase a gironi e nella partita contro l’Uruguay, infatti, anche l’Argentina aveva deciso di adattarsi a quello che era il modulo più in voga in quel momento e cioè il 4-4-2 (che infatti era il modulo dell’Inghilterra). Ma la sperimentazione di Bilardo andava molto oltre l’adozione di un modulo diverso dal 4-4-2.

Innanzitutto gli attaccanti non erano due, ma di fatto tre: oltre a Maradona, Valdano e Burruchaga. Teoricamente Valdano doveva essere la classica prima punta alle cui spalle agiva Maradona e Burruchaga una semplice mezzala. Nella realtà dei fatti i tre formavano un vero e proprio tridente. In fase di non possesso Maradona rimaneva centrale mentre Valdano e Burruchaga ripiegavano sui lati, eventualmente a pressare i terzini avversari. Una volta recuperato il pallone, Maradona tendeva a ripiegare sul centrocampo (ma in realtà era libero di agire su tutto il fronte d’attacco) mentre Valdano e Burruchaga si inserivano entrando dentro il campo. I tre, comunque, molte volte si scambiavano di posizione, dimostrando una grande fluidità nei ruoli. In questo senso, se siete affezionati ai numeri, la formazione dell’Argentina era più un 3-4-3 o un 5-2-3 (a seconda se i due terzini, Giusti e Olarticoechea, vengano considerati centrocampisti o difensori).

Il tridente mascherato dell’Argentina in fase di non possesso: Valdano e Burruchaga sono pronti a schizzare in avanti non appena Maradona accende la luce.

La difesa dell’Inghilterra era quindi completamente priva di punti di riferimento. Seguire Maradona nei suoi ripiegamenti significava prestare il fianco agli inserimenti di Valdano e Burruchaga. Aspettarlo significava ritrovarselo palla al piede e faccia alla porta. Difficile decidere quale delle due cose fosse più pericolosa.

Questo spiega, al di là della folle genialità di Maradona, l’opposizione non irresistibile della difesa inglese sul Gol del Secolo. Prima Butcher e poi Fenwick, gli ultimi due giocatori inglesi a opporsi a Maradona prima che arrivasse in porta, sono indecisi se coprire lo spazio alle proprie spalle (su cui si stanno già avventando Burruchaga e Valdano) oppure provare a intervenire sul pallone. Quello che esce è una cosa a metà che permetterà a Maradona di dribblare i difensori inglesi come birilli.

“Defensor que duda, defensor que muere”.

Se sulle doti tecniche di Maradona sono state scritte milioni di parole, forse non è stato dato un merito sufficiente ai due suoi compagni d’attacco. Valdano era un prototipo molto avanzato rispetto ai centravanti del tempo. Nonostante le gambe lunghe e il fisico imponente, era veloce e aveva una tecnica decisamente elegante. Lo stesso Burruchaga, che viene descritto da Federico Buffa sostanzialmente come un protagonista minore, in questa partita non sfigurava affatto accanto agli altri due. Valdano e Burruchaga alla fine del torneo segneranno insieme la bellezza di sei gol (tra cui quello decisivo in finale contro la Germania Ovest, proprio di Burruchaga).

Un altro elemento interessante nella formazione argentina era il ruolo dei due centrali laterali (in realtà principalmente di Cuciuffo, sulla lavagna il difensore centrale di destra, molto più portato di Ruggeri alle incursioni offensive). Questi molte volte si alzavano a fare da veri e propri terzini facendo tornare così il modulo nuovamente al 4-4-2.

Il 3-5-2 fluido dell’Argentina in fase di possesso. Olarticoechea (qui fuori inquadratura) è molto più bloccato sulla linea di difesa rispetto a Giusti, che invece è un vero e proprio centrocampista.

L’Inghilterra si presentava invece col più classico dei moduli, con un centrocampo riempito di incontristi, praticamente privo di qualità e dinamismo. Data la netta superiorità tecnica e tattica degli argentini, quindi, per tutto il primo tempo la strategia degli inglesi si ridusse ai lanci lunghi e alle verticalizzazioni improvvise a partire dal centrocampo. L’obiettivo era quello di arrivare il prima possibile a Lineker, vero e proprio salvatore della patria (dei sette gol segnati dall’Inghilterra in quel Mondiale, sei furono suoi).

L’attaccante dell’Everton, però, se la passò malissimo, almeno nel primo tempo, perché questa strategia esaltava le qualità dei difensori argentini, fortissimi nell’anticipo (impressionanti Brown e Ruggeri). Nel primo tempo l’unico pericolo creato dall’Inghilterra nacque da una follia del portiere Pumpido, che in uscita regalò la palla al compagno di Lineker, Beardsley, che però dal limite sinistro dell’area di rigore non riuscì a segnare. Per il resto del primo tempo fu un dominio albiceleste (più nel possesso palla che nelle occasioni da gol, per la verità).

L’equilibrio fu sconvolto all’inizio del secondo tempo. Tra il 51.esimo e il 55.esimo minuto, Maradona tirò fuori dal cilindro due tra i più controversi e assurdi gol della storia del calcio. Entrambi, per ragioni diverse, sono fuori da ogni logica calcistica: il primo perché esce dal recinto dei comportamenti ammessi dal gioco stesso, il secondo perché mette a nudo l’impotenza della tecnica e della tattica di fronte alla superiorità del talento.

Riguardo al Gol del Secolo, Maradona dichiarò in un secondo momento, con un’evidente punta d’ironia: «Penso che non sarei mai riuscito a farlo con un’altra squadra, di solito mi buttano giù. Gli inglesi sono probabilmente i più nobili del mondo».

Effettivamente, data l’aura mitologica che circonda questa partita, e in generale la rivalità tra le due squadre, mi sarei aspettato un incontro duro e nervoso. Invece, guardandola, mi sono stupito della correttezza generale. Dopo la Mano de Dios, forse il gol più scandalosamente irregolare della storia del calcio, solo un giocatore inglese, Fenwick, andò a protestare faccia a faccia con l’arbitro. Gli interventi più duri si contano sulle dita di una mano, l’unica vera scorrettezza fu una gomitata allo stesso Maradona nella seconda metà del primo tempo. Forse la stessa partita oggi finirebbe con due rossi per parte.

Qui la telecronaca del grande Victor Hugo Morales.

Fatto sta che l’uno-due fece finalmente uscire dal torpore l’Inghilterra e il suo allenatore, Bobby Robson. Quest’ultimo decise di dare profondità alla squadra facendo entrare due ali di ruolo, Waddle e Barnes (quest’ultimo alla prima apparizione a quel Mondiale), al posto di Reid e Steven. I due si infilarono nello spazio alle spalle dei due terzini argentini, Giusti e Olarticoechea, costringendo i centrali laterali a uscire dalle proprie posizioni lasciando la difesa argentina in inferiorità numerica sui cross.

Il gol dell’Inghilterra: Barnes ha superato Enrique e Giusti in velocità, attirando su di sé Cuciuffo e Brown. Questo lascia in inferiorità numerica Ruggeri e Olarticoechea al centro dell’area, permettendo a Lineker di battere Pumpido.

Fu soprattutto Barnes ad avere un impatto importante sulla partita. È sua la splendida discesa sulla sinistra e il cross per il colpo di testa vincente di Lineker. La stessa identica azione venne ripetuta a pochi minuti dalla fine, ma Olarticoechea riuscì, con un salvataggio miracoloso (ho rivisto l’azione diverse volte e ancora non ho capito precisamente come ha fatto), a togliere dalla testa del solito Lineker la palla del 2-2.

Chissà cosa sarebbe successo se quella palla fosse entrata in porta (a parte il fatto che Lineker avrebbe segnato sette gol in tre partite). Sembra un'idea alla Sliding Doors, ma dopo il 2-1 la fortuna sembrava aver girato le spalle all’Argentina. Proprio dopo il gol di Lineker, anzi, Maradona tentò un'azione che di solito si azzarda solo a FIFA e solo quando si è particolarmente frustrati: e cioè provare a smarcare tutti gli avversari partendo dal disco di battuta del centrocampo, subito dopo aver subito un gol avversario. Un’azione che si è conclusa con un tiro dal limite dell’area di Carlos Tapia, nel frattempo subentrato a Burruchaga, andato a stamparsi sulla parte interna del palo alla destra di Shilton.

Argentina-Inghilterra fu senza dubbio la partita più iconica mai giocata da Maradona e dalla stessa Nazionale argentina anche per fattori extracalcistici, legati alla decennale rivalità tra le due Nazioni, rinfocolata solo quattro anni prima dal disastro argentino nelle Falkland. Lo stesso Maradona dichiarò successivamente che quella partita rappresentò per lui una vendetta per quello che successe nelle isole che gli argentini chiamano Malvinas. L’Argentina dimostrò una superiorità tecnica e tattica netta rispetto a coloro che circa un secolo prima avevano portato il fútbol in America Latina.

E in questo Maradona non fece altro che recitare la sua parte, per quanto geniale. Probabilmente, senza i Bilardo, i Valdano, i Burruchaga, i Cuciuffo e gli Olarticoechea, Argentina-Inghilterra sarebbe andata diversamente e Messico ’86 non sarebbe mai stato “il Mondiale di Maradona”.

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