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Classificone: gennaio
04 feb 2016
Torna la rubrica più amata de L'Ultimo Uomo. In questa puntata: tutto lo sport del primo mese dell'anno, classificato.
(articolo)
25 min
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Benvenuti al quarto appuntamento dell’anno con il Classificone de l’Ultimo Uomo, la rubrica in cui mettiamo in lista le cose più belle, e pazze, e interessanti, e strane, e intelligenti capitate nell’universo sportivo nell’ultimo mese.

In questa puntata: i tradizionali appuntamenti con i migliori gol e i migliori cambioverso; i migliori scambi dell’Australian Open; i migliori momenti di Football Americano che non sono il Superbowl. E ancora i migliori gol dell'ex di Fabio Quagliarella e i migliori calci alle bottigliette di Sinisa Mihajlovic.

Buona lettura!

I migliori gol

di Daniele Manusia (@DManusia)

5. Berardi vs Atalanta. Assist: Vrsaljko. Third pass: Magnanelli.

Il gol intero lo trovate cliccando qui, per la gif ho scelto il vero autore, quello che a cui andrebbe assegnato il +3 al fantacalcio. Il third pass è la mia categoria preferita di passaggi, perché se l'assist può essere geniale, incredibile, impensabile, un third pass richiede una capacità di previsione scacchistica, da palla di vetro. Vrsaljko e Berardi e la difesa dell'Atalanta sono marionette mosse da Magnanelli. L'arbitro avrebbe dovuto assegnare il gol nel momento in cui la palla è arrivata tra i piedi di Vrsaljko, che per poco non rovina tutto con un cross lento. Più che un playmaker, un quarterback.

Menzione speciale per la palla di Saponara a Zielinski (contro il Milan) che secondo alcuni era un passaggio per Pucciarelli, una tesi che mi rifiuto di accettare sia perché Pucciarelli per stopparla avrebbe dovuto avere un piede grande quanto il cuscino di un divano mentre, guarda caso, la potenza era perfetta per Zielinski; sia perché la corsa stessa di Zielinski presuppone la possibilità che Saponara arrivi a dargli la palla, nel senso che forse Zielinski conosce meglio di noi la visione periferica di Saponara.

4. Quaison vs Udinese. Assist: Hiljemark.

In questo gol c'è: Franco Vazquez che rallenta il gioco fino quasi a congelarlo del tutto, fino quasi a far uscire gli spettatori dallo stadio perché chi lo sa, se Franco tiene palla così a lungo, sul posto, magari l'arbitro ha fischiato la fine e non ce ne siamo accorti, per poi tirare un missile su Gilardino che, con un istinto che probabilmente ha usato troppo poco in carriera, stoppa la palla di tacco (!!!) la controlla palleggiando (!!!) e, mettendola giù, serve la corsa di Hiljemark, che però è marcato, per cui invece di tirare di sinistro la sposta all'indietro di tacco (!!!) per la corsa di Quaison, che fino a quel momento sembrava un passante, e invece conclude allargando il piatto là dove non arrivano i due difensori in chiusura e il portiere in tuffo.

Se la combinazione tra due giocatori può emozionarmi come i video accelerati delle piante che crescono e si arrampicano in cerca di luce, questo piccolo eco-sistema ricorda le macchine buffe di Fischli & Weiss, oggetti che non c'entrano niente l'uno con l'altro in equilibrio precario. O, se preferite, il video degli Ok Go (ispirato proprio a Fischli & Weiss).

3. Bacca vs Inter. Assist: una palla telecomandata di Niang.

Nei mesi scorsi ho avuto più di un'occasione per esprimere (parte) del mio amore per il talento di Gonzalo Higuain, ma l'ultimo mese è stato quello della conferma di un altro grande centravanti: Carlos Bacca. Dallo scorso 13 gennaio ha segnato 7 gol in 9 partite giocate e tutti i suoi gol sono una sublime manifestazione di un talento purissimo. Contro la Fiorentina prende una palla banale sull'esterno e la usa per mandare nel panico la difesa viola e traumatizzare Tomovic che, francamente, cosa avrebbe potuto fare? D'accordo, è stato un po' rigido nel girarsi, ma era lì, è anche scivolato... Bacca aveva solo il secondo palo, Tatarusanu aveva fatto anche un passo in avanti, ma non c'è stato niente da fare.

Lo stesso contro l'Empoli: Bacca ha preso un metro a tutti e stop, finita l'azione, palla al centro. Con i grandi attaccanti sembra sempre che sia la loro forza di volontà a spingere la palla in rete. E invece è un insieme di piccole accortezze. Ad esempio, ho scelto il gol nel derby per la scelta di Bacca di tagliare alle spalle di Miranda anziché davanti, per non rimpicciolire lo specchio e accorciare i tempi con cui sarebbe dovuta arrivargli la palla. Ma anche per come mette la gamba, sapendo che l'avrebbe colpita di stinco, o polpaccio, o quello che è.

2. Ex aequo: Pavoletti vs Palermo & El Sharaawy vs Frosinone. Assist: Ansaldi & Zukanovic

Il gol di Pavoletti è fantastico sopratutto per la violenza con cui colpisce la palla. Una rovesciata che sembra la versione elegante di un padre di famiglia che sbatte i pugni sul tavolo. Bello anche il liscio di testa del difensore prima e la pausa che fa Ansaldi per prendere la mira. Pavoletti colpisce benissimo, usa il proprio corpaccione come una catapulta e, al limite, potevamo chiedere una maggiore elevazione. Ma dato che non abbiamo le palette con i numeri e che un gol vale un gol...

Non sono tra gli estimatori di Pavoletti che lo vogliono in Nazionale a tutti i costi. Non perché non apprezzi le qualità del ragazzo, vistose tanto quanto i difetti, ma perché un attaccante del genere, “tradizionale” per così dire, a mio avviso si misura su almeno quindici stagioni, deve segnare tanto, in tutti i modi, dominare l'area anche quando inizia a invecchiare. Come i vari Hubner, Riganò, etc. E chi ha visto giocare Riganò non credo possa stupirsi guardando Pavoletti. Attaccanti del genere devono guadagnarsi ogni singola cosa, la Serie A, la Nazionale, la stima, a suon di gol. Tanti gol. E lo dico come augurio a Pavoletti, non il contrario.

Al El Sharaawy c'è poco da dire, quel colpo è più unico di una rovesciata ma non è abbastanza “pazzo” da sovrastare il contesto, gli ultimi anni fuori fuoco, i dubbi su di lui che costringono, anche di fronte a una cosa del genere, a mantenersi cauti. Posso solo riportare le parole che servivano ad Enea a riconoscere il luogo dove concludere il suo viaggio (che avrebbe portato alla fondazione di Roma): “Il segno sarà questo, tienilo bene a mente: quando tu, preoccupato per le molte fatiche, in riva a un fiume remoto scoprirai sotto un elce una candida scrofa stanca del parto, distesa per terra vicino all'acqua, enorme, con ben trenta candidi porcellini intorno alle mammelle”.... El Sharaawy preoccupato dalle molte fatiche lo è, lascio a voi qualsiasi altra analogia (sarà un caso che le rose in Serie A sono composte più o meno da trenta giocatori?).

1. Insigne vs Torino. Assist: Callejon

Insigne, a differenza di Pavoletti e El Shaarawy, non ha veramente bisogno che gli venga data una bella palla per inventare un gesto eccezionale. La grandezza di questo colpo secondo me sta sia nella rapidità con cui Insigne lo pensa ed esegue, come se fosse la cosa da fare senza dubbio alcuno, sia nello spazio strettissimo in cui si infila la palla. Padelli è a un metro e mezzo dalla linea di porta e si tuffa all'indietro ma – e questo è visibile solo dopo la centesima volta che guardate questo gol – ci mette una frazione di secondo a capire, si piega rigido sulle gambe come prepararsi a un tiro “normale”, prima di fare un passetto all'indietro anche un po' goffo. È Insigne a creare quella possibilità, e in questo senso è un poeta, stando alla definizione di Aristotele: “Compito del poeta non è dire le cose avvenute, ma quali possono avvenire”.

Bonus: l'esultanza più brutta di gennaio

Caro Kevin, caro Prince, se non hai più il fisico, non le fare certe cose che poi ti fai male e intristisci chi ti ha conosciuto quando scoppiavi di salute.

I migliori Cambioverso (per questo mese: “tutti i migliori cambioverso della Juve”)

di Fulvio Paglialunga (@FulvioPaglia)

C’è da essere grati, da seguaci del cambioverso, alla Juve. Perché sembra aver scritto questo campionato quasi con la nostra complicità, al punto da meritarsi una sezione monotematica. Arrivava da quattro scudetti consecutivi e ogni cosa che toccava, anche mentre lasciava per strada pezzi di valore degli ultimi campionati, sembrava oro. Ed era estate.

La Juve aveva vinto la Supercoppa, agli inizi d’agosto faceva davvero molto caldo e, quando un po’ di calcio giocato prendeva lo spazio del mercato, niente di meglio di un crossover per mettere entrambe le cose insieme e dire che sì, senza Pirlo e Tevez e Vidal in fondo andrà bene lo stesso, perché la Juve sa come muoversi, perché il rischio è ben corso se le alternative sono Mandzukic e Dybala e segnano alla prima partita vera.

Solo che poi la Juve parte male, quando comincia il campionato, e Mandzukic non segna molto e Dybala ha qualche boh che si trascina con sé, almeno per chi non ha pazienza e poco più di un mese dopo Tevez, che era già “stato dimenticato”, adesso è “rimpianto”.

Di Massimiliano Allegri va ammirato l’autocontrollo. Già quando è arrivato alla Juve al posto di Conte è stato deriso abbastanza, e quando ha vinto non si è preso le rivincite, ma ha semplicemente sorriso, anche mentre intorno era tutto un “eh, ma quello è il lavoro di Conte. Lui lo ha solo sfruttato” e invece poteva rivendicare i suoi meriti. Non lo ha fatto, sapendo che anche l’anno dopo (che è quest’anno) lo avrebbero aspettato al varco. E nonostante i rischi ha accettato la svolta sul mercato, la squadra smontata e rimontata per pensare non solo al campionato in corso, ma anche ai prossimi. E alle casse della società. Ha azzardato, sapendo al massimo di dover aspettare. Mentre i giudizi non avrebbero aspettato.

Infatti, mentre la Juve andava piano, troppo piano, ecco i titoli che ne smontavano anche i meriti dell’anno prima.

Ecco: Allegri non regge due anni, la Juve è destinata a precipitare e c’è chi si pone la domanda. È l’uomo giusto?

Poi ha quel cognome, che si presta a giochi di parole che facilmente mettono in ombra la figura di un allenatore che, invece, un po’ sembra fregarsene, almeno a vedere la faccia con cui affronta ogni microfono anche nei momenti più complessi.

Allegri finisce dentro qualsiasi cosa. Sta gestendo Dybala nel modo che ritiene più giusto e invece gli viene contestato (siamo a settembre) anche questo.

Così, ad esempio…

È uno stillicidio. Fare i titoli sulla Juve fuori dai giochi è comodo e fa rumore. Parla della crisi di una grande, di un campionato diverso dagli ultimi quattro. Non è dar torto a chi in quel momento vede una squadra in difficoltà, e cita statistiche o dati. E, comunque, è alla ricerca di un colpevole anche in un progetto così nuovo, che un po’ se n’è fregato dei risultati precedenti perché ha in mente quelli futuri.

Allegri probabilmente sa cosa sta facendo, ma non lo dice. E legge, però. Cose del genere.

Ormai uno dei colpevoli c’è. E poi arrivano gli altri, che sono anche un po’ un ritorno e rientrano nell'abitudine a fare il titolo forte. È finito settembre, fa ancora caldo e la Juve è giù, la classifica ha il segno meno ma non si rinfresca nessuno. I giornali virano verso il definitivo. Anzi, ecco il titolo definitivo.

Mandzukic è un bidone.

E Allegri va a giudizio.

Arriva pure Zamparini, per dire alla Juve che stanno rovinando Dybala.

Ora, però, la Juve è di nuovo lì. In alto. In corsa per lo scudetto mentre le altre hanno mollato. Merito di chi? Di quel giocatore che Allegri stava gestendo male, dicevano. Di quello che invece sta facendo la differenza. Quello lì, appunto. Come si chiama? Ah, Dybala. Anzi, Dybalissimo.

È un affare, scrivono.

E Zamparini? Ha dimenticato quello che aveva detto. Ora Dybala vale Messi.

Va tutto bene, il verso è cambiato. Anche due volte, se si contano le trombe dell’estate poi soffocate al primo risultato contrario. Va tutto bene e Allegri, quello che aveva ereditato il lavoro di Conte e per il secondo anno non andava bene, adesso va benissimo.

Anzi.

Ecco. A un passo dal record.

I migliori gol dell’ex di Fabio Quagliarella

di Federico Aquè (@FedAque)

Non poteva che finire così. Dopo non aver esultato per un rigore segnato contro una sua ex squadra, il Napoli, Fabio Quagliarella ha fatto arrabbiare i tifosi di quella che era al tempo stesso la sua squadra attuale e una sua ex squadra, il Torino, non è più sceso in campo da allora ed è infine tornato in una sua ex squadra, la Sampdoria.

Nel filone delle non esultanze per un gol contro la propria ex squadra quelle di Quagliarella sembrano le più sinceramente pentite. Dopo (quasi) ogni gol a una sua ex squadra Quagliarella sembra davvero dispiaciuto, come se facesse un torto reale ai suoi ex tifosi. Questa sarà quindi una classifica ricca di rimorsi, ma ci aiuterà a ripercorrere le tappe del pentimento dell’attaccante, perché, e questo è interessante, Quagliarella non ha sempre non esultato contro le sue ex squadre.

Fuori classifica: vs. Juve con la maglia del Torino

https://www.dailymotion.com/video/x2o21be_goal-quagliarella-torino-2-1-juventus-26-04-2015_sport

Non è un gol bello, ma è forse il più significativo di tutti quelli segnati da ex da Quagliarella, per l’importanza e per capire quanto in là si possa spingere il rito della non esultanza. Il Torino non vinceva il derby da 20 anni, Quagliarella segna il gol decisivo, ma mentre tutto intorno è gioia, urla e braccia al cielo, lui resta immobile mentre viene sovrastato dai compagni. Quanto autocontrollo bisogna avere in questi casi?

5. vs. Sampdoria con la maglia dell’Udinese

Non si tratta di un gol particolarmente difficile per Quagliarella, uno dei migliori attaccanti italiani degli ultimi anni per capacità di coordinazione e tecnica di tiro. Ha lo spazio per preparare la conclusione ed è in una posizione da cui può vedere tutto lo specchio della porta, ma ciò non toglie nulla alla perfezione del gesto e alla traiettoria praticamente imparabile del pallone, che si alza e poi si abbassa d’improvviso per infilarsi all’angolino. Tra tutte le sue ex, la Sampdoria è la squadra più punita da Quagliarella, più in generale è quella contro cui ha segnato più volte, 10. È anche per questo che i blucerchiati hanno deciso di riprenderselo?

4. vs. Fiorentina con la maglia del Torino

Quagliarella ha giocato per pochi mesi nella Fiorentina, nel 2002, quando la società viola era fallita da poco, disputava la Serie C2 ed era chiamata Florentia Viola. Un’esperienza non particolarmente felice, che evidentemente Quagliarella ha cancellato dal suo passato. Non si spiega altrimenti la deroga alla regola personale della non esultanza contro le ex squadre: quando Quagliarella segna alla Fiorentina esulta, come in questo caso, in cui fa un movimento splendido per liberarsi di Gonzalo Rodríguez, poi lo disorienta con un’altra finta e infine incrocia il tiro sul secondo palo. Un piccolo manuale del perfetto centravanti che Quagliarella non è mai stato.

3. vs. Torino con la maglia dell’Udinese

«Se segno al Torino non esulto», ha recentemente dichiarato Quagliarella dopo essere tornato alla Sampdoria. Non si era fatto di questi problemi oltre 7 anni fa, forse perché il suo legame col Toro non era così forte come ora, nonostante “Quaglia” sia cresciuto nelle giovanili granata e con la maglia granata abbia esordito in Serie A. Probabilmente fu un modo per rendere merito a Gaetano D’Agostino, al cui lancio va attribuita metà del gol. L’altra metà è un pezzo di bravura di Quagliarella, che tiene lontano Ogbonna e poi sorprende Calderoni con un tiro che non si capisce bene se sia un pallonetto o un diagonale sul secondo palo.

2. vs. Udinese con la maglia della Juventus

Quagliarella era da poco passato dal Napoli alla Juventus, un “tradimento” mai perdonato dai tifosi azzurri. Per non tradire sé stesso e le proprie tradizioni i primi due gol con la maglia bianconera li segna contro due ex squadre, la Sampdoria e l’Udinese. Quello contro i friulani non è un colpo di tacco spettacolare, ma ancora una volta Quagliarella dimostra la rara abilità di coordinarsi anche nelle situazioni più difficili. In questo caso sta addirittura cadendo, ma riesce a colpire il pallone e mandarlo sul palo lontano, prendendo in controtempo Handanovic.

1. vs. Napoli con la maglia del Torino

Prima del “fattaccio” che l’ha allontanato dal Torino, Quagliarella aveva già segnato al San Paolo contro il Napoli, anche quella volta senza esultare. Riflettendoci, il cortocircuito che ha portato alla recente cessione è assurdo. Quagliarella è stato costretto ad andarsene per aver “offeso” una tifoseria che l’aveva riaccolto da eroe dopo un gesto di rispetto nei confronti di una tifoseria che invece lo considera un traditore.

Tra tutti i gol da ex segnati da Quagliarella questo al Napoli è il più bello e difficile, uno dei migliori e più rappresentativi della sua carriera. Penso descriva bene le qualità di Quagliarella, per l’acrobazia che gli consente di tirare dopo uno stop piuttosto lungo e per l’istinto che gli permette sempre di “sentire” dove sta la porta, anche quando non la guarda mai e lo specchio è davvero minimo come in questo caso. Peccato solo non poterlo festeggiare.

I migliori scambi dell’Australian Open

di Emanuele Atturo (@Perelaa)

8. Wawrinka uguale ma diverso

Siamo tutti d’accordo che il rovescio è il colpo migliore di Stan Wawrinka. I suoi colpi però hanno solitamente bisogno di molto tempo per essere caricati: hanno aperture ampie, enfatiche, esprimono un’energia estroflessa. In questo caso invece Wawrinka si limita a mettere il piatto corde nell’angolatura giusta per ricevere l’energia del colpo di Raonic e rifletterla in un passante vincente.

7. Verdasco con la sciabola

Per tutta quest’era tennistica il dritto di Verdasco ha rappresentato la versione povera di quello di Nadal: meno esasperato, meno profondo, meno regolare. In questo senso la partita di primo turno è stata una piccola rivincita, in cui il dritto di Nadal è sembrato la versione povera di quello di Verdasco, che ha chiuso la partita con la cifra monstre di 90 vincenti a fronte di 91 errori non forzati.

Verdasco riesce a esercitarsi in punti di impatto molto più alti di quelli di Nadal, e qui la sua sbracciata ha i contorni di un colpo di sciabola tirato per decapitare un uomo.

6. L’ipnosi di Djokovic e Simon

La percezione di questo scambio è falsata dalle straordinarie doti atletiche di Djokovic e Simon, capaci grazie alla mobilità e all’elasticità dei loro spostamenti laterali di riassorbire le folate offensive reciproche in una normale sintassi da palleggio. In questo modo il tennis, apparentemente, si avvicina alla versione distopica di sé stesso, a quell’idea cui fanno riferimento i non-appassionati: «Solo due che si tirano una pallina da una parte all’altra».

L’intensità tecnica e agonistica dello scambio scorre a un livello non del tutto visibile: se tenete gli occhi socchiusi mentre guardate la gif a un certo punto vedrete Djokovic e Simon giocare in un campo da tennis al centro di un deserto infuocato. A quel punto potrete percepire il potere esoterico di Djokovic come qualcosa di ipnotico e feroce.

5. Raonic è diventato un giocatore di rete?

La crescita tecnica di Raonic in questo Australian Open ha preso soprattutto la forma delle sue discese a rete, che gli hanno permesso di togliere ritmo ai suoi avversari e di chiudere prima dei punti che fino a qualche tempo fa gli avrebbero richiesto più scambi.

Giocando in modo più aggressivo e avanzato, Raonic ha aggiustato l’immagine che si aveva di lui prima di questo torneo, e cioè di un giocatore simbolo del brutal tennis fondato su due colpi– servizio e dritto -: offensivo nella forma, conservativo nei contenuti.

Ho scelto questo scambio per la sua estetica da gatto e il topo. Quando il giocatore a rete controlla il gioco, ma è costretto a tirare più volée consecutive, non sempre vince lo scambio. Specie se è un giocatore disabituato a calpestare porzioni di campo troppo avanzate, a tirarsi via dalle scarpe le palline come mine anti-uomo. Raonic qui ha dimostrato sangue freddo nei confronti di un avversario che aveva il vantaggio di tirare senza dover pensare, ma ha mostrato anche un ottimo piazzamento e una discreta mano.

4. Il colpo che si è inventato Roger Federer in questo torneo

Anche per questo Australian Open è stato difficile scegliere il miglior scambio di cui Roger Federer è stato protagonista. Se questo rovescio anticipato miracoloso è forse più rappresentativo dello stile unico che il Re ha introdotto nel tennis, bisognerebbe provare a scegliere il gesto più originale e irripetibile. In questo scambio il colpo risolutivo con cui Federer esce dalla difesa non è categorizzabile, non si insegna, è difficile anche da descrivere e bisogna usare molte parole che non stanno neanche bene insieme tra loro: un pallonetto in back tirato agganciando una palla che scappava verso i teloni finali.

3. Il momento Monfils della settimana

La pallina prende in controtempo Kuznetsov e lo costringe a un colpo dietro la schiena di puro istinto. Monfils a quel punto si sente autorizzato a entrare in Modalità Monfils e non se la sente di cercare di chiudere il punto: deve fare per forza qualcosa che rilanci il livello di cazzeggio dello scambio, e allora esegue un rovescio in back alto a metà campo inspiegabile, che ha la forma di un colpo eseguito a cervello spento. Kuznestsov, a cui non pare vero, gli rimanda uno smash violento, punitivo. Monfils mette il piatto della racchetta e risputa la pallina quasi sulla linea di fondo, Kuznetsov in recupero fa un colpo in mezzo alle gambe, il francese fa una volée pigra a mezzo campo e viene punito da un passante lungolinea. Tennis da esibizione, Monfils allo stato puro.

2. Le scappatoie di Stepanek

Vedere Stepanek affrontare la violenza da fondo di Wawrinka è uno spettacolo simile a quello di un maestro di arti marziali che fronteggia a mani nude una schiera di uomini armati. L’esito finale è incontrovertibile, ma vale sempre la pena vedere cosa succede nel mezzo.

Stepanek riesce a fintare il dritto a sventaglio fino all’ultimo, poi accompagna la pallina come se dovesse rimandare di là un uovo intatto.

1. La grazia di Bernard Tomic

Le brevi aperture dei colpi di Bernard Tomic sembrano avere a che fare con la sua grandezza fisica, come se i suoi due metri lo costringessero a maneggiare la racchetta con colpi minimali e appena impattati simili al ping pong.

In questo scambio la bellezza non sta tanto nella ripetuta e testarda ricerca del controtempo di Tomic e Murray, quanto in come questi controtempi portino i giocatori a colpire in equilibrio sempre più precario, fino al rovescio al volo finale di Tomic, paragonabile – per controllo del corpo e bellezza del gesto – a un colpo di testa di Marco van Basten.

I migliori calci alle bottigliette di Sinisa Mihajlovic

di Marco D’Ottavi (@Marcoodottavi)

Negli ultimi mesi Sinisa Mihajlovic sembra aver trovato il perfetto metodo per sfogare le enormi frustrazioni che obbligatoriamente porta l'allenare l'Ac Milan. In questa sede mi sono permesso di recensire le tre occasioni in cui il tecnico rossonero ha reagito a un episodio del campo calciando una delle bottigliette d'acqua presenti in panchina.

Qui al momento della firma con il Milan, caso strano tutti hanno una bottiglietta d'acqua tranne Mihajlovic !!!!!!

Milan – Atalanta: Calcio come reazione ad una decisione arbitrale (forse)

Subito dopo la partita l'allenatore del Milan ha dichiarato di aver sbagliato a calciare la bottiglietta, «ma ero arrabbiato con i miei giocatori, non con l’arbitro. Anche perché se avessi voluto prendere il quarto uomo, l’avrei preso…». Analizzando l'episodio possiamo constatare che – almeno la seconda parte della sua dichiarazione – corrisponde a verità. La bottiglietta d'acqua si trova esattamente davanti a lui, mentre il quarto uomo è qualche metro più avanti spostato sulla destra: la posizione perfetta da colpire per un mancino, figuratevi se questi è Sinisa Mihajlovic.

Il gesto di Mihajlovic non è veramente violento, la rincorsa si limita ad un passo ed il corpo del tecnico è sempre in controllo, senza alcuno slancio, sembra quasi più una necessità quella di colpire la bottiglia che non la necessità di sfogare la rabbia. Mi chiedo cosa abbia pensato Mihajlovic mentre stava per colpire la bottiglietta: si è reso conto di star eseguendo un gesto per il quale verrà espulso, creando un precedente? È per questo che si controlla, oppure - come credo - è stata una mossa più teatrale che di reale ira?

L'impatto che ne scaturisce è contenuto, la scelta di calciare con l'esterno collo gli permette di controllare la traiettoria e mantenerla dritta, evitando così di colpire il quarto uomo, ma non di venire espulso.

+ : la precisione con cui la bottiglietta è corsa via dritta.

- : dov'è la cattiveria?

Roma – Milan: Calcio come reazione ad un errore di un suo giocatore

Al 60° di Roma-Milan l'interruttore di Rudiger si stacca da solo. Prima sbaglia uno stop banale e cade (evento inspiegabile dalle normali leggi della fisica) regalando palla a Boateng. Poi si rialza, recupera il giocatore milanista, ma subito si fa saltare e ricade (eh vabbè). Scevro dal problema Rudiger, Boateng riesce a servire un invitante palla verso il centro dell'area su cui Bacca fa un velo davvero intelligente per favorire l'accorrente Kucka, che da favorevolissima posizione calcia sopra la traversa. Questo è il necessario preambolo per spiegare il secondo calcio della bottiglietta di Sinisa Mihajlovic.

Come conseguenza all'errore di Kucka, possiamo notare la vena dell'allenatore milanista chiudersi in un attimo. Miha vede davanti a sé un enorme campo nero con al centro la bottiglietta d'acqua – che già sa di essere spacciata – e fa esattamente quello che deve fare. La rincorsa che esegue è composta, quasi fossero diversi minuti che con la testa fosse lì, ad aspettare il momento giusto per colpire quella dannata bottiglietta. Il piede d'appoggio è saldo; il peso correttamente spostato sul piede destro, il braccio aperto alla ricerca del migliore equilibrio. Sceglie di cercare solo la potenza, senza alcuna velleità di imprimere giro alla bottiglietta, una scelta sicuramente figlia della frustrazione, e che lo porta a strozzare un po' il tiro.

Qui il problema sembra essere la calzatura elegante indossata dall'allenatore serbo, la quale non ha il grip necessario, né tanto meno la resistenza sufficiente, per restituire alla bottiglietta tutta la forza impressa dal calcio, andando così a sminuire nella sua corsa la reale seccatura del tecnico milanista.

+ : il salto del tappo va a creare quel gioco d'acqua che sorprende e emoziona gli spettatori, come possiamo vedere dalla reazione scomposta del delegato della serie A.

- : da uno come Mihajlovic ci aspettiamo un calcio più tecnico, magari un interno collo a giro.

Milan – Fiorentina: Calcio come reazione ad un errore di un gol

Purtroppo questa sarà una recensione parziale, anzi non posso neanche assicurarvi che l'oggetto colpito sia una bottiglietta, però dai è evidente. Dopo il gol di Boateng la regia stacca sull'esultanza della panchina rossonera dove possiamo vedere Mihajlovic che già mentre abbraccia un componente del suo staff sta guardando la bottiglietta d'acqua, naturalmente attratto dalla sua fissità. L'impatto ci è negato dalla telecamera, ma dagli occhi felici dell'allenatore possiamo capire che questo è sicuramente il calcio più riuscito, perché quando fai qualcosa con gioia, riesce sempre meglio.

Lo sguardo di Sinisa si alza per seguire la bottiglietta, raccontandoci di una traiettoria a salire, la prima di questo genere per l'allenatore serbo, che evidentemente ha dovuto attendere un momento di assenza di rabbia per poter ottenere il risultato sperato. Contrariamente a quanto questo tipo di esercizio richiederebbe, non posso darvi la certezza che quella bottiglietta sia finita dritta sotto la traversa immaginaria che delimita la panchina, ma sento di promettervi che è andata esattamente lì (se avete filmati o immagini per suffragare questa mia teoria ve ne sarei grato). In chiusura vorrei sottolineare la noncuranza con cui Mihajlovic calci una bottiglietta piena d'acqua mentre intorno a lui ci sono decine di persone.

+ : finalmente riesce a calciare una bottiglietta senza venire espulso, creando un altro precedente.

- : nessuno

P.s.: Diverse bottigliette sono state maltrattate per la realizzazione di questo contributo.

Le cose notevoli successe nel Football oltre ai Playoff

di Francesco Casati (@franklincasati)

1. La malinconia del Pro Bowl

Manca l'ultimo atto per chiudere la stagione NFL, ovvero il Super Bowl. Nella settimana che precede la finale, un altro Bowl occupa un piccolo spazio nella copertura mediatica. Si tratta del Pro Bowl, l'All Star Game del football. Nel football americano la partita delle stelle è ancora più imbarazzante che in altri sport (in NBA l'ultima partita esaltante fu nel 2001 con una rimonta dell'Est e Larry Brown che stufo della passerella iniziò ad allenare sul serio) e ha l’unico pregio di dimostrare che sport osceno sarebbe il football senza agonismo.

È uno spettacolo che non fa onore a questo sport e forse bisognerebbe trovare un'altra formula per omaggiare i migliori della stagione. Richard Sherman in campo è divertente solo se si prende sul serio, fuori dal campo è divertente soprattutto se non si prende sul serio.

Per trovare roba decente associata al Pro Bowl bisogna scavare negli archivi.

Sean Taylor (RIP) fu l'unico a rompere la monotonia di questa passerella senza senso. Grazie Sean, ci manchi tantissimo.

L’unico senso dell’edizione di quest’anno è stato quello di salutare Charles Woodson.

2. Ciao Charles

Woodson lascia questo sport a testa alta, con ancora una stagione nelle gambe nonostante le 18 giocate in carriera. Prima cornerback e poi safety. Scelto al draft da Michigan come unico Heisman difensivo, giovane promessa che non ha deluso le attese ai Raiders e veterano che ha alzato il Vince Lombardi Trophy con i Packers giocando un ruolo diverso, quello di safety.

Più cerebrale, meno veloce ma con tanta fisicità richiesta nei placcaggi; sempre e comunque un leader. Ha finito la carriera ad Oakland, nei suoi Raiders con la sua maglia numero 24. La scorsa stagione ha compattato la squadra, in ricostruzione totale, tornando a riportare i punti come faceva al liceo e al college. Ha voluto dare un segnale, ha spiegato la parola rispetto alla sua squadra. E oggi i Raiders sono pronti per tornare a lottare per i playoff. Grazie Charles, grazie per averci spiegato anche la parola Loyalty.

3. Anche Megatron lascia

Woodson ha passato la vita a dare la caccia ai ricevitori, tra i suoi peggiori clienti c'era sicuramente Calvin Johnson. Detto Megatron per un fisico irreale abbinato a delle mani da pianista. Ha deciso di lasciare, da oggi il football non è più la sua vita. I motivi possono essere tanti, non ha ancora parlato ufficialmente, ma quello che è certo è che aveva ancora molto da dare a questo sport. Lascia il football e i Lions, e il suo vuoto sarà difficile da colmare. In questi anni Detroit è andata vicino a rilanciarsi, ma non è mai riuscita a completare il processo di ricostruzione. Megatron era sempre lì, primo per numero di amarezze e delusioni. Forse l'impossibilità di giocare per il titolo e la fedeltà per questa maglia gli hanno fatto dire basta. Lascia i Lions primo anche in altre voci statistiche

CALVIN JOHNSON AND THE LIONS' RECORD BOOK

·1st in receptions (731)

·1st in receiving yards (11,619)

·1st in receiving TDs (83)

·1st in receiving YPG (86.1)

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