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Quando Lotito comprò 9 giocatori in un giorno
29 ago 2024
29 ago 2024
L'ultimo giorno di mercato dell'estate del 2004 fu il primo atto del presidente della Lazio.
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IMAGO / AAP
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Claudio Lotito si presenta al calcio italiano con una sagoma affilata che oggi, a distanza di vent’anni, quasi fatichiamo a riconoscere. I giornalisti che nel luglio 2004 si occupano del suo impatto con il calcio italiano e che riferiscono del suo arrivo dal nulla ai microfoni di radio mai così in apprensione giurano di non averne trovato traccia negli archivi dei quotidiani, come se non fosse mai esistito. Un fantasma.

A posteriori, non sappiamo dire se mentissero, visto che una pagina del Messaggero del 1992 spunterà fuori di lì a poco, faccione di un giovane Lotito in bella vista, l’annuncio di un arresto per turbativa d’asta e violazione di segreti d’ufficio, vicenda dalla quale sarebbe uscito totalmente innocente ma sufficiente per sbatterlo sulle colonne del Messaggero con la descrizione: "Bella presenza, 35 anni, pistola in tasca, telefonino, è fidanzato con una delle figlie del costruttore Gianni Mezzaroma".

Della conduzione dei mercati di Lotito, anno dopo anno, si è detto e scritto di tutto, con larga parte del tifo laziale ormai sfibrata, incapace di aspettarsi un qualsivoglia guizzo in grado di infiammare le fantasie. E così la sua Gioconda, per paradosso, resta quella dipinta dopo nemmeno un mese e mezzo dall’entrata in carica. Il 31 agosto 2004, con una rosa ridotta all’osso e le lancette che corrono verso il gong di fine mercato, Claudio Lotito chiude nove acquisti nel giro di meno di 24 ore. Senza un direttore sportivo in carica.

Lo scenario

Dopo due anni di sostanziale gestione diretta di Capitalia, approdata al timone della Lazio dopo il passo di lato di un Sergio Cragnotti travolto dalle vicende della Cirio, la società biancoceleste è sull’orlo del baratro. A maggio 2004 arriva la notizia di un maxi aumento di capitale sottoscritto da tutti i soci, presto smentita: soltanto il 9,2% dei diritti viene esercitato.

I tifosi della Lazio iniziano a fare conoscenza con termini mai sentiti prima (né dopo): alla fine di giugno si ricorre all’asta dei cosiddetti diritti inoptati, messi in vendita a 0,0001 euro ciascuno. Nel giro di una manciata di minuti, partono 41 contratti distinti che rastrellano tutto l’inoptato per poco meno di 2.200 euro complessivi: il soggetto (o i soggetti) che li hanno acquistati hanno tempo fino al 5 luglio per decidere se esercitarli o meno, per un valore complessivo di circa 171 milioni di euro. Non può essere una mossa speculativa: chi ha effettuato l’operazione può o convertire il diritto in azione, oppure lasciarlo andare. Non ci si può guadagnare, dunque.

Sono giorni in cui si susseguono diverse ipotesi, che portano prevalentemente a due nomi: Claudio Lotito e Gianmarco Calleri, ex presidente della Lazio nel periodo pre-Cragnotti. A causa di questa situazione, la ricapitalizzazione è bloccata e la società danza su un filo teso al di sopra di un canyon. Intanto spunta l’identikit del misterioso trader che ha guidato l’operazione, descritto dai giornali come un 32enne misterioso che si è servito di IW Bank per rastrellare tutto l’inoptato. Scrive il Corriere della Sera: "Non ha violato nessun regolamento, ha pagato il suo diritto d’opzione: per capirci, è come aver acquistato in un’agenzia di viaggi una prenotazione per l’acquisto di un volo aereo. Costa una telefonata, garantisce per alcuni giorni la certezza del posto, non prevede penali nel caso in cui, allo scadere del termine, l’acquirente non trasforma la prenotazione in un vero e proprio acquisto". Con una spesa di poco superiore ai 2.000 euro, un illustre sconosciuto ha di fatto bloccato un aumento di capitale che si proponeva di raccogliere 188,6 milioni. Il tempo stringe: il 12 luglio bisogna consegnare i documenti per l’iscrizione al campionato, il 17 luglio è attesa la risposta in merito, il 27 è la deadline per eventuali ricorsi e iscrizioni in seconda battuta. Servono, in tempi abbastanza rapidi, 54,8 milioni di euro per l’iscrizione.

Si deve anche parlare di calciomercato, nel frattempo: chiude infatti la scadenza per le comproprietà e la Lazio vince la “busta” per Ousmane Dabo con l’Atalanta, mettendo 203mila euro contro i 200 offerti dai bergamaschi. Ma ci sono soprattutto molte operazioni sul tavolo in uscita. La più grande è quella che porta Stefano Fiore e Bernardo Corradi al Valencia, per sanare un buco di 14 milioni ancora da versare agli spagnoli per l’acquisto di Gaizka Mendieta. La Lazio copre così la falla e incassa anche tre milioni preziosi, oltre ai 5,8 milioni che la UEFA aveva bloccato come garanzia affinché l’affare venisse concluso. Poi, di colpo, cinque giorni prima della scadenza del 5 luglio, il trader esce allo scoperto e dichiara di non voler esercitare i diritti acquisiti, rimettendo la Lazio in condizione di essere parzialmente padrona del proprio destino dopo giorni di stallo. Intanto il club è senza allenatore, perché si è concluso un braccio di ferro andato avanti per diverse settimane: alla fine, Roberto Mancini se ne va all’Inter, e tutti sono convinti che stiano per prendere la stessa direzione anche Massimo Oddo, Cesar e Sinisa Mihajlovic. Quest’ultimo, svincolato, sarà l’unico ad andare immediatamente col tecnico.

Ai primi di luglio il nome di Lotito come nuovo patron è quello più forte. Piccolissimo problema: secondo le cronache non intende sborsare un euro, ma vuole sfruttare un credito che la sua società vanta nei confronti della Regione Lazio e di diverse ASL di cui Capitalia è tesoriere, una maxi-fattura in pagamento il 30 maggio 2004 e ancora non saldata, oltre a chiedere un’esenzione dall’offerta pubblica di acquisto che dovrebbe fare una volta insediatosi.

Il 10 luglio, a due giorni dal termine per presentare i documenti per l’iscrizione, alla Lazio mancano 33 dei 54,8 milioni richiesti (anche se l’urgenza è relativa soprattutto a 9 milioni di euro nell’immediato, perché il patrimonio netto della società è in negativo per quell’importo, e quindi il primo step per evitare il baratro è quasi fatto) e Lotito fa un passo indietro a mezzo stampa: «Prendo atto che la trattativa con l’istituto è venuta a cadere, preferendosi l’unione con altri soggetti imprenditoriali». Capitalia replica: «Non deve negoziare alcunché con Capitalia: è sufficiente che versi i soldi per divenire azionista della società, anche di controllo assoluto». L’alternativa è rappresentata da Piero Tulli, già patron della Lodigiani. Diventa uno scontro anche politico: Lotito viene descritto come un imprenditore caro a Francesco Storace, presidente della Regione Lazio ed esponente di spicco del centrodestra, mentre Tulli più vicino a Walter Veltroni, sindaco di Roma.

Intanto la rosa è ridotta a soli 14 giocatori sotto contratto: Sereni, Negro, Oddo, Zauri, Dino Baggio, Cesar, Dabo, Giannichedda, Liverani, Manfredini, Albertini, Simone Inzaghi, Claudio Lopez, Muzzi. I documenti presentati convincono la Lega professionisti a dare l’ok all’iscrizione in attesa del verdetto della Covisoc, perché la Lazio rispetta tre parametri: non ha più debiti nei confronti di altre società, ha le liberatorie dei giocatori e ha chiesto un concordato all’erario per il pagamento di tasse arretrate, con il Fisco che attende 24 milioni per il 20 luglio.

Il 14 luglio sembra il giorno di Tulli, pronto a sborsare 30 milioni per il 25% della società. I giornali delineano già le prime mosse dell’eventuale nuovo patron, con due ipotesi per la panchina: Beppe Dossena, già tecnico della Lodigiani, o Gianluca Vialli, progetto decisamente più ambizioso (e costoso). Ma c’è anche chi prova a unire, clamorosamente, i due contendenti, perché l’analisi dei fatturati dell’orbita Tulli non sembra dare ai funzionari di Capitalia, che detiene anche un credito di 16 milioni di euro nei confronti della Lazio, particolari certezze in ottica futura. Lotito non ne vuole sentire parlare: o entra da solo, o non entra.

La trattativa prosegue, punteggiata dalle manifestazioni dei tifosi. Domenica 18 luglio, Lotito annuncia, di nuovo, di aver mollato: «Nelle trattative intercorse con l’istituto si è sempre discusso delle sue modalità d’uscita dalla Lazio attraverso la cessione della sua partecipazione e dei suoi crediti nei confronti della società: il mio ingresso deve essere di assoluta maggioranza. Capitalia per tre volte, dopo aver raggiunto accordi di massima per la cessione integrale delle sue partecipazioni, ha cambiato idea. Sono stati cercati altri soci. Il mio ingresso nella Lazio mi è impedito in questa situazione».

Le ricostruzioni di quei giorni non lasciano troppi dubbi: Capitalia, consapevole della scarsa potenza di fuoco di Tulli, sarebbe disposta a supportare economicamente il nuovo proprietario, mettendo al vertice del club Fabrizio Lombardo, genero di Cesare Geronzi, continuando inoltre a cercare imprenditori da affiancare a Tulli. Ma alla fine, con il versamento di 21 milioni di euro, la spunta Lotito. La squadra, o meglio, quel che resta della squadra, intanto è in Giappone, guidata ad interim da Mimmo Caso, allenatore della Primavera. Sono i giorni in cui Lotito fornisce alla stampa il primo dei suoi tanti tormentoni: «Sono arrivato che stavano facendo il funerale, io l’ho interrotto ma il club è ancora in coma irreversibile».

Milano, 30 agosto 2004: la premessa

L’inizio del campionato è fissato il 12 settembre. A Roma sono già arrivati, in ordine sparso, Oscar Lopez, esterno difensivo cresciuto nel vivaio del Barcellona descritto come promettente ma che si rivelerà in realtà raccapricciante; Goran Pandev, giovane attaccante macedone in comproprietà con l’Inter, e Paolo Di Canio, che ha deciso di strappare il contratto con il Charlton accettando una netta riduzione dell’ingaggio pur di tornare a casa, al termine di una trattativa durante la quale le telefonate tra le parti erano all’insegna di un caldissimo: «Tanto se sei della Lazio vieni, no?».

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Il torrenziale racconto della trattativa Lotito-Di Canio.

Lotito ha anche spuntato il rinnovo di contratto di Fernando Couto e di Angelo Peruzzi, mettendo la Lazio nella strana condizione di avere due portieri di alto livello (Peruzzi e Sereni) in una rosa profondamente squilibrata negli altri reparti. Salutano Albertini e Claudio Lopez, ingaggi ritenuti troppo pesanti per il club. La Supercoppa italiana, in scena il 21 agosto in casa del Milan, è una mattanza: tripletta di Shevchenko che spazza via la Lazio del confermato Mimmo Caso. Per gli amanti del trash, la panchina dei biancocelesti quel giorno: Sereni, Angeletti, Sannibale, Corsi, Di Canio, Pandev, De Sousa.

Si arriva al 31 agosto con una rosa che necessita disperatamente di rinforzi. Lotito gestisce il mercato in prima persona, non c’è ancora un direttore sportivo. Sale a Milano per lavorare su mille tavoli diversi. L’Inter da settimane chiede Cesar e da settimane continua a ricevere la stessa risposta: otto milioni di euro. Solo il 30 agosto apre a possibili soluzioni alternative: «Voglio Pasquale, Karagounis, Cambiasso e Cruz», dice all’arrivo a Milano in tarda serata. La cosa incredibile è che praticamente nessuno dei nomi emersi alla vigilia nelle altre trattative finirà per accasarsi davvero alla Lazio. Si parla tanto di Emiliano Bonazzoli, che costerebbe 2,5 milioni di euro per la comproprietà; di una discussione avviata con la Juventus per la cessione di Simone Inzaghi, con Moggi che offre in cambio Iuliano e Zalayeta mentre Lotito chiede Appiah e Miccoli. Moggi junior, invece, fissa un incontro con il presidente per parlare di Bachini, Parisi e Baiocco. Il tavolo buono sarà invece quello con Federico Pastorello (ci arriviamo). E poi si fa un gran parlare dei possibili prestiti dal Milan: Simic, Brocchi, Coloccini.

31 agosto, ore 1.00: Gonzalez e Robert

Lotito non può permettersi di dormire. I primi acquisti che vengono conclusi arrivano dall’Argentina, terra che attira particolarmente il presidente per la possibilità di pescare calciatori con doppio passaporto: «Ho lavorato su due filoni diversi: giocatori affidabili per andare sul sicuro e completare la squadra, ma anche giovani da far crescere e valorizzare. Il tempo dirà se abbiamo fatto bene o meno».

Esteban Gonzalez non è particolarmente giovane, ha 26 anni ed è stabilmente nelle rotazioni del Gimnasia. È un mediano forte fisicamente, che arriva per allungare le rotazioni del centrocampo. L’accordo viene concluso in piena notte, anche se il nulla-osta giungerà solamente intorno alle 18. Un suo gol in amichevole contro la Salernitana, a inizio settembre, fa pensare che si tratti di un giocatore pronto all’uso: non andrà così.

È invece effettivamente giovane Braian Robert, il cui nome verrà declinato in ogni modo in quelle ore, da Brian a Bryan. Trequartista-esterno di centrocampo di vent’anni, si ritroverà in fretta a cercare spazio in Primavera. Secondo Transfermarkt, si è ritirato a 27 anni.

Ore 10.00: Mea Vitali

Lotito passa buona parte della notte al telefono con Lillo Foti per raggiungere l’intesa per portare Bonazzoli a Roma. L’accordo con la Reggina viene trovato, mentre manca il sì del centravanti. Resta dunque una voragine nel reparto offensivo: sotto contratto ci sono Muzzi, Di Canio e Inzaghi, ma quest’ultimo porta con sé un contratto da epoca cragnottiana che Lotito vede come il fumo negli occhi. «Con Foti ho parlato fino alle quattro di mattina, non abbiamo trovato l’accordo col giocatore», dice Lotito ricostruendo ore in cui si confronta a lungo anche con il tecnico Caso: «Tutti gli acquisti sono stati concordati con il mister».

Anche quello, dunque, di Miguel Angel Mea Vitali, centrocampista venezuelano di 23 anni, svincolato dopo l’esperienza al Caracas, in mezzo anche una stagione al Poggibonsi, non chiedeteci perché. L’accordo arriva in mattinata. Il regista è reduce da un’estate di illusioni: firma con l’Ancona, che fallisce. Va ad allenarsi con il Napoli, che finisce in Serie C2. Prende e torna in Venezuela, quindi arriva la chiamata di Lotito. È un centrocampista centrale che vanta già diverse presenze in Nazionale: a fine carriera saranno ben 87. Non giocherà mai: «Ho legato con tutti, con Cesar andavamo a mangiare fuori, uscivamo insieme. Ho avuto il rimpianto di non aver potuto dimostrare in Europa quello che avevo fatto in Venezuela, ma davanti avevo dei veri campioni».

Ore 13.00-14.00: intermezzo

Il grande obiettivo del 31 agosto lotitiano è Matias Emanuel Lequi, difensore centrale argentino, reduce da una stagione in prestito all’Atletico Madrid. È svincolato, condizione che agevola la trattativa: non c’è l’ansia di chiudere entro il gong del calciomercato, può arrivare anche più avanti. Il suo agente è Paco Casal, osso durissimo. La Lazio non riesce a metterlo sotto contratto subito, lo farà più avanti. Giocherà una manciata di partite, tutte dimenticabili, mettendo in mostra una lentezza a tratti insopportabile. Intanto l’Inter torna alla carica per Cesar ma Lotito esige l’inserimento di Julio Cruz come contropartita. Moratti prende tempo.

Ore 15.30: Rocchi

Eccolo, il blitz che cambia faccia all’intera giornata, che regala alla Lazio quello che diventerà il sesto miglior marcatore della sua storia. Tommaso Rocchi ha alle spalle una carriera da onesto mestierante, anni di gavetta dopo l’illusione Juventus all’epoca delle giovanili. Proprio contro la Juventus ha vissuto il suo momento di gloria, una tripletta nel gennaio 2004 in un pirotecnico 3-3 a Empoli. Lo trattano Brescia e Parma, poi arriva Lotito: 1,3 milioni di euro per metà cartellino.

Ha 27 anni, rispecchia perfettamente il profilo dell’usato sicuro, è reduce da una stagione in doppia cifra (11 gol), anche se nessuno può immaginare quanto diventerà importante negli anni a venire, vista la sua capacità di giocare anche lontano dalla porta non si porta dietro il marchio del bomber. «Vengo con tantissime speranze, è stata una sorpresa, non me l’aspettavo nemmeno io. L’offerta è spuntata intorno alle tre e mezza, siamo andati a parlare e abbiamo chiuso subito. Lotito mi ha fatto una grande impressione, era impegnatissimo, energia e decisione: il telefonino squillava in continuazione».

Ore 17: Siviglia e Seric

Il tavolo con Federico Pastorello, come detto, era quello buono. Le basi c’erano già da qualche giorno, soprattutto per portare a Roma Sebastiano Siviglia, difensore proveniente dal Parma. Ha ancora due anni di contratto con il club ducale ma è stato messo fuori rosa: sceglie di lasciare i soldi sul tavolo e accettare l’offerta di Lotito, al ribasso in termini di ingaggio. «All’inizio ho rifiutato. Ma giorno dopo giorno, l’idea di vestire la maglia della Lazio continuava a girovagarmi nella testa, Per alcuni giorni ho provato a tenere botta, alla fine non ce l’ho fatta. La Roma? È stata un’esperienza brevissima, sono pronto a scrivere una nuova pagina della mia carriera. Non so che stagione andremo ad affrontare, neppure mi interessa saperlo: l’unica cosa importante è iniziare a lavorare».

Il secondo nome è invece quello di Anthony Seric, nazionale croato, in arrivo dal Verona. Lo aveva cercato già la Lazio di Mancini un anno prima, con ben altre ambizioni. Può fare sia il terzino, sia l’esterno di centrocampo: oggi ne parleremmo come di un “quinto”, parola che nel 2004 risulterebbe incomprensibile. «Realizzo il sogno di una vita approdando in un grande club come la Lazio, ho l’esperienza giusta per affrontare questa nuova avventura». Vent’anni dopo si è ritrovato nuovamente al tavolo con Claudio Lotito per portare alla Lazio Igor Tudor, suo assistito.

Ore 17.30: intermezzo #2

Il telefono di Lotito è bollente. Dall’altra parte c’è la voce di Massimo Moratti, che torna a chiedere Cesar. Il presidente laziale ha il dente avvelenato con l’Inter, non capisce come sia stato possibile che la gestione precedente non sia riuscita a ottenere nemmeno una piccola contropartita tecnica per l’addio di Mancini, che era vincolato da un contratto con la Lazio. «Ma io Moratti lo stimo, è una persona perbene, il problema non è stato lui. Nomi? Non ne faccio, fateli voi se volete», dice ai giornalisti. E ricostruisce l’ultimo tentativo nerazzurro per Cesar: i prestiti, con ingaggio pagato, di Kily Gonzalez, Pasquale, Karagounis e due milioni di euro. «Ma io volevo Cruz. O quattro giocatori, o niente». C’è ancora da far arrivare un attaccante, dunque, soprattutto se dovesse partire Inzaghi. Attaccante che non sarà Cruz: «Questi si pensavano che li aspettassi con il cappello in mano», aggiunge Lotito.

Ore 18: i gemelli Filippini

A questo punto, Lotito è on fire come Stephen Curry negli ultimi due minuti della finale olimpica. Da diverse ore è in contatto con Stefano Antonelli, che sta facendo da tramite con il West Bromwich Albion per la possibile cessione di Ousmane Dabo al club inglese. Ed è durante uno di questi dialoghi che spunta l’ipotesi di portare a Roma, dal Palermo, i gemelli Filippini, Antonio ed Emanuele.

A gennaio erano arrivati in Sicilia insieme, pur provenendo uno da Brescia e l’altro da Parma, e avevano contribuito in maniera rilevante alla promozione. La trattativa con il Palermo, abbozzata poco dopo le 16.30, viene conclusa un’ora e mezza dopo nello stupore degli stessi protagonisti: «Il mio procuratore mi ha chiamato alle quattro e mezza, non credevo riuscissero a chiuderla in tempi così brevi: giocare all’Olimpico sarà bellissimo», dice a caldo Emanuele. Antonio spiega invece le difficoltà estive incontrate a Palermo: «Ci siamo resi conto che non sarebbe stato facile andare avanti, non c’era il giusto feeling con Guidolin, la rosa era fitta e l’allenatore ci aveva fatto capire le sue intenzioni. Non aveva senso continuare».

Ore 18.15: intermezzo #3

L’attaccante teoricamente pronto a sbarcare a Roma è Massimo Maccarone, in prestito dal Middlesbrough. L’accordo è già chiuso: 400mila euro da versare al club inglese per la cessione a titolo temporaneo. Alle sei e un quarto, Lotito decide però di non procedere con la chiusura definitiva dell’affare, forse preoccupato dalla possibilità di non trovare un acquirente per Simone Inzaghi: «Maccarone era già nostro, poi abbiamo rinunciato. Lo ha preso il Parma perché lo abbiamo lasciato noi».

Ore 18.40: Talamonti

Il nono acquisto della giornata di fuoco è il nome abbastanza oscuro di Leonardo Talamonti, difensore centrale classe 1981 in arrivo dal Rosario Central. «Se vendo Talamonti devo prendere un aereo e scappare dal Paese», aveva detto Pablo Scarabino, presidente del club argentino. Ma la società non se la passa bene, al punto che l’affare deve essere approvato da un giudice che si occupa della richiesta di fallimento fatta pervenire da una società creditrice del Rosario Central. Rimarrà nella storia della Lazio per un gol segnato all’Inter del “nemico” Mancini a tempo scaduto e per il derby del 6 gennaio 2005 giocato e vinto in coppia con Giannichedda, in una difesa del tutto improvvisata completata da Oddo a destra e da Emanuele Filippini terzino sinistro. A Bergamo, dove ha giocato dal 2006 al 2011, è ricordato con grande affetto.

Soltanto il 31 agosto del 2004 il pubblico italiano capisce con che personaggio sta per avere a che fare, un presidente vulcanico, ubiquo, faccia tosta, megalomane, complesso. Tutti pensavano che sarebbe stato un temporale estivo, passeggero. Dopo vent’anni è più saldo che mai, capace di superare contestazioni su contestazioni rimanendone per nulla turbato. Il lascito più incredibile di quel 31 agosto arriva qualche settimana dopo: Simone Inzaghi si ritrova quasi costretto a spalmare il suo contratto, e a quell’estensione ne seguirà un’altra ancora che si trasformerà nel primo contratto di allenatore di quello che, oggi, è il tecnico campione d’Italia. Un numero da circo, il guizzo, questo sì, di un istrione.

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