
Coco Gauff ha fatto un sogno. Era la notte fra il 7 e la mattina dell’8 giugno lo ha appuntato sulle note dell’iPhone: «Vincerò gli Open di Francia. Non so se è vero o se sarà il torneo di quest'anno ma dovevo sognarlo». Il giorno dopo, mercoledì 9 giugno, Coco Gauff perde ai quarti di finale del Roland Garros da Barbora Krejcikova. Durante il secondo set, dopo il solito doppio fallo, dopo il secondo break subito del set, fa a pezzi la sua racchetta.
Lo stadio è vuoto, tranne per qualche sporadico spettatore mascherinato. «Il mio messaggio è sempre stato “sogna in grande, punta ancora più in alto”» dice ai microfoni, mentre tutti intorno le dicono che in fondo dovrebbe essere felice, per un quarto turno al Roland Garros a 17 anni: chi non lo sarebbe?

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Il 4 giugno del 2022 Coco Gauff è seduta sulla panchina del Philippe Chatrier e piange a singhiozzi. Ha appena perso la finale in 68 minuti. Non c’è niente di più umiliante, per una lottatrice come lei, di avere la sensazione di non poter competere. Vedere la tua avversaria su un livello così alto da non riuscire nemmeno ad avvicinarsi. Stare dentro un punteggio veloce, fare fatica a tenere un servizio, a mettere insieme un paio di game, sentirsi sopraffatti da ogni lato del campo. Iga Świątek era cresciuta nel mito di Nadal e sembrava nata per replicare la versione femminile della sua tirannia su terra al Roland Garros. Forse Coco ha pensato di essere capitata nell’epoca sbagliata per sognare di vincere il Roland Garros.
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Il 7 giugno del 2025 Coco Gauff è stesa e coperta di terra, sul campo centrale del Roland Garros. Ha appena vinto il suo primo Roland Garros. Ci arrivava da numero due del mondo, ma in pochi le davano delle chance contro Aryna Sabalenka, la numero uno. Neanche lei stessa se lo aspettava, a giudicare dalle parole ai microfoni, o dagli occhi sconvolti dalla felicità subito dopo il match point. Il secondo titolo Slam, però, non può essere un caso - anche se qualcuno vuole farlo passare come tale.
In molti si sono lamentati della qualità della finale. È stata una partita indubbiamente sporca, condizionata dal forte vento: uno degli elementi invisibili che complicano la già intricata fisica di una partita di tennis. Ingarbuglia le traiettorie e quindi disordina gli automatismi corpo-mente dei tennisti. Costringe i giocatori a calcoli balistici sempre più complessi, anche se praticati a un livello più o meno istintivo. Per questo diventa impossibile giocare bene a tennis. O almeno bene secondo certi canoni: colpire forte agli angoli, ripetere le esecuzioni perfette che ci aspettiamo dalle campionesse. È un contesto in cui bisogna arrangiarsi, bisogna cioè far scendere a compromessi il proprio stile e le proprie capacità alle condizioni circostanti. Fare bei punti non è più un’opzione. Bisogna sbagliare meno, o vincere i punti importanti, essere fortunati, scegliere traiettorie adatte, modificare il lancio palla a seconda delle condizioni di vento.
Ma questo è il senso del tennis, e anche della competizione in generale. Non esistono condizioni asettiche, e nella gara non c’è un’espressione pura delle proprie capacità. C’è invece un tentativo di cercare di fare il meglio possibile con quello che si fa; e cioè con quello che l’avversario ci permette di fare, e quello che riusciamo a fare combattendo tensione psicologica, vento avverso, caldo, umidità.
A volte le condizioni possono essere più invadenti del solito, e sabato, sul Philippe Chatrier, lo erano. E quando le condizioni sono invadenti, e il tennis diventa una faccenda sporca, in cui non vince chi gioca meglio ma chi trova il modo di venirne fuori, non c’è nessuna più forte di Coco Gauff. Trovare il modo di vincere, non importa come.
Tutto andava come previsto, fino al 4-1. Sabalenka dilagava da tutti i lati, ma Coco Gauff in quel momento è riuscita a infilarle il dubbio nella testa, che quella finale poteva non essere semplice come pensava. Del resto Sabalenka era una tennista piena di dubbi, fino alla vittoria degli Australian Open del 2023. Da quel momento ha iniziato una progressione tecnica costante. Sembrava finito il tempo dei suoi doppi falli, delle partite perse con match point a favore, della fragilità che si innervava nel suo tennis forte e potente. Però ogni volta che si incontrano, o quasi, Coco Gauff riesce a farla sentire diversa, di nuovo in balia del proprio carattere. L’ha battuta in finale agli US Open, e alle WTA Finals.
In più a gennaio ha perso la finale degli Australian contro Madison Keys e forse qualche incertezza è nata; e poi è tornata su quel 4-1, quando Coco Gauff rimonta uno svantaggio di 40-15, e quasi mezz’ora dopo ci si è trovati sul 4-4. La partita diventa una palude di folate di vento, errori non forzati, occasioni sprecate. Mentre Sabalenka lancia urla sempre più spaventose, e si avvicina al collasso nevrotico, Coco Gauff comincia a sentirsi nel suo elemento. Sabalenka costruisce punti strepitosi, ma Gauff la costringe a giocare sempre una palla in più, finché a forza di colpire, a cercare pezzi di riga sempre più esterni, quella non fa una frittata.
Ovviamente anche Coco combina dei pasticci, ma cambia il peso che hanno sulla mente delle due giocatrici. Mentre ogni errore pare scavare dentro Sabalenka, Gauff riesce sempre a cancellare la delusione e ripartire da zero. Non controlliamo né il passato né il futuro, si è costretti a stare solo sul presente. Nessuno riesce in questo esercizio meglio di Coco Gauff. Nessuno accetta meglio di lei l’errore.
In alcuni momenti Sabalenka sembra voler divorare la palla. Sale col dritto fin sopra le spalle e scarica tutto il peso del suo corpo in avanti. Gauff, però, resiste. Dentro scambi lunghi, lasciando che sia l’argilla e il vento ad assorbire la furia da colpitrice di Sabalenka, Gauff si affida alle sua gambe, le migliori del circuito. Alla fine del primo set, per esempio, ottiene un controbreak grazie a questo passante di rovescio lungolinea. Come si fa a dire sia stata una brutta partita?
Il primo set della finale dura 80 minuti e nonostante la sua disperata resistenza, Sabalenka lo vince. E forse in quel momento crede d’aver vinto la partita e il torneo. Ha un calo di tensione così grande che mezz’ora dopo Gauff vince il secondo set 6-2. Poi c’è un terzo set in cui il carattere delle due tenniste arriva fino all’essenza dei loro lati peggiori, in cui la tensione si mescola alla stanchezza e non si riesce più a controllare niente, né un dritto né un’emozione incontinente. Sabalenka è fuori giri, piena di rabbia; le sue urla attraversano Parigi, i suoi colpi escono di metri; Gauff è piena di paura, le sue seconde di servizio faticano a superare la rete, il dritto per lei diventa così gravoso da eseguire che si rifugia più volte in uno strano chop. Sul match point addirittura si ferma perché crede che un suo dritto - tirato con tutto il corpo sbalestrato - sia lungo. Invece è dentro, Sabalenka sbaglia il rovescio e la partita, o meglio l'agonia sotto forma di partita che era diventata, finisce.
La sera Coco Gauff posta su Instagram la nota dell’iPhone in cui aveva appuntato il suo sogno e scrive: “Se puoi sognarlo, puoi farlo”. Ci può suonare retorica da quattro soldi, ma se lo dice Coco Gauff non può esserlo. I quattro anni che hanno separato quell’amaro quarto turno con Krejcikova sono quelli in cui Coco Gauff è diventata donna e ha costruito se stessa come campionessa. E nonostante sia considerata una predestinata, non è stato un percorso scontato.
Coco Gauff è una tennista precoce, ma la precocità non garantisce il successo. A volte, anzi, può diventare una trappola. Attira sguardi, attenzioni, racconti; sei una ragazzina di 16 anni ma ti viene chiesto di essere molto di più: la salvezza di un movimento sportivo in crisi, la speranza di una comunità vessata. E tu non sei mai stata la ragazza più talentuosa. Vincevi più delle tue coetanee, arrivavi prima sui grandi palcoscenici, ma nessuno capiva del tutto il perché. C’era un po’ di invidia, e un po’ di sincero stupore. Non colpivi la palla bene come le altre, ma vincevi più di loro. Magari c’era pure un po’ di razzismo, lo sapevi, sai bene di essere cresciuta in un certo mondo, ma provavi a non farci caso. Ti hanno insegnato a essere dura, che spesso significa concentrarti su quello che puoi controllare. Qualcuno diceva che non sapevi davvero giocare a tennis, ma altri si aspettavano che potessi dominare il tennis come aveva fatto il tuo idolo, Serena Williams, e poi di diventare un’icona. Esprimere un carisma sportivo, ma anche politico, e poi essere bella, elegante. Un corpo da vestire, una faccia da fotografare. Essere tutto questo contemporaneamente. Vincere, far soldi, restare puri, cambiare il mondo - almeno un piccolo pezzetto di mondo.
Coco Gauff ha esordito in uno Slam nel 2019: aveva quindici anni. Sono passati sei anni in cui è riuscita a vincere due titoli Slam su due superfici diverse. Cosa più significativa: li ha vinti a quasi due anni di distanza l’uno dall’altro. Ha vinto gli US Open nel 2023 al termine di un percorso estivo di crescita sul cemento americano, insieme agli allenatori Brad Gilbert e Pere Riba. Poi ha vinto il Roland Garros nel 2025, dopo una serie di risultati difficili e ricostruendo le sue certezze insieme a due nuovi coach. È riuscita superare la pressione di vincere il suo primo Slam, e poi anche la pressione di confermarsi, pur attraversando critiche feroci e scansando l’isteria che non le dà pace. E il suo percorso, ad appena 21 anni, sembra ancora all’inizio, i suoi margini di miglioramento enormi.
Eppure attorno a Coco Gauff regna ancora uno strano scetticismo, alla cui origine c’è forse il cortocircuito che c’è tra il non essere chiaramente la più forte e il fatto di essere la giocatrice mediatamente più appariscente del circuito. Una giocatrice piena di sponsor, che rilascia interviste ai giornali di moda e nelle conferenze prende posizione su temi scomodi. Una che dopo aver vinto il Roland Garros parla del momento difficile delle minoranze negli Stati Uniti, mentre a Roma ha indossato uno splendido completino Miu Miu x New Balance. L'atleta più pagata al mondo nel 2023.
Dopo la finale con Jasmine Paolini, in cui Gauff è scesa in campo distrutta da una delle partite più lunghe della storia del tennis femminile- la semifinale con Qinwen Zheng da 3 ore e 32, sedicesima partita più lunga di sempre - Adriano Panatta in televisione ha commentato con tono sprezzante lo stile di Gauff. L’ha definita una tennista fatta in laboratorio, «che non cambia mai espressione durante un match», e che in campo non pensa, che non sa giocare una palla corta. Può giocare solo su cemento, secondo lui. Ha chiosato: «Imparassero a giocare a tennis». Al di là del tono, sono parole di chi non ha visto molto spesso giocare Gauff.
Però evidentemente c’è qualcosa che non torna nemmeno alle sue avversarie, se dopo la finale persa Aryna Sabalenka si è lasciata andare a una serie di considerazioni perfide. Ha detto per esempio che non è stata tanto Gauff a vincere la partita ma lei a perderla con tutti quegli errori; che la sua avversaria è stata più brava, sì, ma solo in quelle condizioni - che, sottinteso, non erano tennis dal suo punto di vista. Come se avesse rubato, in pratica. Ha detto pure una cosa ingiusta, viscida, e cioè che se ci fosse stata Iga Swiatek in finale quella avrebbe vinto. Insomma: Gauff sarebbe così scarsa che non solo è assurdo che lei non abbia vinto, ma persino quella che lei ha battuto in semifinale sarebbe stata meglio. Come se quindi la vittoria di Gauff non fosse che un caso.
In molti hanno visto nel modo sgraziato con cui vince i tornei un demerito di Gauff, io ci vedo invece la sua grandezza. Si dice spesso che i campioni sportivi sono un esempio. Di guardarli come esempio per i bambini. Lo ha detto Alcaraz di Sinner dopo la finale maschile del Roland Garros. I campioni sportivi sono certo un esempio di perseveranza, di sacrificio, durezza mentale, anche se a volte quando vengono indicati come esempi mi sembra che sia un modo di dire. Un complimento come un altro. Cosa significa essere d’esempio, per esseri umani così diversi da noi?
Ecco, quando guardo Coco Gauff lottare su un campo da tennis davvero mi sembra che ci sia qualcosa di grande che oltrepassi lo sport; che sia davvero d’ispirazione e d’esempio. E non è una percezione che lego ai suoi pregi ma soprattutto ai suoi difetti.
Il tennis nasce dalla testa o dal braccio? E quindi i problemi nascono tecnici e diventano mentali o viceversa? È un dilemma aristotelico che non possiamo sbrogliare noi qui. Ma credo che si possa dire che nel caso di Gauff, complessivamente, i problemi siano innanzitutto tecnici. Problemi di proporzioni incomprensibili per una tennista del suo livello. Le difficoltà non riguardano aspetti secondari del gioco, ma i due colpi più importanti del tennis contemporaneo: il dritto e il servizio.
Col dritto Gauff ha problemi nel movimento d’apertura, con uno swing troppo laborioso e che non riesce a spingere a dovere. In molti vedono nell’impugnatura la radice del problema: una western esasperata, con cui non riesce a spezzare il polso facilmente; ad avere cioè un impatto pulito, in avanti, all’altezza del piede davanti - come si dovrebbe fare. Chiaramente non è un problema di scelta ma di esecuzione: Swiatek ha un’impugnatura western ma ha uno dei migliori dritti del circuito. Soprattutto quando viene attaccata da quel lato, Coco sembra non avere abbastanza tempo per colpire. Nelle partite particolarmente dure, finisce per perdere coordinazione con tutto il corpo, nel tentativo di tenere lo scambio dal lato del dritto. In finale la potenza di Sabalenka e l’importanza della partita l’hanno costretta talvolta a giocare degli imbarazzanti chop di dritto. La terra, però, la aiuta a guadagnare un po’ di tempo sulla palla per scastrare parte della sua esecuzione da quel lato.
Il tennis è uno sport estremamente tecnico. I dettagli che devono andare al loro posto per compiere un’esecuzione eccellente sono tanti. Alla velocità a cui si gioca nel tennis contemporaneo, è difficile mantenere le esecuzioni costantemente precise all’interno dello scambio - dentro la tensione mentale e la fatica fisica. È difficile anche se ti alleni tutta la vita a farlo. Così quando l’intensità dello scontro si alza, sono i colpi più incerti a risentirne. Il dritto di Gauff è un buon esempio di quanto siano intrecciate le dimensioni tecniche e mentali nel tennis. Se non sei abbastanza completo tecnicamente, alcuni colpi diventeranno fragili quando la tensione mentale aumenta; ma è una dinamica che possiamo anche ribaltare: se non si è abbastanza duri mentalmente (o abbastanza rilassati, decontratti, focalizzati - ditelo come vi pare), non si riusciranno a mantenere precise certe esecuzioni tecniche. Billie Jean King ha sancito una cosa piccola e vera: «La cattiva tecnica viene fuori sotto pressione».
Abbiamo parlato del dritto ma questa dinamica, sul servizio, diventa persino esponenziale. Coco Gauff ha una buona prima di servizio, ma sulla seconda, dove il movimento deve essere più controllato, e un punto perso è a portata d’errore, i suoi micro-difetti tecnici vengono fuori. Secondo l’ex giocatrice Rennae Stubbs le spalle sono troppo basse durante il caricamento, il punto d’impatto in ritardo, la parte sinistra del corpo mal messa. Nei punti importanti Gauff si contrae, e quando si gioca contratti si sbaglia sempre. Tra i tennisti di qualsiasi livello ci sono quelli affetti dal morbo del doppio fallo. Non c’è errore più umiliante nel tennis: perdere il punto senza nemmeno cominciarlo a giocare. Nelle ultime 52 settimane Gauff ha commesso 374 doppi falli, col 9% di doppi falli è la seconda della WTA dopo Alicia Parks. Solo che stiamo parlando della giocatrice numero due al mondo. Questi problemi sulla seconda probabilmente depotenziano anche la sua prima di servizio, costringendola a cercare percentuali migliori abbassando la velocità - e dunque l’efficacia.
Questo difetto crea mostri statistici e problemi competitivi ovviamente enormi. Sia a Wimbledon che agli US Open Coco Gauff è stata eliminata dalla stessa giocatrice, Emma Navarro, che le pone grandi problemi tattici che diventano psicologici. Il fatto che sia molto solida, che faccia battaglia atletica nello scambio da fondo, che costringe Coco a prendere spesso l’iniziativa. È un contesto che la mette a disagio. E la tensione psicologica, soprattutto nel match di quarto turno agli US Open, ha finito per accumularsi tutto sulla sua seconda di servizio. Gauff ha commesso 19 doppi falli, che sono aumentati verso la fine della partita. A un certo punto era uno spettacolo davvero bizzarro, vedere questa atleta sull’orlo di una crisi di nervi ogni volta salire al patibolo del servizio e cercare di rimandare la palla dall’altra parte della rete. Il pubblico rideva, sul serio. Uno spettacolo che molti americani hanno adorato: Emma Navarro la milionaria bianca dall’aspetto e dallo stile così medio di cui nessuno ne vuole parlare, che batte l'afro-americana pompata dai media.
Dopo la partita a Gauff è stato chiesto se non vuole forse assumere un esperto di biomeccanica per provare a lavorare su quel difetto, così come ha fatto Sabalenka, per esempio. «Certo, tutte le opzioni sul tavolo in questo momento, ma credo sia più un problema mentale. In allenamento sono capace di tirare anche 30 prime di fila».
Non capita spesso a quei livelli, ed è assurdo forse vedere un’atleta che si allena ogni giorno non riuscire in certe esecuzioni; ma proprio per questi problemi Gauff ci pone dinanzi a una manifestazione profonda, che dovremmo guardare con ammirazione.
Le partite di Coco Gauff sono uno spettacolo della tortura psicologica. Una visione sadica di come uno sport tecnico e mentale come il tennis si accanisca sul corpo e sulla psiche di un’atleta. Però esiste anche il risvolto luminoso. È lo spettacolo di come Coco cerca di sbrogliare questi problemi, di superare i suoi limiti tecnici e la tensione che questi producono. Di come, quindi, Coco lotti non solo contro la sua avversaria ma contro il tennis in generale e la sua complessità tecnica e mentale. Certo, tutti i tennisti lo fanno, ma in questo momento nessuno porta questa lotta sul limite estremo come fa Gauff. È il modo in cui affronta questi problemi a rendere Gauff un esempio luminoso.
A questo punto vi sarete forse fatti l’idea di una tennista fragile e dalla psiche labile, ma è vero solo in parte. Gauff ha certamente grossi problemi tecnici, e attorno a essi fragilità psicologiche evidenti, ma non si arrende mai. Dopo ogni doppio fallo o dritto patetico ha la forza per cancellare tutto il suo dispiacere e rimettersi a lavorare. Quella frase da bacio Perugina: “non è importante quante volte cadi ma quante volte ti rialzi” è una gran cazzata finché non si vede giocare Coco Gauff, e lei ce la rende non solo vera ma profonda. E del resto come intuiva David Foster Wallace il tennis è una di quelle pratiche che ci insegnano che certa retorica può essere vera e insegnarci la vita. Solo al Roland Garros 2024 contro Swiatek ha avuto una crisi nervosa contro l'arbitro poco da lei.
Contro Zheng a Roma, in quella partita da 3 ore e 32 minuti che abbiamo già citato, Gauff ha commesso 16 doppi falli e ha vinto comunque la partita. Se ci pensate non è normale: regalare 16 punti sul proprio servizio e vincere comunque la partita contro una delle migliori giocatrici su terra del pianeta come Zheng. Gauff sembra arrivata a un livello di accettazione profonda e totale dei propri difetti, che pare insegnarci qualcosa - specie in un’epoca in cui siamo tutti ossessionati dal raggiungere la migliore versione di noi stessi. Il punto della storia di Gauff non è tanto accettare i difetti, ma avere successo nonostante quei difetti. Vincere lo stesso, competere lo stesso, arrivare a sollevare i trofei più prestigiosi al mondo.
Nel tennis risolvere i problemi tecnici non è semplice perché l’habitus tecnico è radicato e modificarlo a carriera avviata è difficilissimo. Soprattutto perché la competizione è costante e durante l’anno non ci sono periodi in cui ci si può concentrare sull’allenamento. Chi apporta modifiche all’apparenza minime sul proprio gioco deve scontare una fase di cattivi risultati. A questi difetti di Gauff ha probabilmente contribuito la sua precocità, il fatto di essere arrivata troppo presto tra i professionisti - come se fosse nata prematura, e quindi non ancora formata, con questi grossi difetti congeniti.
Quando ha assunto Brad Gilbert come allenatore qualche anno fa l’approccio ai suoi problemi tecnici, dopo qualche anno di sofferenza, cambia. Ok provare a lavorare tecnicamente e rifinire i colpi, ma cambiare del tutto filosofia: non concentrarsi su come sistemare i propri difetti ma far brillare i propri pregi. Non concentrarsi su cosa ci rende imperfetti, ma su cosa ci rende grandi nonostante quelle imperfezioni. Gilbert è uno dei grandi guru del tennis. Il suo libro, Vincere sporco, è uno dei più letti e venduti di sempre. La sua tesi di fondo è nota: nel tennis non vince sempre il più forte ma spesso quello che pensa di più e meglio. Quello che vuole sporcarsi le mani con la tattica e il gioco non bello ma efficace. Gilbert ha convinto Gauff a cambiare approccio mentale e tattico. L’ha convinta a non giocare un tennis troppo offensivo che in fondo non calza con le sue caratteristiche, e invece stare qualche metro più indietro, concedersi più tempo, appoggiarsi sul suo talento atletico, la brillantezza delle sue gambe. Nessuno si muove meglio di Gauff tra le tenniste. E poi vincere punti con la prima e col rovescio, i suoi colpi migliori.
Soprattutto, lavorare sulla mentalità: cancellare le conseguenze psicologiche dei propri difetti, e ripartire ogni volta da capo. Gauff è la più brava a trovare il modo di vincere. È, come si dice, una combattente, ma anche una stratega. Se guardiamo le statistiche, Gauff commette molti errori non forzati pur a fronte di non troppi vincenti. Il suo saldo è negativo. Il 14% dei suoi punti sono vincenti, il 20% sono errori. Sono dati che possiamo associare a una tennista mediocre, e Gauff è tutt’altro. Più la partita diventa sporca, più ha a che fare col gestire le situazioni e i problemi, e più aumentano le possibilità di vincere. Il suo carisma, la sua forza mentale, a volte bucano lo schermo; e dobbiamo davvero armarci di pregiudizi per non accorgercene o per sminuire quello che fa.
Gauff ti fa giocare male. Lo ha descritto molto bene Andrea Petkovic nella sua analisi sulla finale del RG. Avendo giocato contro di lei, l'ex tennista dice che non è solo una questione di gambe ma di quanto in fretta legge le tue traiettorie. Ti dà la sensazione che non potrai mai tirarle il vincente. In questo senso gli errori non forzati di Sabalenka non sono davvero non forzati, ma nemmeno causati dalla pressione offensiva di Gauff: è il fatto che la sua semplice presenza in campo, la facilità con cui lo copre, ti ha già preso alla testa, avvelenandola pian piano. Scrive Petkovic: «Il panico sulla faccia di Sabalenka era causata dallo stress, e lo stress è la risposta del corpo a una situazione in cui non sei sicuro di poter superare (...). Nel momento in cui cerchi la riga, il tempo è finito. Ed è come Coco vince i match e i titoli. Prima ti ruba lo spazio, poi ti ruba il tempo».
Gli sportivi ci hanno propagandato il termine “resilienza” fino a ridurlo a un cencio da buttare. Qualche sportivo però questo aspetto riesce a renderlo vero e a esibirlo con i fatti; ed è impossibile non collegare lo stile di gioco arcigno e determinato di Gauff con la sua figura fuori dal campo. Col modo in cui è riuscita a gestire le pressioni mentali da ragazzina.
È diventata se stessa, ha raggiunto i suoi obiettivi, ma ha anche accettato stoicamente di diventare una voce politica generazionale. Senza esagerare, senza suonare ipocrita o falsa. Gauff la tennista, Gauff l’icona di stile, Gauff la politica, che in certi discorsi post-partita sembra Obama. Magari qualcuno la troverà stucchevole, ma le cose che dice sono quasi sempre giuste, centrate e brillanti. Dette da una ragazza afro-americana di vent’anni con due milioni di follower che è anche una delle migliori tenniste al mondo, beh, hanno un peso diverso. A soli 18 anni, dopo la vittoria su Trevisan al Roland Garros, era andata alla telecamera e aveva scritto: «Basta armi, basta violenza». A 16 anni si era presentata sul palco di una manifestazione Black Lives Matter insieme a sua nonna. Trovava triste che era lì a protestare per le stesse cose di sua nonna. Poi ha pronunciato un discorso semplice, toccante, onesto.
Gauff gestisce tutto con eleganza e forza. Dopo la finale non si è lasciata intossicare dai cattivi sentimenti di Sabalenka. Ha espresso disaccordo, ma è rimasta tranquilla, schivando con grazia la tentazione di offrire una risposta sapida che di sicuro le sarebbe tornata contro. Durante il discorso di premiazione ha citato Tyler the Creator: «Non ho mai avuto un dubbio dentro di me, e se ti ho mai detto che ne avevo stavo mentendo». E così quando dopo la partita ha detto che non pensava di vincere, forse non dobbiamo crederle.
In questi anni il discorso attorno allo sport, e al tennis in particolare, si è giustamente aperto al racconto delle fragilità. Abbiamo cominciato a guardare e a denunciare i lati tossici della competizione. È stato un cambiamento indubbiamente positivo, ma bisogna pur continuare a celebrare quegli sportivi che incarnano l’eccellenza competitiva, la durezza mentale, la purezza dello spirito agonistico, senza lasciarsi intossicare dal valore illusorio della vittoria ma senza smettere di inseguirla. Gauff è una di loro.