Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
Coco Gauff nel momento meno atteso
11 nov 2024
La statunitense vince alle WTA Finals al termine di una stagione per lei complicata.
(articolo)
8 min
(copertina)
Foto IMAGO / NurPhoto
(copertina) Foto IMAGO / NurPhoto
Dark mode
(ON)

Prima della vittoria di sabato alle WTA Finals, il momento probabilmente più significativo della stagione 2024 di Coco Gauff era stato un paio di mesi fa, il primo settembre: quarto turno degli Us Open.

Sotto 5-3 nel terzo set contro la connazionale Emma Navarro, Gauff si apprestava a servire per allungare la partita. Sullo sfondo piano piano erano apparse sempre più numerose delle enormi palle gialle. Decine di bambini (o meglio, i loro genitori) avevano approfittato dell’esperimento del torneo americano sul free movement durante gli scambi per mettersi in pole position per gli autografi e, perché no, anche umiliare qualche giocatore sull’orlo della sconfitta. Non era stata risparmiata nemmeno l’eroina di casa, che deve aver visto la scena deprimente con la coda dell’occhio. Enormi palle gialle sfocate che sono una sentenza – a memoria, i bambini Nostradamus non avevano mai sbagliato una predizione (e forse viene da pensare che la loro stessa presenza aiutasse direttamente l’avverarsi della sentenza di morte). Nel caso di Gauff erano stati allontanati dallo staff del torneo con evidente imbarazzo, ma l’oscura maledizione non poteva essere cancellata e la statunitense non era riuscita ad allungare la partita di un altro game.

Il meccanismo crudele delle classifiche del tennis fa sì che dopo aver vinto un torneo, soprattutto se molto importante, dopo un po’ la soddisfazione si trasforma in angoscia. Un’angoscia che a volte fa pensare che Andrey Rublev abbia deciso insieme al suo terapista di non superare mai i quarti di finale in uno Slam per non impiccarsi in campo con gli striscioni degli sponsor. È un sistema perfettamente oliato, studiato nei minimi particolari e spietato: i punti non si perdono all’inizio di un nuovo anno, ovviamente, ma questo trasforma ogni successo passato in uno spettro nel presente. I mesi passano e quando diventano dodici bisogna ripetersi, o almeno andarci il più vicino possibile per non scivolare indietro.

Lo sapeva bene Gauff, che con l’avvicinarsi dell’estate era diventata sempre più fallosa e sentiva il fiato sul collo degli “haters”, a cui lei dedica probabilmente troppa energia e troppe vittorie. I troll di internet e gli ultras di Iga Świątek aspettavano con ansia l’arrivo di agosto 2024, perché pochi mesi sono stati formidabili come l’agosto 2023 di Coco Gauff. Un climax ascendente perfetto: iniziato con la vittoria al WTA 500 di Washington, poi il 1000 di Cincinnati, poi la vittoria agli Us Open, arrivata il 9 settembre, ma comunque figlia e conclusione naturale di quell’estate americana di un anno fa.

Il 2024 non era stato altrettanto generoso: una vittoria al 250 di Auckland, oltre a due semifinali Slam – Melbourne e Parigi – che sembravano un passo indietro. Non tanto per il risultato in sé, quanto per la sensazione che Aryna Sabalenka e Iga Świątek (entrambe battute nell’estate 2023) stessero scivolando via, sempre più irraggiungibili. Dopo una spedizione olimpica deludente, eccoci arrivati ad agosto 2024: saltato il 500 di Washington, sconfitta all’esordio al 1000 di Cincinnati (contro Yulia Putintseva, ad aggiungere la beffa al danno), sconfitta al quarto turno agli Us Open da Emma Navarro, dove l’avevamo lasciata all’inizio, circondata dalle enormi palle gialle.

Va detto, in difesa dei poveri bambini del malaugurio, che Gauff quel match aveva collezionato diciannove doppi falli, undici dei quali nel set decisivo. Alla fine le statistiche WTA hanno registrato sessanta errori non forzati, quasi tutti con il dritto. Non c’erano grandi presupposti per pensare che sarebbe stata in grado di allungare la partita, anche solo di un altro game.

Dopo la sconfitta, Gauff aveva commentato l’affaire doppi falli in conferenza stampa: «Penso che qualche volta sia più una questione emotiva, psicologica perché se andassi nel campo di allenamento adesso, farei tipo trenta servizi buoni di fila. L’ho già fatto». Aveva detto una cosa del genere anche il suo allenatore Brad Gilbert nel post partita ai microfoni di Espn. Rennae Stubbs, allenatrice e commentatrice televisiva, aveva risposto a Gilbert: «Coco qualche volta tira la seconda intorno alle 90 miglia orarie (145 in chilometri, ndr), poi le tira un po’ più lente nel mezzo. Non c’è una seconda uguale all’altra. Sotto pressione una cattiva tecnica crolla, e la sua tecnica… ed è dura per me dirlo perché Brad è qui, ma il gomito è troppo basso, anche l’impugnatura mi sembra un po’ strana». Stubbs aveva concluso: «Come dici tu, lei serve benissimo in allenamento, ma mi dispiace dirtelo, la maggior parte della gente serve benissimo in allenamento perché non hanno quindicimila persone a guardarli dal vivo e milioni di persone dalla televisione».

Nel 2024 l’8,9% dei punti al servizio di Coco Gauff sono stati doppi falli: la terza statistica peggiore negli ultimi quindici anni per una top 5, dai dati raccolti da Tennis Abstract (aggiornati al 10 ottobre, quindi precedenti alla vittoria nelle Finals). Il motivo per cui riesce a rimanere stabilmente nelle prime posizioni del ranking è la qualità della sua risposta, grazie alla quale ha vinto il 48,4% dei punti giocati. Meglio di lei, solo Świątek al 48,5% dei punti in risposta vinti.

L’altro grande punto debole di Gauff è il dritto, che è molto meno affidabile del rovescio e, un po’ come il servizio, sotto pressione cede. È un colpo carico di spin che spesso finisce troppo corto e la espone a continui attacchi delle avversarie, che la statunitense riesce a contenere grazie a incredibili capacità difensive e atletiche. Alcuni hanno opinioni drastiche, come l’ex tennista Mary Joe Fernandez, intervenuta sulla questione in un episodio di Holding Court, il podcast di Patrick McEnroe. Per Fernandez «Gauff dovrebbe prendersi sei/otto mesi di stop per lavorare al colpo». Gilbert intervistato da Andy Roddick nel suo podcast Served aveva detto: «Penso che a volte le persone pensino che sia facile sistemare una cosa del genere. E il mio primo pensiero è “che succede se lo cambi e non migliora”. E poi quando cambi il grip, devi cambiare completamente il movimento. Non tutti sono come Rafa o Andre (Nadal e Agassi, ndr)».

Abbiamo chiari tutti i limiti e i difetti della statunitense. La classe 2004 ha fatto il suo esordio nel circuito professionistico nel 2018, a soli quattordici anni, da predestinata. Nel 2019 è stata la più giovane di sempre nell’era Open ad accedere al tabellone principale di Wimbledon dalle qualificazioni. Ad attenderla al primo turno c’era Venus Williams, all’epoca trentanovenne. La partita viene vissuta collettivamente come un passaggio di testimone, una sorta di terza sorella Williams adottiva. Poi però si è dovuto aspettare, aspettare e aspettare. Era stato un abbaglio? Gauff è forte, ma può esserlo come una Williams?

Passato agosto 2024, sostituito Brad Gilbert, con qualche riflettore in meno addosso è riuscita a guadagnare la fiducia necessaria a vincere il primo torneo importante della stagione, il WTA 1000 di Pechino. Abbastanza per dare dignità a una stagione da dimenticare. Non si era presentata alle WTA Finals da favorita, direi che il posto spettava a Sabalenka. Né da seconda – prima di lei c’era Świątek, che nonostante il periodo di crisi resta la tennista da battere. Magari da terza, anche se Qinweng Zheng sembra quasi inarrestabile dopo la medaglia d’oro alle Olimpiadi. Gauff, che forse riesce a respirare meglio quando nessuno si aspetta granché, è riuscita a incassare una vittoria dopo l’altra, con la fatica e con la corsa. Ha collezionato prima lo scalpo di Świątek (contro la quale aveva vinto una sola volta in dodici partite), poi quello di Sabalenka in semifinale. Si è guadagnata l’accesso alla finale – ma non il titolo di favorita – contro Qinweng Zheng. La cinese dalla sua parte ha tutta la fiducia e la spregiudicatezza esistenti, oltre al pubblico di Riyad. Gauff non ha niente da perdere.

Raramente l’ultima partita dell’anno è anche una bella partita. La stanchezza di mesi passati tra alberghi, aerei, continenti, alla rincorsa dell’estate. Un caldo che diventa ogni stagione più opprimente, insostenibile e non lascia il respiro per pensare. Era dal 2018 che la finale delle WTA Finals non si decideva al terzo set – statistica che non parla necessariamente della qualità di una partita, perlomeno ci dice che sono state faccende abbastanza rapide. La partita di sabato, francamente improbabile da immaginare alla vigilia dell’evento, non solo è stata lunga e combattuta – statistica che di nuovo non dice nulla della qualità di una partita – ma è stata anche molto bella, oggettivamente parlando.

Nel tennis, come in tutti gli sport in cui non vince chi fa più punti, ma chi fa quelli giusti, ci sono delle partite, soprattutto quelle più equilibrate, indirizzate o decise da folate di fortuna. Per questo è il gioco del diavolo, i tennisti sono tutti superstiziosi e la rete è un essere semisenziente che risponde agli ordini di qualche dio annoiato. La finale di sabato, invece, è stata una partita terrestre, definita dalla dimensione delle volontà delle singole nei vari momenti. Un po’ come in quelle battaglie di onde energetiche tra Goku e il cattivo di turno, dove l’inerzia si sposta verso l’uno o verso l’altro a seconda di chi grida più forte e quindi ci mette più impegno.

Gauff alla fine è quella che ha urlato più forte (in senso figurato, nessuna delle due è Sabalenka o Azarenka, meglio specificare). Anche contro vecchi mostri. In almeno tre occasioni i bambini con le enormi palle gialle sarebbero scesi, sbagliando la lettura delle viscere: nel secondo set, quando Zheng era avanti 0-30 sul servizio della statunitense e stava per guadagnare un secondo break di vantaggio; nel terzo set, quando di nuovo Zheng stava per guadagnare un secondo break di vantaggio; per l’ultima volta, la più convincente, quando Zheng è andata a servire per il match. La cinese per tre volte ha vinto la partita, finché non l’ha persa. Soffocata dalle corse disperate di Gauff. E più Zheng prendeva le righe, più Gauff correva, fino al crollo nervoso della cinese nel tie break, perso 7-2.

Una sconfitta talmente dolorosa che fa più notizia della vittoria: le telecamere inquadrano Zheng sempre più vicino, fino a metterci a disagio, nell’attesa di una lacrima o un gesto nervoso, qualcosa. Ogni tanto si ricordano che quella che alzerà il trofeo è l’altra. Ce la fanno vedere tutta concentrata sul cellulare, magari già sta pensando al tweet per la vittoria, questa esplicitamente dedicata a chi la sostiene. Intanto pubblica: «lol safe to say I beat the bad season allegations».

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura