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Col cuore spezzato da un diciottenne
16 giu 2017
Le questioni aperte dal mancato rinnovo di Donnarumma.
(articolo)
9 min
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Prima di iniziare, una premessa: io sono milanista ma non rappresento neanche lontanamente la voce dei milanisti. C’è gente che è più arrabbiata di me e altra che invece continua ad andare avanti al grido di “i giocatori passano, il Milan resta”. C’è gente che augura solamente il peggio a Gianluigi Donnarumma e gente invece che difende il suo diritto a fare qualsiasi scelta professionale, senza che questa debba essere messa in discussione dall’esterno. C’è gente che “ah, i diciottenni di oggi” e altri che invece “l’ho sempre saputo”. Ci sono però un bel po’ di cose su cui continuo a non raccapezzarmi dopo l’annuncio di ieri sera.

Cosa vuole Donnarumma?

La domanda fondamentale che mi gira per la testa — e sulla quale spero che lui stesso o chi per lui si pronuncerà al più presto possibile per fare chiarezza — è semplice: perché Gigio Donnarumma ha deciso di andarsene adesso? La congiuntura temporale è strana: è vero che tanti giovani lasciano la squadra con cui firmano il primo contratto triennale da professionisti perché attratti da squadre più forti o per uno stipendio migliore, però il Milan — che viene da un quinquennio drammatico, ma è pur sempre il Milan — lo voleva rendere a tutti gli effetti il “giocatore franchigia” e il volto di un nuovo corso di ricostruzione che era appena cominciata.

Secondo Sky il club aveva offerto a Donnarumma un contratto da 5+ milioni che in nessun modo può essere considerato poco competitivo e che anzi suona totalmente fuori da ogni logica per qualsiasi 18enne. A meno che, e qui si entra nel terreno della dietrologia, c’è qualcosa che non sappiamo, magari che le cifre offertegli dal Milan non erano proprio quelle, o che la società fosse dall’inizio d’accordo con Donnarumma per una sua cessione. Che il Milan, insomma, avesse bisogno di una cessione monstre per finanziare gli acquisti in tutti gli altri ruoli. Ma, al di là dei conti economici che in ogni caso possono beneficiare di una cessione di questo tipo, il problema di fondo resta perché non tornerebbero le parole di Fassone, che si è detto “amareggiato" per la scelta del giocatore.

Ma anche a volerla vedere totalmente dalla parte di Donnarumma - di un Donnarumma disinteressato al discorso della maglia (che lui stesso ha baciato) - si fatica a capire la logica che c'è dietro. Forse anche perché non abbiamo idea di quale sarà la prossima squadra di Donnarumma e le ipotesi in gioco sono le più diverse, ma tutte accomunate dal fatto che Donnarumma andrà via a una cifra che farà da sfondo a ogni futura valutazione tecnica. Come è stato per Pogba, ma con l'aggravante che un portiere ha molte più possibilità di spiccare in negativo che in positivo.

A parte grandissime squadre, tipo Manchester United o ancora di più Real Madrid, che lo confronterebbero subito con una responsabilità gigante - e questo genere di valutazioni hanno molto senso se si parla di un giocatore che tra 4 anni ne avrebbe ancora solo 22 - è difficile capire cosa troverebbe Donnarumma fuori da Milano, che non avrebbe a Milano. C’è l’ipotesi innominabile, ovvero la Juventus. A parte che Donnarumma diventerebbe immediatamente l’anticristo, ma veramente dobbiamo pensare che Raiola abbia messo in piedi una cessione così clamorosa per preparargli un anno di panchina dietro a Buffon? Insomma, è così milanista pensare che, dal punto di vista dello sviluppo della sua carriera, per Donnarumma, avrebbe avuto più senso fare altri due anni in rossonero?

Al Milan, Donnarumma avrebbe potuto iniziare a fare esperienza in Europa con l’Europa League, provando magari a riportalo in Champions e, poi, avrebbe potuto lasciarlo per un club ancora più ambizioso, a 20 anni (20!). Chi avrebbe potuto dirgli qualcosa? Tre anni e mezzo di titolarità, una squadra ripresa dal fondo della sua storia e riportata quantomeno alla rispettabilità, un posto imperituro nella memoria dei propri tifosi che avrebbero potuto crogiolarsi per sempre nel ricordo di “Donnarumma l’abbiamo lanciato noi”.

Certo, non sarebbe comunque stato il nostro scenario ideale. Nel nostro cuore di tifosi speravamo che la squadra di altissimo livello in cui inevitabilmente Donnarumma avrebbe speso il resto della sua carriera potessimo diventare noi, ma ci saremmo potuti tutto sommato accontentare. Dall’altra parte, nel momento stesso in cui la famiglia di Donnarumma ha assunto Mino Raiola come procuratore — con il chiaro obiettivo di massimizzare il più possibile le entrate economiche del figlio-fenomeno — sapevamo che non sarebbe potuta durate a lungo, a meno che Gigio non si impuntasse come fatto da Marek Hamsik a Napoli. Non a lungo, ok, ma nemmeno così poco.

Cosa vuole Raiola?

Nelle ultime settimane tutti i milanisti hanno provato a entrare nel cervello di Mino Raiola, per cercare di capire cosa stesse cercando di ottenere. L’idea che ci siamo fatti è che stesse sfruttando la sua posizione di inevitabile vantaggio — il Milan non poteva permettersi di perdere il suo “giocatore franchigia” proprio nel momento del rilancio — tirando la corda per: A) far guadagnare più soldi al suo assistito (che poi è il suo lavoro, e di sicuro lo sa fare bene); B) far guadagnare più soldi a se stesso. Il primo obiettivo sarebbe stato raggiunto subito, con l’offerta da più di 5 milioni di cui si parla (ammesso che sia vero, va ripetuto per correttezza visto che non lo sappiamo), è lecito pensare che magari l’intoppo fosse sul secondo punto. Anche questo non possiamo saperlo, ma nella ricerca di senso, su una cosa poco sensata vista dall’esterno, è una possibilità di cui tenere conto.

Nei quattro acquisti-lampo di questo inizio di mercato pare che il Milan abbia elargito commissioni molto cospicue agli agenti coinvolti. Il Milan è stato per anni una “bandierina” di Raiola, dove ha sempre trovato una sponda favorevole per portare un ventaglio di suoi assistiti che va da Ibrahimovic a Rodrigo Ely. La nuova proprietà, invece, non sembra così compiacente con Raiola, e pare che gli scontri con il nuovo DS Massimiliano Mirabelli siano stati frequenti. Magari Raiola ha preteso una percentuale sul prezzo di rivendita esorbitante, à la Pogba? O una clausola rescissoria più abbordabile rispetto ai 100 milioni che ormai si sparano per qualsiasi giocatore? O magari voleva sistemare qualche altro giocatore della sua scuderia? Non lo so, non lo possiamo sapere, forse non lo sapremo mai. Però: se la decisione del giocatore era davvero quella di rimanere, non credo che Raiola possa decidere di portarlo via contro la sua volontà. Le responsabilità del procuratore arrivano fino a un certo punto. Del resto, Fassone stesso in conferenza stampa ha sottolineato due volte che la scelta è stata del giocatore.

Cosa poteva fare il Milan?

Dal punto di vista della nuova dirigenza, non so veramente cosa possiamo rimproverarle. Sono stati chiari fin da subito nella loro volontà di rinnovare, a quello che sappiamo hanno proposto un rinnovo mostruoso (pare dimostrandosi pronti ad alzare ulteriormente l’offerta nell’incontro di ieri), hanno anche concluso quattro acquisti in una settimana, nel caso ci fosse bisogno di dimostrare che la voglia di costruire una squadra competitiva c’è, al di là dei ragionevoli dubbi che si possono avere sulla nuova proprietà.

Avrebbero potuto forse affrontare il rinnovo con più celerità rispetto a quanto fatto, oppure calare le braghe e dargli veramente tutto pur di trattenerlo? Ma la sensazione è che non gli sia stato dato molto credito per il semplice fatto che Fassone e Mirabelli non sono Galliani e la nuova proprietà non è Berlusconi: Donnarumma e il suo entourage non hanno alcun “debito di riconoscenza” (sempre che esista una cosa del genere) nei confronti di questa dirigenza e, in definitiva, a Donnarumma non interessa se viene venduto a 20, 50 o a 100 milioni di euro. Quello che rimane, però, è che questo è il secondo enorme colpo alla credibilità del “progetto cinese”, dopo il rifiuto di Paolo Maldini di tornare in società: rinnovare Donnarumma era uno snodo fondamentale per l’intero rilancio del Milan, perché doveva essere lui “the face of the franchise” su tutti i cartelloni delle campagne abbonamenti o dei pitch agli sponsor.

Ovviamente Raiola e il suo entourage erano perfettamente consapevoli di tutto questo e del leverage che avevano in fase di trattativa, considerando anche la traballante situazione del Milan legata al Financial Fair Play. Donnarumma era il biglietto “Uscita Gratis di Prigione” del Milan: una sua eventuale cessione a tre cifre avrebbe quasi da sola messo a posto i bilanci nel triennio realizzando a una plusvalenza mostruosa. Per questo la sua uscita così fa così male: per rimanere solo agli esempi recenti, Higuain e Pogba se ne sono andati procurando una vagonata di soldi alle rispettive squadre, mentre il danno per il Milan è incalcolabile a livello economico, affettivo e di credibilità. Questo rende la scelta di Donnarumma senza precedenti, perché ha fatto male al Milan in maniera quasi crudele, mettendo la società in una posizione impossibile: a quanto verrà venduto ora Donnarumma, a 30-40 milioni al massimo? Gli avrebbe davvero fatto così male una situazione stile “sign & trade”?

Può anche darsi che, come accennato prima, — CONSPIRACY THEORY ALERT! — tutto questo sia in realtà un teatrino per mascherare una cessione che in realtà è già stata fatta da tempo, il che spiegherebbe anche come sia possibile che il Milan abbia speso così tanto tutto assieme e così in fretta. Ma dubito che Raiola o Donnarumma possano essere stati disposti, volontariamente, a prendersi le palate di fango che sono state lanciate sulla loro immagine per qualcosa che era di reciproca utilità. Per mascherare cosa, poi, che per comprare giocatori bisogna venderne? Che nessuno è incedibile in questo calcio?

E poi c'è l’intervista con GQ di Paolo Condò in cui Donnarumma diceva di voler cercare casa in centro a Milano, che tutte le parti in causa conoscevano la sua volontà e di essere molto legato al Milan. C’è modo e modo di orchestrare l’uscita di un giocatore, in particolare per uno così importante: magari a Raiola non frega niente di cosa pensa il mondo esterno, ma dovrebbe essere nei compiti di un procuratore salvaguardare l’immagine del proprio assistito, oltre che il conto in banca o le prospettive di carriera. E anche Donnarumma non dovrebbe essere contento di essere colto in una contraddizione del genere.

Cosa resta ai tifosi?

Parliamoci chiaro: che Donnarumma, prima o poi, fosse destinato a difendere la porta di una delle migliori squadre del mondo era chiaro a tutti da tempo. Questo non significa che sia già pronto, adesso, mentalmente e tecnicamente. Lo dico (se possibile) indipendentemente dal mio punto di vista di tifoso, dalla squadra che sceglierà e dall’impatto che potrebbe avere sui suoi ex-tifosi una scelta tipo quella della Juventus.

Se entriamo nel merito del “danno collaterale” creato da Donnarumma, però, va fatta una specificazione. Parlo a livello personale, ma quello che più mi ha fatto male dell’annuncio di ieri è che, per dirla all’americana, “We were just starting to feel good about ourselves again”. Dopo cinque anni di delusioni, che rappresentano il punto più basso dell'epopea Berlusconiana, finalmente avevamo iniziato a voltare pagina e sembrava che le cose stessero girando per il meglio, che potessimo tornare ad avere una squadra degna del nostro passato. Per questo perdere Donnarumma, per di più in questo modo, è un colpo al morale di tutti. Paradossalmente, però, ha avuto il merito di ricompattare il mondo dei milanisti attorno a un’appartenenza alla squadra che sembrava ormai andata persa da tempo.

È strano, ma la conclusione migliore per una riflessione di questo tipo è che era parecchio tempo che non ci sentivamo milanisti come ci siamo sentiti ieri.

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