È da qualche anno che l’NBA sta cercando soluzioni per rendere la stagione regolare più appetibile e ieri sera doveva raccogliere i frutti di questo lavoro. Quindici partite divise in due blocchi tra Est e Ovest, tutte le squadre impegnate, molte delle quali a inseguire una migliore posizione ai playoff o al play-in. Una lunga serata (per noi europei, mattinata per loro) in cui immergersi nel basket-che-conta prima di arrivare al momento culmine della stagione.
Il risultato è stato alterno: da una parte abbiamo assistito a una partita come New York Knicks-Chicago Bulls, finita al supplementare dopo un tira e molla fatto di sorpassi e controsorpassi conditi di grandi giocate, dall’altra - però - abbiamo visto un sacco di partite indirizzate fin da subito per via di scarti di punteggio mastodontici, altre con squadre infarcite di riserve e poco ardore. Se avete un po’ di spirito però, fa anche quello parte dello spettacolo: partite scadenti, nomi improbabili, ritmi balneari, lo sport è anche questo.
L’evento della serata è stato però un altro, ovvero il sogno di tutti gli esseri umani: ottenere del cibo gratis.
L’amore delle arene per il cibo gratis
Di cosa stiamo parlando? Negli Stati Uniti la relazione tra sport (da spettatore) e cibo (da consumatore) è onnipresente. Nel baseball, dove le partite possono durare ore e sono piene di momenti morti, lo è in maniera ancora più profonda, culturale quasi, ma anche nel basket andare all’arena vuol dire anche andare a mangiare. A un certo punto le franchigie hanno capito che potevano sfruttare la fame dei tifosi a scopi commerciali e sportivi, e il risultato è stato: vi daremo del cibo gratis se gli avversari faranno qualcosa di sbagliato o i nostri qualcosa di eccezionale.
È un metodo geniale per tenere alta l’attenzione nei finali di partita anche quando il risultato è già deciso. Questi patti tra squadre e tifosi infatti finiscono per accadere o non accadere nel quarto quarto. Cose tipo: vi regaliamo un tacos se l’altra squadra non arriva a 100 punti; vi offriamo un hamburger se la nostra squadra supera i 100 punti; vi lanciamo dei burrito se un avversario sbaglia tutti e due i suoi liberi nel quarto periodo. Queste "promozioni" hanno magari un intento nobile - sostenere la squadra, ricompensare i tifosi - ma finiscono anche per creare delle bolle artificiali di competizione, oltre a essere spesso legate a una cultura del cibo spazzatura.
Se però, al massimo, erano le squadre avversarie a trovare stimoli per impedire che questo cibo gratis arrivasse ai tifosi, ieri alla Crypto Arena durante Los Angeles Clippers-Houston Rockets si è assistito allo scenario opposto, un cortocircuito improbabile anche per l’NBA, dove quasi nulla è improbabile.
L’offerta del giorno per i tifosi era questa: se qualcuno degli Houston Rockets sbaglia due tiri liberi nel quarto periodo, avrete tutti un Chick-fil-A sandwich gratis. Cos’è un chick-fil-A sandwich: un bun (se non state in fissa con la panificazione, è quel panino dolciastro che si usa per gli hamburger) tostato e imburrato, riempito con due fettine di cetrioli sottaceto all’aneto e una cotoletta di pollo fritto. Calorie totali 420, costo 4 dollari e 85 centesimi. È prodotto dalla catena Chick-fil-A, specializzata, come avrete capito, nel servire cibo a base di pollo.
La partita, di suo, non aveva niente da dire: i Clippers erano già certi del 4° posto, i Rockets già fuori da tutto. Si era trascinata fino a quel momento con quella stanchezza tipica dei matinée in NBA, con l’arena mezza vuota e disinteressata. Non che avessero tutti i torti: cercate voi di rimanere incollati alla partita mentre Xavier Moon spingarda da tre o di appassionarvi alla ricerca disperata di Kobe Brown di arrivare in doppia cifra, che chissà quando gli ricapita. Un panino gratis, allora, era più o meno tutto quello in cui sperare.
Gli Houston Rockets sono la 20° squadra della NBA per percentuale ai liberi (77.3%) e magari le loro riserve potevano fare anche peggio. In generale, però, aspettarsi che un professionista faccia 0 su 2 dalla lunetta non è così scontato. Quando però, a 4 minuti e 44 secondi dalla fine, si è presentato alla linea della carità Boban Marjanovic, i presenti hanno iniziato a salivare, questo perché, quando sei alto 224 centimetri e hai quelle mani, tirare il pallone da basket nel canestro non è così facile da nessuna posizione.
L’amore di Boban Marjanovic per le arene
Almeno è quello che si può pensare guardando Boban Marjanovic, i suoi piedi giganti, le sue orecchie giganti, le sue mani giganti. Se Wenbanyama ci sta costringendo a ripensare cosa può fare un essere umano oltre i due metri e venti su un campo da basket, Marjanovic è della vecchia scuola. Il suo gigantismo è stato sì il motivo per cui è arrivato in NBA, ma anche un grande limite, perché comunque quando sei così grande è difficile muoversi con profitto in mezzo ad altri atleti più coordinati, veloci e atletici di te.
Eppure, nonostante il suo fisico remi contro di lui, non è un così cattivo tiratore, anzi. In qualche modo - difficile da spiegare guardandolo tenere un pallone da basket come se fosse un panino - Marjanovic ha un buon rilascio e un tocco discreto. Questo gli permette di essere un tiratore di liberi da 76.2% in carriera, che è praticamente la media in NBA, ma che è decisamente migliore dei giocatori con la sua stazza e le sue mani (Shaquille O'Neal ha chiuso sotto il 53%).
Perché dico questo? Perché quando si è presentato in lunetta e i tifosi hanno iniziato a pregare, non era così scontato che vincessero il loro panino. Marjanovic ha però sbagliato il primo tentativo e l’arena si è svegliata. Ha capito che sì: potevano vincere un panino grande quanto un orecchio del serbo. L’attenzione allora è passata dagli smartphone al campo, dal loro cibo alla speranza di altro cibo. A volerne fare una questione di pura statistica, la possibilità che Marjanovic sbagliasse anche il secondo era meno di una su quattro: non come i Clippers che vincono un titolo, ma neanche così probabile.
C’è però un’altra questione qui: Marjanovic non è solo un gigante dalle mani di gigante e il tocco da giocatore medio NBA. Marjanovic è uno dei personaggi più amati della NBA. Senza essersi mai riuscito a ritagliare un ruolo da protagonista assoluto in campo, ovunque è andato è riuscito a volersi far bene un po’ per quell’aspetto da gigante gentile, un po’ per i modi da gigante gentile. E cosa fa una persona gentile? Un atto d’amore disinteressato.
Ancora prima di tirare il secondo libero, con il linguaggio del corpo Marjanovic ha fatto capire il suo regalo. «Ci penso io», ha detto al pubblico, mentre con l’indice gigante si toccava il petto gigante e con la testa gigante faceva segno di sì. Il pubblico è impazzito, per la prima volta si è trovato a tifare per il libero di un avversario. Marjanovic è riuscito a essere anche credibile nel suo errore, sbagliando di poco, prima di alzare il dito in aria come a dire “questa è per voi”. Questa, cioè una marea di panini gratis.
L'uomo del popolo l’hanno chiamato dopo questo gesto, come fosse Masaniello in piazza a Napoli o Robespierre alla Bastiglia. Marjanovic, bisogna dirlo a questo punto, è stato un giocatore dei Los Angeles Clippers e magari se non fossero stati suoi ex tifosi non si sarebbe comportato allo stesso modo o, forse, magari lo avrebbe fatto lo stesso: Boban Marjanovic è davvero molto gentile.
In ogni caso, con Houston fuori dai playoff e lui in scadenza di contratto, questo potrebbe essere l'ultimo atto di Marjanovic in NBA. Quest'anno ha giocato poco e a 35 anni, con quel corpo, è difficile immaginare qualcuno disposto a crederci. Se così fosse sarebbe abbastanza indicativo: un giocatore che è riuscito a esprimersi anche fuori dal campo, senza essere stucchevole nella sua ricerca di essere simpatico, apparendo sempre realmente autoironico e realmente interessato a rendersi disponibile con i tifosi. Fino ad arrivare a questo ultimo gesto, sacrificare una piccolissima parte del proprio ego per il bene comune. Anche se questo bene comune era sotto forma di panino unto e dozzinale. Ma questo, diciamo, non era colpa sua.