Oggi che è la seconda miglior difesa del campionato può sembrare strano, ma a inizio stagione uno dei principali limiti dell’Inter di Conte era di natura difensiva. Nelle prime 7 giornate i nerazzurri avevano incassato 11 gol, nonostante subissero pochissimi tiri, per lo più a causa di una spietata precisione degli attaccanti avversari. Ci si chiedeva se era solo un ciclo di partite sfortunate, oppure se l’Inter effettivamente stesse difendendo male. In una delle sue analisi, Daniele Manusia aveva scritto che, al netto di alcuni errori individuali, l’Inter difendeva peggio perché attaccava in maniera diversa dal solito. Stava passando cioè “da un sistema verticale e basato su giocate preparate nei dettagli, che era quello dello scorso anno, a uno più fluido e posizionale”. L'ipotesi, quindi, era che i molti gol subiti derivavano da una transizione da un sistema di gioco a un altro.
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L’evoluzione tattica dell’Inter in corso di stagione è stata oggetto di dibattito. Conte ha rinunciato a introdurre all'interno del suo sistema un trequartista di ruolo, dopo alcuni esperimenti, ed è in fretta ritornato al 3-5-2. Oggi, però, la sua Inter gioca con un trequartista “mascherato” da mezzala - a turno, infatti, a seconda delle altezze di campo e del lato che si attacca, uno tra Eriksen e Barella si alza per posizionarsi sulla trequarti, ognuno con le sue caratteristiche ovviamente: più creativo ai limiti dell’area di rigore il danese; più diretto nell’inserimento in area il centrocampista ex Cagliari.
Nel calcio, però, nessuna mossa è solo offensiva o solo difensiva, e ogni cambiamento effettuato in una zona finisce per avere effetti in un’altra. L’Inter ha recuperato alcune certezze in fase offensiva che aveva consolidato nel finale della scorsa stagione, e di conseguenza ha ottenuto immediati effetti difensivi. Oggi la squadra di Conte non è più quella di inizio stagione che attaccava posizionalmente con molti uomini nella metà campo avversaria: il baricentro medio si è abbassato (era la prima squadra della Serie A, ora è seconda); i passaggi nel terzo offensivo sono calati (da seconda a quinta); ha ceduto parte del proprio dominio territoriale e percentualmente palleggia nella propria metà campo più di prima.
Mediamente l’Inter sta più bassa sul campo e nelle fasi di non possesso non è aggressiva quanto lo era prima nel tentativo di recuperare il pallone in alto. Questo cambiamento, a livello statistico, è registrato sia dall’aumento del PPDA, ovvero dai passaggi concessi agli avversari in impostazione, sia dal calo dei recuperi nella metà campo offensiva.
All’inizio di Parma-Inter, tanto per fare l'esempio più recente, il portiere gialloblu Sepe e i difensori centrali ai suoi lati invitavano gli attaccanti nerazzurri alla pressione, ma gli uomini di Conte sono rimasti fermi, generando un "surplace" ciclistico che ha congelato l’azione per quasi un minuto. Il baricentro difensivo dell’Inter - ovvero l’altezza media di tutti gli interventi eseguiti in fase di non possesso - si è abbassato di 8 metri, passando da 42 a 34 metri. È una variazione enorme, soprattutto da un punto di vista dell'atteggiamento difensivo, ed è ancora più rilevante se si considera che è avvenuto nell’arco di poche partite.
Young sbaglia i tempi d’uscita nella pressione su Calabria, ma il suo movimento è compensato dalla lettura efficace di Bastoni e Gagliardini. Il primo esce sull’ala, il secondo scala sulla linea di difesa. In questo modo, l’Inter sigilla l’area di rigore e finisce per concedere solo un tiro da fuori.
L’Inter concede molti più tiri di prima, il 75% in più. È passata dall’essere la squadra della Serie A che concedeva il minor volume di tiri alle sue avversaria, a essere la quinta in questa classifica. In compenso, però, concede tanti tiri da posizioni sfavorevoli per l’avversario, la pericolosità media di ogni tiro concesso è calata del 50%. Di conseguenza, gli avversari concretizzano con minore efficacia, convertendo ora solo il 5,9% delle occasioni in gol. Dopo le prime sette giornate questo dato era al 24%, cioè quasi un tiro su quattro. Per questi motivi l’Inter ora incassa meno reti: escludendo i rigori, sono 14 nelle ultime 18 giornate (come detto, erano stati 11 nelle prime 7).
Nonostante abbia migliorato molto la solidità della sua difesa, l’Inter non ha perso in efficacia offensiva, se non marginalmente. Quella di Conte è ancora la squadra che in Serie A produce più occasioni di tutte, anche se il dato sugli Expected Goals creati ha subito una leggera flessione, passando da una media di 2,1 xG a partita a una di 1,9 xG a partita nelle azioni di gioco manovrato. A fronte di questa piccola diminuzione, però, c'è da dire che oggi l’Inter produce occasioni di grande valore con molta più facilità.
I tiri con un xG superiore a 0,3 sono saliti da una media di 2 a partita ad una di 2,8 a partita. Come detto, tutto si lega su un campo da calcio: la decisione di abbassare il baricentro e adottare un gioco più diretto non è stata presa solo per prendere meno gol, ma anche perché l'Inter aveva bisogno di attaccare diversamente. Questo modo di attaccare più verticale ed essenziale, che si basa quasi totalmente sulla capacità delle due punte di associarsi tra loro, calza a pennello sulle caratteristiche di Romelu Lukaku, che attualmente è in uno stato di grazia assoluto.
Conte, insomma, sembra essere finalmente riuscito a ritrovare l'equilibrio tra la necessità di minimizzare i rischi e quella di mettere i propri attaccanti nelle condizioni migliori per segnare. Senza palla l’Inter si è abbassata sul campo anche perché ha giocatori a proprio agio nel difendersi in area in modo posizionale. Partendo dal basso, però, crea anche occasioni di maggiore qualità, perché ha attaccanti adatti ad andare in progressione in campo lungo, trascinando fisicamente il pallone in area avversaria.
Il punto, insomma, non è solo come si vuole chiamare questo tipo di calcio, se "tiki-taka", contropiede o calcio verticale, come ha scritto ironicamente Antonio Conte sui suoi profili social. Il punto è soprattutto che questo gioco sta funzionando per l'Inter.