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Come è andata la Serie C
15 mag 2019
La situazione delle formazioni B, le squadre e i giocatori più interessanti.
(articolo)
42 min
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Questa estate, mentre il calcio italiano assisteva all’arrivo di Cristiano Ronaldo – un colpo accolto con esaltazione e sbigottimento, foriero di tante altre super-trattative che hanno affastellato le prime pagine dei giornali (da Balotelli al Parma a Modric all’Inter) – nei corridoi della Figc era in atto una vera e propria guerra civile. In poche settimane prima i fallimenti in serie di Bari, Cesena e Avellino avevano lasciato “aperte” tre posizioni nel campionato di Serie B, per cui avevano fatto richiesta di ripescaggio cinque squadre: Novara, Catania, Siena, Ternana e Pro Vercelli. Ad opporsi c’erano i 19 presidente della Serie B, che spingevano per bloccare i ripescaggi, in modo da accelerare il passaggio al format di 20 squadre (e guadagnare qualcosa in più dai diritti televisivi, appena ceduti a Dazn).

A norma di regolamento (l’articolo 49 del Noif), la richiesta è irricevibile. Inizialmente il commissario straordinario Fabbricini è contrario (“Dovranno passare sul mio cadavere”), ma per alcuni giorni – mentre già si delineava una graduatoria ufficiosa dei ripescaggi, con Novara, Catania e Siena in testa – la FIGC resta in un silenzio imbarazzato e imbarazzante, lasciando spazio ad ogni tipo di speculazione. Ad inizio agosto Novara e Catania fanno festa in attesa dell’ufficialità del ripescaggio, mentre il Siena chiede garanzie, spinta dalla belligeranza della Ternana (prima esclusa) e il ricorso della Virtus Entella contro il Cesena.

Quest’ultimo passaggio va approfondito. La Virtus Entella, che era stata ripescata nel 2015, era automaticamente esclusa dalla graduatoria, ma era stata rimessa in gioco dalla sentenza del Tribunale Federale contro il Cesena, punita con 15 punti di penalizzazione per il caso delle plusvalenze fittizie con il Chievo. L’Entella chiedeva di applicare la pena con la “modalità afflittiva”, cioè nel campionato appena concluso e non nel prossimo, che il Cesena – formalmente scomparso – non avrebbe neanche giocato. In questo modo i liguri avrebbero ottenuto la salvezza “sul campo”, tornando a pieno titolo in Serie B.

Per diversi giorni è il caos: Fabbricini passa dal diniego al possibilismo, facendo drizzare le antenne a Balata, presidente della Lega di B, e Gravina, presidente della Lega Pro. Il primo agosto la Lega Pro annuncia che “Alla luce dell’elevato numero di procedimenti a tutt’oggi pendenti dinanzi alla Giustizia Sportiva” non procederà al sorteggio dei calendari, rimandando il campionato a data da destinarsi; pochi giorni dopo la Lega di B annuncia che procederà comunque al sorteggio dei suoi calendari, considerando solo le 19 squadre. È guerra aperta: Lo Monaco (ad del Catania) parla di “golpe”, Bandecchi (presidente della Ternana) dice che “Le squadre di B si sono vendute l’anima per 600 mila euro in più”.

Long story short. Nei mesi successivi arrivano una lunga serie di ricorsi e controricorsi, che arriveranno a prolungarsi fino ad ottobre inoltrato, quando la Serie B è già iniziata da una decina di giornate, e la Serie C – suo malgrado – è partita da un paio di settimane, dopo aver rinviato in misura precauzionale le partite Siena, Novara, Ternana, Catania e Pro Vercelli. Diverso il discorso della Virtus Entella, che tra un ricorso e l’altro resterà nel limbo fino a metà novembre.

Alla fine della fiera, a farne le spese è stata soprattutto la Lega Pro, che dalle 56 squadre preventivate si è trovata a dover comporre tre gironi raffazzonati: 20 squadre nei gironi A e B, e 19 nel girone C, dove è stata inserita a forza la Viterbese (lunghezza media per ogni trasferta: 1240 km). Il campionato di Serie C è iniziato solo il 15 settembre, con una lunga serie di recuperi e infrasettimanali.

Tra le non-ripescate la sorte peggiore è capitata alla Ternana: tra il 19 gennaio e il 23 febbraio si è ritrovata a giocare 9 partite di campionato, ne ha pareggiate 3 e perse 6, passando dal secondo posto potenziale (a -4 dal Pordenone) al 12esimo posto in classifica (+3 punti sulla terz’ultima). Diverso il discorso dell’Entella, che dopo l’esordio col Gozzano è tornata a giocare dopo due mesi di stop, riuscendo – nonostante tutto – ad assestarsi ai primi posti della classifica.

Nel frattempo sono arrivati anche i fallimenti di Matera e Pro Piacenza, che hanno aumentato le irregolarità di un campionato falsato già in partenza. Per alcuni mesi non c’è stata chiarezza neanche sul numero di promozioni: da regolamento dovevano essere quattro (le tre vincitrici del campionato e quella dei playoff), Gravina aveva paventato la possibilità di averne 7, come “risarcimento” per quanto successo in estate, alla fine saranno cinque: le tre vincitrici del campionato e le due “finaliste” dei playoff, che a questo punto non saranno più finaliste.

Come sono andati i gironi

Girone A

Orientarsi nella classifica del girone A è stato più difficile che destreggiarsi nel traffico di una metropoli nell’ora di punta. Tra esclusioni, penalizzazioni e partite da recuperare il girone del centro nord è stato un campo minato, che ha ritrovato i connotati della normalità, o presunta tale, solo al termine della stagione regolare. Anche perché la Virtus Entella, che ha iniziato la stagione a novembre, negli ultimi tre mesi ha dilapidato un vantaggio vicino alla doppia cifra, fino a subire il sorpasso del Piacenza dopo la sconfitta nello scontro diretto, che però ha superato nuovamente all’ultima giornata. A -5 dal Piacenza un Pisa in grande ascesa nel 2019 (da febbraio 11 vittorie e 4 pareggi), che si è qualificata ai play-off assieme alle altre squadre che avevano fatto richiesta di ripescaggio, Novara, Siena e Pro Vercelli. In coda invece le penalizzate Lucchese e Cuneo vanno ai play-out.

(GMP)

Girone B

Il B è stato il girone con la classifica più corta, nonché quello con meno squadre penalizzate (solo la Triestina sconta un -1). Le squadre della colonna di destra si sono ritrovate per quasi tutto il ritorno a lottare contemporaneamente per i play-off e la salvezza diretta. La stessa Ternana, una di quelle che sembrava destinata a essere ripescata in B, dopo i primi due mesi da potenziale primo posto, nel 2019 si è sciolta (una sola vittoria, al penultimo turno con il Ravenna) e ha chiuso a -3 dalla zona play-off e a -5 dai play-out. Se il discorso legato al primo posto è sempre sembrato congelato, visto il margine confortante di cui il Pordenone ha goduto sulle inseguitrici nel ritorno, il discorso salvezza si è risolto soltanto al termine della stagione regolare, che ha visto il Fano retrocedere e il Rimini e la Virtus Verona andare agli spareggi.

(GMP)

Girone C

Protagonista del Girone C è stata la Juve Stabia, che ha conquistato la serie B grazie a tanti punti guadagnati negli ultimi minuti e a una difesa da appena 18 gol subiti. Alle loro spalle il Trapani, la cui situazione resta da monitorare, date le vicissitudini societarie che hanno portato a un cambio di proprietà a stagione in corso. Una trattativa che la Lega Serie C ha provato ad evitare visti idubbi sul nuovo presidente De Simone - Catanzaro e Catania, che hanno ceduto il terzo posto ai calabresi a causa dei pareggi nelle ultime due gare. Neanche in questo gruppo sono previste retrocessioni dirette, ai play-out ci vanno Bisceglie e Paganese. Chi si aggiudica il doppio confronto nell’atto conclusivo si gioca la salvezza con la vincente del play-out del gruppo A.

Ecco una rovesciata in avvitamento di Castaldo contro il Rende, uno dei suoi tanti momenti di dominio. Tratta direttamente dal suo profilo Instagram, consigliato se amate i calciatori zarri.

Il girone C però è soprattutto il sottobosco di quei giocatori di categoria superiore, magari avanti con l'età, in grado di svoltare la partita di puro talento nonostante contesti tattici reattivi e poco sensibili agli sviluppi offensivi. Ambasciatore della categoria è Gigi Castaldo, capocannoniere e probabilmente MVP del torneo. Se siete cultori di quei trequartisti e centravanti meridionali col piede da Serie A ma senza la proverbiale “testa giusta”, un campionato con Castaldo, Vacca, Strambelli e Bellomo potrebbe diventare il vostro preferito.

(EM)


Le squadre più interessanti

Virtus Entella

La situazione della Virtus Entella alla vigilia del campionato ha rappresentato un precedente unico nella storia del nostro calcio. I liguri sono stati coinvolti in ripetuti rimpalli decisionali, dovuti principalmente all’assurda situazione del Cesena, che non si sapeva se sarebbe stata comminata una penalizzazione per il campionato precedente o per quello successivo, mentre i bianconeri erano però già falliti.

Il risultato delle indecisioni e delle approssimazioni giuridiche ha creato alla Virtus Entella uno squilibrio senza precedenti del proprio calendario. La squadra di Chiavari ha regolarmente giocato e vinto 3-1 la prima partita stagionale contro il Gozzano, ma per aspettare il secondo match i liguri hanno dovuto attendere fino alla decima giornata di domenica 4 novembre. In quel mese e mezzo l’Entella è rimasta ferma in un limbo tra la Serie B e la C, in attesa di capire il proprio destino, e addirittura la nona giornata di andata – lo scontro diretto contro il Piacenza per la vittoria del girone – si è disputato dopo Pasqua, il 23 aprile.

Il piccolo vantaggio che almeno l’Entella ha potuto trarre da questa situazione, allo stesso modo della Ternana nel girone B – anche se gli umbri nel 2019 sono inspiegabilmente naufragati in classifica con una sola vittoria messa a segno –, è stato quello di ritrovarsi con un organico sostanzialmente di categoria superiore. L’Entella ha conservato alcuni dei suoi giocatori chiave della Serie B soprattutto nei reparti di difesa e di centrocampo: dal portiere Andrea Paroni al terzino Francesco Belli, passando per il centrale Michele Pellizzer e per i centrocampisti Mirko Eramo, Simone Icardi, Francesco Ardizzone e soprattutto il capitano Luca Nizzetto, l’elemento di maggior qualità tecnica in rosa insieme all’attaccante Dany Mota Carvalho.

In estate era inoltre arrivato Andrea Paolucci dalla Ternana, dopo una lunga esperienza in Serie B anche con la maglia del Cittadella. Nel mercato invernale, inoltre, sono stati messi sotto contratto un altro giocatore con un lungo passato in cadetteria, il terzino Marco Chiosa, Simone Iocolano e Matteo Mancosu, con alle spalle una stagione di Serie A divisa a metà tra Bologna e Carpi.

Con un organico di questo livello Boscaglia ha potuto costruire una delle più interessanti proposte di gioco di tutta la Serie C, conscio della superiorità di qualità tecnica della sua squadra rispetto alle altre. Il principio base che guida la strategia principale dell’Entella è quello dell’apertura in ampiezza del campo: Boscaglia realizza questa idea di gioco sia quando decide di impostare la squadra con il 4-3-1-2, sfruttando i movimenti esterni delle mezzali, sia più naturalmente con le connessioni dei tre uomini delle catene laterali del 4-3-3, che si trasforma in una sorta di 4-3-2-1.

Nonostante il tasso tecnico piuttosto elevato per la categoria, l’Entella ha utilizzato lo sfruttamento dell’ampiezza principalmente per creare tante potenziali occasioni da cross sulle fasce, e non invece per aprire lo schieramento avversario sfruttando i corridoi interni per le imbucate. L’utilizzo del trequartista è infatti molto spesso simile a quello della mezzala nel 4-3-3: nel centrocampo a rombo sono le mezzali le prime ad aprirsi davanti ai terzini per dare ampiezza, e il trequartista ha principalmente la funzione di dare profondità in inserimento. Nel 4-3-3 invece sono gli esterni d’attacco a dare l’appoggio ai terzini e a quel punto è la mezzala che va ad occupare lo spazio tagliando profonda, un movimento simile a quello che il trequartista offre con il 4-3-1-2.

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Due immagini che dimostrano la volontà dell’Entella di aprire subito il campo in ampiezza. Nella prima, con il 4-3-3, è l’esterno di attacco che fa il movimento laterale incontro al terzino che riceve palla. Nella seconda, con il 4-3-1-2, lo stesso movimento fa la mezzala. In entrambi i casi si verifica un sistematico inserimento in profondità: della mezzala nel primo caso e del trequartista nel secondo.

Come detto i giocatori di maggior qualità che definiscono meglio il gioco, soprattutto in fase di rifinitura, sono Nizzetto e Mota Carvalho. Il capitano agisce solitamente da mezzala sinistra e possiede una gran qualità tecnica con il piede mancino oltre che un gran dinamismo palla al piede, caratteristiche che lo rendono perfetto per fraseggiare in spazi stretti sulle fasce o in alternativa per pennellare un cross in prima persona. Mota Carvalho è invece una via di mezzo tra una seconda punta e un attaccante esterno: può migliorare in dribbling ma ha una capacità incredibile nelle conduzioni palla al piede, soprattutto di esterno destro.

Un’altra caratteristica fondamentale della Virtus Entella si è rivelata l’organizzazione a zona e di reparto della linea difensiva. Boscaglia imposta un pressing ad altezze non elevate e non sempre perfettamente sincronizzato, ma alle spalle la difesa agisce come un blocco unico e con spaziature molto ridotte tra i 4 membri della linea arretrata per favorire la loro sincronizzazione, soprattutto nell’”elastico” tra palla coperta e scoperta. La difesa in un certo senso si rompe quasi esclusivamente quando Pellizzer si lancia, spesso con successo, in uno dei suoi numerosi tentativi di anticipo, ma quando capisce che non può spingersi in avanti il centrale veneto partecipa anche lui all’organizzazione di stampo molto collettivo e poco individuale del reparto arretrato.

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Il difensore della Lucchese, Martinelli, apre il compasso della gamba sinistra e sembra che stia per calciare lungo: la linea difensiva a 4 dell’Entella è strettissima e con tutti i giocatori orientati con il corpo pronti per scappare indietro.

I meccanismi hanno funzionato: l’Entella con 26 gol incassati si è distinta come la miglior difesa del girone A e la seconda miglior difesa di tutta la Serie C, alle spalle dell’inarrivabile Juve Stabia. Dopo aver incassato il sorpasso del Piacenza in classifica, gli uomini di Boscaglia, con un gol di Mancosu al minuto 89 dell'ultima giornata, si sono ripresi la vetta e la promozione diretta in Serie B, evitando la trappola dei playoff grazie alla contemporanea sconfitta del Piacenza a Siena.

(FP)


Pordenone

Almeno una volta, negli ultimi anni, i calciofili più appassionati hanno sentito nominare o visto giocare il Pordenone. Due stagioni fa la squadra friulana si trovò (suo malgrado) a fare da sparring partner al Parma, che prima di chiudere la seconda delle tre promozioni consecutive faticò e non poco nella semifinale playoff contro i neroverdi, sconfitti ai rigori dopo una partita piena di polemiche. Rigori fatali anche lo scorso anno, quando il Pordenone arrivò fino agli ottavi di finale di Coppa Italia, resistendo per 120 minuti nella partita di San Siro contro l’Inter.

Fino a pochi anni fa la risposta sarebbe stata sicuramente diversa, ma il Pordenone non è lì per caso. La “rinascita” della squadra è iniziata quattro anni fa, quando l’arrivo di Bruno Tedino in Friuli diede vita a uno dei laboratori tattici più interessanti di tutta la Serie C, che ha permesso ai ramarri di raggiungere un secondo e un terzo posto (e due semifinali playoff) in due anni.

Il lavoro della società non è stato solo sul lato tecnico: negli ultimi anni il Pordenone ha investito molto sul settore giovanile (che conta 80 tra allenatori e dirigenti, 27 squadre giovanili e 17 affiliate, per un investimento di un milione di euro a stagione) e ha allargato la base societaria, introducendo il primo progetto di equitycrowfounding in Italia, “Pordenone 2020”.

Nel 2017 la partenza di Tedino (finito nel Palermo di fine impero di Zamparini) ha lasciato un’eredità molto pesante. Dopo la delusione di Colucci (nonostante la corsa in Coppa Italia) e la rottura con Zironelli (che aveva tergiversato per aspettare le sorti del Bari) la società ha deciso di virare su un tecnico esperto, vincente e pragmatico come Attilio Tesser.

Il tecnico ha costruito il suo 4-3-1-2 partendo dai capisaldi della squadra degli ultimi 4 anni: Stefani e De Agostini in difesa, Burrai e Misuraca a centrocampo, Berrettoni in attacco. A questo zoccolo duro sono stati aggiunti giocatori di esperienza come Bindi, Semenzato, Gavazzi e Barison, andati a puntellare un undici capace di unire qualità, esperienza e forza fisica.

I friulani hanno perso la spettacolarità degli ultimi anni, ma ne hanno guadagnato un gioco solido e pragmatico. In fase di uscita la squadra si appoggia alla grande qualità tecnica della sua difesa (Semenzato-Stefani-Barison-De Agostini), composta da giocatori bravi sia al lancio che in conduzione. A centrocampo l’unico giocatore che resta a supporto è Burrai, mentre le due mezzali (solitamente, Misuraca e Gavazzi) si alzano sulla trequarti offensiva, in modo da occupare in modo omogeneo i vari corridoi offensivi.

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Le rotazioni del centrocampo pordenonese, con gli spostamenti dei terzini (in bianco), i centrocampisti (in verde) e dei tre giocatori offensivi (in nero).

Al centro di tutto c’è Berrettoni, trequartista e faro tecnico della squadra, che ha il compito di legare il possesso accorciando dietro, scambiando con gli attaccanti o allargandosi per alimentare le catene di mezzala, punta e terzino.

Davanti, il punto fermo dell’attacco è Leonardo Candellone, classe ’97 che in questa stagione ha messo a referto 13 gol e 3 assist. Al suo fianco vengono alternati Magnaghi (attaccante mobile e ben strutturato, utile nei momenti in cui serve alzare palla) e Ciurria (più tecnico, di raccordo, perfetto per creare superiorità negli spazi stretti). Appena possibile, i neroverdi cercano la verticalizzazione in zona centrale, dove possono sfruttare la loro superiorità tecnica e numerica nella trequarti offensiva. Burrai (vertice basso) e Berrettoni (vertice alto) hanno qualità tecniche fuori categoria, ma per molti versi il “regista” preferito dei ramarri è il recupero alto del pallone, che si tratti di seconde palle o pressing offensivo.

In media, il Pordenone recupera 49.25 palloni nei due terzi offensivi del campo, sfruttando al meglio la reattività della squadra sulle seconde palle e (soprattutto) la grande aggressività della squadra in pressione. In fase di non possesso la squadra di Tesser pressa molto alta, con almeno un giocatore in disturbo sul portatore, e il resto della squadra in marcatura di tutte le principali opzioni di gioco.

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Il pressing del Pordenone. Solitamente la squadra blocca il centro per spostare il gioco sulle fasce, dove può difendere con l’ausilio della linea laterale.

Questo atteggiamento permette al Pordenone di guidare sempre i ritmi della gara, costringendo gli avversari a rischiare, o rifugiarsi nel lancio lungo. Quando gli avversari sono chiusi, i neroverdi non hanno problemi a ripiegare su una costruzione più lenta e ragionata, per liberare spazi alle spalle della difesa o allargare il campo coi due terzini.

La squadra di Tesser ha conquistato il primo posto a inizio dicembre e non l’ha più mollato, mantenendo grande continuità nel girone forse più equilibrato della categoria. I ramarri hanno perso appena 3 gare su 38 (e nessuna in trasferta ), un rendimento che in un girone equilibrato come il B vuol dire tantissimo. Non a caso, la distanza decisiva per il campionato è si è consumata nei quattro pareggi “di vantaggio” sulla Triestina, che ha subito 7 sconfitte.

La squadra di Pavanel ci ha provato fino alla fine, ma nell’ultima partita al Bottecchia il Pordenone – in una gara che rischiava l’interruzione dopo primo tempo, tanta era la pioggia – ha fatto lo scatto finale, battendo 3 a 1 la Giana Erminio e assicurandosi la promozione in Serie B.

(AAP)


Imolese

Vi ricordate di Lorenzo Spagnoli, uno dei protagonisti più sobri del poco riuscito reality show di Italia 1 “Campioni”, andato in onda tra il 2004 e il 2006? Il programma seguiva le vicende del Cervia di Ciccio Graziani, che dopo la vittoria del campionato di Eccellenza romagnola ha condotto i gialloblù ai play-off di serie D. Spagnoli era un regista di centrocampo particolarmente dotato nei calci piazzati e come uno dei vincitori della prima edizione ha avuto la possibilità di svolgere un mese di ritiro con la Juventus e segnare un rigore in amichevole.

Il centrocampista ha proseguito la sua carriera tra professionismo e dilettantismo, fino al trasferimento nel 2010 all’Imolese, che all’epoca militava in Eccellenza. Spagnoli non si è limitato a giocare, ha rilevato pure il 60% delle quote societarie, per poi acquisire il 100% del pacchetto nel 2013, anno in cui ha ottenuto la promozione in D e si è ritirato dal calcio giocato. Un percorso tutt’altro che comodo e convenzionale per un ex giocatore, che in estate ha riportato Imola - un comune in provincia di Bologna, a cavallo tra Emilia e Romagna - nel professionismo dopo 13 anni grazie al ripescaggio in Lega Pro.

Nonostante il salto in terza serie sia stato ufficializzato solo il 3 agosto, l’Imolese è riuscita ad allestire una rosa profonda e funzionale alle idee del tecnico Alessio Dionisi, capace di sviluppare una delle proposte di gioco più interessanti dell’intera Serie C. E dire che parliamo di un allenatore di 38 anni, al debutto tra i professionisti. «Abbiamo lavorato su un sistema simile a quello su cui si basava la squadra la scorsa stagione, con uno stile diverso, maggiormente fondato sul possesso della palla» ha spiegato lo stesso Dionisi, a cui il club in novembre ha rinnovato il contratto fino al 2022. Un evento eccezionale se calato in mezzo alle difficoltà economiche e progettuali della terza serie, ma che aiuta a comprendere la portata del suo lavoro, sancita dal terzo posto finale che rappresenta il miglior risultato della storia dell’Imolese, qualificata ai play-off a dispetto delle previsioni di inizio anno dello stesso Spagnoli («non so se possiamo puntare a un risultato migliore della salvezza»).

L’allenatore è ripartito dal 4-3-1-2 con l’idea di costruire dal basso palleggiando con i 4 difensori che rimangono sulla stessa linea, il mediano Carraro che si abbassa e le mezzali che prendono campo alzandosi alle spalle del centrocampo avversario. In questo modo l’Imolese prova ad attirare la pressione, aumentare lo spazio da attaccare e, malgrado prediliga il gioco corto, può decidere di andare subito in profondità, grazie alla precisione nel gioco lungo degli stessi Carini e Carraro. Quest’ultimo, cresciuto nelle giovanili della Fiorentina da trequartista, sembra avere trovato la propria dimensione davanti alla difesa, dove eccelle nella gestione palla e nei posizionamenti (6,2 intercetti p90’).

Ma la forza di questa squadra rimane il fraseggio nello stretto, favorito dalla densità di uomini che porta in zona palla. Non esistono pattern precostituiti, i giocatori semmai si muovono all’interno di una serie di soluzioni che interpretano a seconda della situazione, scaglionati su altezze differenti in modo da occupare l’ampiezza del campo (creata da una delle due punte e attaccata successivamente da una mezzala o un terzino) e i mezzi spazi dietro le linee di pressione. Una delle poche costanti è l’avvicinamento dei leader tecnici, cioè il mediano e il trequartista – per caratteristiche più Belcastro di Mosti - ad azione consolidata, la cui abilità nel tracciare filtranti viene esaltata dal movimento senza palla incessante dei compagni, molto bravi ad associarsi tra loro.

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Nella prima immagine i due vertici del rombo si avvicinano, nella seconda si può notare la rotazione in senso orario del centrocampo.

Nell’ultimo terzo di campo gli uomini di Dionisi si affidano, oltre alla creatività di Belcastro, al dinamismo e alla capacità di creare superiorità numerica dei vari Mosti, Giovinco, Lanini e De Marchi (gli ultimi due 26reti complessive), ma per il volume di gioco (413,56 passaggi tentati a gara) e la superiorità territoriale espressa, è una formazione che forse non arriva abbastanza al tiro (10,78 conclusioni a partita, che si traducono in 1,19 xG).

Altrettanto interessante anche la fase difensiva (33 reti subite in 38 giornate): sulla costruzione bassa avversaria la prima linea, composta dagli attaccanti e il trequartista, prova a indirizzare il giro palla verso l’esterno, dove esce in seconda battuta la mezzala, che invita l’avversario a entrare dentro al campo, dove i rossoblù sfruttano la superiorità numerica. Quest’Imolese si distingue anche per l’aggressività a palla persa, con delle transizioni energiche a cui contribuiscono pure gli offensivi.

(GMP)


Catanzaro

Gaetano Auteri in Calabria aveva lasciato un conto in sospeso. Era il 2009/10 e il suo Catanzaro aveva dominato per larghi tratti il girone C dell'allora seconda divisione della Lega Pro. In primavera la Juve Stabia aveva spodestato dalla vetta le aquile, costrette a giocarsi i playoff. Nella finale d'andata con la Cisco Roma era arrivata una delle delusioni più cocenti della storia dei giallorossi, con un'inspiegabile sconfitta per 4-0 che aveva spinto la procura ad aprire delle indagini sull'arrendevole partita dei calabresi. Otto anni dopo Auteri è tornato al Ceravolo, intenzionato a dare una svolta a una squadra abituata dal 2013 a cambiare ogni anno guida tecnica.

Auteri in C è una garanzia, sicuramente l'allenatore con lo stile di gioco più riconoscibile e suggestivo, anche al netto delle promozioni in B con Nocerina e Benevento. Il tecnico di Floridia non prescinde dal 3-4-3/3-4-2-1. I cardini del suo sistema sono la costruzione bassa dalla difesa, l'occupazione del campo in ampiezza e gli sviluppi sulle catene laterali, a cui il tecnico alterna combinazioni al centro con movimenti coordinati degli attaccanti. Il Catanzaro prova a costruire dal basso anche contro le pochissime squadre che azzardano il pressing alto. I titolari in difesa sono Celiento a destra, Figliomeni in mezzo e Riggio, Nicoletti o Signorini sulla sinistra. Tutti centrali in grado sia di trovare il compagno dietro l'avversario in pressing sia, contro squadre dal blocco basso, di condurre per attrarre fuori posizione l'uomo e associarsi col mediano o l'esterno. Celiento in particolare è quello più a suo agio col pallone: non disdegna dribbling rischiosi e sa quando sganciarsi per portare superiorità numerica sulla sua catena.

In fase di attacco posizionale i giallorossi occupano il campo in ampiezza con i due tornanti Statella e Favalli - figlio di Beppe - che si alzano da subito. Auteri ordisce trame diverse a seconda della zona di campo. Se si prova a sfondare al centro, gli esterni alti e aperti devono smagliare la difesa per favorire le combinazioni tra centrocampisti e attaccanti, con i mediani che si scaglionano ad altezze diverse per triangolare e scambiare la posizione; l'obiettivo è smuovere le difese e propiziare le combinazioni tra le punte, che spesso si avvicinano per cercare il movimento a elastico.

Il giocatore chiave per connettere primo possesso e rifinitura è Maita, prodotto delle giovanili giallorosse e capitano. Un centrocampista dalla tecnica sopra la media della categoria, abile non solo in distribuzione ma anche nei dribbling, con i quali spesso riesce ad avvicinarsi agli attaccanti. Eccezionale nella protezione palla, sfrutta il fisico per fare perno sull'uomo e superarlo. Si esalta anche nelle combinazioni sul corto: dopo aver scaricato si muove sempre in anticipo sul marcatore per chiamare la chiusura del triangolo e invertire la posizione con l'altro mediano.

Se il possesso si sposta sulle fasce, allora si cercano le combinazioni di catena, con rotazioni continue che coinvolgono il mediano del lato palla, l'esterno, l'ala e la punta, sempre mobile e disposta a migrare orizzontalmente verso la zona di possesso; più raramente interviene anche il terzo centrale, arretrato per evitare problemi in transizione difensiva. Quando costruisce sulla fascia, il Catanzaro cerca di combinare l'ampiezza con la profondità, senza fretta, con movimenti coordinati, passaggi corti e controlli orientati che aprono linee di passaggio; gli scambi di posizione devono far spostare gli avversari e liberare il servizio sull'inserimento verticale di uno degli uomini di catena. Se non è possibile sfondare sulla fascia di possesso, si cerca di attirare avversari nella zona palla per poi ritornare al centro e cambiare gioco sul lato debole verso l'altro esterno. A quel punto, tornante, ala e mediano del versante opposto cercano di attaccare subito l'area con combinazioni più dirette per colpire subito il fianco scoperto.

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La squadra di Auteri in ogni caso sa essere anche molto verticale se gli avversari non coprono bene lo spazio dietro la difesa: Fischnaller e D'Ursi sono due dei giocatori più veloci del campionato, precisi nella gestione del pallone e delle combinazioni anche ad alti ritmi. Il Catanzaro quindi sa attaccare con calma ma non disdegna le transizioni offensive.

L'attitudine a costruire con molti uomini a ridosso della sfera ovviamente influenza la fase di non possesso. Una volta persa palla, i giallorossi provano la riconquista immediata con fasi di gegenpressing che, nei momenti migliori, prevedono scalate in avanti anche dei difensori. I centrali però non sempre accompagnano bene sia la pressione, solitamente attiva già sul primo possesso, che la riaggressione. Per questo durante le partite arriva spesso un momento in cui la squadra di Auteri soffre le transizioni, in particolare quelle nate da lanci lunghi: quando la difesa non accompagna bene, sulle spizzate degli attaccanti c'è troppa distanza dal centrocampo e la seconda palla è quasi sempre degli avversari che corrono alle spalle dei mediani giallorossi. Un problema non da poco in un campionato in cui la maggior parte delle squadre, non abituate a palleggiare contro il pressing alto, non si fa problemi a lanciare il pallone verso la punta.

La proposta di Auteri è la più divertente e peculiare del campionato, tuttavia il Catanzaro ha abbandonato la prospettiva della promozione diretta a causa di questi problemi nella gestione dei lanci e delle transizioni. Altro difetto cronico è l'incapacità di gestire vantaggi anche cospicui: con Casertana e Reggina i calabresi stavano dilapidando un 3-0 e, addirittura, un 4-0; altre volte sono stati recuperati e hanno perso. Alle difficoltà di campo, nel girone di ritorno si sono aggiunti i numerosi e lunghi infortuni di Fischnaller e soprattutto Kanouté, essenziale con i suoi dribbling nell’aprire gli avversari. Anche Bianchimano, arrivato a gennaio, è rimasto a lungo fermo per problemi fisici. Infine, ostacolo pratico non da poco, la maggior parte dei campi del girone C versa in condizioni pessime: terreni sconnessi, argillosi in inverno e secchi e accidentati in primavera, che impediscono al pallone di scorrere con rimbalzi regolari e con la giusta velocità, lontani da qualsiasi standard accettabile per il professionismo. Se sono poche le squadre che in C provano a implementare un gioco evoluto come quello del Catanzaro, è anche perché su certi manti erbosi diventa impossibile sviluppare palla a terra.


La questione delle squadre B

Dai primi anni 2000, la Lega Pro si è posta l’obiettivo di dare sempre maggiore spazio ai giovani. Prima inserendo l’obbligo, almeno per chi volesse accedere ai proventi correlati, di schierare un determinato numero di giovani in campo (uno, due o tre a seconda di stagione e categoria), poi varando nel 2013 la discussa regola dell’età media (in pratica le società dovevano schierare una formazione la cui età media di 10 giocatori su 11 doveva risultare pari o inferiore ai 25 anni in 1a Divisione e 24,5 in 2a Divisione), sostituita nel 2015 dall’attuale format delle liste.

Facendo un breve riassunto: ogni squadra deve presentare una lista di 22 giocatori utilizzabili, dei quali devono essere al massimo 14 quelli nati prima del 1 gennaio 1996. A fine campionato vengono elargiti ai club dei fondi in base al minutaggio dei giovani schierati durante la stagione, nel cui calcolo non vengono sommati i minutaggi delle ultime tre giornate della regular season. La quota viene incrementata del 50% sui giocatori provenienti dal vivaio della stessa squadra presa in considerazione – con almeno tre stagioni nel settore giovanile – e i rimborsi vengono elargiti anche per quei giocatori in prestito da squadre di Serie A o B, ma che prevedano un “premio e/o indennizzo” proprio dalla suddetta squadra di A o B verso la squadra di C che beneficia del prestito temporaneo del calciatore in questione.

Queste regole hanno l’evidente scopo di creare sostanzialmente una sorta di campionato Primavera di livello più alto, una palestra per giovani che si mescolano con giocatori a volte molto più esperti, in un campionato sicuramente di livello superiore rispetto al massimo torneo giovanile. La decisione della Lega, controversa sotto molti aspetti, ha il chiaro scopo di incrementare lo sviluppo dei giovani talenti nel calcio professionistico e crea terreno fertile per le famose “squadre B”. Eppure ne è nata solo una, quella della Juventus, ma ci sono altri tre esempi di squadre B “di fatto” – anche se non a livello formale – divisi tra girone A e B: il Fano e la Vis Pesaro, curiosamente due squadre limitrofe e feroci rivali - che hanno ricevuto praticamente metà squadra in prestito rispettivamente da Pescara e Sampdoria - e l’Olbia, che da diversi anni è ormai una succursale del Cagliari.

Il regolamento prevede che la quota di iscrizione delle squadre B formali sia di 1 milione e 200 mila euro e che esse non abbiano diritto a fine stagione ai bonus per il minutaggio dei giovani. È probabile che sia questo il motivo principale per cui Pescara, Sampdoria e soprattutto Cagliari – attivo da diversi anni in questa sua partnership – abbiano deciso di non lanciarsi come la Juventus nell’esperimento della squadra B vera e propria. Come detto, affinché le squadre di C ricevano i bonus per i giovani è necessario che le squadre di A e B che forniscano i prestiti in questione lo facciano con un “premio e/o indennizzo” verso la squadra “cessionaria”, quindi quella di C. Si sa, ad esempio, che la Sampdoria ha elargito alla Vis Pesaro una somma che si aggira intorno ai 500 mila euro per portare 10 prestiti a Pesaro: una cifra decisamente inferiore al milione e 200 mila euro spesi dalla Juventus, e che rende più conveniente un investimento in un’altra società piuttosto che nella creazione di una squadra B a pieno titolo.

Oltretutto, considerato che per le squadre “normali” la fidejussione richiesta per l’iscrizione ammonta a 350 mila euro, praticamente la Vis Pesaro ha avuto l’adesione al campionato coperta per intero dalla Sampdoria. La loro collaborazione, tra l’altro, si è estesa anche ai settori giovanili nell’ambito del progetto “Samp Next Generation”, mentre quella tra Fano e Pescara ha portato nella squadra granata l’allenatore Massimo Epifani, tecnico della Primavera del Pescara – e della prima squadra in B per 5 partite – nella scorsa stagione. Ironia della sorte, è stata proprio la Vis Pesaro, recente vincitrice del derby in casa alla 35a giornata, a sferrare il colpo di grazia per la retrocessione in D del Fano: retrocessione diretta che da regolamento comporta un decremento del 20% sul bonus finale che i granata ricevono a fine stagione per i giovani.

A 1’4’’ il gol di Mattia Gennari (uno degli over della Vis Pesaro che fanno da chioccia ai giovani) che decide il derby delle Marche del nord tra due “squadre B” ha pesato come un macigno sul destino del Fano.

Il percorso difficile della Juventus B (“under 23” nella dicitura ufficiale) rivela di fatto una difficoltà di realizzazione di questo progetto allo stato attuale. L’idea iniziale dei vice-commissari della Figc, Costacurta e Clarizia, prevedeva l’ingresso delle squadre B nel campionato di Serie B, ma è stata rispedita subito al mittente dal presidente della Lega di B, Mauro Balata. La Juventus, pur con il suo oneroso investimento, e dopo aver anche fatto esordire in Serie A, alcuni dei suoi membri della rosa B – Paolo Gozzi, Hans Nicolussi Caviglia, Grigoris Kastanos – forse non ha valorizzato a sufficienza i suoi giovani, e magari le squadre ancor meno dotate di risorse economiche – e che quindi sono ancora più diffidenti di fronte a un investimento di oltre un milione di euro – si sentiranno addirittura scoraggiate a ricalcare lo stesso tipo di impegno.

Nei prossimi anni il regolamento prevederà in Serie C un incremento dei bonus per i giovani cresciuti nel settore giovanile della propria squadra con almeno tre anni di militanza. Il bonus si attesta ora al 50% e si alzerà al 75% nella prossima stagione e al 100% nel campionato 2020-21. Se poi consideriamo i provvedimenti dell’assemblea di Lega del 15 aprile, che ha abolito le liste Under e Over a partire dal prossimo anno, con la possibilità di tesserare non più di 6 prestiti dai club di categoria superiore, il trend, o meglio l’auspicio da parte dei vertici della terza serie, è che le società si orientino sui ragazzi del proprio vivaio.

Forse l’efficacia del trapianto del progetto del modello spagnolo delle squadre B otterrà il suo successo solo quando sarà davvero installato in Serie B.


5 giovani da seguire

Considerato il regolamento spiegato sopra e considerato che una delle principali entrate dei club di Lega Pro è costituita dai contributi federali relativi ai minutaggi dei giovani, oltre che da eventuali prestiti valorizzati da parte dei club di A e B, la Lega Pro, un po’ per scelta, un po’ per necessità, nell’ultimo ventennio è diventata via via una vetrina per tanti U-21.

Va da sé quindi che in una tonnara di 57 squadre - che non potevamo coprire integralmente - potremmo esserci persi qualche giocatore futuribile. Allo stesso modo è stato difficile stilare una short list, in quanto abbiamo dovuto escludere talenti offensivi straripanti a livello fisico come Ceter dell’Olbia (classe 1997), o dribblomani come Manneh del Catania (’98), che però devono ancora crescere. O ancora laterali con un fondo notevole come Magrini (’97) del Pontedera, Eleuteri del Ravenna (’98) o Ventola (’97) del Teramo; senza dimenticare difensori quali Minelli (’99) del Rende, centrale che a gennaio ha firmato con il Parma, bravo nelle letture e nel coprire la profondità, Stefanelli dell’Albinoleffe (’97), o il centrale di destra della Vis Pesaro Pastor (’99), propositivo anche in fase offensiva. Fatto questo doveroso quanto democristiano preambolo, apriamo la busta.


Nikita Contini Baranovskyy (1996, Robur Siena)

Contini è un portiere nato in Ucraina di proprietà del Napoli, giunto al quinto prestito in Lega Pro. Dopo tre esperienze in cui ha visto poco il campo tra Spal, Carrarese e Taranto, la scorsa stagione è riuscito a trovare continuità al Pontedera (11 clean sheet in 35 presenze). In estate il portiere è tornato in Toscana, ma alla Robur Siena, società più ambiziosa rispetto a quella granata, che dopo aver perso la finale play-off aveva avanzato invano richiesta di ripescaggio in B.

Contini in bianconero non solo ha vinto il ballottaggio con Nardi, uno dei portieri più moderni della categoria, ma si sta confermando come uno degli estremi difensori più affidabili della terza serie. L’italo-ucraino si sta dimostrando bravo sia sui tiri vicini che lontano dal corpo, grazie a dei buoni posizionamenti, una buona esplosività nelle gambe e una buonissima estensione delle braccia. Il suo pezzo forte però è una reattività che gli consente di rialzarsi dopo un intervento ed essere subito attivo su un’eventuale respinta. Nei tiri sulla figura esegue la spaccata o ancora meglio il “levagamba”, può crescere invece nelle respinte. In più, si sta rivelando un gran pararigori: in prima squadra ha già neutralizzato 6 tiri dal dischetto su 18, di cui 3 in questa stagione su 5 tentativi. Contini sembra meno sicuro sulle uscite alte: nonostante buone capacità di lettura delle traiettorie e di timing, i suoi interventi a livello tecnico risultano talvolta imprecisi. Viene invece coinvolto poco nella costruzione bassa, dove si limita ad appoggi corti o aperture laterali, in particolare sulla sua sinistra.

Il suo prestito al Siena scade al termine di questa stagione e alla luce delle sue prestazioni potrebbe essersi anche guadagnato una chiamata in B.

(GMP)


Dany Mota Carvalho (1998, Virtus Entella)

Nonostante il suo plotone di giocatori esperti e di qualità, buona parte delle fortune della Virtus Entella in questo campionato è passata attraverso i piedi di Dany Mota Carvalho. Giocatore classe 1998, Mota Carvalho è a tutti gli effetti di nazionalità lussemburghese: è nato a Niederkorn ed è cresciuto anche calcisticamente in Lussemburgo, nel Petange, arrivando in Italia a 17 anni nel vivaio dell’Entella. Tra l’estate del 2016 e gennaio del 2018 Mota Carvalho ha messo insieme solo 9 presenze con un gol in B con i liguri ed è stato quindi ceduto in prestito alla Primavera del Sassuolo. Dopo aver realizzato 8 gol in 14 partite con i neroverdi, Mota Carvalho a L’angolo del bomber su Eleven Sports si è detto deluso di non essere stato riscattato dalla squadra di Squinzi ed è così tornato all’Entella, dove in questo campionato di Serie C si è definitivamente lanciato.

Mota Carvalho non è mai stato convocato nella Nazionale del Lussemburgo. Forse, soprattutto di recente, c’entra anche la sua volontà di rendersi un giorno appetibile per la selezione del Portogallo. Mota Carvalho ha uno stile di gioco ambizioso: stupisce non solo per le sue abilità nei controlli volanti, ma anche per la personalità nelle conduzioni palla al piede, soprattutto portandosi avanti il pallone con l’esterno destro. In esse si può notare anche la sua notevole forza esplosiva, che lo aiuta oltretutto sia quando va a staccare di testa – compensando una statura non elevata, 1.80 metri – sia quando sterza improvvisamente destreggiandosi in spazi stretti.

Mota Carvalho diventa così un giocatore prezioso sia in campo aperto, grazie alle sue progressioni palla al piede, sia anche in spazi più stretti dove spesso l’Entella – in virtù della sua qualità che tende a schiacciare le avversarie – è stata costretta a manovrare. Non solo è molto bravo a usare il corpo per sterzare in spazi angusti, ma possiede un’ottima sensibilità anche nel fraseggio ravvicinato che lo rende efficace anche come rifinitore. Mota Carvalho ha infatti ricoperto tutti i ruoli dell’attacco dell’Entella: ha agito sia da attaccante puro, sia da trequartista nel 4-3-1-2, sia da attaccante esterno nel 4-3-3.

In quest’ultimo ruolo si può però notare uno dei suoi difetti principali: nonostante sia portato a puntare l’uomo quando si defila, Mota Carvalho non riesce sempre ne dribbling tentati. In questo rientra forse anche qualche lacuna con il piede sinistro, da lui indicato come il suo difetto principale. In ogni caso Mota Carvalho senza dubbio si è rivelato uno dei giocatori più forti e dal rendimento più alto in questa stagione di Serie C, non solo tra i giovani, con anche i suoi 12 gol segnati. Ma la carta d’identità ne lascia presagire un possibile futuro di successo in categorie superiori, forse a partire proprio dalla permanenza a Chiavari il prossimo anno in Serie B.

(FP)


Leonardo Candellone (1997, Pordenone)

Tre anni fa Candellone usciva dalle giovanili del Torino come un esterno sinistro agile e forte fisicamente, con una propensione naturale a tagliare verso il centro, dove poteva liberare il suo destro verso la porta. Nell’ultima stagione era stato un punto fisso della squadra granata, e da ala sinistra aveva messo a referto la bellezza di 13 gol e 7 assist. Un rendimento tutt’altro che banale, che aveva spinto il Gubbio a dargli una chance tra i professionisti.

Sulla carta, l’attaccante torinese partiva dietro a Ferretti e Ferri Marini, i due esterni che avevano fatto le fortune del Gubbio nella stagione precedente, la prima dopo il ritorno in Serie C. Durante il precampionato il tecnico Giuseppe Magi decide di schierarlo in posizione centrale, come centravanti o al fianco di un’altra punta. L’intuizione è felice, anche perché il gioco degli eugubini – basato sul fraseggio corto, incanalato dai tanti scambi dei tre di attacco – ne esalta le qualità tecniche e fisiche, avvicinandolo alla porta.

Alla seconda presenza in Serie C, ha deciso così la sfida col Sudtirol.

Al suo primo anno da professionista mette insieme 6 gol e 3 assist, guadagnandosi la chiamata della Ternana in Serie B. Dopo aver giocato solo una manciata di minuti l’attaccante torna in Serie C, al Sudtirol. Trova poco spazio (Costantino e Gyasi sono inamovibili), ma decide le partite contro Fermana, Ravenna e Mestre, fondamentali al raggiungimento del secondo posto.

La scorsa estate l’attaccante di proprietà del Torino è passato al Pordenone, dove si è preso il posto da titolare dimostrando (a 21 anni) di poter reggere l’attacco di una squadra ai vertici della Serie C. Con la guida di Tesser, Candellone sta compiendo la sua trasformazione in un centravanti di manovra completo, migliorando sia dentro l’area di rigore che nel gioco spalle alla porta.

Il Pordenone gioca con un 4-3-1-2 molto verticale e aggressivo, in cui Candellone ha il compito di dare un primo appoggio per la verticalizzazione, sia dentro al campo che sull’esterno, in modo da aprire spazio agli inserimenti delle mezzali. Nel corso della stagione è migliorato molto sia nella copertura del pallone che negli spostamenti laterali, due aspetti che hanno permesso a Tesser di schierare al suo fianco giocatori poco prestanti fisicamente come Berrettoni (che gioca sulla trequarti) e Ciurria (seconda punta), utilissimi a legare il gioco tra il centrocampo e la trequarti.

E poi ci sono i gol. Dopo aver iniziato la stagione con 4 gol nelle prime quattro Candellone ha conservato un’ottima media, mostrando qualità da marcatore puro. I gol di destro sul secondo palo (che definiva una sua specialità) sono stati sostituiti da giocate di puro istinto in area di rigore, dove ha segnato 6 gol di testa, 3 di sinistro e 4 di destro. L’ultimo di questi nella penultima giornata contro la Giana Erminio, nella partita che ha segnato la promozione in Serie B. In totale fanno 14 senza rigori, il migliore in questa statistica a pari merito con Ciccio Tavano.

(AAP)


Michael Folorunsho (1998, Virtus Francavilla)

Michael Folorunsho per lanciare la sua carriera ha dovuto compiere una scelta coraggiosa. Due anni fa da capitano della Lazio primavera, ha dovuto abbandonare la capitale per trovarsi un'altra squadra. Lo ha acquistato la Virtus Francavilla e, dopo una stagione di rodaggio condita da qualche espulsione, finalmente sembra pronto al salto di categoria. È una mezzala con sette gol all'attivo, numeri notevoli per un centrocampista in una categoria in cui il capocannoniere difficilmente raggiunge i venti gol. Il contributo del giocatore di origine nigeriana però non può essere ridotto ai gol.

Innanzitutto per il fisico. Google riporta un metro e ottanta per settantacinque chili, ma a giudicare dal petto ipertrofico e dalla sua sagoma in campo potrebbero essere anche di più. Atleticamente è un portento e rappresenta un mismatch per qualsiasi avversario della categoria. Le gambe possenti gli permettono di coprire anche grandi porzioni di campo in corsa e per questo, se necessario, sa spendersi anche in pressione e nei rientri. Da interno destro però, Folorunsho è prezioso soprattutto in fase offensiva. Senza palla è scattante ed esegue con grande tempismo e velocità i tagli interno-esterno tipici del 3-5-2 della Virtus Francavilla. Grazie alla stazza è una minaccia negli inserimenti in area, anche su calcio da fermo. Palla al piede, nei suoi migliori momenti, è in grado di inclinare il campo verso la porta avversaria.

Il fisico lo aiuta nella protezione palla e in categoria quasi nessuno riesce a spostarlo quando pianta le gambe per terra e apre le braccia per coprire la sfera. Se si libera e gli si apre lo specchio, ha un destro forte e preciso, grazie al quale cerca con frequenza il tiro dalla media e lunga distanza. Contro la Sicula Leonzio ha segnato su punizione a due calciando di potenza sul primo palo, contro la Reggina invece ha spaccato la rete con un bolide da trenta metri. Le doti balistiche e il fisico forse sono i motivi che hanno spinto il suo agente aparagonarlo a Guarin; «ma con più gamba», non ha mancato di specificare.

Insieme alla protezione palla, la qualità migliore di Folorunsho è la progressione palla al piede. Nonostante l'altezza è molto rapido quando punta l'uomo sui primi passi, e spesso riesce a superarlo partendo da fermo. Se c'è campo allora allunga la falcata. Anche in conduzione non si fa problemi a cambiare direzione per saltare l'uomo, riuscendo a spostarsi lateralmente in corsa con più rapidità dell'avversario. Quando il difendente riesce a seguirlo e prova a ingaggiare il duello spalla a spalla, Folorunsho dimostra un'ottima gestione del fisico, riuscendo a spostarlo e a lasciarselo dietro.

Purtroppo, anche per lui vale la tara dei terreni di gioco: se in corsa gli scappa qualche pallone è perché le conduzioni su certi campi irregolari sono quasi impraticabili, con la palla che rimbalza improvvisamente da una parte o dall'altra. Le categorie superiori dovrebbero sposarsi meglio con questa sua attitudine. Di contro, l'impatto fisico potrebbe attenuarsi. In ogni caso, è un classe 98' al secondo anno da professionista. Le prospettive di miglioramento tecnico e di comprensione del gioco potrebbero essere solleticate da campionati e contesti tattici in cui è più importante tenere per terra il pallone. Per ora non ci sono giocatori italiani con le sue caratteristiche e, in caso di passaggio in B, non è escluso che possa far parte del prossimo ciclo dell’U-21.

(EM)


Salvatore Esposito (2000, Ravenna)

L’ultima nomination è la più avventurosa, in quanto si tratta di un talento da esplorare integralmente. Esposito ha 18 anni, è arrivato a Ravenna in gennaio in prestito dalla Primavera della Spal e ha fatto appena 818 minuti in Lega Pro, intervallati per di più dalla frattura di un dito del piede a metà febbraio. Del centrocampista nativo di Castellamare di Stabia impressiona però la personalità con cui si è inserito in un calcio diverso da quello giovanile: esordisce il 22 gennaio con la Triestina al minuto 46 e al 47’ va subito a calciare (male, in realtà) un calcio d’angolo da sinistra. Si sbraccia per reclamare palla, dà indicazioni ai compagni, non ha paura di giocare sotto pressione - anzi sembra quasi chiamare l’avversario per poi eluderlo grazie alla sua capacità di protezione della sfera – e al 94’ segna addirittura il 2-2 con una punizione da oltre 25 metri di collo interno che si infila sul palo del portiere (al suo rientro dal 1’ si supererà con un’altra prodezza su palla inattiva nel derby con il Rimini).

Stupisce la naturalezza con cui si sta imponendo nel 352 di un Ravenna dall’identità definita (che culminerà la sua sorprendente stagione in una qualificazione ai play-off), dove Esposito costituisce l’anello mancante, ossia quel facilitatore di gioco in grado di legare difesa e attacco, rendendo la fase offensiva meno diretta e più cerebrale. È già diventato il giocatore della sua squadra con il maggior numero di passaggi effettuati, 41,21, nonché il centrocampista che tira di più, 1,75 conclusioni p90’.Finora il tecnico Foschi l’ha impiegato sia come mezzala sia come mediano: da interno parte sul centro destra, per poi muoversi in zona palla per fornire una linea sicura di appoggio e accompagnare l’azione fino agli ultimi metri. Sa alternare gioco corto e lungo, possiede buone letture (gli eventuali errori sembrano più di misura che non di concetto) con e senza palla. Considerato il suo passo cadenzato e il suo progressivo arretramento sul campo, ad un livello superiore non è escluso che possa specializzarsi da vertice basso. Anche perché sta mostrando una crescente abilità negli intercetti e nei contrasti.

(GMP)


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