Come mai, nel 2018 i capitani prima di qualsiasi partita si scambiano i gagliardetti delle rispettive squadre? Mi sembra una tradizione antica ed estemporanea, e inoltre cosa succede al gagliardetto ricevuto da ogni squadra? Con una stima grossolana di circa 45/50 partite all’anno, non penso che il Real Madrid abbia costruito un edificio a valdebebas dove custodire tutti i gagliardetti tripli o quadrupli del Maribor!
Grazie, un saluto
Riccardo
Risponde Marco Gaetani
Carissimo,
grazie per la domanda, che mi ha permesso di scoprire qualcosa in più di una delle consuetudini che diamo per scontate. Lo scambio di gagliardetti tra i capitani è ormai entrato nella nostra memoria visiva, un rito irrinunciabile che però non ci rende protagonisti del prepartita quanto inventare le parole di O Generosa, l’inno della Serie A scritto da Giovanni Allevi (parole che qui potrete invece trovare in maniera puntuale).
Parto dal lato storico della tua domanda: in che momento le squadre hanno iniziato a scambiarsi i gagliardetti, e perché? È praticamente impossibile individuare il primo match in cui l’usanza ha preso piede. Mentre la Fifa indica con ragionevole precisione in un’amichevole tra Francia e Germania, giocata nel 1931 e sorprendentemente vinta 5-2 dai Bleus, l’origine della tradizione dello scambio di maglie tra i giocatori, lo stesso non avviene per i gagliardetti. Ci possiamo aggrappare alle testimonianze fotografiche, e sappiamo con certezza che nel Mondiale del 1930 le nazionali in gara già praticavano lo scambio degli stemmi. Andando ulteriormente a ritroso, troviamo riscontri dalle Olimpiadi del 1924 e 1928, entrambe vinte dall’Uruguay.
Un’altra fonte utile per cercare di collocare nel tempo l’inizio della tradizione è rappresentata dai collezionisti, appassionati che da ogni parte del mondo cercano di raccogliere questi significativi lembi di stoffa. Uno dei punti di riferimento a livello globale è l’italiano Marco Cianfanelli, che sul sito Pennants Museum raccoglie le foto della sua incredibile collezione: il “pezzo” più antico degli oltre 6700 gagliardetti in suo possesso risale al 22 gennaio 1911, in una sfida tra Genoa e Inter. Considerando che un collezionista spagnolo, Francisco Javier Berral Huertas, è in possesso di un gagliardetto della Juventus del 1899, fabbricato a Ginevra, è lecito pensare che la tradizione dello scambio pre-gara abbia accompagnato l’intera storia del calcio italiano. Sono moltissimi gli esemplari risalenti all’epoca fascista, con le squadre che sfoggiavano il fascio littorio nel proprio stemma: sempre dal sito Pennants Museum, qui c’è un gagliardetto del Bologna risalente al 1938. Chiaramente, con il passare degli anni e l’avanzare della tecnologia, le stampe sono diventate sempre meno ricercate, anche se tutt’ora i club riservano dei gagliardetti speciali per gare particolarmente prestigiose.
Quanto al significato del gesto, è altamente probabile che si debba andare a scavare nelle tradizioni di guerra. Già nelle Historiae di Tacito troviamo dei riferimenti di soldati romani che si arresero al nemico utilizzando la propria bandiera, anche se è soprattutto a partire dal XV secolo che nei combattimenti, con la diffusione delle armi da fuoco, si iniziarono a usare con frequenza dei vessilli per identificare un determinato reparto di un esercito. Consegnare la propria bandiera – nel caso delle squadre di calcio, il gagliardetto – prima della partita stravolge il significato: non più una resa, ma un omaggio, una sorta di invito a una battaglia leale, che sia vinta dal migliore.
Un’usanza cavalleresca che, per esempio, ha creato non pochi problemi a Theo Walcott nel 2017. In occasione della celebre sfida di FA Cup con il Sutton United, che in Italia ha catturato l’attenzione dei giornali soprattutto per la famigerata vicenda del portiere Wayne Shaw e del suo famelico appetito in panchina, l’Arsenal non ha fornito a Walcott, in quella circostanza capitano dei Gunners, un gagliardetto da scambiare con il capitano dei rivali. In questa breve ma eloquente sequenza video, si può notare l’imbarazzo di Jamie Collins, che quasi non vuole lasciare a Walcott il suo prestigioso pennant.
Nelle ore successive, l’Arsenal è stato travolto dalle critiche dell’implacabile pubblico del web su Twitter, con l’accusa di essere una squadra priva di classe e di rispetto per i ben più modesti avversari del Sutton. Critiche che non hanno scalfito più di tanto Walcott, a segno quella sera per la centesima volta con la maglia dei Gunners.
Proprio la vicinanza storica di questo piccolo caso relativo all’Arsenal mi fornisce lo spunto per la seconda parte della tua domanda, quella più attuale: che fine fanno i gagliardetti? Non so dirti se il Real abbia adibito una delle stanze di Valdebebas per lo stoccaggio dei banderin – così vengono chiamati in spagnolo, e se avrai modo di fare un giro a Buenos Aires, possibilmente in un periodo nel quale non sono previste finali di Libertadores per sentirti maggiormente tranquillo, potrai recarti nel locale che prende il nome dai gagliardetti per vederne una collezione stupefacente – ma sicuramente, come moltissimi altri club, utilizza i più preziosi per un angolo del proprio museo.
Dopo aver parlato con gli addetti ai gagliardetti di alcune società italiane – ebbene sì, c’è quasi sempre una persona dello staff organizzativo che deve occuparsi, tra le altre cose, anche della distribuzione e della gestione post gara dei piccoli vessilli – posso dirti che non solo non vengono buttati, ma vengono conservati e prodotti in quantità praticamente industriale. Le società sono infatti abituate a fornire quasi sempre il gagliardetto della singola partita anche a tutti i componenti della squadra arbitrale: a fine 2017, con la Lazio in piena polemica Var, l’arbitro Calvarese decise di rifiutare l’omaggio della società biancoceleste al termine della sfida con il Crotone. I gagliardetti che vengono prodotti in esubero e non sono destinati alla vendita a volte sono richiesti dai collezionisti, che si rivolgono direttamente alle squadre in cerca di fortuna. Un’arma a doppio taglio per i fanatici: non necessariamente il gagliardetto in questione può essere stato maneggiato da un calciatore, aspetto che fornisce al cimelio ben altro valore.
Se mai dovessimo incontrarci, caro lettore, preparati ad accoglierci con il tuo stemma di famiglia: noi di UU saremo pronti a darti il nostro gagliardetto, due nottole che attaccano magnificamente gli half-spaces.
Un abbraccio