Il recente acquisto di una quota di maggioranza dell’Inter da parte del Suning Group sta facendo discutere. Non solo perché i nerazzurri rappresentano il primo grande investimento di un gruppo cinese nel calcio di alto livello, ma anche perché ci si chiede quanto l’ingresso di un nuovo proprietario sia in grado di allentare, se non addirittura by-passare, i vincoli sottoscritti con l’Uefa dalla precedente dirigenza in materia di Fair Play Finanziario.
Dopo un iniziale ottimismo, più fonti concordano sul fatto che difficilmente l’Inter riuscirà a ottenere un’apertura di credito dell’Uefa già in questa sessione di mercato. Tanto più che all’Annex XII del Regolamento del Fair Play Finanziario è specificato che una società che ha in corso un “Settlement Agreement” con l’Uefa non può per almeno un triennio chiedere un trattamento di favore anche in caso di cambiamento di proprietà (cosa invece concessa alle squadre in regola con la richiesta di pareggio di bilancio, a quelle che hanno ottenuto la licenza Uefa pur non qualificandosi per le coppe e a quelle acquisite da una nuova proprietà ma che non hanno “Settlement Agreement” o “Voluntary Agreement” in corso).
Eppure una delle ipotesi più in voga fra i tifosi, e che permetterebbe l’aggiramento delle limitazioni imposte all’Inter, prevede che Suning inietti un grande quantitativo di denaro nel bilancio sotto forma di sponsorizzazione “gonfiata”, aumentando così in maniera tanto veloce quanto esponenziale i ricavi del club. In questo modo regalerebbe al direttore sportivo Ausilio un importante budget da spendere per la prossima campagna acquisti. In realtà questa teoria, come quella che prevede l’acquisto da parte del Jiangsu (la squadra cinese del gruppo Suning) di alcuni forti giocatori dall’elevato costo e dall’alto stipendio da girare poi in prestito gratuito all’Inter, si scontra con alcuni paletti del regolamento Uefa che, a differenza di quanto molti credono, ha già al suo interno le contromisure necessarie per disinnescare tutti i possibili escamotage che potrebbero essere utilizzati per aggirare le norme.
Le regole del UEFA
Facciamo quindi un po’ di chiarezza andando a vedere cosa l’Uefa concede e cosa vieta nel caso di “operazioni con parti correlate”, ovvero quelle che l’Inter farà con il Suning Group ed eventualmente con il Jiangsu Suning. Con un’attenzione particolare a come è stato applicato il regolamento in alcuni casi molto simili del recente passato, ovvero quelli legati alle sponsorizzazioni del Manchester City e del Paris Saint-Germain.
Il regolamento si occupa della questione all’interno dell’Annex X, chiamato “Calculation of the Break-Even result”, che spiega per filo e per segno come l’Uefa si muove per calcolare il bilancio finale annuo di ogni squadra valido per il Fair Play Finanziario, che non coincide con il bilancio reale perché ci sono alcune spese considerate virtuose che vengono escluse dal conteggio e allo stesso tempo vengono passati al vaglio tutti i ricavi per certificarne l’autenticità e la correttezza non solo dal punto di vista economico e finanziario, ma anche rispetto alla “ratio” del regolamento del Financial Fair Play. Nell’Annex X le operazioni con parti correlate vengono regolamentate al punto F, chiamato “Related Party, Related Party Transactions and Fair Value of Related Party Transactions”.
Analizziamo nel dettaglio le richieste dei sei punti in cui è suddiviso il punto F dell’Annex X.
Al punto 1 si specifica che la “correlazione” fra il club e un soggetto economico esterno (una società o una singola persona) non è definita solo ed esclusivamente dal rapporto legale fra le due entità, ma che ai fini del Fair Play Finanziario viene valutato il reale collegamento fra le parti.
Al punto 2 si entra nel dettaglio di come una singola persona possa essere considerata “parte correlata”, specificando che la sua appartenenza alla famiglia proprietaria del club è motivo di correlazione se questo comporta da parte sua non solo un controllo totale o parziale degli affari di famiglia ma anche se, pur non avendo cariche societarie, la sua posizione è tale da poter influenzare le scelte della proprietà.
Il punto 3 si occupa di definire la correlazione fra club e altre entità economiche, specificando che una società è considerata “parte correlata” con un club non solo se fa parte della stesso gruppo economico, facente capo a un medesimo proprietario, ma anche se è possibile stabilire un’ importante influenza nelle scelte decisionali di un soggetto rispetto all’altro. Oppure se entrambe sono, in tutto o in parte, controllate da una stessa entità terza. Oppure, ancora, in tutti i casi dove è possibile avere un legittimo sospetto di collegamento fra la società calcistica e l’azienda con la quale il club conclude accordi economici.
Il punto 4 definisce come “operazione con parte correlata” qualsiasi trasferimento di denaro, calciatori o altri accordi economici, indipendentemente dal prezzo pattuito. In più rimanda a ulteriori specifiche tecniche su come computarli presenti in altre sezioni del regolamento.
Il punto 5 si concentra sul concetto di “Fair Value”, traducibile come il “valore equo” di una transazione, che è il concetto chiave di questa sezione del regolamento. Ovvero non c’è nessun divieto per un club di avere rapporti economici con parti correlate (basti pensare a Jeep che sponsorizza la Juventus, due realtà facenti parte del vasto universo aziendale controllato da Exor), ma per tutti gli accordi di questo tipo c’è l’obbligo di concluderli a valori di mercato, considerando come “valore di mercato” quello che si potrebbe ritenere come equo se lo stesso accordo non fosse chiuso da “parti correlate” ma da soggetti indipendenti.
L’ultimo punto, il 6, stabilisce cosa succederebbe nel caso in cui l’Uefa non ritenesse equo il valore di una sponsorizzazione o di uno scambio di calciatori, o di una qualsiasi operazione economica fra parte correlate: viene nominato un organismo terzo, indipendente dall’Uefa e dal club sotto esame, chiamato a dare una valutazione della transazione effettuata. L’Uefa, preso atto del “valore equo”, ha diritto ai soli fini del calcolo del “Break-Even” (ovvero del Pareggio di Bilancio) valido per il Fair Play Finanziario di sostituire alla voce ricavi di una società l’introito così calcolato al reale quantitativo di denaro incassato, impedendo così che operazioni “fuori mercato” possano aggirare i vincoli del Fair Play Finanziario.
I casi
Nella pratica abbiamo già visto applicato questo regolamento in almeno tre occasioni balzate agli onori delle cronache negli ultimi anni, due relative alle sponsorizzazioni di Manchester City e Paris Saint-Germain e una in merito all’ingaggio di Lampard da parte dello stesso Manchester City.
I due club degli sceicchi sono stati fra i primi a finire nelle maglie del Fair Play Finanziario. Per quanto riguarda il Paris Saint-Germain la motivazione dell’intervento dell’Uefa era proprio causata dal valore fuori mercato della sponsorizzazione da 200 milioni annui della Qatar Tourism Authority, parte correlata con i proprietari qatarioti del club. Pur valutando l’evidente crescita della squadra negli anni precedenti all’entrata in vigore del Fair Play Finanziario, il ruolo assolutamente centrale della squadra nel campionato francese e a livello europeo, rappresentando una città importante come Parigi, l’importanza strategica per l’immagine del Qatar della sponsorizzazione e i forti investimenti di quella nazione per farsi conoscere in diversi campi anche extracalcistici, l’organismo terzo incaricato dall’Uefa ha valutato in un massimo di 100 milioni di euro annuo il “fair value” di questa transazione: una cifra comunque molto elevata, se si pensa che i quasi 70 milioni di euro annui pagati da Chevrolet al Manchester United rappresentano il più alto investimento di uno sponsor “non-parte correlata” in un club, ma corrispondente alla metà di quella reale e che ha messo in crisi per un anno abbondante i conti del PSG, costretto a rivedere in corsa alcuni progetti di acquisto di altri grandi calciatori da aggiungere a quelli già in rosa.
Discorso un po’ diverso per il Manchester City, la cui “colpa” più che avere sponsorizzazioni “gonfiate” è stata individuata nel non riuscire comunque a far tornare i conti nonostante gli elevati ricavi pubblicitari. Dopo attenta valutazione, infatti, i 500 milioni di euro nell’arco di un decennio promessi dall’Etihad Airways per essere “main sponsor” sono stati considerati “fair value” (le parti sono correlate perché l’Etihad è controllata dal governo di Abu Dhabi e lo sceicco Mansour fa parte della famiglia regnante negli Emirati Arabi Uniti), una scelta sul momento criticata ma a posteriori rivelatasi corretta visto che attualmente, oltre al Manchester United, anche il Chelsea, l’Arsenal e il Liverpool ottengono dal proprio “main sponsor” una cifra uguale o superiore a quella corrisposta da Etihad Airways al Manchester City.
L’unica richiesta dell’Uefa su questo punto ai Citizens è stata quella di limitare alcuni bonus e introiti da altri sponsor minori e correlati che a giudizio dell’organismo terzo sono stati giudicati eccessivi se sommati a quanto ricavato dal contratto con la compagnia aerea degli emirati.
Il Manchester City è uscito invece totalmente “pulito” dal caso Lampard, acquistato dalla squadra americana dello sceicco Mansour (il New York City FC) a parametro zero e poi prestato ai Citizens, ma la felice conclusione della vicenda non può comunque far sognare più di tanto i tifosi dell’Inter. Infatti l’Uefa ha compiuto un’accurata indagine sui bilanci del New York City FC e del Manchester City e ha dato il suo “ok” all’operazione solo dopo aver certificato al di là di ogni ragionevole dubbio che l’intero ingaggio percepito dal giocatore nel suo periodo “inglese” fosse stato inserito nel bilancio dei Citizens. Lo stesso procedimento sarebbe probabilmente richiesto dall’Uefa anche in caso di ingaggio per esempio di Yaya Touré da parte dello Jiangsu allo scopo di farlo giocare nell’Inter. Pure un eventuale passaggio in prestito gratuito di Alex Texeira dai cinesi ai nerazzurri sarebbe difficilmente accettato senza ricaricare un qualche tipo di costo extra sul bilancio della società italiana.
Cosa può fare allora il Suning Group per aiutare l’Inter nel breve periodo?
Innanzitutto la promessa di ripianare gran parte dei debiti societari dovrebbe diminuire notevolmente la quota di interessi passivi pagati ogni anno dai nerazzurri (attualmente quantificata a bilancio con una cifra pari a circa 18 milioni). È inoltre probabile che il “fair value” relativo al “main sponsor” dell’Inter sia maggiore di quanto garantisce attualmente Pirelli, che ha recentemente rinnovato a 10 milioni annui più bonus. Non a caso nelle ultime ore si sta parlando della possibilità per Pirelli di venire meno all’accordo entro il 30 giugno, sfruttando una clausola del rinnovo che glielo permetterebbe, lasciando così campo libero per una sponsorizzazione diretta di Suning a una cifra superiore ma comunque adeguata all’attuale situazione del calcio italiano, dove Juventus e Milan incassano fra premi fissi e bonus una cifra compresa fra i 17 e i 20 milioni dai rispettivi sponsor.
Sicuramente fuori dal “fair value” è invece la sponsorizzazione del Sassuolo, che riceve da Mapei (parte correlata) 22 milioni a stagione: una valutazione che non verrà considerata equa dall’Uefa, che in questa stagione analizzerà i dati economici del Sassuolo a seguito della recente qualificazione in Europa League. Starà poi al club di Squinzi dimostrare di essere in regola con le richieste del Fair Play Finanziario, anche scorporando dai conteggi relativi ai ricavi gran parte di quei 22 milioni, pena l’attivazione di una procedura di infrazione con le modalità che abbiamo imparato a conoscere con Manchester City e Paris Saint-Germain prima, e con Inter e Roma poi.