Ad inizio febbraio del 2000 il Perugia del presidente Luciano Gaucci, guidato in panchina da Carlo Mazzone, si trova più o meno a metà classifica in Serie A, a una distanza piuttosto ampia – sette punti – dalla zona retrocessione, aperta da Venezia e Verona. La situazione è sufficientemente tranquilla da potere programmare con calma la stagione successiva. Forse è proprio per questo che Alessandro Gaucci, il figlio del presidente Luciano, convoca in gran segreto presso la sede della Galex l’allenatore dell’Arezzo, in quel momento in lotta per la promozione in Serie B nel girone meridionale della serie C1.
La Galex è l’azienda cittadina di materiale sportivo, dove la G sta per Gaucci e Alex è il diminutivo di Alessandro. L’allenatore dell’Arezzo è Serse Cosmi, perugino di Ponte San Giovanni, che ha portato il Pontevecchio – la squadra di Ponte San Giovanni – dalla prima categoria all’Interregionale, e l’Arezzo dalla Serie D ai vertici della Serie C1. L’idea dei Gaucci è quella di abbracciare fino in fondo una filosofia societaria basata sulla ricerca di giovani talenti e di stranieri sconosciuti da valorizzare e rivendere lautamente. Per questo è necessario un allenatore, anch’esso emergente e con grande voglia di affermarsi, capace di accettare la visione societaria senza chiedere nulla sul mercato. Cosmi accetta immediatamente la proposta e con un ingaggio di 150 milioni di lire annuali diventa, senza che nessuno pubblicamente lo sappia, l’allenatore del Perugia per la stagione successiva. Da subito inizia a lavorare alla squadra dell’anno dopo.
In tarda sera, per evitare di essere riconosciuto, si muove dalla sua casa di Ponte San Giovanni a quella di Alessandro Gaucci per vedersi un’enorme quantità di videocassette VHS con partite dei campionati più esotici alla ricerca del talento da portare in Umbria. La leggenda vuole che proprio durante una di queste sessioni siano stati selezionati il coreano Jung Hwan Ahn e il cinese Ming Yu Ma.
L’esordio di Cosmi in Serie A
La stagione di Cosmi inizia presto, addirittura il primo luglio, con la sconfitta sul neutro di Monza contro lo Standard Liegi nel secondo turno della Coppa Intertoto. Una settimana dopo, il pareggio in Belgio decreta l’eliminazione dall’Europa. Le cose non vanno bene nemmeno più avanti quando, a cavallo tra la fine di agosto e l’inizio di settembre, il Perugia viene eliminato anche dalla Coppa Italia nel doppio confronto con la Salernitana, allora in Serie B. La prima giornata di Serie A si gioca il primo ottobre, un inizio autunnale dovuto ai Giochi Olimpici di Sidney disputati la seconda metà di settembre.
Il Perugia si schiera, come nelle precedenti partite stagionali, con una sorta di 4-4-2 e pareggia in casa contro il Lecce. La partita successiva i grifoni perdono 3-0 contro la Lazio all’Olimpico, ma disputano un’ottima partita, schierati, per la prima volta, con quello che diventerà l’iconico 3-5-2. La rosa, come preannunciato da Alessandro Gaucci, ha subito una rivoluzione durante l’estate. Sono andati via, tra gli altri, Alessandro Calori, Milan Rapajic ceduto per dieci milioni al Fenerbache, il russo Aleničev – ex Roma - passato al Porto, Ibrahim Bà, Pierpaolo Bisoli e l’intero reparto d’attacco composto da Nicola Amoruso e Alessandro Melli.
Dalla Viterbese, società satellite del Perugia in Serie C, arrivano il difensore Marco Di Loreto e i centrocampisti Fabio Liverani e Davide Baiocco. Il terzino sinistro Mirko Pieri viene invece prelevato addirittura dal Grosseto, squadra di serie D. Giungono a Perugia inoltre i giovani Saudati e Blasi, rispettivamente da Milan e Roma, il coreano Ahn e l’attaccante greco Ziziz Vryzas, visto per caso durante un’amichevole giocata a Salonicco contro il Paok durante il lungo settembre che ha preceduto il ritardato inizio di campionato. Ritorna in Umbria anche Zé Maria, ceduto in prestito in Brasile l’anno precedente.
La settimana successiva il Perugia domina contro il Parma, all’epoca una delle grandi squadre del campionato, segnando 3 gol nei primi 20 minuti. Da quel momento in poi gli uomini di Cosmi non si fermano più: alla prima di ritorno sono al sesto posto in classifica e già salvi e finiscono il campionato all’undicesimo posto con 42 punti in 34 partite, collezionando perle come le vittorie in casa e in trasferta contro il Milan, e la vittoria per 4-3 a Firenze. Un risultato incredibile per una squadra costruita con giocatori delle serie inferiori, stranieri poco conosciuti e un allenatore esordiente in Serie A.
Il 3-5-2 del Perugia di Cosmi
Nella Serie A degli anni ’90, pesantemente influenzata dall’eredità di Arrigo Sacchi, i moduli di gioco più utilizzati sono il 4-4-2 del tecnico di Fusignano e il 4-3-3, invece di chiara ispirazione zemaniana. Solo alcuni allenatori utilizzano la difesa a 3. Il primo e più importante esempio è il Parma di Nevio Scala, che giunge a vincere una Coppa delle Coppe, una Coppa UEFA e una Supercoppa Europea con il suo 3-5-2 asimmetrico, ispirato al lavoro di Guy This, belga come il difensore Georges Grun che ha messo fatto da ponte tra i due allenatori. In Europa il 3-5-2 si afferma con la vittoria degli Europei del 1996 da parte della Germania del futuro Pallone d’Oro Matthias Sammer.
Verso la fine degli anni Novanta, poi, esplode anche l’Udinese di Alberto Zaccheroni che imposta la sua squadra con un 3-4-3 col centrocampo in linea molto più offensivo del 3-5-2 di Scala. Zaccheroni porta l’Udinese ad uno storico terzo posto che gli vale la chiamata al Milan, dove, alla prima stagione, vince lo scudetto mescolando il 3-4-3 al 3-4-1-2 che gli consente di schierare Zvonimir Boban da trequartista (anche su pressione del presidente Berlusconi, che, com'è noto, aveva una grande passione per il tridente d'attacco).
In questo ambiente tattico, Serse Cosmi decide, già alla seconda giornata di campionato, di disegnare il suo Perugia con un 3-5-2 molto lineare. Nel calcio di vent’anni fa il modulo di gioco aveva un’importanza di certo maggiore di quella che ha adesso: la struttura posizionale della squadra era molto più rigida, la fluidità ridotta, i ruoli più definiti e la funzione in campo di ogni giocatore fortemente dipendente dalla sua posizione.
Nel suo 3-5-2 Cosmi mette al centro della difesa il capitano Marco Materazzi, tornato l’anno prima dalla deludente esperienza inglese all’Everton, dove aveva collezionato ben 4 espulsioni in 27 partite. Ai suoi fianchi giocano Rivalta e Di Loreto, mentre la porta è difesa da Marco Mazzantini. Sugli esterni giocano Zé Maria sulla fascia destra e Mirko Pieri su quella opposta. In mezzo al campo il vertice basso è Fabio Liverani, la mezzala destra è Giovanni Tedesco, quella sinistra Davide Baiocco. In avanti il greco Vryzas è il punto fermo e il suo compagno di reparto più utilizzato è il giovane Luca Saudati.
Foto di Marco Rosi / LaPresse
Il calcio del Perugia di Cosmi è un calcio piuttosto verticale - del tutto in linea con le tendenze dell’epoca, in cui non si è ancora affermata l’idea del controllo del match attraverso il pallone - e che prevede di provare ad attaccare la linea difensiva avversaria non appena se ne presenta l’occasione. L’azione tende a svilupparsi attraverso direttrici piuttosto consolidate che prevedono l’utilizzo degli esterni - che si muovono lungo tutta la fascia garantendo ampiezza alla manovra senza mai venire dentro il campo - e la rifinitura tramite cross. L’alternativa è la risalita del campo appoggiando il gioco sulle due punte. Quando la manovra si sviluppa sulle fasce risulta fondamentale la collaborazione nello spazio tra la mezzala, l’esterno e la punta che si può muovere aprendosi in appoggio. L’obiettivo è giungere al cross per le punte e per gli inserimenti delle mezzali e dell’esterno dal lato debole.
In questo contesto, piuttosto abituale per l'epoca, la manovra il Perugia di Cosmi risulta comunque molto coraggiosa, occupando sempre con tanti uomini l’area di rigore, e esponendosi di conseguenza alla transizione offensiva avversaria. La continua ricerca degli inserimenti senza palla delle mezzali e degli esterni svuota di fatto il centrocampo, presidiato dal solo Fabio Liverani. Se a questo si aggiunge anche una risalita del campo piuttosto veloce, risulta chiaro come la solidità difensiva e la sostenibilità dell'intera architettura tattica passi quasi esclusivamente per la velocità di trasmissione della palla e l'intensità atletica.
Il tentativo di compensare i possibili squilibri tattici è affidato al dinamismo delle due mezzali, Baiocco e Tedesco, che formano il reparto di centrocampo assieme a Fabio Liverani, una delle grandi intuizioni di Serse Cosmi. Liverani, sin dai tempi in cui giocava nella primavera del Palermo, è considerato un trequartista di grande talento, ma con limiti atletici troppo marcati per potere pensare di fare una carriera ad alto livello. Troppo lento e con un raggio d’azione eccessivamente limitato, Liverani a 24 anni giocava ancora in serie C nella Viterbese. Giunto al Perugia, Cosmi lo piazza davanti alla difesa con l’obiettivo di muovere il pallone con qualità verso gli esterni e le punte, anticipando di un paio di anni la simile mossa fatta da Carlo Ancelotti con Andrea Pirlo.
La nuova posizione regala a Liverani lo spazio e il tempo per le sue giocate e la sensibilità del suo piede sinistro dona pulizia tecnica e tempi di gioco a una squadra altrimenti frenetica e approssimativa. Inoltre le sue qualità balistiche sui calci piazzati forniscono assist di qualità per i tanti gol del Perugia derivanti da situazione da palla inattiva. Il livello delle prestazioni di Liverani gli vale addirittura la convocazione e l’esordio in nazionale. L'estate successiva, proprio sull'onda delle sue prestazioni al Perugia, verrà venduto all’ambiziosa Lazio di Cragnotti.
Ai fianchi di Liverani, comunque, Baiocco e Tedesco coprono enormi porzioni di campo in verticale. Il primo è fondamentale con le sue insistite conduzioni di palla per risalire il campo e con la sua energia per contrastare gli avversari, mentre il secondo è una mezzala di enorme intelligenza tattica, basilare per le fortune del sistema di Serse Cosmi. Giovanni Tedesco è nato quasi letteralmente in un campo di calcio: suo nonno e suo padre sono stati gli storici custodi dei campi Malvagno, all’interno del Parco della Favorita a Palermo, nel quartiere Pallavicino. Suo fratello maggiore, Salvatore ha già giocato per il Perugia, mentre il minore, Giacomo, avrà un’onesta carriera in Serie A tra Reggina, Napoli, Bologna e Salernitana. Giovanni Tedesco è alto solamente 170 cm e non possiede particolari doti tecniche, ma in campo si muove senza fermarsi un attimo e, soprattutto, con una sensibilità tattica per gli spazi di altissimo livello. In particolare, è abilissimo a trovare lo spazio e il tempo per inserirsi, sia alle spalle delle linee avversarie, quando c'è da proporre una linea di passaggio per un compagno, che quando deve inserirsi nel cuore dell’area di rigore avversaria giungendo da dietro per finalizzare le rifiniture dall’esterno dei compagni di squadra. Grazie alle sue doti, in quella stagione Tedesco segna ben 8 reti, solo una in meno dell’attaccante Vryzas.
Il gol della vittoria a San Siro contro il Milan è un compendio del calcio del Perugia e delle doti di Giovanni Tedesco. Zé Maria ha la palla sulla fascia destra, Saudati si muove venendo incontro sulla fascia e Tedesco attacco la spazio liberato alle spalle di Saudati. L’assist di Tedesco e la finalizzazione di Vryzas sono poi di altissimo livello.
Ai due esterni è affidata la responsabilità dell’intera fascia. In fase d’attacco devono giungere al cross o, sul lato debole, attaccare il secondo palo per la finalizzazione, mentre in fase difensiva si abbassano al fianco dei difensori centrali. A destra Zé Maria, che giocherà nel Perugia per tutto il ciclo di Serse Cosmi, è un giocatore dotato anche di un buon piede destro, mentre a sinistra Mirko Pieri gioca le sue fortune sulle capacità di corsa.
Anche le due punte, sollecitate di frequente dal gioco diretto della squadra, coprono parecchio campo, muovendosi incontro e aprendosi in ampiezza nel campo grande disegnato da Cosmi. Il greco Vryzas è perfetto per giocare in questo sistema: è tecnico, rapido, capace di attaccare la profondità, ma anche di reggere il confronto fisico coi difensori avversari per fungere da riferimento offensivo della squadra.
Dietro, i tre difensori devono talvolta affrontare situazioni in campo aperto che la strategia offensiva del Perugia tende inevitabilmente a creare, che gestiscono stringendosi più possibile verso il centro del campo. In fase di difesa posizionale si avvalgono dell’aiuto dei due esterni e hanno spesso superiorità numerica in zona centrale, considerato che la maggior parte delle squadre dell’epoca gioca con due punte. Rivalta e Di Loreto tendono quindi a seguire l’uomo nella zona di loro competenza e Marco Materazzi funge quasi da libero in ossequio alla tradizione italiana. Materazzi avrà, però, anche un grande ruolo offensivo: è proprio nel Perugia di Serse Cosmi, infatti, che Materazzi stabilisce il record, tuttora imbattuto, di gol realizzati da un difensore nel campionato di Serie A. Ben 12, di cui 7 su calcio di rigore.
In determinate occasioni o in spezzoni di partita, il 3-5-2 si tramuta in un 3-4-1-2 con l’inserimento del coreano Ahn alle spalle delle due punte e uno dei due interni pronto ad attaccare gli spazi liberati dai movimenti dei tre giocatori offensivi.
Il terzo gol nella vittoria contro la Fiorentina mostra le qualità di Liverani e lo sviluppo del gioco del Perugia. Liverani attira la pressione dei giocatori della Fiorentina, liberando Baiocco. L’azione prosegue per il cross di Pieri verso l’area occupata dalle due punte e dall’esterno del lato debole. Nel quarto gol vediamo invece Liverani e Tedesco al loro meglio: assist di Liverani per l’inserimento senza palla di Tedesco.
Le stagioni successive e il ritorno
A livello esclusivamente di risultati, la stagione migliore è in realtà quella successiva a quella dell’esordio, nonostante la partenza di due punti fermi quali Materazzi e Liverani, sostituiti rispettivamente dall’iraniano Rezaei e dai giovani Gatti e Blasi. In attacco Bazzani sostituisce Saudati e diviene il capocannoniere della squadra con 10 reti, ma l’acquisto più importante si rivela quello di Fabio Grosso, un trequartista ventitreenne preso dal Chieti in serie C2 e trasformato da Cosmi in esterno sinistro a tutta fascia. Il piede mancino di Grosso fornisce qualità alle rifiniture dalla sinistra e compensa, in maniera originale, la partenza di Liverani.
Nel 2002/03 Baiocco, sostituito in campo dal nigeriano Obodo, viene ceduto alla Juventus che ricambia mandando in prestito al Perugia Fabrizio Miccoli. Il salentino trova nel calcio piuttosto libero di Cosmi l’habitat ideale in cui esprimere il proprio talento. Si muove a proprio piacimento su tutto il fronte d’attacco, sia in ampiezza che in verticale, facilitando il gioco della squadra e esprimendo tutta la sua enorme sensibilità tecnica. Le doti di finalizzazione gli consentono di realizzare 10 reti in campionato e di vincere il titolo di capocannoniere di Coppa Italia, dove il Perugia si ferma solo in semifinale, dopo avere eliminato ai quarti la Juventus, sconfitta sia all’andata che al ritorno con tre gol di Miccoli, uno più bello dell’altro.
Dopo il nono posto della stagione precedente, la stagione 2003/04 inizia trionfalmente con la conquista della Coppa Intertoto, vinta dopo avere battuto in serie i finlandesi del AC Alliansi, i francesi del Nantes e, nella doppia finale, i tedeschi del Wolfsburg. La vittoria dell’Intertoto vale anche la qualificazione alla Coppa UEFA dove gli uomini di Serse Cosmi giungono al terzo turno dopo avere eliminato il Dundee United e l’Aris Salonicco. Solamente il PSV Eindhoven del giovane Arjen Robben ferma la corsa degli umbri.
Il cammino in campionato, invece, è un totale disastro. Quell'estate Miccoli e Blasi rientrano alla Juventus dal prestito, mentre Rezaei va al Messina. I rinforzi scelti sono ancora una volta delle scommesse, come l’inglese Bothroyd o i francesi Alioui e Genevier presi dalla squadra B del Lione. Scommesse che, però, al contrario degli anni passati, non riescono a sostituire adeguatamente i partenti contribuendo all'andamento a rilento del Perugia, che non riesce a vincere nemmeno una partita durante l’intero girone d’andata.
A gennaio, la rosa viene quindi rivoluzionata. Per cercare un’improbabile salvezza si punta, per una volta, sull’esperienza. Dentro Fabrizio Ravanelli di ritorno dall’esperienza in Scozia, Dario Hübner, Eusebio Di Francesco, Marcelo Zalayeta, Salvatore Fresi, mentre vengono ceduti i cardini del 3-5-2 di Cosmi: il capitano Tedesco, Vryzas e Grosso. Ormai si tratta di sopravvivenza pura: Cosmi adatta il modulo ai giocatori a disposizione, giocando di frequente con la difesa a 4 e vince la prima partita in campionato a fine febbraio, a Reggio Calabria nella ventiduesima giornata di campionato.
Le sei vittorie nelle ultime quattordici giornate di campionato, e, in particolare, le tre vittorie contro Juventus, Roma e Ancona nelle ultime tre giornate di campionato consentono al Perugia di raggiungere il quartultimo posto che vale un doppio spareggio salvezza contro la Fiorentina sesta classificata di Serie B, mentre le prime cinque della serie cadetta vengono promosse direttamente per consentire l’allargamento a venti squadre della serie A. Uno spareggio che il Perugia non riesce a vincere e che condanna gli umbri alla retrocessione, e al fallimento della stagione successiva. Cosmi chiude la sua avventura al Perugia con l’inutile pareggio di Firenze accasandosi l'anno successivo al Genoa, che condurrà alla vittoria del campionato di Serie B.
Pochi giorni fa, più di quindici anni dopo lo spareggio contro la Fiorentina, Cosmi è stato richiamato sulla panchina del Perugia per sostituire l’esonerato Massimo Oddo dopo una sconfitta interna contro il Venezia in Serie B. Cosmi ha perso la partita di esordio a Verona contro il Chievo, ma ha vinto le due successive, in casa contro il Livorno e in trasferta contro la Juve Stabia.
Al di là dei risultati, comunque, il tecnico perugino pare essere ripartito da dove aveva lasciato. Ha subito abbandonato la difesa a quattro utilizzata dal precedente allenatore per schierare i suoi uomini con l’amato 3-5-2. Nonostante ciò, sono ormai passati quasi vent’anni da quel Lazio-Perugia in cui Cosmi schierò per la prima volta la squadra con il suo modulo di riferimento e, al di là dell’occupazione spaziale in campo, alcune cose sono necessariamente cambiate nel gioco dell’allenatore di Ponte San Giovanni. La circolazione del pallone, per sopravvivere nel calcio di oggi, è ad esempio più ponderata e prevede maggiori momenti interlocutori di preparazione della manovra.
Prima partita di Cosmi, primo 3-5-2 del Perugia.
Eppure, anche solo dopo una manciata di partite, il Perugia è già perfettamente riconoscibile come una creatura di Serse Cosmi. La squadra umbra ama giocare su un campo grande: gli esterni sono sempre larghi e in fase di possesso palla le mezzali svuotano il centrocampo. Il gioco si appoggia molto sulle punte che non rimangono necessariamente vicine e hanno grande libertà di movimento, muovendosi sempre per facilitare la risalita del campo, sia venendo incontro al portatore di palla, sia attaccando la profondità, oltre che aprendosi in fascia.
Molte delle tendenze del Perugia di vent’anni fa si ritrovano, aggiornate, nel Perugia di oggi. E i tifosi del Grifo si augurano che, oltre al modulo di gioco, anche i successi possano ripetersi.