
È durante l’asta, in una stupenda domenica di settembre, che avrei dovuto intuire che c’era qualcosa di maledetto nella mia stagione. Ci sediamo alle 11 e alle 18.30 siamo ancora a tavola a battere gli attaccanti. È il momento decisivo dell’asta, ma mi sento distrutto: per la stanchezza, per la pizza gigante consumata a pranzo, per il down di zuccheri della coca cola. Non ho mai partecipato a un’asta del Fantacalcio - questa specie di Sabba per maschi etero cis - da cui non sia uscito distrutto. È in quel momento che mi prende un attacco orrendo di allergia. Siamo in mezzo al verde della bassa emiliana e i pollini autunnali sono i miei nemici naturali. Non riesco a tenere gli occhi aperti, mi cola il naso, ho mal di testa. Il vorticare di nomi sempre più assurdi - Satriano, Felix, Montevago - mi dà la nausea. Ho comprato Osimhen, Simeone e Dia, mi manca almeno una terza punta titolare, o quasi titolare. Avrei il budget per comprarne una forse decente ma non ce la faccio più. Non ho antistaminici, sento che la sedia di plastica su cui sono seduto si sta per sciogliere. Decido di andarmene. La mattina dopo sono costretto a scegliere 5 attaccanti dal cesto degli avanzi; Nestorovski, Diego Valencia, De Luca, Demba Seck. Come provare a mettere insieme un pasto con i tozzi di pane trovati a terra.
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