I calci piazzati sono diventati ormai una componente fondamentale nel gioco del calcio: nel corso delle ultime 4 stagioni addirittura il 37% delle reti segnate nei 4 maggiori campionati europei sono arrivate da situazioni di palla da fermo. Un’ampia fetta di queste realizzazioni, poi, è arrivata sugli sviluppi da calcio d’angolo. Una quota, questa, che è cresciuta ogni anno: i gol da calcio d’angolo sono passati dall’avere un’incidenza del 10,9% sul totale delle reti nella stagione 2013/14, al 12% della stagione 2016/17. In pratica è come dire che se una squadra della Serie A arriva a segnare 56 reti in 38 giornate (cioè la media dei gol fatti nello scorso campionato), 21 di questi mediamente provengono da situazioni di palla inattiva e 7 già solo da calcio d’angolo. L'aumento dell'incidenza sul totale delle reti è andata di pari passo con la tenuta dei sistemi difensivi in caso di corner: infatti, dal 2012, è stato il numero di corner battuti ad aumentare; il numero di reti segnate è rimasto costante in percentuale, si è sempre segnato all'incirca 1 gol ogni 11 angoli battuti.
Proprio per questo è interessante studiare il modo in cui le squadre si difendono in occasione di un corner. Le venti squadre in Serie A, considerato un campionato raffinato dal punto di vista tattico, possono essere divise due gruppi principali: dieci squadre su venti utilizzano una zona pura, quando difendono un calcio d’angolo (Bologna, Chievo Verona, Fiorentina, Genoa, Napoli, Sampdoria, Sassuolo, Torino, Udinese e Hellas Verona); le altre dieci utilizzano una zona mista, nella quale alcuni uomini sono dedicati alla copertura a zona di alcuni punti strategici dell’area di rigore, mentre altri seguono a uomo gli avversari (Atalanta, Benevento, Cagliari, Crotone, Inter, Juventus, Lazio, Milan, Roma e SPAL). Tra i sistemi adottati dalle varie squadre ci sono somiglianze evidenti e differenze marcate. Ad ogni modo, comunque, possiamo dire che nessuna squadra in Serie A applica uno schema fatto di sole marcature a uomo.
Può essere utile sfatare anzitutto alcuni luoghi comuni. Innanzitutto, quale dei due sistemi è più efficace?
Lo scorso anno da più parti si criticò l’atteggiamento del Napoli sui corner nella gara di ritorno dell’ottavo di Champions League contro il Real Madrid, sottintendendo che un sistema con marcature a uomo fosse più efficace di uno a zona pura. In realtà, se si guarda alle prime 17 giornate di questo campionato, le dieci squadre sistemate con la zona pura hanno affrontato complessivamente 352 calci d’angolo, subendo una rete nel 7,4% delle occasioni; mentre il secondo gruppo di squadre ha concesso un gol nel 7,7% dei casi, su un totale di 261 corner. Quindi le due percentuali sono in realtà molto vicine ed è difficile decretare un vincitore, ma comunque i sistemi a zona pura sembrano in leggero vantaggio su un campione più numeroso, e quindi significativo, di eventi.
Un altro luogo comune stabilisce che la scelta della zona pura sia obbligata, qualora la statura media degli uomini di movimento fosse inferiore alla media. Se calcolassimo l’altezza media dei calciatori schierati nell’undici titolare da tutte le squadre in queste prime 17 giornate, scopriremmo che il primo gruppo di squadre, quello che sceglie la zona pura, ha portato in campo uomini con un’altezza media di 182,1 centimetri; invece il gruppo che adotta una zona mista ha schierato degli undici titolari con un’altezza media di 182,8 centimetri. Anche qui può valere la stessa conclusione di prima: le differenze esistono ma sono molto ridotte, addirittura al di sotto del centimetro.
Forse chi preferisce un sistema ad un altro è spinto da altre motivazioni: alcune squadre hanno difensori abili nel corpo a corpo e intendono sfruttarne le caratteristiche; altri allenatori intendono esaltare l’idea di spirito di squadra in ogni situazione di gioco, impiegando tutti gli uomini in pochi metri quadri di campo, tutti con uguali responsabilità.
Come si organizza una zona pura sui calci d’angolo
Nei sistemi organizzati a zona, tutti i dieci uomini di movimento ripiegano a difesa della propria porta. Ciascuno è responsabile di una zona di competenza, dalla quale deve muoversi aggressivamente incontro alla palla per anticipare l’intervento in colpo di testa di un avversario. La disposizione degli uomini è funzionale all’annullamento di quelle che si ritengono le maggiori fonti di pericolo. Tra le dieci squadre che scelgono la zona pura, ce ne sono otto che condividono lo stesso “setup”.
Nelle immagini qui sotto, quando vedete solo giocatori rossi, significa che la squadra difende con la zona pura. La linea rossa indica il movimento della palla, quella rossa tratteggiata il movimento dei giocatori.
Chievo, Fiorentina, Genoa, Napoli, Sassuolo, Torino, Udinese e Verona utilizzano: 2 uomini per coprire la zona del primo palo; 4 uomini disposti in linea sul limite dell’area piccola; 3 uomini disposti davanti a quest’ultima linea da quattro; uno disposto sulla bandierina, se chi batte utilizza il piede per calciare a rientrare verso la porta, altrimenti più indietro davanti al lato corto dell’area di porta; l’ultimo uomo presidia una zona tra il dischetto e il limite dell’area grande, per schermare il passaggio per il tiratore piazzato oltre la linea dei sedici metri.
Gli uomini a protezione del primo palo devono evitare che il pallone spiova in prossimità o davanti al portiere, in una zona in cui una battuta di testa a rete sarebbe difficile da stoppare. Inoltre l’uomo che tra i due è più vicino alla bandierina è sempre pronto ad uscire in caso di battuta corta, anche se le squadre che attaccano una zona pura di solito preferiscono la battuta diretta a centro area rispetto al gioco a due.
Le due linee davanti all’area piccola sono composte rispettivamente da un numero pari e dispari di uomini: questo accorgimento, che dispone gli uomini in maniera alternata, serve a comprimere gli spazi e a non permettere agli avversari di colpire in terzo tempo con una rincorsa dal limite dell’area.
Ci sono differenze d’interpretazione tra squadra e squadra anche all’interno di questo macro-gruppo. L’Udinese ad esempio inverte le due linee davanti all’area di porta, con quella da 3 uomini disposta sulla linea dell’area piccola e quella da 4 poco più avanti, mantenendo invariata la loro funzione. Il Chievo invece piazza la seconda linea da 3 più avanti, quasi sul limite esterno dell’area di rigore, per poi farla abbassare repentinamente: in questo modo gli uomini di Maran tentano di correre con gli avversari, rallentandoli per rendere inefficace il loro stacco verso la palla. Il Genoa abbassa l’uomo che nella linea da 4 è più lontano dal pallone, in modo che possa proteggere la zona davanti al secondo palo.
In questo modo si organizza il Bologna.
Da questo gruppo restano fuori Bologna e Sampdoria, che adottano soluzioni differenti. I rossoblù allenati da Donadoni non utilizzano uomini a zona sul primo palo: le due linee da 4 e da 3 sono semplicemente più basse. A questi 7 uomini si aggiungono: un uomo davanti alla linea da 3; un altro più avanti ancora, al limite dell’area di rigore; un ultimo all’altezza della bandierina.
Lo stile difensivo della Sampdoria.
La Samp utilizza addirittura 3 uomini a protezione della zona che va dal primo palo al centro della porta. Un uomo aggiuntivo è appena fuori dal lato corto dell’area piccola, pronto a scattare in avanti per pareggiare in numero, insieme all’uomo sistemato presso la bandierina, un eventuale gioco a due. Una linea da 4 si dispone poi a ventaglio, a seconda della traiettoria della palla: in caso di calcio a rientrare, l’ultimo uomo della linea è più interno, verso la porta; in caso di calcio ad uscire, l’ultimo uomo si alza di qualche metro, verso il dischetto.
Lo scopo di tutte le squadre è identico: evitare di prendere gol grazie ad un’incornata di un uomo che arriva a saltare in terzo tempo tra le maglie del castello difensivo, subito alle spalle dei giocatori che presidiano il primo palo; oppure evitare che un calcio lungo scavalchi tutto il blocco difensivo e serva un uomo oltre il secondo palo, pronto a rimettere il pallone in mezzo per una deviazione vincente.
Come si organizza un sistema misto zona/uomo
Anche tra le squadre che difendono i corner con un sistema misto zona/uomo esiste un setup comune alla maggioranza delle squadre. Cagliari, Crotone, Inter, Juventus, Lazio, Milan e Roma utilizzano: 2 uomini disposti a zona all’altezza del primo palo; 5 o 6 giocatori impegnati nella marcatura a uomo degli avversari; uno a metà strada tra il dischetto del rigore e il limite dell’area di rigore; un giocatore ad agire da barriera all’altezza della bandierina. Come nel caso precedente, gli uomini disposti a zona sul primo palo vengono utilizzati per proteggere la zona più esposta per il portiere. I giocatori impegnati nelle marcature devono invece seguire l’avversario di competenza, sempre in modo da frapporsi tra l’avversario e la porta, provando contemporaneamente a non perdere di vista il pallone.
Nei sistemi misti abbiamo colorato sempre di rosso i giocatori a zona mentre quelli a uomo sono blu. In questo modo difendono Juventus, Lazio e Crotone.
All’interno di questa organizzazione di base, ogni squadra adotta correttivi differenti. Ad esempio Crotone, Juventus, Lazio e Milan decidono di volta in volta se utilizzare 5 o 6 calciatori in marcatura, spostando l’uomo in più lateralmente e in avanti, sia per ridurre le chance di un gioco a due nei pressi della bandierina, sia per aumentare la possibilità di una transizione rapida difesa-attacco, in caso di uscita dalla difesa con la palla. L’attenzione dei difendenti verso il gioco corto nella zona di battuta è più alta, perché al contrario di quello che accade nei sistemi a zona pura, dove chi attacca preferisce crossare il pallone al centro direttamente, le squadre che attaccano la zona mista di solito muovono la palla per permettere agli attaccanti di far perdere le loro tracce ai marcatori.
Ancora una volta, ogni allenatore appone i propri correttivi. Rispetto a quanto già detto, la Juve in più dispone i due uomini sul primo palo secondo una diagonale chiusa o aperta, in dipendenza del fatto che il pallone venga calciato a rientrare verso la porta o ad uscire verso l’area, come fa la Sampdoria. La Roma invece utilizza il suo uomo “spare” al limite dell’area, in modo da avere una doppia minaccia in zona centrale, in caso di riconquista del pallone e ripartenza veloce.
L’Inter ha una differenza ancora più particolare: Milan Škriniar è utilizzato praticamente da libero, o da terzo uomo a zona giusto davanti al portiere Handanovic. Questo permette allo slovacco di sfruttare al massimo il suo talento nel gioco aereo, oltre che l’esperienza acquisita nel contesto della zona pura utilizzata da Marco Giampaolo.
Gli schieramenti di Atalanta, Benevento e SPAL prevedono un numero superiore di uomini a zona rispetto alle squadre di cui abbiamo parlato finora. Il Benevento usa 3 uomini in linea disposti sul lato lungo dell’area piccola, più uno dalla parte del lato corto dell’area, pronto a scattare in avanti in caso di gioco a due sulla bandierina; un uomo si piazza, come di consueto, lungo la direttrice che va dal calcio d’angolo ai tiratori dal limite dell’area di rigore; il restante numero di giocatori eseguono marcature individuali.
In questo modo difende l'Atalanta.
L’Atalanta usa un meccanismo simile al Benevento. La differenza sta nell’utilizzo di un uomo in meno nelle marcature a uomo, in modo da costituire una linea non a 3, ma a 4 sul limitare dell’area di porta.
L'organizzazione difensiva della SPAL.
La SPAL utilizza un sistema vicino a quello codificato dalla zona pura: un uomo a guardia del primo palo; un castello formato da 6 giocatori sfalsati su due linee; un uomo al limite dell’area; 2 uomini in marcatura a uomo sui colpitori di testa avversari, individuati come i più pericolosi.
Ogni allenatore decide quale sistema utilizzare, a seconda dei princìpi in cui crede, degli uomini a disposizione e del contesto di squadra. Spesso è addirittura l’evoluzione della partita a determinare il contesto tattico, anche nelle situazioni da calcio d’angolo: contro l’Atalanta, la Lazio è passata ad un sistema a zona pura, date le difficoltà nel contrastare i blocchi avversari che liberavano il saltatore.
Non esiste quindi un sistema di per sé più efficiente, in ogni circostanza. Fatta la scelta, l’allenatore deve convincere i propri giocatori della bontà di questa e affinare gli automatismi difensivi un allenamento dopo l’altro.