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Come si elude il pressing avversario
27 feb 2019
Alcuni esempi dalla Serie A.
(articolo)
12 min
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Il pressing è un’arma tattica molto impiegata in Serie A, anche se, al contrario degli altri campionati, quasi esclusivamente in chiave difensiva. In Italia, cioè, il pressing è mirato al disturbo e al contenimento della manovra avversaria, piuttosto che al recupero alto del pallone e alla costruzione di una nuova, pericolosa azione offensiva. In ogni caso, con lo sviluppo del pressing sono diventate più sofisticate anche le strategie delle squadre in possesso palla per resistere all’aggressività degli avversari.

Ormai tutte le squadre devono sapere come gestire determinate situazioni di gioco, che si ripetono con continuità ad ogni partita, nonostante presentino pericoli e complessità. Ad esempio: perché tutte le squadre vogliono iniziare con la rimessa corta dal fondo, pur sapendo che verranno attaccate vicino alla propria porta? La risposta è che i vantaggi che derivano da un inizio azione pulito sono semplicemente troppo alti per chi attacca: non solo poter controllare il pallone, ma anche invitare l’avversario alla pressione in modo da scoprire spazi in altre zone di campo da attaccare successivamente. Ovviamente anche chi difende scommette su un possibile vantaggio, che in questo caso consiste nel provocare un errore che permetta di tornare immediatamente in possesso del pallone in una zona di campo molto pericolosa.

Esistono strumenti statistici che aiutano a quantificare l’intensità del pressing, come il PPDA, che mette a rapporto il numero di passaggi che una squadra concede agli avversari con il numero di interventi difensivi che mette a segno. Per avere un’indicazione di massima circa la capacità di una squadra di resistere al pressing potremmo costruire un indice duale, una sorta di PPDA “sbagliato”, nel quale vengono messi in relazione i passaggi che una squadra effettua ad inizio gioco, non quelli che concede, con il numero di interventi difensivi che subisce quando è in possesso.

Al contrario del vero PPDA, più alto è il valore di questo indice migliore sarà la resistenza al pressing di una squadra.

Il piazzamento di almeno due squadre balza subito all’occhio: quella del Torino che, pur essendo tra le squadre più aggressive della Serie A in fatto di pressing, tende a soffrire la pressione avversaria e sembra avere gravi problemi a gestire il proprio inizio azione; e quella del Sassuolo di De Zerbi, che è sesto e si mette dietro Fiorentina, Sampdoria, Torino, Lazio e Atalanta che invece la precedono nella classifica in campionato.

Più in generale, le squadre alle quali tendiamo a riconoscere una leadership tecnica occupano i primi posti della classifica. La precisione tecnica, come va spesso ripetendo Massimiliano Allegri, è fondamentale nell’impostazione del gioco sotto pressione. Imbastire un’azione non è solo un fatto di buona tecnica, ma anche di buone letture tattiche e di strategia.

Le situazioni di inizio gioco sono fondamentalmente due, una statica ed una dinamica: la rimessa dal fondo e la circolazione bassa della palla, innescata di solito da un passaggio all’indietro. Ci sono alcune squadre che eccellono nell’una o nell’altra, dimostrando quanto possa essere sofisticata la tattica di una squadra o il livello di interpretazione di essa da parte dei singoli.

La rimessa dal fondo: l’esempio del Napoli

Il Napoli, che è prima per distacco in questa speciale classifica, è una squadra estremamente evoluta dal punto di vista della qualità del palleggio, e le fondamenta del suo gioco poggiano salde sull’inizio azione. Gli azzurri danno l’impressione di non aver bisogno di schemi preordinati, in cui i movimenti sincroni dei giocatori si ripetono in ogni azione. Di volta in volta, i calciatori sono capaci di leggere e interpretare la situazione di gioco in campo.

Contro il Torino, nella partita vinta all’Olimpico lo scorso 23 settembre, il Napoli ha dato un saggio delle proprie abilità. L’azione comincia con Ospina, che batte verso la sua destra, dove si è allargato come di consueto Albiol, con Koulibaly che lo ha imitato sul lato opposto dell’area di rigore. Sui due centrali si dispongono le due punte Zaza e Belotti, posizionati dapprima centralmente, per non permettere al Napoli di trovare imbucate verso i centrocampisti; pronti poi a scattare verso Albiol e Koulibaly sul percorso laterale della palla dal portiere al difensore.

Poco più in alto, appena fuori quadro, il terzino destro Hysaj gode di una certa libertà, perché Ola Aina è stato costretto ad abbassarsi per seguire Callejon, che a inizio azione si è alzato sulla linea delle punte. Aina lo segue anche per garantire al Torino la superiorità numerica sull’ultima linea: tre centrali più un esterno contro il tridente azzurro formato dallo spagnolo, da Insigne e da Mertens.

La palla arriva quindi a Hysaj, sul quale Baselli esce in ritardo. Il terzino albanese gioca lungolinea verso Callejon, il cui tocco di prima permette a Rog di entrare nella metà campo avversaria palla al piede. La difesa del Torino è completamente esposta e solo una giocata imprecisa di Rog, e intercettata da Meité, permette ai granata di limitare i danni.

Pochi minuti dopo, il Napoli cambia registro: Hamsik, fino a quel momento controllato da Rincon ad ogni inizio azione, gode di una certa libertà alle spalle di Zaza, che è concentrato sulla marcatura di Koulibaly (poco prima Ospina aveva segnalato con ampi gesti l’intenzione di calciare lungo e questo aveva spinto Rincon ad allontanarsi da Hamsik).

Il portiere batte corto su Hamsik, il capitano azzurro può girarsi e allargare su Hysaj, che il giocatore slovacco sa già essere libero. Come possiamo vedere i giocatori di Ancelotti hanno interiorizzato un canovaccio tattico molto preciso, che non è ripetuto meccanicamente ma è interpretato dai giocatori attraverso lo studio dell’avversario.

Ancora una volta, su Hysaj non riesce ad uscire Baselli, il cui primo compito è evitare che Rog riceva palla centralmente e che possa girarsi. E ancora una volta è troppo lontano Aina, alle prese di nuovo con Callejon. Pur partendo in ritardo, il terzino inglese prova comunque a mettere pressione su Hysaj: la sua azione, e la posizione stretta di Baselli su Rog, apre un canale in diagonale verso Insigne. Il primo controllo del fantasista azzurro non è dei migliori e lo costringe ad allargarsi; per di più Callejon non fa il movimento per portar via l’uomo dalla zona di Insigne (Moretti che era uscito in copertura di Aina). Insigne è quindi costretto a rigiocare palla all’indietro, rinunciando ad un’altra situazione di tre contro tre.

L’esempio della SPAL

Non tutte le squadre però sono evolute quanto il Napoli, e per queste affidarsi a meccanismi provati in allenamento può rappresentare comunque una valida risorsa. È il caso della SPAL di Semplici, che lo scorso 7 ottobre ha messo in difficoltà l’Inter, una delle squadre più fisiche e aggressive del campionato (e infatti è quinta in campionato sia secondo il PPDA, sia per il numero di palloni recuperati nella metà campo avversaria).

Già il primo fallo di fondo battuto dalla Spal è rappresentativo della tattica che i ferraresi hanno poi portato avanti per tutta la partita.

L’Inter sistema 3 uomini al limite dell’area per disturbare l’inizio azione dei 4 della SPAL, i 3 centrali ferraresi ai quali si aggiunge Schiattarella. Proprio il movimento incontro di quest’ultimo allontana Icardi da Cionek e permette al centrale di ricevere il pallone. Cionek rigioca la palla indietro sul portiere proprio per attirare ancora di più la pressione della squadra avversaria. E infatti Nainggolan va verso Gomis, ma così facendo libera una linea di passaggio verso Schiattarella, il quale può a sua volta giocare di prima intenzione a destra, dove Lazzari e Cionek sono ormai in superiorità numerica.

La tattica di inizio gioco della Spal si ripeterà uguale per tutta la partita, e sarà sempre efficace sia per la coordinazione dei movimenti degli spallini, sia per l’inadeguatezza della risposta dell'Inter (cosa avrebbe fatto Gomis se non avesse ricevuto alcuna pressione?). I movimenti dei giocatori della SPAL, però, sono perfetti nel tempo e nello spazio e coinvolgono tutti gli undici in campo: Lazzari si muove incontro partendo dall’altezza delle mezzali interiste, lasciando loro in dubbio se seguirlo o meno. Ancora più indietro, fuori dall’inquadratura, Missiroli e Valoti partono dalla stessa linea di Paloschi e Antenucci, in modo da tenere bassi Asamoah e Vrsaljko, e successivamente si abbassano alle spalle delle mezzali interiste.

In altre parole, gli uomini di Semplici si predispongono su più altezze, così da facilitare l’uscita del pallone a terra, e per offrire alternative al portatore di palla sul gioco lungo: qualche minuto dopo quest’azione, in circostanze identiche, Cionek è costretto a calciare lungo trovando il petto di Petagna. L’attaccante mette palla a terra e cambia gioco a memoria, trovando libero Fares a sinistra, con l’Inter che si era mossa in blocco dal lato opposto nel tentativo di pressing.

L’esempio più clamoroso di questo tipo di azione si svolge subito dopo il gol del primo vantaggio interista. Icardi viene ancora una volta attratto da Gomis, e sopraffatto nel doppio scambio che coinvolge il portiere e Djourou. Su Schiattarella prova per una volta ad alzarsi Borja Valero, ma alle sue spalle, fuori dall’inquadratura, si muovono le mezzali della SPAL. I terzini nerazzurri, bassi e stretti a inizio azione, restano nell’imbarazzo del tenere la posizione nella linea o del seguire l’uomo in zone di campo così profonde. Questa indecisione costa ad Asamoah ogni possibilità di recupero su Lazzari, che parte come un treno sulla fascia dalla sua trequarti, per ricevere il pallone da Missiroli nella trequarti interista. Il colpo di testa di Petagna sul cross di Lazzari concluderà l’azione, impegnando Handanovic in una parata molto complessa. In tutto, la Spal ha impiegato 17 secondi per arrivare dalla rimessa al tiro, grazie all’azione coordinata di tutti gli uomini in campo, portiere compreso.

La circolazione bassa: i casi di Atalanta, Sampdoria e Sassuolo

Anche lo scopo della circolazione bassa è quello di aprire spazi da sfruttare oltre la prima linea di pressione. E in questo fondamentale esistono squadre del nostro campionato estremamente peculiari. L’Atalanta ad esempio allarga subito il gioco per poter permettere al pallone di procedere verso l’alto attraverso le catene di fascia formate da 4 uomini (centrale di fascia, esterno, mezzala e attaccante esterno) in un continuo interscambio di posizione.

Un altro sistema molto elaborato è quello della Sampdoria. Per spiegare l’organizzazione della circolazione bassa adottata dai blucerchiati prenderò in prestito la mimica del corpo di Marco Giampaolo:

Giampaolo sta dicendo ai suoi centrali, Silvestre e Skriniar, di non giocare la palla lateralmente sui terzini, e di andare o corti centralmente, sul regista o sulla mezzala, oppure lunghi, direttamente sulle punte.

La Samp imbastisce l’inizio azione: quando la palla passa da un centrale all’altro, Simeone lascia la marcatura del regista basso a Muriel, ma la sua uscita è tardiva; inoltre Chiesa viene attratto dalla posizione del terzino Sala. Si apre un varco verso la mezzala che Tonelli sfrutta immediatamente.

Indifferentemente dall’altezza di campo dove si svolge l’azione, Giampaolo preferisce aprire un varco verso la mezzala, utilizzando il giro palla gestito dal rombo formato dal portiere, dai due difensori centrali e dal mediano. In questo modo la Sampdoria persegue due scopi: cerca l’uomo al di là della prima linea di pressione avversaria prima possibile, anche rischiando un passaggio in verticale a ridosso della propria area di rigore; evita che la squadra avversaria possa chiudere il terzino in pressing lunga la linea laterale.

La Sampdoria effettua preferibilmente lo scarico sul terzino solo più avanti, quando la squadra sta per abbandonare il terzo centrale del campo, quello che gli allenatori chiamano zona di sviluppo, per attaccare il terzo offensivo, detto zona di rifinitura. In questo modo la Sampdoria dà un'ampiezza alla manovra che, accoppiata con la profondità ricercata dalle punte o dal trequartista, aumenta l’imprevedibilità dell’azione offensiva.

Infine, un’altra squadra che riesce a trasformare la propria circolazione bassa in un’arma è il Sassuolo. Roberto De Zerbi ha iniziato il proprio progetto tecnico da poco tempo, ma ogni mese sta riuscendo ad aggiungere un tassello al suo sistema tattico. E nelle ultime uscite, sempre con più frequenza, Consigli si sta assumendo sempre più responsabilità nella circolazione bassa.

Un po’ come succedeva quando era al Foggia, De Zerbi chiede al proprio portiere di alzarsi tra i due centrali, che a loro volta si allargano come in una classica salida lavolpiana.

In questo caso, sul retropassaggio al portiere, il Genoa allenta la propria pressione perché ormai il Sassuolo è in superiorità numerica. Se un attaccante rossoblù avesse attaccato Consigli, avrebbe aperto un varco in avanti che il portiere avrebbe poi sfruttato.

Il cambiamento di stile del Sassuolo è registrato nei dati del portiere da un anno all’altro. Consigli è oggi il quinto portiere del campionato sia per volume di gioco con i piedi (28,3 passaggi tentati ogni 90 minuti), sia per precisione (72% di passaggi riusciti); inoltre sceglie con la stessa frequenza la giocata sul corto o sul lungo. Lo scorso anno giocava con i piedi meno palloni (25,2/p90), con una precisione inferiore (62%) e con una prevalenza di lanci lunghi (il 72% del totale).

L’atteggiamento del Sassuolo non cambia neanche col sistema di gioco. A seconda dell’avversario, De Zerbi ha scelto di schierare la sua squadra col 4-3-3 o col 3-4-2-1 (o 3-2-4-1 che dir si voglia, a seconda della posizione degli esterni sul campo). I principi di gioco sono rimasti però gli stessi, soprattutto ad inizio azione.

Contro l’Inter, il Sassuolo ha scelto il 4-3-3. La prima impostazione era gestita principalmente dai difensori centrali, coadiuvati dai terzini e dal vertice basso di centrocampo. L’obiettivo era quello di trovare un uomo al di là della pressione interista, preferibilmente ai lati o addirittura alle spalle della coppia di mediani Vecino e Brozovic. Nell’immagine, dopo un giro palla insistito che ha mosso l’Inter da sinistra a destra più volte, il movimento a mezzaluna di Duncan inganna Brozovic e crea lo spazio per il servizio in avanti sulla mezzala neroverde.

Anche contro la Lazio il Sassuolo ha gestito l’inizio gioco principalmente grazie ai centrali difensivi, partendo dal basso e girando il pallone per disordinare l’avversario. In questo caso, però, i due mediani si posizionavano nei mezzi spazi tra i tre attaccanti biancocelesti, in modo da aiutare la progressione del pallone per vie centrali.

Il caso del Sassuolo è esemplare e dovrebbe essere preso in esame da tutte le piccole squadre che cercano di trovare il migliore equilibrio tra difesa e attacco quando iniziano le proprie azioni dal basso. L’ingrediente fondamentale, in ogni caso, sembra essere la condivisione d’intenti tra tutti gli attori in campo: al di là di come si muova il pallone e la squadra, quando i giocatori sono fedeli agli stessi principi si può raggiungere un buon livello di efficacia, anche in poco tempo.

L’autore ringrazia Renato Baldi, collaboratore tecnico di Sinisa Mihajlovic, per aver condiviso con lui alcune riflessioni sul gioco della SPAL.

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