Praticamente nello stesso momento in cui Kylian Mbappé e il Real Madrid hanno ufficializzato il loro rapporto di lavoro, Novak Djokovic infortunato al ginocchio ha battuto al quinto set, dopo quasi quattro ore, il povero Francisco Cerundolo. Alla fine di un incontro in cui è stato semplicemente impossibile capire l’entità del suo infortunio, con una zoppia che andava e veniva quasi solo per fare da contrasto e risaltare momenti di accecante brillantezza, Djokovic si è rivolto al pubblico del Roland Garros in francese. «Non ho spiegazioni», ha detto, parlando di un’altra vittoria ai limiti delle possibilità umane e fisiche, «tranne voi».
Si è fatto davvero così male al ginocchio? Il pubblico lo ha davvero aiutato (una parte, oltretutto, ha continuato a tifargli contro anche quando Cerundolo provava a svangarla a suon di palle corte e pallonetti sperando di mandare in pezzi il ginocchio di Djokovic)? Merito degli antidolorifici, oppure la mente può essere così forte da condizionare persino le prestazioni di un ginocchio infortunato? Chi lo sa. Ma siccome Djokovic crede a tutte queste cose, come un attore totalmente preso dalla propria parte, un pochino ci crediamo anche noi. Abbiamo assistito a una sovrannaturale prova di resistenza o a un giochetto mentale? Probabilmente, a entrambe le cose. In ogni caso, proprio pochi minuti fa, il serbo si è ritirato dal torneo.
Nel frattempo Kylian Mbappé pubblica foto risalenti al dicembre 2012, quando, tredicenne, aveva fatto un provino a Madrid, posando con la tuta del Real e anche insieme al suo idolo, Cristiano Ronaldo. Il testo del post è in spagnolo e parla di sogni che si avverano, proprio come il post che gli dedica il suo brand di riferimento, Nike, in quelle stesse ore. Il Real Madrid è uno dei club più affascinanti al mondo, specie per un ragazzino cresciuto alla periferia di Parigi quando in Francia dominavano squadre come Lione e Marsiglia. Ci sono le sue foto da bambino, foto vere, con tutte le dita, eppure in questo caso, dato che Mbappé per primo non sembra crederci fino in fondo, non ci crediamo neanche noi. Non c’è niente di ambiguo in Mbappé, in campo e fuori lui è la pura e semplice espressione del proprio potere.
Ci sono scelte troppo paracule per poterle comunicare in altro modo. Kylian Mbappé ha preferito la squadra più forte al mondo, quella in cui poter finalmente vincere la Champions League o comunque un campionato percepito come più competitivo di quello francese; ha deciso, cioè, di cambiare compagni di squadra, dirigenti, forse c’entra persino qualcosa la città, il Paese, che lascia, come se loro non fossero alla sua altezza. Più che un sogno che si avvera sembra il capriccio che viene accontentato, al limite la fusione tra due multinazionali, oltre che la dimostrazione che alcuni calciatori sono più grandi di alcune tra le migliori squadre al mondo.
Messa così, nel contesto della quindicesima Champions League vinta dal Real Madrid senza neanche dominare come ci aspetterebbe, sembra tutto troppo scontato. L’unico angolo interessante da cui guardare quest’operazione è quello dei pessimisti, di chi in sottofondo all’ovvia eccitazione di chi prova a calcolare la somma algebrica dei talenti a disposizione di Ancelotti, si chiede: e se qualcosa andasse storto?
Al di là delle grandi aspettative che legittimamente si avranno e che anzi si comincia già ad avere - Marcelo e persino Militao hanno commentato l’arrivo di Mbappé tirando in ballo, già oggi, la possibile “Sedicesima” - e senza diventare troppo filosofici e chiedersi se davvero i talenti possono sommarsi come numeri alla lavagna (Mbappé + Vini Jr. + Bellingham etc.), Mbappé arriva al Madrid dopo quasi due anni di insoddisfazione tattica, oltreché ambientale.
Nell’ottobre del 2022, con ancora Christophe Galtier in panchina, dopo uno 0-0 con il Reims in cui era stato schierato al centro dell’attacco con Soler e Sarabia ai lati, Kylian Mbappé ha commentato su Instagram usando l’hastag #pivotgang. Dove “Pivot”, in francese, sta per il ruolo di centravanti. Un mese prima, dopo una partita in Nazionale con l’Austria, Mbappé aveva parlato del modo diverso in cui lo faceva giocare Deschamps vicino a Giroud, rispetto al modo in cui giocava quando aveva come compagni Neymar e Messi.
«Qui mi chiedono cose diverse da quelle che mi chiedono con il club. Ho molta più libertà, qui. Con un numero 9 che occupa la difesa, posso girare per il campo, smarcarmi nello spazio, chiedere il pallone. A Parigi è diverso, mi chiedono di fare il pivot».
Appena l’estate prima, Mbappé aveva rinunciato a un passaggio al Real Madrid che già allora sembrava fatto, su spinta di Macron e in cambio di quel bonus “fedeltà” di 80 milioni che il presidente Nasser Al Khelaifi gli aveva garantito a ogni rinnovo.
Da quel giorno è chiaro che Mbappé non ama giocare al centro dell’attacco. Per provare a venire incontro alle sue esigenze, la scorsa estate il PSG ha comprato non uno ma bensì due centravanti: Gonçalo Ramos e Kolo Muani. Eppure, ancora di recente, con Luis Enrique in panchina, ha coperto occasionalmente quella posizione. Nella sua ultima partita in assoluto con il PSG, la vittoria in Coppa di Francia contro il Lione (2-1), ha giocato al centro di un tridente con Dembélé e Barcola.
Così aveva fatto nella semifinale di andata con il Borussia Dortmund (anche dopo l’ingresso in campo di Kolo Muani, entrato a sinistra) e al ritorno con il Barcellona. Certo resta una minaccia in quella posizione, anzitutto con i suoi tagli profondi verso sinistra, ma più in generale ogni volta che ha la palla tra i piedi con la fronte rivolta verso la porta avversaria, ma è meno influente sul gioco della sua squadra, anche per limiti suoi negli smarcamenti, e nella protezione e gestione della palla quando invece è spalle alla porta.
Lo scorso dicembre, dopo una brutta partita contro Nantes, il commentatore francese Daniel Riolo aveva detto che sarebbe dovuta finire la “fissazione” di far giocare Mbappé come numero 9. «Non è abile di testa, non è bravo spalle alla porta. È un giocatore che deve scappare e prendere la profondità». Dopo la partita successiva, contro il Lille (in cui Mbappé ha segnato su rigore ma non ha esultato), sulla piattaforma a bordocampo di Amazon Prime è stato chiesto direttamente a Luis Enrique se preferisse Mbappé al centro o largo a sinistra. E Lucho, con gli occhi sgranati e un pizzico di ironia, ha risposto: «No, no. Kylian gioca dove vuole lui. Ha totale libertà».
Poche settimane dopo, entrati negli ultimi sei mesi di contratto, Mbappé è stato libero di trattare con il Real Madrid e i rapporti con il PSG e il suo allenatore hanno iniziato a incrinarsi, fino al punto in cui Luis Enrique, a marzo, ha detto esplicitamente che il PSG doveva «abituarsi a giocare senza di lui».
Ma quando Mbappé ha giocato, appunto, i dubbi sul suo utilizzo sono rimasti. Anche quando ha giocato nel “suo” ruolo, esterno a sinistra, come nella partita di ritorno con il Borussia: perché Mbappé ha caratteristiche peculiari che in questi sette anni a Parigi si sono sempre più acuite, non è solo una questione di dove riceve palla, ma anche di come.
Le Parisien ha chiesto all’ex madridista Nicolas Anelka cosa ne pensasse dell’arrivo in Spagna di Mbappé: «È esattamente quello di cui ha bisogno», parlando poi di una squadra che gioca in velocità e di calciatori abituati a giocare insieme. «A questo va aggiunta l’intelligenza di Ancelotti che lo integrerà alla perfezione e abbiamo davvero il cocktail perfetto. Kylian passeggerà al Real. E i gol si accumuleranno».
Che Ancelotti possa trovare una soluzione non ci sono dubbi, ma integrare Mbappé non sarà così facile. In questi mesi ci si è concentrati soprattutto sulle questioni contrattuali e le eventuali ripercussioni nello spogliatoio madridista - sarà il giocatore più pagato, con un bonus alla firma di 130 milioni e un contratto favorevole anche sui diritti d’immagine per ripagarlo del fatto che, comunque, al PSG guadagnava di più - ma sarà in campo che si vedrà se quello tra Mbappé e il Real Madrid, che si sono tanto desiderati, è davvero un bel matrimonio.
Mbappé non ama le situazioni statiche, non ha grandissima creatività e non è molto associativo. È un finalizzatore d’élite, uno dei due o tre migliori in assoluto davanti alla porta, ma deve partire da lontano, con del campo davanti, e una volta che ha la palla tende a non restituirla ai compagni se non costretto. Se fissa la sua posizione largo a sinistra rischia di uscire dal gioco, ha bisogno di accentrarsi e persino di venire incontro alla palla, di sentirsi coinvolto nello sviluppo dell’azione, pur non aggiungendo granché in quelle fasi.
E poi non difende. Tutti gli allenatori che lo hanno avuto al Paris Saint Germain hanno dovuto trovare il modo per equilibrare il resto della squadra tenendo presente il suo scarso contributo difensivo, a volte chiedendo a un suo compagno di difendere letteralmente al suo posto. A inizio stagione - ad esempio nella partita di Parigi con il Milan, finita 3-0 per i francesi - era Vitinha ad allargarsi per coprire il buco lasciato proprio da Mbappé, e a compensare i momenti in cui invece si allargava stringendo la posizione vicino a Kolo Muani.
Chi, tra i giocatori del Madrid, si presterà a un tale sacrificio in suo onore? Quest’anno, spesso, è stato Bellingham a restare più in alto, ma succedeva quando occupava nominalmente la posizione di centravanti. Cosa che, appunto, sarebbe meglio evitare di far fare a Mbappé. A sinistra, però, ci sarebbe Vini Jr., che certo può giocare anche più al centro, come fatto ad esempio nelle due semifinali contro il Manchester City, ma in quel caso Rodrygo, che giocava largo a sinistra, difendeva anche.
Al momento è difficile immaginare Vinicius Jr. a compensare i movimenti di Mbappé, con e senza palla, non tanto per ragioni di status, quanto piuttosto perché così facendo rischierebbe di diminuire la sua di influenza sul gioco della squadra. Ovunque abbia giocato quest’anno, quando ha giocato, Vinicius Jr. è stato il giocatore più importante del Real Madrid. Per ora, salvo smentite (che possono arrivare solo dopo averli visti in campo insieme) è lui quello intorno a cui costruire l’equilibrio della squadra, non Mbappé.
Ma è possibile che tra i due ci sia un bel rapporto, paritario. Dalla sintonia con Vinicius Jr. passerà la riuscita di Mbappé anche sul piano tattico, proprio per la sua tendenza a giocare come una seconda punta sul centro-sinistra, converrà quindi anche al francese adattarsi, pur essendosi abituato al fatto che sono gli altri ad adattarsi a lui. Forse a pagare il suo ingresso, tatticamente parlando, saranno Rodrygo (in teoria quello più indicato a fargli posto) e Fede Valverde, grande equilibratore, a destra, negli anni passati con Benzema. Oltre a Bellingham, a cui forse toccherà tornare a centrocampo, e a Endrick, che forse dovrà aspettare con pazienza il momento giusto per prendersi la ribalta.
Stando alle fonti di The Athletic, i dubbi più grandi nella dirigenza del Real Madrid non erano di carattere economico ma, appunto, tecnico. In fin dei conti - si chiedeva qualcuno vicino a Florentino Perez, che però non era Florentino Perez, il più convinto di tutti, forse anche per motivi d’orgoglio, per il rifiuto di due anni fa - il Real Madrid non stava bene anche senza Kylian Mbappé?
Per Kylian Mbappé, però, al di là del marketing più retorico, è esattamente il contrario di un sogno: è il risveglio dopo la lunga notte di Parigi, il confronto con la realtà in cui vivono tutti i calciatori, fatta di compagni di squadra che non sono tuoi dipendenti o sottoposti.
Chissà, magari Mbappé si esalterà, si dimostrerà flessibile e generoso come raramente è stato finora, migliorerà persino e diventerà ancora più forte di quanto non lo sia già. Questo sì, per noi semplici osservatori e appassionati, sarebbe un sogno.