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Come sono cambiati i tiri negli ultimi 10 anni
30 mar 2020
Le statistiche spiegano in maniera chiara come è cambiato il modo di attaccare.
(articolo)
6 min
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La grafica pubblicata dall’analista americano Kirk Goldsberry ha reso evidente una tendenza del basket contemporaneo che era già chiara a tutti, più o meno. Il tiro da tre ha spostato gli equilibri nella pallacanestro e ha alterato il gioco da un punto di vista strategico in maniera evidentissima.

I tiri dieci anni fa, i tiri oggi

Non tutti avranno notato, invece, che anche il calcio europeo ha avuto un’evoluzione simile a quella del basket NBA, e che le strategie offensive sono cambiate: oggi, rispetto a dieci stagioni fa, le zone di campo che le squadre tendono ad attaccare di più sono molto diverse.

Il grafico mostra tutti i tiri effettuati durante azioni di gioco regolare nella stagione 2010/11, a sinistra, e in quella 2019/20, a destra. Le competizioni in esame sono: i cinque maggiori campionati di Inghilterra, Spagna, Germania, Italia e Francia, ai quali si aggiunge la Champions League.

Ogni pallino rappresenta almeno un tiro. In viola sono rappresentate le posizioni di tiro meno frequenti. La scala dei colori si accende via via fino al giallo: maggiore è il numero di tiri presi dalla stessa posizione, più chiaro è il colore del pallino.

Come si vede, tutte le squadre, nell’arco di quasi dieci anni, hanno aumentato il numero di tentativi dal centro dell’area di rigore. Non solo: la rosa dei punti è a destra più larga rispetto a quella di sinistra, ovvero nella stagione 2010/11 si tirava da una distanza mediamente superiore rispetto alla stagione 2019/20. Si è passati infatti da una media di 21 metri per tiro ad una di 19,3 metri per tiro, una variazione dell’8%.

La tendenza a ridurre la distanza di tiro dalla porta è ancora più evidente se restringiamo l’analisi alle migliori quattro squadre di ogni competizione.

Grazie al maggiore tasso tecnico, già nella stagione 2010/11 i top team tentavano di raggiungere posizioni di tiro più redditizie. Una “piccola”, che difendeva con un blocco basso per la maggior parte del tempo, una volta che aveva la possibilità di occupare la metà campo avversaria, cercava il tiro prima possibile. Una “grande”, posta nelle stesse condizioni, era propensa a effettuare qualche passaggio in più per poi trovare il tiro da una posizione migliore.

Nella stagione 2019/20, i top team hanno cercato il tiro dall’interno dell’area di rigore con ancora maggiore insistenza.

Questo secondo grafico mostra la frequenza di tiro in relazione alla distanza dalla porta. I tiri delle migliori squadre da una distanza inferiore ai 25 metri dalla porta oggi sono più frequenti del 20% rispetto alle migliori squadre di dieci anni fa. La stessa percentuale è confermata anche tenendo in conto tutte le squadre. Si può notare soprattutto un incremento evidente dei tiri dai 15 ai 20 metri di distanza.

Due ipotesi per spiegare il cambiamento

Quindi le squadre – tutte, ma in particolar modo le più forti – adoperano strategie per arrivare al tiro da una distanza minore che in passato. Ma cosa ha provocato questo cambiamento?

A un livello macroscopico come questo si possono fare solo delle ipotesi. Io ne ho due. In passato era più frequente vedere in una partita un’alternanza di fasi statiche di attacco e difesa. Le strategie di pressing e contropressing implementate nel corso degli anni hanno reso più frequenti le fasi di transizione. Aggredire una squadra che è sbilanciata nel tentativo di organizzare la propria fase d’attacco, oppure riconquistare palla nelle zone alte del campo, offre più possibilità di penetrare in area di rigore.

Le abitudini del nostro campionato forniscono una prova statistica a sostegno di questa ipotesi. La Serie A è ancora oggi il campionato in cui le squadre tirano più spesso dalla lunga distanza. Una squadra italiana effettua in media 11,7 tiri dalla distanza, più che in ogni altra nazione. Manteniamo il primato che già avevamo nel 2010/11, quando la quantità di tiri da fuori era pari a 13,6, il 16% in più. La tendenza al ribasso è comune a tutti i campionati maggiori. In Premier League, ad esempio, il cambiamento è stato drastico: in dieci stagioni si è passati da 12,8 tiri da fuori agli attuali 9.

Il nostro è un campionato in cui l’intensità della pressione è meno forte che in altri. Quindi, più spesso che altrove, le squadre italiane devono tentare la conclusione dalla distanza, nella difficoltà di scardinare un blocco basso che si è chiuso a protezione dell’area di rigore.

La seconda causa ipotizzata del cambiamento innescato nel calcio è l’invenzione degli Expected Goals. Di fronte alla dimostrazione fornita dallo strumento statistico che è più conveniente tirare da certe posizioni piuttosto che da altre, gli allenatori hanno semplicemente adeguato le loro strategie. Soprattutto nei top club, gli staff sono attenti ad ogni aspetto della preparazione e del gioco, per poter ottenere un piccolo vantaggio sugli avversari. Arsene Wenger all’inizio della stagione 2016/17 analizzava la prestazione della propria squadra con queste parole: «Sono tranquillo, stiamo solo segnando meno di quanto avremmo dovuto». Pep Guardiola, un anno fa, descriveva la strategia del Manchester City come tesa a trovare tiri da posizione di alto valore. È chiaro che entrambi si stessero riferendo a concetti che descrivono la natura e l’utilizzo degli Expected Goals.

È già successo nella storia del calcio che una statistica, nata per studiare il gioco, finisca per influenzarlo. Le teorie di Charles Reep – il primo vero e proprio analista calcistico attivo fin dagli anni Cinquanta – sull’importanza del ridurre il numero di passaggi per arrivare al tiro, portarono in Inghilterra alla nascita delle long ball, il calcio “palla lunga e pedalare” che caratterizzò la First Division fino all’avvento degli allenatori continentali con la nascita della Premier League.

A cambiare è tutto il calcio

Non è solo la scelta della posizione di tiro ad essere cambiata. Nel grafico sopra sono riportate le posizioni da cui sono partiti i passaggi che hanno prodotto un tiro, a sinistra nella stagione 2010/11, a destra nella stagione 2019/20. Con lo stesso principio di prima: in viola sono rappresentate le posizioni di passaggio meno frequenti, e poi via via quelle più frequenti fino al giallo.

Come si vede, il grosso dei tentativi di assist nel 2010/11 era effettuato sulla trequarti campo, nella zona centrale davanti all’area di rigore. Dieci anni dopo, le strategie delle squadre sono cambiate. Il maggior numero di tentativi si è spostato più in avanti: il baricentro medio di un passaggio chiave è passato da 73,2 metri a 75,2 metri. Quello che è più importante è che la zona centrale del campo non è più quella prediletta.

La maggior parte dei tentativi di assist ora passa per gli half spaces. Quando un avversario riceve palla negli half spaces, la squadra che difende deve reagire modificando la propria struttura fino a renderla potenzialmente vulnerabile, più che in altre situazioni di gioco.

Di stagione in stagione, le squadre hanno cambiato le proprie strategie perché hanno ritenuto più efficace attaccare zone di campo diverse. Dal passaggio al tiro, dal miglioramento delle capacità atletiche dei calciatori, alla raffinatezza delle loro scelte in fatto di tattica individuale, il calcio continuerà a cambiare sotto ai nostri occhi.

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