Nella seconda puntata di All or Nothing Juventus Leonardo Bonucci, scherzando ma non troppo, dice che Gianluigi Buffon avrebbe fatto in tempo «a giocare anche con i miei di figli». Parlavano del fatto che il portiere, dopo aver giocato con Enrico Chiesa ai tempi del Parma, stava affrontando la sua 26esima stagione tra i professionisti insieme al figlio Federico Chiesa. Come già alla fine della stagione 2017/18, in quei giorni c’era nell’aria la sensazione che sarebbe stata l’ultima per lui. Il più dopotutto era stato fatto: contro il Torino Buffon era diventato il giocatore con più presenze nella storia della Serie A, contro la SPAL quello con più presenze con una singola maglia di club. Qui e lì aveva superato altri record di longevità, come ovvio. Era stato il primo giocatore a scendere in campo in Champions League in almeno quattro decenni consecutivi, il più anziano a parare un rigore in Serie A. A fine stagione era arrivata un’altra Coppa Italia, la sesta, anche questo un record.
Già a maggio, però, l’idea di smettere si era trasformata in dubbio: «O smetto di giocare o se trovo una situazione che mi dà stimoli per giocare o fare un’esperienza di vita diversa la prendo in considerazione» aveva annunciato, lasciando intendere che con la Juventus era davvero finita questa volta, ma, forse, non con il calcio. Nelle settimane successive lo spiraglio era diventato una portone, con Buffon a sfogliare la margherita delle proposte come un qualunque svincolato. Alla fine la scelta era ricaduta su Parma, una scelta che solo apparentemente era perfetta. I tifosi avevano contestato la narrazione eroica del gesto di Buffon, con uno striscione che lo accusava di essersene andato da mercenario. Senza entrare nel merito, il fatto che la contestazione abbia riguardato episodi lontani 20 anni e non il rischio che potesse essere un’operazione macchiettistica spiega il credito di Buffon come portiere a un età in cui nessuno si era ancora spinto (anche il suo idolo, N'Kono, aveva chiuso la carriera a 42 anni).
Scegliendo Parma Buffon era sceso sì in B, ma sposando un progetto che era sembrato subito vincente. La nuova proprietà americana aveva scelto un allenatore in rampa di lancio, Enzo Maresca ex compagno di Buffon due anni più giovane, prelevandolo dalla panchina del Manchester City U23, dove si era formato sotto l’ala di Guardiola - con cui può vantare anche una vaga somiglianza fisica. Oltre al portiere erano arrivati altri veterani di esperienza, come Danilo dal Bologna e addirittura Franco Vazquez dal Siviglia, che si aggiungevano a un gruppo di livello che in attacco può contare su Dennis Man e Roberto Inglese, un talento quotato a livello europeo e un affidabile attaccante da Serie A.
Mentre aveva le attenzioni tutte per lui, Buffon ci ha tenuto a specificare che la sua non era un'operazione solo romantica o nostalgica, o persino uno spot promozionale. «Prima di decidere ho ascoltato la mente per capire se avevo ancora le energie necessarie alla sfida, poi il cuore, perché senza cuore non puoi vincere neppure a briscola» aveva raccontato a Repubblica in estate, aggiungendo che «Non avrei mai creduto di poter giungere a 43 anni con questa integrità fisica e psichica, il regalo più grande che mi sono fatto è stato sorprendere me stesso».
C’è spesso una difficoltà nel chiudere la carriera quando parliamo di sportivi di questo livello, ma per Buffon il tempo sembra addirittura essere tornato indietro. Se negli ultimi due anni in bianconero aveva accettato un ruolo più da garante, giocando poche partite per la propria legacy e dando l’idea di star preparando un futuro da dirigente, al Parma Buffon è tornato per fare il “primo portiere”, per giocare davvero, e giocare tanto. Quella del Parma però non è sembrata una scelta fuori di testa: nell’ultima stagione con la Juventus, Buffon aveva tenuto una percentuale di parate dell’86,1%, la migliore in carriera (certo un dato condizionato dalle poche partite e spesso non contro le squadre più forti). In campo aveva un'aria concentrata e presente, con prestazioni di buon livello. L’esordio in B contro il Frosinone era stato però pesante: all’89esimo, con il Parma avanti per 2-1, Buffon si era buttato in maniera poco reattiva su un colpo di testa non inafferrabile di Charpentier, che aveva sbattuto contro il palo ed era entrato pareggiando la partita.
La goffezza dell’intervento, per un portiere abituato a muoversi tra i pali come un delfino nell’acqua, aveva i contorni del monito. I social avevano ironizzato, gli opinionisti nicchiato, non era stato un bello spettacolo. L’unico a non fare una piega era stato Buffon, che da quel momento ha alzato il volume delle sue prestazioni, ultimo baluardo di una squadra che invece fatica non poco. Se il Parma è rapidamente scivolato verso la mediocrità - al momento occupa il 14esimo posto in campionato e il giovane Maresca è stato sostituito dalla vecchia volpe Iachini - Buffon si è rimesso presto in carreggiata e oggi è una delle poche certezze della squadra.
Già nella partita successiva, contro il Benevento, prima aveva respinto un tiro forte e secco da dentro l’area di rigore di Calò andando giù rapidissimo, poi pochi secondi dopo aveva toccato con la punta delle dita un diagonale stretto di Improta - con quella tecnica che ha lui di rimanere in piedi con le ginocchia piegate. Dopo aveva esultato come un forsennato.
Con la fascia da capitano al braccio e la voce profonda che ben conosciamo, Buffon estende la sua presenza su tutte le partite del Parma, con le sue parate, ma anche con le sue urla e i suoi incitamenti. Al momento è il giocatore della rosa ad aver collezionato più minuti in campo e se non è una rarità per un portiere, deve esserlo per un portiere di 43 anni. Ma non è solo la presenza: Buffon viene sollecitato come non mai. A questo punto della stagione le statistiche difensive del Parma sono disastrose (e forse questo ha spinto la società ad affidarsi a Iachini): è la squadra ad aver subito più tiri in porta di tutta la Serie B, 80, la seconda per percentuale di tiri in porta sul totale. Se è “solo” la sesta peggior difesa del campionato - 19 gol subiti in 14 giornate - il merito è anche di Buffon. Abituato per tutta la carriera a giocare in squadre che prendevano tiri col contagocce, Buffon si è dovuto adattare rapidamente a questa nuova realtà. Al momento le parate effettuate sono 56, ben 8 in più del secondo (Gori del Como); la percentuale di riuscita è del 77,9%, la quarta migliore della Serie B (tutti dati Statsbomb).
I numeri aiutano a non farsi fregare dalla mistica che accompagna Buffon. La sua storia, quello che ha vinto e parato in una carriera ultra ventennale, spingerebbe forse a mitigarne il giudizio, far pesare un suo intervento più di quanto non si farebbe pesare quello di un altro portiere. È anche vero, d’altra parte, che è difficile non essere almeno un po’ diffidenti verso un atleta che a 43 anni è convinto di poter ancora competere a livello professionale. Eppure pochi mesi fa Tom Brady, alla stessa età, ha vinto il Super Bowl da protagonista; Ibrahimovic continua, pur a fasi alterne, a far pesare il proprio talento in Serie A; Federer è convinto di poter tornare a giocare, seppure martoriato da un problema al ginocchio.
Il ruolo di Buffon, da questo punto di vista, è particolare. A un portiere non è richiesto di coprire enormi porzioni di campo o di partecipare al pressing, tuttavia non può avere alti e bassi, non può assentarsi da una partita perché il suo fisico non dà le risposte che dovrebbe. In questo Buffon si sta dimostrando molto affidabile. Pur avendo perso parte di quella reattività spaventosa che gli ha permesso di essere il miglior portiere al mondo per molti anni, in qualche modo ne ha conservato una forma ridotta, ma abbastanza efficiente per il contesto in cui si trova. Guardate questo doppio intervento, un po’ un marchio di fabbrica: Buffon è rigido nell’esecuzione, ma ha la prontezza per non farsi sopraffare dai limiti atletici.
A vedere le sue partite fin qui, tolto l’errore col Frosinone, Buffon ha parato più o meno tutto quello che poteva parare. Gli si può imputare una qualche imprecisione nelle respinte e, generalmente, il fatto che non provi quasi mai la presa è il segno di una volontà di non rischiare nulla, anche se a volte finisce per restituire il possesso agli avversari. Forse esce dai pali meno di quello che potrebbe e, certamente, l’età influisce sulla sua capacità di coprire tutta l’area di rigore. Insomma, dei limiti ci sono, dei limiti che è difficile accettare per un atleta che ha definito il ruolo, ma Buffon sta anche regalando momenti vintage.
Contro il Cittadella ha tolto dall’angolino un colpo di testa con una parata delle sue; pochi minuti dopo ha parato un rigore ad Antonucci. Se spesso dagli undici metri le colpe dell’errore possono ricadere su chi tira, Buffon era stato "un gatto", come si dice dei portieri giovani e scattanti, non di quelli anziani ed esperti. La sua statistica sui rigori è interessante, anche perché - quando era il miglior portiere al mondo - era l’unico appunto che gli facevano. In questa stagione ne ha parati 3 su 6, con il caso particolare della partita di Cremona: prima ha parato il rigore di Di Carmine, poi sulla ripetizione l’attaccante ha calciato fuori, e non si può pensare che il fatto di trovarsi davanti Buffon non abbia influito.
La sua presenza in campo in Serie B rimane comunque una di quelle cose a cui è difficile abituarsi: finora ha preso gol da giocatori che potrebbero essere - anagraficamente - suoi figli, diviso il campo con figli dei compagni, subito per la prima volta in carriera 4 gol in un tempo. Era mai stato quattordicesimo in classifica? Non credo. Nulla di tutto ciò comunque sembra preoccuparlo. Certo, forse ipotizzava di fare un anno di B e poi salire per un - ultimo? - glorioso giro in Serie A, ma a questo punto sembra difficile. Come sarà il finale di Buffon? Impossibile dirlo: pochi giorni fa ha detto di sentirsi più forte rispetto a 12 anni fa «o, perlomeno, incido di più che non vuol dire essere più forte o meno forte»; quando gli chiedono del Mondiale in Qatar gli si illuminano gli occhi, sarebbe il sesto record assoluto, quello che ha mancato 4 anni fa. Certo l’Italia deve prima qualificarsi e portarlo sarebbe una specie di omaggio in vita. Tuttavia, che ci riesca o meno, Buffon è ancora, come un tempo, il più consapevole del proprio valore. Se a 43 anni continua a giocare è perché può farlo; se potrà farlo anche a 44 anni, sarà lui a farcelo sapere.