Juventus–Bayern Monaco era attesa come la sfida più interessante degli ottavi di Champions League e non ha tradito le attese, ci ha ricordato quanto sia speciale questa competizione, quanto sia capace di esaltare ogni aspetto del gioco del calcio: tecnico, tattico, fisico e psicologico.
Solo in Champions League è possibile vedere a confronto quella che è probabilmente la squadra che meglio attacca al mondo contro una delle due migliori difese d’Europa (tirate la monetina con l’Atlético di Simeone per scegliere). Ad aumentare l’aspettativa su questa partita anche lo stato di forma delle due squadre: la Juventus arrivava sull’onda di 16 risultati utili consecutivi e una fiducia nei propri mezzi alle stelle; il Bayern, invece, che dopo la pausa invernale ha ricominciato a giocare solo da un mese, e forse nella prima gara chiave dell’anno non poteva sfoggiare il meglio delle proprie potenzialità atletiche. Un contesto (anche se la forma conta solo fino a un certo punto, come ha più o meno detto Guardiola) che contribuiva a riequilibrare le forze in gioco.
L'unico neo in quella che per alcuni, e con qualche ragione dalla loro, è stata come una finale, è stato il fatto che nessuna delle due squadre ha potuto schierare il proprio undici titolare. L’assenza di Chiellini ha costretto Allegri alla difesa a quattro (Rugani, unico altro centrale disponibile, non è stato ritenuto all’altezza di partite di questo livello, come già successo con il Napoli) e dall'altra parte Guardiola è stato costretto a far giocare come centrali di difesa Alaba (terzino, ala, tuttocampista dinamico) e Kimmich (21 anni, centrocampista). E forse proprio la sfida scudetto con il Napoli ha influenzato le scelte di Allegri, che nei piani iniziali sembrava voler contrastare la valanga offensiva del Bayern togliendole la profondità, e magari anche il centro dell’area, zona dove arrivano i cross degli esterni e su cui vanno a caccia Lewandowski e Thomas Müller. Un progetto difensivo simile a quello applicato per arginare Higuaìn, che però era uno solo.
Allegri aveva, probabilmente, anche studiato la scelta del Bayern di cercare la superiorità numerica attraverso l’esterno d’attacco, e per togliere a Guardiola quest’arma tanto efficace ha deciso di nuovo di scendere in campo con il 4-4-2 asimmetrico: con Pogba sul centro-sinistra (primo punto di appoggio una volta recuperata palla centralmente), e Cuadrado a destra (con il doppio compito di stare vicino a Lichtsteiner per non lasciare l’uno contro uno costante a Douglas Costa e al contempo di attivare la transizione offensiva con la sua capacità di portare palla e dribblare). Per proteggere l’area è stata scelta una difesa a zona con l’uomo come punto di riferimento, così da avere comunque controllo dell’uomo più vicino senza però perdere la flessibilità rispetto alla posizione del pallone e allo schieramento avversario.
Con il pallone a Robben sulla fascia Evra lo prende in consegna con Pogba posizionato per evitare filtranti. Dybala si trova nella zona di Lahm e Marchisio non perde di vista Müller e il pallone.
Il sistema di aiuti sugli esterni comprende Cuadrado che evita che Douglas Costa possa involarsi sulla fascia e Bonucci in copertura su l’ottimo filtrante del Brasiliano per il taglio verso l’esterno di Bernat. Copertura per altro riuscita.
Rispetto alla gara di Napoli, però, accanto a Dybala c'era Mandzukic, una scelta per certi versi contro-intuitiva: con un avversario che si supponeva giocasse riversato nella propria metà campo, alla Juventus forse avrebbe fatto comodo la capacità di attacco della profondità di Morata. In questo modo l’idea di colpire gli avversari con verticalizzazioni veloci una volta recuperato il pallone è sembrata poco percorribile. D’altra parte, però, Mandzukic poteva mettere a disposizione la propria attitudine da “attaccante difensivo”, ovvero l’intensità nella pressione e la ricerca continua del contrasto, importante soprattutto contro una difesa dall’altezza media di 172 cm (!) e priva di difensori centrali di ruolo. La scelta di Mandzukic, quindi, doveva prevedere una Juve alla ricerca almeno della prima pressione sui centrali del Bayern, per evitare di rimanere troppo schiacciata al centro.
La scelta tra Morata e Mandzukic deve essere stata parte delle riflessioni pre-gara anche di Guardiola, che si gioca talmente tanto da questo doppio scontro da non potersi permettere neanche la giustificazione di una difesa così improvvisata. Il ritorno di Benatia dall’infortunio era troppo recente per poterlo vedere in campo dal primo minuto, e allora Guardiola ha schierato quella che più che una difesa è sembrata come un manifesto di intenti: il Bayern vuole giocare nella metà campo della Juventus, talmente in avanti da non poter neanche presentare problemi a tenere la linea del fuorigioco unita, visto che oltre la metà campo non esiste fuorigioco. Se il pallone dovesse finire tra i piedi di un attaccante della Juve, il Bayern si troverebbe - nella migliore delle ipotesi - a dover correre all’indietro in parità numerica. E nella peggiore a correre all’indietro con il solo Neuer isolato.
Guardiola, consapevole di non poter difendere in area di rigore, ha deciso di tenere il pallone e di spostare tutto il baricentro dell’incontro nell’area della Juve, rendendola l’unico bersaglio delle attenzioni dei bianconeri.
Una tesi sulle linee di passaggio
Fin dall’inizio è chiaro che il sistema del Bayern non può essere descritto attraverso i numeri. Quello che la grafica rappresentava come un 4-1-4-1 con quattro esterni - Vidal davanti alla difesa e Lewandowski davanti a Müller e Thiago – appare sul campo solamente nei primi minuti in cui i bavaresi studiano come ha deciso di difendersi la Juventus. Una volta passati i primi minuti, nei quali i bianconeri giocano a un ritmo molto alto, il Bayern prende il controllo tattico e tecnico della partita. E una volta appurata la totale assenza di profondità, consapevole di poter arrivare in area solo attraverso il cross, Guardiola e i suoi giocatori mettono in opera, allo Juventus Stadium, un sistema che potrebbe fare da tesi sul concetto di “linea di passaggio”.
Il capitano del Bayern con la palla nella posizione favorita di mezzala destra ha ben 4 giocatori liberi da poter raggiungere con un passaggio corto attorno, più Costa e Robben liberi da raggiungere con uno lungo e Müller che sta studiando lo spazio per posizionarsi libero anche lui in verticale. L’uomo con il pallone quindi può scegliere tra 7 diverse opzioni di passaggio su 4 linee diverse.
Senza spazio tra la linea di difesa e il portiere avversario in cui correre e indirizzare il pallone, l’idea di arrivare in area con le verticalizzazioni deve essere abbandonata e al suo posto va cercato un gioco di posizione in grado di garantire sempre più linee di passaggio libere a chi ha il pallone. Le uniche posizioni fisse sono quelle dei due giocatori che giocano larghi, larghissimi: a sinistra Douglas Costa e a destra Robben; oltre a quella di Vidal, che si abbassa fino a essere il libero della squadra, unico al centro del cerchio di centrocampo con Alaba e Kimmich a suo fianco e non in linea. Quelli che dovrebbero, teoricamente, essere i centrali difensivi giocano con libertà di avanzare fino a che un avversario non gli si frappone e solo a quel punto lasciano andare il passaggio.
Kimmich ha la palla e le solite minimo 3 opzioni libere attorno. Il vero protagonista della foto però è Vidal, il migliore in campo, nessuno ha fatto tanti passaggi positivi quanto lui (109), neanche tanti lanci positivi (9), palle recuperate (8) e palloni intercettati (4). Da leader poi riprende Alaba indicandogli di avanzare dove richiesto da Pep.
Ad aggiungere una linea di passaggio a centrocampo ci pensano i due (sempre teorici) terzini Lahm e Bernat, con il primo che si occupa della gestione del possesso sul centrodestra, fornendo da appoggio sia alla difesa che al reparto offensivo, e il secondo che, invece, si accentra con il compito di recuperare le seconde palle e curare la teorica transizione negativa (cioè stare attento agli uomini liberi della Juventus che possono ripartire con la palla).
Il movimento di Bernat non viene coperto da Alaba, che si accentra fino a lasciare un vuoto alle spalle di Douglas Costa, uno spazio poi occupato da Cuadrado, cioè l’arma tattica di Allegri nelle transizioni offensive. A coprire le avanzate di Bernat, in realtà, doveva pensarci Thiago Alcantara con un movimento in diagonale bassa dalla trequarti sinistra alla fascia. Lo spagnolo aveva il ruolo delicatissimo di abbinare la presenza in fase di possesso con una concentrazione massima nella fase difensiva. L’uomo dell’ultimo passaggio era allo stesso tempo il giocatore più importante per disinnescare la transizione offensiva della Juventus.
La palla è sulla fascia destra e l’attenzione sia della Juventus che dello spettatore è giustamente tutta rivolta lì, guardate però lontano dai riflettori il movimento di Thiago sul centro sinistra a prendere esattamente la posizione dove si trovava Bernat prima del taglio in area.
La prima ora di gioco è stata un monologo del Bayern: una squadra diretta, maniacale nella cura dei dettagli. Ma è stato proprio grazie alla complessità del suo sistema che il Bayern è riuscito ad applicare un’idea: far arrivare la palla il più velocemente possibile agli attaccanti. Douglas Costa e Robben hanno ricevuto con una facilità disarmante e solo alcune imprecisioni di Müller, prima in area a porta vuota e poi due volte al limite, hanno evitato il gol. Il posizionamento di almeno due uomini sempre vicini, inoltre, ha reso le rare perdite del pallone indolori, dato che la Juventus subiva una pressione immediata o un contrasto falloso in caso di inizio di contropiede.
L’obiettivo è portare la palla in area, che sia con una verticalizzazione o con un cross. Qui si può vedere il tentativo di verticalizzazione sbagliato, il recupero immediato dopo la perdita, e la palla sull’esterno libero per l’uno contro uno.
Asfissia
Nella fase di massima pressione dei bavaresi, la Juventus si è fatta forza con una delle proprie caratteristiche migliori: la protezione dell’area di rigore, impiegando tutte le proprie energie nella difesa posizionale. In questo modo, però, ha lasciato al caso l’organizzazione delle transizioni offensive, che non sono state sfruttate bene neanche quando il Bayern ha perso palla in zone pericolose (tolta l'azione che ha portato il tiro di Pogba sul braccio di Vidal in area dopo aver recuperato palla su di un errore di Kimmich).
Nei primi minuti, forse, la Juventus ha pagato proprio la scelta di Mandzukic per Morata: il croato ha faticato a tessere un dialogo con i compagni e a dare quindi un po’ di respiro dalla pressione. Allegri è stato persino intercettato a bordocampo in un “ci stanno soffocando” eloquente della situazione. Solo alcune intuizioni, o sforzi tecnici e fisici individuali sono riusciti a rompere il pressing tedesco. I giocatori della Juventus hanno giocato una piccola parte del primo tempo con la palla tra i piedi, e una ancora più piccola parte con la palla tra i piedi e la fronte rivolta alla porta di Neuer, eppure quando sono riusciti ad attaccare con almeno un paio di giocatori frontali sono riusciti ad arrivare in area.
Il dominio territoriale si può vedere anche dalla posizione da cui partono i passaggi di Alaba quando ha giocato da centrale difensivo.
In ogni caso la scommessa di Guardiola di andare allo Juventus Stadium e imporre il proprio contesto in maniera quasi violenta, per non far pesare l’incapacità strutturale di organizzare una difesa posizionale credibile, ha pagato i dividendi sperati con una superiorità per lunghi tratti schiacciante.
Eppure il primo tempo si è chiuso con un solo gol di scarto. Un dato che ha reso giustizia alla difesa della Juve, capace in ogni caso di mantenere la concentrazione anche nei momenti di maggiore pressione. Questa è forse l’immagine migliore del lavoro di Allegri in questi due anni: una squadra che sopraffatta da un rivale tecnicamente e tatticamente superiore riesce a mantenersi comunque a galla, capace anche di attenuare la gravità dei propri errori, mai davvero definitivi.
Partendo da questa salda base psicologica, Allegri, è intervenuto tatticamente inserendo Hernanes per Marchisio: una mossa che ha aiutato la Juventus a evitare di finire soffocata dalla pressione con e senza palla del Bayern: il brasiliano gestisce perfettamente la direzione del pallone, passando la sfera lungo tutto il campo, e, trovandosi a proprio agio spalle alla porta, può mantenere il possesso anche subendo falli, utilissimi per rifiatare.
Quello di Hernanes è un impatto immediato, che aiuta anche a dare fiducia a una squadra che alza il proprio baricentro. La Juventus può finalmente far salire la difesa almeno oltre il limite dell’area di rigore, allargando anche le distanze tra le linee e giustificando la presenza di due punte non più schiacciate sui centrocampisti, ma in grado di pressare i tre giocatori deputati a iniziare l’azione per il Bayern.
Il ritrovato coraggio anche dal punto di vista tattico, purtroppo, non impedisce al Bayern di dominare e di colpire una seconda volta, sfruttando proprio le maglie più larghe della Juve. Il secondo gol ha una dinamica inarrestabile: Thiago recupera palla, supera il proprio marcatore e verticalizza per Lewandowski. Il polacco, dopo aver superato il blocco di Bonucci (qualcuno ha chiesto fallo ma dalle immagini è evidente come Bonucci si sposti cercando l'impatto, a cui forse pensava di resistere) appoggia per Robben che si accentra e segna un gol “alla Robben”. È sconfortante, per certi versi, che il Bayern sia riuscito a punire la Juve attraverso una delle proprie armi migliori, proprio quando i bianconeri avevano rinunciato a un minimo di prudenza.
Una partita nuova
Incredibilmente, però, il gol del Bayern al 54’ segna anche l’immediata fine del dominio bavarese sulla gara: pochi minuti dopo arriva il primo gol della Juventus, figlio del cambio di atteggiamento di cui abbiamo parlato sopra e che la Juventus mantiene nonostante il 2-0, ma che nasce in modo casuale dopo un controllo errato di Kimmich in un disimpegno elementare. Con una conclusione alla Messi, bassa e angolata, Dybala segna il primo gol in Champions della sua carriera e riapre la partita.
Dal gol della Juventus la partita cambia come solo una sfida di Champions League può cambiare: lo Stadium ruggisce e carica se possibile ancora di più una squadra che da questo momento inizia una partita nuova: il contesto è cambiato e il Bayern non è riuscito più a nascondere i propri limiti strutturali, come aveva fatto per un’ora. La partita si è aperta e ci sono state occasioni da una parte (cross di Costa per Müller che non ci arriva) e dall’altra (Mandzukic che recupera una palla di pura potenza e Cuadrado che spreca l’occasione).
Difficile spiegare del tutto lo stop improvviso del Bayern, probabilmente hanno pesato un incrocio di variabili: il contesto diverso creato dallo stadio, una ritrovata forza mentale degli avversari, e forse anche un calo fisico e di motivazioni complessive, in una partita fino a quel momento talmente controllata da poter forse aver ammorbidito la tensione nervosa dei bavaresi.
Però non parlate a Guardiola di condizione atletica…
Cercando di invertire la tendenza, Guardiola ha inserito Benatia in difesa spostando Alaba nel ruolo naturale di terzino, così da poter riportare fisicità in area di rigore. Ma per la prima volta è Allegri a prendere il controllo della gara: dopo aver inserito Sturaro per mantenere alto il livello fisico a centrocampo, fa entrare anche Alvaro Morata. Due cambi che oltre ad aggiungere intensità indicano la ricerca di un gioco ancora più verticale e aggressivo con la palla.
È un rapporto veramente incredibile quello che lega Morata alla Champions League: riesce a risultare decisivo praticamente sempre. Dal momento in cui entra al gol del 2-2 passa un minuto, ma in quel breve lasso di tempo riesce a fare una sponda positiva e un tiro su Neuer. L’assist di testa per il gol di Sturaro è la sua azione migliore e fa parte di un insieme più grande che racchiude tutti i fattori per una vittoria: c’è la fortuna di Pogba nel rimpallo, la tecnica del francese nel passaggio, l’intelligenza tattica di Morata nell’assist e quella di Sturaro nell’inserimento. Ma anche la determinazione e l’intensità fisica dell’italiano per sopraffare Kimmich e spingere la palla in porta. Se si dovesse pensare di spiegare con un gol la Juventus di Allegri, questo sarebbe perfetto.
Grande partita
Dopo il gol della Juve, e con ormai il cambio premeditato di Xabi Alonso a centrocampo per controllare i ritmi, che viene archiviato da Guardiola in favore di Ribery per Costa, è arrivata l’ultima fase della partita in cui due squadre fisicamente e mentalmente provate hanno messo insieme una serie di piccoli errori da entrambe le parti per una somma zero che ha congelato il risultato.
Prima di ogni giudizio sulle due squadre è importante rimarcare quanto siano rare partite del genere, una gara oltretutto perfetta per preparare quello che si annuncia come un ritorno di fuoco. I due gol in trasferta favoriscono ovviamente la squadra di Guardiola, che oltre al risultato può anche ritenersi soddisfatto per l’eccellente prima ora di gioco. Come ha confermato da lui stesso in conferenza stampa, l’idea di andare a Torino e dominare la gara per così tanto tempo, nonostante le assenze, è il segno di come la strada intrapresa sia quella giusta. Per Guardiola questo significa che il Bayern è competitivo ai massimi livelli anche contro le contendenti alla vittoria finale ed è in grado di imporre il contesto desiderato, sempre e comunque. Il sistema pensato per nascondere al massimo le proprie debolezze ha pesato nella strategia iniziale, ma il risultato finale è stato decisamente quello sperato.
Anche per Allegri la partita ha portato il messaggio positivo di una squadra dalla enorme personalità e dalle risorse illimitate, in grado di riprendere una partita persa, in cui si stava subendo un grosso dominio, tattico e tecnico. La mano dell’allenatore è stata essenziale anche ieri: dopo un piano gara che non stava dando i frutti sperati, e dopo aver subito una grande pressione per buona parte dell’incontro, Allegri è stato capace di toccare le corde tattiche giuste per rimettere in piedi la partita. Il ritorno prevederà un contesto differente, condizionato dal fatto che la Juventus dovrà segnare almeno un gol. E questo cambia tutto. Nel frattempo, però, Allegri potrà rivedersi la partita di oggi guardando a un bicchiere decisamente mezzo pieno.
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