Ci sono volute 17 partite per vedere il Bayern perdere nuovamente in casa in Champions League e, guarda un po’, era stato proprio il Real Madrid a vincere l’ultima volta.
Quella tra Bayern Monaco e Real Madrid è una delle grandi sfide classiche del calcio mondiale, quelle con cui le ultime tre generazioni di spettatori sono cresciuti: si sono incontrate 22 volte, di cui 6 in semifinale. Per questa edizione c’era anche la narrativa del ritorno di Ancelotti contro la squadra che ha contribuito a far vincere la Decima, guidata adesso dal suo ex allievo Zidane, che l’ha portata a vincere l’Undicesima.
Purtroppo è mancato all’ultimo uno dei possibili protagonisti principali, Lewandowski, ma tutte le altre assenze (Hummels, Varane, Pepe) potevano trovare giocatori in grado di coprirle nelle ampie rose di due tra le candidate alla vittoria finale. Lewandowski ha una magnitudine unica per il Bayern: per le doti realizzative contro qualsiasi tipo di difesa, per i movimenti continui ad aiutare la manovra, per l’intensità che spende lungo i novanta minuti. Per Ancelotti trovare una soluzione all’assenza di Lewandowski è stato ovviamente il tema tattico principale del suo piano gara: la scelta di Thomas Müller era comunque prevedibile, come era prevedibile che non potesse essere l’unico accorgimento pensato per mascherarne l’assenza, i due giocatori sono troppo diversi per poter semplicemente sostituirne uno con l’altro.
Il piano di Carlo
Fin dal calcio d’inizio si capisce come Ancelotti voglia coprire il vuoto lasciato da Lewa con un gioco volto a cercare la profondità sugli esterni, in particolare Robben a destra, con un possesso palla di assestamento che vede la partecipazione di tutta la squadra e che richiede cambi di gioco continui per trovare il momento giusto in cui l’esterno olandese possa far arrivare la palla in area e mandare alla conclusione Müller o chi arriva a rimorchio (Thiago, Vidal o Ribery dall’altra parte).
La scelta di Ancelotti è assolutamente sensata viste le caratteristiche di Müller che lo portano a ricevere smarcandosi, piuttosto che in appoggio alla manovra; ma soprattutto pensando al vantaggio tattico che porta avere Robben contro Marcelo. Nel grafico la sua posizione di ricezione alta è il fuoco della strategia offensiva tedesca.
Un piano gara semplice, con però un accorgimento tattico difficile da contrastare per Zidane che non può fare altro che chiedere a Casemiro di vigilare maggiormente la fascia sinistra nei suoi ripiegamenti, non potendo chiedere a Marcelo di inventarsi letture difensive che non ha.
Per il resto, l’allievo Zidane è bravo nello studiare la squadra del maestro e mettere in campo un Real Madrid preparato sia nell’affrontare il rivale tatticamente, che mentalmente. Come prevedibile, il Bayern inizia con il piede sull’acceleratore con Xabi Alonso che guida sapientemente i cambi di gioco verso gli esterni, con Thiago e Vidal che si muovono per dare linee di passaggio libere per il centro.
Il fatto, però, che questo inizio favorevole ai bavaresi non porti a creare reali pericoli in area è la cosa che rende tanto speciale il Real Madrid nella competizione più importante: la capacità di subire il rivale essendo cosciente di non esserne inferiore.
Il Madrid non arretra di un centimetro nella sua interpretazione della gara, fiducioso che il suo momento prima o poi arriverà. Zidane è maestro nei piccoli aggiustamenti sull’avversario di turno, e in questo caso pur schierando il classico modulo a tre punte chiede a Benzema di muoversi in appoggio alla fascia quando ci arriva il pallone, partendo con un movimento che passa dietro le spalle di Xabi Alonso, in modo da stare lontano dalle grinfie di Vidal e apparire improvvisamente per dialogare con il terzino in possesso.
Nei movimenti della punta francese, e nella precisione della distribuzione del pallone di Kroos, Zidane trova il corridoio giusto in cui assestare il possesso palla iniziato dai piedi di Ramos.
Nel grafico di passaggi ricevuti nel primo tempo da Benzema si notano quelli sull’esterno da entrambi i lati. In quello dei passaggi effettuati nel primo tempo da Kroos la precisione nella distribuzione proprio su quei lati.
La Champions League è tanto facile per alcune squadre perché riescono prima di tutto a non subirla dal punto di vista psicologico: il Real Madrid non è andato a Monaco pensando neanche per un secondo di essere inferiore (anche in quei momenti del primo tempo in cui il Bayern sembrava in effetti superiore tecnicamente). Questa è la base di partenza che rende efficace qualsiasi tattica: la squadra di casa domina palla e dinamica per i primi dieci minuti abbondanti, ma non ne ricava nulla di significativo e appena cede un attimo, ecco che il Real Madrid prende il controllo della gara.
Le premure di Zizou
Ecco che l’asse scelto da Zidane prende sempre più valore. I movimenti di Benzema lo allontanano dall’area, lo portano ad arrivare al tiro poco lucido, ma liberano spazio per Cristiano, servono come appoggio per far salire i terzini, aiutano nel possesso le mezzali.
Su Benzema va detta una cosa: quando un giocatore si impegna tanto per la riuscita del piano gara e per favorire i propri compagni, nonostante questo vada a detrimento delle proprie statistiche individuali, come fa lui, è sempre da lodare. In questo caso, poi gli è riuscito davvero bene.
Anche se la posizione media nel grafico di passaggi di Benzema è centrale, il fatto che il grafico segni Marcelo e Carvajal come fonti dei tocchi di Benzema ne dimostra il lavoro di raccordo con gli esterni.
Ma il lavoro senza palla di Benzema non è il solo degno di nota, anzi ancora più utile in fase di pressione è quello di chi, come Modric, avanza nello spazio di mezzo così da mettere in difficoltà l’uscita del pallone del Bayern, costretto a cercare l’uomo lontano e non quello più vicino per iniziare l’azione.
Ma anche quello di Gareth Bale, a cui Zidane chiede un sacrificio evidente nella marcatura di Ribery quando il Bayern è in fase di attacco posizionale. Il francese, a differenza di Robben, non cerca la profondità ma viene a giocare dentro al campo per associarsi ai centrocampisti, lasciando l’ampiezza ad Alaba, e Bale è incaricato di seguirlo quasi a uomo, prima di consegnarlo a Carvajal nel caso in cui ritorni nella zona di partenza sull’esterno.
La palla è lontana, ma Bale non molla un attimo Ribery.
L’attenzione richiesta a Bale in fase difensiva porta il Madrid ad avere un tridente asimmetrico, con il gallese talmente arretrato da risultare poi più utile associandosi con i centrocampisti che con i compagni del tridente.
Questo provoca l’effetto collaterale di dare poco peso offensivo al Madrid, che tra Benzema che svuota l’area, Bale lontano e un Cristiano avulso dal gioco, non solo non concretizza nulla nel suo periodo di controllo della gara, ma sembra mancare della capacità di creare pericoli con il pallone. Manca, insomma, l’apporto di chi come (Modric, Marcelo o Bale) è in grado di superare la linea di pressione palla al piede e creare superiorità numerica nella zona della palla.
Questo significa prima di ogni cosa un passaggio di gara indolore per il Bayern, che quando ricomincia a giocare con più decisione trova subito il gol da calcio d’angolo con Vidal.
Al gol seguono i minuti più belli dell’incontro, quelli che vanno dalla metà del primo tempo all’ora di gioco, dove il piano gara dei due allenatori è ormai cristallizzato e due squadre dal livello altissimo devono rispondere ad episodi che si susseguono velocemente, con una dinamica imprevedibile per lo spettatore. Una delle cose belle del calcio sta anche nel fatto che nessun giocatore risponde agli episodi allo stesso modo. Anche se parliamo di giocatori del massimo livello come Vidal, Thiago, Modric e Cristiano.
Arrivano infatti un rigore sbagliato da Vidal, in un momento in cui il dominio del Bayern è tale da far sembrare lo sbaglio del cileno solo la punta dell’iceberg della produzione offensiva dei bavaresi. Poi un gol di Cristiano, appena iniziato il secondo tempo, che invece cambia improvvisamente tutto, riportando prima di ogni cosa il portoghese in partita e facendone ora un giocatore dai movimenti utili per i compagni e dagli appoggi precisi.
Evidentemente la sua ossessione per il gol lo porta ad esaltarsi quando il suo nome è sul tabellone e a sbloccarsi psicologicamente. Dal gol, la partita di Cristiano cambia completamente, in meglio: porta anche alla conclusione del periodo di incertezza, subendo il fallo che porta al doppio giallo di Javi Martinez, che lascia il Bayern in 10.
La partita del Bayern come squadra in controllo del proprio destino finisce qui.
Dopo l’espulsione
Zidane indovina il cambio di Asensio, che fa quello che non era riuscito a Bale con la palla; Ancelotti invece è costretto a passare al 4-4-1 e a togliere Xabi Alonso per avere Bernat terzino sinistro, con Alaba centrale, infine inserisce Douglas Costa per Ribery per avere la possibilità di ripartire velocemente da entrambe le fasce.
Dall’inferiorità numerica però scaturisce la cosa più assurda di tutte, più del rigore sbagliato o del gol a freddo di Cristiano: il Bayern smette di giocare come una contendente alla Champions League. Solo Vidal, Lahm e Neuer sembrano credere di poter giocare alla pari contro il Real Madrid anche in 10. Tutti gli altri si fanno inghiottire dal dubbio e finiscono per fare errori impensabili nell’esecuzione del gesto, o arrivano dopo sulle seconde palle.
Thiago che senza pressione riconsegna così il pallone al Sergio Ramos è l'immagine della resa del Bayern.
Il Madrid si trova con la strada spianata per assestarsi nella metà campo del Bayern, che come un pugile alle corde e rintronato dai pugni fa fatica anche solo a coprirsi degnamente.
Il Madrid assedia Neuer e segna il gol del vantaggio, ancora con Cristiano (su delizioso cross proprio di Asensio), che supera così l’assurdo record di 100 gol personali in Champions League e cementa ancora di più la sua leggenda.
Solo le incredibili parate di Neuer e il cambio errato di Zidane (un poco preciso e ispirato James, forse anche fuori forma, per un Benzema sempre utile) attutiscono il dominio del Real Madrid e portano il risultato finale ad assestarsi solo su di un gol di vantaggio.
Il primo tempo a vantaggio Bayern (0,6-0,3 xG) viene completamente ribaltato nel secondo tempo, nel complesso gli 11 tiri nello specchio del Real Madrid sanno di risultato quasi stretto. Cristiano ne fa 3 nel secondo tempo chiudendo una partita iniziata così così con 1xG.
In un quarto che per la qualità in campo vale una finale, l’andata è tutta per il Real Madrid di Zidane che si mette nella condizione ideale per ricevere il Bayern in casa tra una settimana. Zidane continua con la sua sequenza di risultati positivi che arrivano proprio quando conta di più. Uscito non solo imbattuto dalla trasferta nella squadra più in forma d’Europa, ma che a tratti è riuscita anche a dominarla. I suoi accorgimenti tattici iniziali hanno permesso alla squadra di tirare fuori qualcosa persino da un Bale per nulla in forma con il pallone, da un Modric ugualmente poco ispirato, facendoli lavorare in fase difensiva e portandoli a mettersi al servizio della squadra.
Questo è un successo di Zidane che ne dimostra la presa in uno spogliatoio che ormai pende dalle sue labbra e che va oltre la singola vittoria.
Dall’altra parte, se è pur vero che il Bayern ha tutto per ribaltare la situazione al Bernabeu (soprattutto con Lewandowski) rimane comunque quasi inaccettabile come la squadra abbia alzato bandiera bianca così facilmente. Ancelotti è andato a Monaco proprio con il difficile compito di assicurare quell’ultimo gradino ad un gruppo che ha tutto per vincere la coppa, ma ancora una volta contro il Real Madrid, i bavaresi non ci sono riusciti.
Un gruppo storico che ha vinto tutto, raggiunto due finali e tre semifinali di Champions League consecutive, deve dimostrare di essere psicologicamente più forte di un rigore sbagliato e di un’espulsione improvvisa. Contro squadre come il Real Madrid non basta dominare a tratti con il gioco. Devi dimostrarti alla pari anche dal punto di vista mentale.