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E se la Coppa Italia si basasse sul campanilismo?
06 dic 2024
Una proposta di riforma per una delle coppe nazionali più insipide d'Europa.
(articolo)
18 min
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IMAGO / IPA Photo
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Ah, dicembre! Il freddo che arriva per davvero, le prime nevicate, il caminetto, l’aria natalizia, gli addobbi, i Negroni sbagliati, e, finalmente, gli ottavi di finale di Coppa Italia! Siamo arrivati in quel periodo dell’anno in cui per i grandi club riprende questa scocciatura e improvvisamente l’opinione pubblica inizia a chiedersi se non sia addirittura possibile sopprimere una delle coppe nazionali più tristi del mondo. Non c’è niente, letteralmente NIENTE, che renda digeribile la Coppa Italia. Incroci interessanti? Impossibile con questa formula fatta per non disturbare troppo le grandi. Orari che permettano alle persone di andare allo stadio? Ma siete pazzi! Vediamo chi è abbastanza tifoso da andarsi a vedere, magari in trasferta, Bologna-Monza di martedì alle 6 e mezza del pomeriggio, deve aver pensato la Lega Calcio con aria di sfida nei confronti degli occasionali.

E così ci stiamo godendo questa tre giorni imperdibile, dove chi passa il turno della vittoria non sa ancora che farsene, chi viene eliminato accumula solo frustrazione: una competizione dove, fino ai quarti di finale ad esser buoni, c’è solo da perdere, è questo lo spirito dell’attuale Coppa Italia. Uno spettacolo che ha toccato il suo picco martedì, dove oltre alla già citata Bologna-Monza è andata in scena anche Milan-Sassuolo.

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Un disastro, dal punto di vista calcistico e dal punto di vista degli ascolti e del pubblico allo stadio. Per quanto riguarda il campo, si è arrivati in entrambe le partite a una situazione assurda, che però si ripete ogni anno. Le coppe nazionali dovrebbero essere la vetrina in cui le piccole possano scendere in campo per sognare, senza nulla da perdere. Per come è strutturata la Coppa Italia e per il valore che ormai le assegniamo, invece, per squadre come Monza e Sassuolo diventa solo un lusso che non ci si può concedere: il Monza deve lottare per rimanere in Serie A, non può di certo sprecare energie preziose per un impiccio del genere. Lo stesso vale per il Sassuolo, che in questo periodo deve accumulare margine nella corsa per la promozione. Risultato? Bologna-Monza 4-0, col ritorno dalla latitanza di Marić, Valoti e Birindelli, e Milan-Sassuolo 6-1 con i neroverdi che sono scesi in campo per far divertire Chukwueze. «Dispiace per il risultato e per aver abbandonato la Coppa, ma non era comunque una nostra priorità», ha detto a chiare lettere Fabio Grosso.

Vogliamo parlare del pubblico allo stadio o di quello in televisione? 17.000 circa i presenti al Dall’Ara, di cui meno di 100 nel settore ospiti, poco più di 30.000 quelli di San Siro (e la Coppa Italia dovrebbe rappresentare un’occasione per godersi il Meazza per chi non riesce ad andarci il fine settimana, visto il dato sugli abbonamenti di Milan e Inter). Peggio ancora i numeri in TV. Se Bologna-Como sarebbe stata un flop a prescindere per via dell’orario, Milan-Sassuolo alle 21, secondo un grafico di Calcio&Finanza, dovrebbe essere stata la sesta partita di Coppa Italia in prima serata meno vista delle ultime dieci edizioni, con appena 1.819.000 spettatori.

Sono solo cifre di contorno, forse non basterebbe un articolo per parlare delle storture della Coppa Italia, che sono poi quelle del calcio italiano, visto che è l’ossessione per lo share il motivo principale per cui si fa di tutto per ammazzare la competitività e favorire le grandi.

Inutile tornare sulle discussioni che hanno luogo ogni anno: sul successo del modello FA Cup, ma anche di quello spagnolo, che ha ridato lustro alla Copa del Rey offrendo la possibilità di giocare in casa alle squadre più deboli (e infatti quattro delle ultime sei edizioni sono state vinte da Valencia, Real Sociedad, Betis e Athletic Club). Fin quando i diritti televisivi saranno l’unico modo che il calcio italiano conosce per sostentarsi, la Coppa Italia non potrà favorire le più squadre più piccole.

Ma davvero non esiste possibilità di cambiamento? Non saprei, se avessi la risposta forse starei a discuterne con De Siervo mentre provo a capire come interdire Google agli italiani. Da amante del calcio di provincia, però, mi sono lanciato in questo piccolo viaggio mentale. Lo share è importante, okay, e le grandi da un certo punto di vista non possono essere disturbate troppo dalla Coppa a causa del calendario: meglio viaggiare il meno possibile ed evitare terreni di gioco impresentabili. D’altra parte, se proprio non possiamo avere gli upset, ora come ora questa Coppa non ci propone nemmeno incroci strani, che creino un ricordo che possa rimanere per sempre. Per dire, su YouTube esiste un video di highlights di Zidane in un Brescello-Juventus secondo turno della Coppa Italia 1997/98, e credo che gli juventini più scafati e i tifosi del Brescello (squadra che aveva nel logo Don Camillo e Peppone) difficilmente avranno potuto dimenticarlo.

Come conciliare tutte queste cose? Impossibile? Forse no.

VALORIZZIAMO IL CAMPANILISMO
La mia idea è semplice: e se la Coppa Italia si giocasse su base geografica? Se, invece che per categorie, le squadre venissero divise principalmente per circoscrizioni territoriali, come se fossimo alle elezioni?

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