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Correre a ventaglio
14 lug 2016
La Carcassonne-Montpellier doveva essere una tappa anonima del Tour e invece è stata spettacolare e importante per la classifica.
(articolo)
6 min
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Quando si osserva il percorso del Tour de France è molto facile farsi prendere dallo sconforto. Troppe tappe completamente piatte, troppe cronometro, troppe salite facili. È quindi per certi versi incredibile come ogni volta riusciamo a rimanere sorpresi dalla vivacità della corsa.

Certo, se si guardano solo le altimetrie, lo svolgimento della corsa sembrerebbe già scritto. Ma anche in quelle tappe in cui sembra che si possa stare tranquilli può succedere il finimondo.

Prendiamo la tappa di ieri, la Carcassonne-Montpellier. In teoria una banale tappa per velocisti, in pratica un delirio in cui non si è stati un attimo fermi.

Un ventaglio contro il vento

La variabile che ha fatto impazzire la tappa è quella che andrebbe sempre considerata nelle tappe di aperta pianura, e cioè il vento. La normale brezza che spazza le distese lontane dalle grandi montagne può trasformarsi in un forte vento che finisce per sferzare le strade del Tour de France in modo costante e, soprattutto, laterale. È così che con un po' di coraggio si possono creare dei pericolosi ventagli.

Cos'è un ventaglio? Non è una domanda banale, né una a cui sia facile rispondere. Davide Cassani per fortuna ha una risposta semplice per ogni questione riguardante il ciclismo: “Il ventaglio è quando c'è vento laterale e i corridori si mettono uno di fianco all'altro per stare riparati dal vento. Naturalmente nel ventaglio ci stanno tanti corridori in base alla larghezza della strada. Tutti gli altri, a mangiare erba”. Alzi la mano chi non ha capito.

Un classico ventaglio nel deserto. Il vento soffia da destra verso sinistra e i ciclisti si dispongono di conseguenza per rimanere al coperto.

Appurata la definizione di “ventaglio” secondo Davide Cassani (che fra le altre cose è anche il Commissario Tecnico della Nazionale italiana di ciclismo su strada) ora il problema è capire come si forma un ventaglio.

Abbiamo detto del vento laterale. Immaginate di dover stendere l'asciugamano sulla spiaggia. La brezza che soffia solitamente dal mare verso la costa vi costringerà a mettervi con le spalle rivolte al mare mentre con le braccia in avanti scuotete il telo accompagnandolo mentre si posa ben steso sulla sabbia. Tutto facile, tutto normale.

Ora però immaginate la stessa scena con un forte vento laterale. Il vostro asciugamano comincerà a svolazzare di qua e di là mentre cercate di dargli un senso. Si rigirerà, si capovolgerà su se stesso e nonostante i vostri sforzi si poserà sulla sabbia completamente a soqquadro, piegato in diagonale nella direzione del vento.

Ecco, voi siete il primo ciclista del gruppo. L'asciugamano è la testa del gruppo che si dispone in diagonale seguendo la direzione del vento che soffia lateralmente alla sede stradale. Il resto del gruppo si rigira e si capovolge, si piega e si sconquassa fino a spezzarsi.

Se il primo ciclista decide di operare una brusca accelerazione, la prima parte del gruppo, composta dai ciclisti che sono riusciti a disporsi in diagonale lungo la sede stradale, risponde restando coperta dal vento.

Il primo di quelli che, usando le parole di Cassani, rimane “a mangiare erba” deve per forza di cose mettersi a ruota “normalmente”, lasciando il fianco scoperto al vento, oppure portarsi dall'altro lato della strada per cercare di rilanciare la velocità creando un'altra fila. Ma nel momento in cui compie questa operazione si ritroverà a parecchie decine di metri dal primo ciclista del gruppo (il simpatico che ha accelerato improvvisamente). Così si forma il primo buco.

A quel punto la squadra che ha iniziato l'azione (che ha “aperto il ventaglio”) proseguirà a mille. Dietro, il tempo di capire chi c'è e chi non c'è, di organizzarsi con le squadre, di mettersi d'accordo fra chi tira e chi non tira, ed ecco lì che prima di mettersi a rimediare al danno passano tanti preziosi secondi.

L'anno scorso Nairo Quintana ha perso il Tour de France per colpa di un ventaglio nelle prime tappe in riva al Mare del Nord che gli ha fatto perdere circa un minuto e mezzo. La tappa di ieri, l'undicesima di questo Tour de France, ci ha regalato tanti bellissimi esempi di questa particolare situazione di corsa.

La prima volta già a 80 km dal traguardo di Montpellier.

Ma a quel punto della tappa in troppi si aspettavano un'azione del genere e tutto si è concluso pochi chilometri dopo, quando il gruppo si è ricomposto dopo un paio di cambi di direzione che hanno “sistemato” naturalmente i problemi di vento laterale.

La svolta imprevista

L'azione decisiva è arrivata proprio alle porte di Montpellier, a circa 10 km dall'arrivo. In quel momento, come in una qualsiasi tappa di pianura, le squadre degli uomini di classifica si sono rialzati per lasciare spazio alle squadre dei velocisti che devono prepararsi per la volata.

Proprio in quel punto, è arrivata la brusca accelerazione della Tinkoff, che, con la complicità involontaria di Fabian Cancellara che con una tirata impressionante ha messo il gruppo in fila indiana, ha favorito la fuga di Bodnar e Sagan.

Con grande prontezza, Froome si è portato in prima persona sulle ruote del campione del Mondo, seguito dal suo compagno di squadra Gerraint Thomas.

In quattro hanno subito guadagnato più di 25” secondi sul gruppo che ancora doveva capire cosa fosse appena successo prima di organizzarsi per andare all'inseguimento.

Sagan, Bodnar, Froome e Thomas sono andati via d'amore e d'accordo fino al traguardo, Sagan per la tappa, Froome per incrementare il suo vantaggio in classifica in vista delle Alpi.

Entrambi sono riusciti nel loro intento. Il ciclista della Sky ha guadagnato solo 11” sui diretti avversari, ma ha fatto fuori in un colpo solo Louis Meintjes e Joaquin Rodriguez, oltre a Thibaut Pinot che, anche a causa di una caduta, è completamente naufragato. Vittime dei ventagli e di una certa disattenzione da parte delle rispettive squadre, in una tappa sulla carta innocua.

Nairo Quintana ha rischiato grosso, quando sull'attacco di Froome si trovava quasi in coda al gruppo, lasciato solo dalla squadra che si stava rilassando in vista della volata. Colpevole in questo caso la Movistar, che ha isolato il suo capitano in un momento tanto delicato; ma altrettanto colpevole il colombiano che si è lasciato scappare il suo diretto avversario in una tappa del genere.

Sorpreso ma ben guidato dai suoi compagni, Fabio Aru invece è sempre rimasto lì senza rischiare troppo.

Stesso discorso per la BMC di Porte e TJ Van Garderen che ha fatto sì che il vantaggio del quartetto al comando non lievitasse in maniera irreparabile.

Non avrà guadagnato tanto, ma l'azione di ieri di Chris Froome ha avuto un peso psicologico sui suoi avversari da non sottovalutare. Intanto perché ha dimostrato una gamba notevole, supportata da un'attenzione ai particolari e a una mentalità per una volta aggressiva. Poi perché ha lanciato un segnale a tutti: non c'è spazio per rilassarsi, mai. Neanche oggi, in una tappa facile, senza salite, in riva al Mediterraneo.

Magari avrà speso più energie degli altri (ma non ci giurerei, perché a stare in gruppo oggi si faceva una fatica non indifferente) in vista del Mont Ventoux di domani. Ma intanto oggi Froome è in maglia gialla con 35” su Nairo Quintana, il suo principale avversario. Un vantaggio che ha costruito non in salita, ma sulle disattenzioni dei suoi avversari.

E questo, se vogliamo, è ancora più preoccupante.

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